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Autore: pvmacry    15/03/2015    5 recensioni
A volte, quando siamo felici e abbassiamo le nostre difese, può capitare di esprimere ad alta voce pensieri un pò scomodi che ci eravamo ripromessi di tenere celati...e se capitasse a Regina?
One shot nata dalle dolci note della celebre canzone di Ed Sheeran.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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THINKING OUT LOUD




«Grazie Snow.»
Gli occhi chiari di Biancaneve si erano mossi rapidamente per trovare I suoi, il viso che assumeva un’espressione sbigottita: David aveva addirittura lasciato la presa sulle posate che stringeva tra le mani, e gli stessi Henry ed Emma avevano abbandonato momentaneamente i loro –ben poco istruttivi- videogiochi per fissarla con aria scioccata.
Sentendosi al centro dell’attenzione, Regina spostò la guancia dalla propria mano sulla quale era mollemente adagiata e aggrottando le sopracciglia, si schiarì la voce.
«Cosa?» Inquisì con tono indagatore, quasi dovesse prepararsi a difendersi da un grave capo d’accusa.
La donna dall’altra parte del bancone della cucina, ancora immobile in piedi davanti a lei, sbatté le palpebre un paio di volte, mettendo in risalto i suoi grandi occhioni da principessa delle favole che la ex Evil Queen aveva sempre considerato incredibilmente melensi.
«Ripetilo.» Fu la richiesta secca della mora, costringendo Regina ad assumere lei stessa un’aria perplessa.
«A cosa ti riferisci?» Domandò a sua volta. Contemporaneamente avvertì Emma alzarsi dalla comoda poltrona sulla quale era stata adagiata -in una posizione senza un minimo di grazia- fino a qualche minuto prima e avvicinarsi a lei. Non le servì voltarsi per sapere che la bionda era ormai a distanza di qualche centimetro dalle proprie spalle, il profumo intenso e il cadenzato ritmo del suo respiro erano più che sufficienti a dirle esattamente dove l’altra si trovasse.
Poi Snow richiese nuovamente la sua attenzione mentre David, raccolto ciò che gli era sfuggito dalle dita, seguiva con interesse quella conversazione.
«Mi hai appena ringraziato o-»
Pensare ad alta voce è pericoloso, considerò Regina tra sé e sé.
Si portò elegantemente una ciocca di capelli dietro l’orecchio dopo averli ravvivati. Si, aveva pensato esattamente quelle due piccole paroline. E a giudicare dalla reazione dei presenti, le aveva anche pronunciate.
Trovarsi a casa dei Charming -in quel piccolo appartamento che raggiungeva a stento le dimensioni del suo soggiorno ma che sapeva di calore, di affetto e sicurezza- ad aspettare che la cena fosse pronta, l’aveva istintivamente costretta ad abbassare le difese che per tutta la vita si era ostinata a erigere contro il mondo. Contro la sua stessa famiglia.
Sedersi a una tavola imbandita, consumare un lauto pasto ridendo e discutendo con persone che sembravano apprezzare la sua compagnia, era una di quelle piccole gioie che non pensava potessero esserle concesse.
La famiglia Charming stava esercitando davvero una pessima influenza su di lei se riuscivano a farle perdere il controllo tanto da esprimere ad alta voce anche quei pensieri che sarebbero dovuti restare reclusi in un angolino buio della mente. Un tempo non avrebbe commesso distrazioni simili.
Un tempo non si sarebbe nemmeno trovata in quel luogo, con quelle persone che le sorridevano invece di rincorrerla con torce e forconi per reclamarne la testa.
Doveva prendere atto che era cambiata.
Lasciò che davanti ai suoi occhi scorressero frammenti di immagini del giorno in cui tutto aveva effettivamente iniziato a cambiare…

A Emma quasi tremavano le gambe, come se il solo vederla le avesse rese di gelatina, incapaci di funzionare come sempre. Eppure Miss Swan era sempre stata una persona determinata, forte, quasi invincibile sotto certi aspetti e vederla in quello stato era esilarante e al tempo stesso commovente.
Aveva insistito così tanto per quell’incontro, ricorrendo addirittura al loro figlio per convincerla ad accettare: aveva fatto leva sul suo amore per Henry - e ai suoi occhioni da cucciolo davanti ai quali entrambe perdevano la capacità di negare alcunché - ed ora eccole lì, in balia del tramonto estivo sulla baia di Storybrooke, una confusa, l’altra preda di una crisi di nervi
«Allora Miss Swan, cosa deve dirmi di tanto importante da costringermi a scomodarmi per venire in questo posto che ha il retrogusto di pesce marcio?» Le aveva chiesto con una puntina di stizza. In realtà quello era stato da sempre uno dei suoi luoghi preferiti, ma essere lì con Emma Swan la faceva sentire impaziente.
