iniziamo a raccontare...
primo giorno di scuola: l'unico giorno amato dai ragazzi, si va a scuola, è vero, ma non si fa essenzialmente niente. si chiacchiera, si rivedono i compagni, addirittura i professori sembrano meno stronzi.
tutti i ragazzi lo amano, si, tutti tranne una: Hope.
Hope non odiava lo studio. amava leggere, leggere e ancora leggere. lei non amava i compagni.
non faceva in tempo ad arrivare, che subito tutti le si stringevano intorno, due o tre ragazzi la strattonavano, poi partiva un primo pugno, seguito da un secondo. arrivava in classe quasi sempre con uno spacco sanguinante sul labbro, anche il primo giorno. e no, i professori, quei bastardi, non dicevano niente.
ho provato tante volte ad avvertire loro, ad aiutare lei, ma non ce l'ho fatta.
Hope si è trasferita qui 4 anni fa, dopo la morte della madre, ma non si era mai abituata. siamo diventate amiche quasi un anno dopo, ma adesso ci vediamo ogni giorno ogni ora, e io le dicevo: - tranquilla, i primi inizi sono i più brutti, ma poi passano.-
ancora oggi mi pento. avrei voluto aiutarla, nella sua avventura.
continuo.
primo giorno di scuola di un anno fa.
entriamo in classe, tutti euforici, ci salutiamo e abbracciamo, ci stringiamo forte. Hope non c'è.
Passa la prima ora. Discutiamo, parliamo, raccontiamo, ma lei ancora non è venuta.
-prof posso andare in bagno?-
- di già? Ah, va bene, ma solo per oggi, si va a ricreazione al bagno, ricordatelo signorina.-
esco, corro per i corridoi, vado a cercarla, non è da nessuna parte.
“dove sei Hope?” penso tra me e me.
D'un tratto, l'illuminazione: lo sgabuzzino.
“Ma certo, come ho fatto a non pensarci subito”
in effetti è proprio li che ci siamo incontrate la prima volta, io mi nascondevo perché avevo la verifica di matematica e non avevo studiato, lei perché era appena stata picchiata. Entrambe nello stesso sgabuzzino. Le conincidenze eh?
Continuiamo questo piccolo flashback.
Trovo lo sgabuzzino, ho il fiatone. La vedo. Eccola li. Seduta, piegata sulle ginocchia, le mani che le coprono il volto, si sentono i singhiozzi fin da fuori la porta.
-Hope!-
nessuna risposta..
mi “getto” su di lei, le prendo il viso tra le mani.
-che succede?-
-niente.-
-Hope...-
-non ce la faccio più. Basta. Ogni anno la stessa storia. Ogni mese, settimana, giorno, ora minuto, secondo, attimo..._
stava impazzendo. Parlava senza capire esattamente cosa stesse dicendo.
- Hope, calmati. Sono qui ora, va tutto bene-
- voglio andarmene via-
-dove?-
-il più lontano possibile da qui.-
-sai ora che si fa?-
accenna un “che cosa?” con lo sguardo.
Di tutta risposta io la aiuto ad alzarsi, prendo il mascara che come sempre ho in tasca, e senza che lei mi dicesse niente, iniziai a truccarla.
La presi per mano, ed insieme ci incamminammo verso la classe, il suo peggior incubo, che presto sarebbe diventato l'incubo di tutti...