Da quando l’operazione Mangusta si era conclusa, dopo mesi di battaglie, fatiche e ricerche, i rapporti tra lei ed Emma si erano complicati. Avevano trovato l’autore del libro e Regina aveva finalmente avuto la possibilità di reclamare quel tanto agognato lieto fine: tuttavia l’uomo si era limitato a raccontarle che il suo lavoro si riassumeva nel riportare su carta ciò che una voce gli sussurrava di scrivere e che non aveva alcun potere di decidere come terminare la storia di uno dei personaggi.
La stessa voce sembrava avergli riferito inoltre un preciso messaggio da darle.
“Il lieto fine è riposto in ognuno di noi; nessuno può deciderlo per un altro individuo. E ognuno di noi ha le capacità di riconoscerlo: a quel punto non resta altro se non trovare il coraggio di scriverlo.”
Ovviamente, com’era prevedibile, si era infuriata e per un po’ aveva addirittura accarezzato l’idea di riabbracciare nuovamente il suo lato oscuro e prendersela con Emma era parsa la migliore delle soluzioni: dopotutto si trovava in quella situazione deprimente proprio perché qualcuno di sua conoscenza non riusciva a smettere di commettere gli stessi errori.
Ma nonostante suoi ripetuti tentativi di allontanarla, Emma si era dimostrata irremovibile, ronzandole intorno come una mosca fastidiosa senza darle tregua. Quell’intrigante e maldestra idiota era sempre in agguato, pronta a starle accanto e nondimeno a combinare guai che lei avrebbe dovuto risolvere; primo tra tutti, la reazione del pirata.
Una mattina in preda alla disperazione e a una considerevole quantità d’alcool, Hook le aveva gentilmente intimato di aprire la porta per discutere. Lei, sebbene lo trovasse uno spreco di tempo prezioso, lo aveva accontentato, trovandolo attaccato alla bottiglia di rhum, preparato a vomitarle contro l’ira suscitata dal rifiuto che la bionda Swan gli aveva servito sul piatto d’argento. Ma il problema consisteva nella motivazione con cui aveva ben pensato di scaricarlo, cioè insistendo di dover trovare un modo migliore per regalare al sindaco Mills la felicità che le aveva promesso. Lui non l’aveva presa bene. Come previsto dalla bocca del moro non erano uscite solo parole, bensì anche la maggior parte delle bevande che aveva assunto prima di arrivare a Mifflin Street, rovinando l’elegante tappetino d’ingresso. Per chissà quale grazia divina, Regina era riuscita a sopprimere il desiderio fremente di trasformarlo in un piccolo gambero di mare e darlo in pasto ai gabbiani, soprattutto dopo aver notato i solchi che le aveva lasciato con il maledetto uncino sull’immacolata porta d’ingresso quando aveva bussato.
Anche in quell’occasione era intervenuto lo sceriffo Swan, la quale si era prodigata a trascinare via il relitto umano -che in sua attesa aveva trovato una comoda sistemazione sui gradini della villa- e si era scusata più volte, offrendosi addirittura di ripagarle la riparazione della porta.
Poi era giunta la chiamata in cui le domandava di uscire insieme, così tanto per svagarsi.
Dall’alto del suo orgoglio aveva rifiutato, ma quando Henry la sera stessa era entrato in camera sua e l’aveva implorata di accettare la proposta di Emma, non aveva più trovato nessuna scusa a cui appellarsi. Nemmeno il pensiero di Robin, ormai un triste ricordo sfumato, la poteva salvare da quell’impiccio: perché ormai del fuorilegge non era quasi rimasta traccia nella sua memoria. Al contrario, aveva trovato piuttosto curiosa la strana abitudine di ripensare ai momenti trascorsi con una certa bionda mentre insieme sfogliavano libri, scappavano da un mostro a bordo di un’auto che era più un cubo metallico per macinare caffè che un mezzo vero e proprio, oppure pranzavano da Granny’s quasi fossero migliori amiche.
Ed era proprio in virtù di quella curiosità che adesso si trovava lì, davanti a Emma-l’idiota-Swan a osservarla in tutto il suo tremore, sfoggiando in risposta un malefico ghigno e uno sguardo di superiorità.
Ormai il sole era scomparso del tutto e il cielo, dapprima di una chiara tonalità azzurro, stava lentamente assumendo il colore notturno, scuro e impenetrabile: la bionda deglutì rumorosamente, portandosi una mano alla nuca e grattandola nervosamente. Stava sfuggendo deliberatamente lo sguardo, intenso e torbido come la distesa bluastra che si stagliava sulle loro teste, dell’altra che aveva iniziato a spazientirsi. Non capiva cosa Emma volesse ottenere, né tantomeno le ragioni di quello strano comportamento.
Si rendeva conto di chi aveva di fronte? Lei era Regina Mills, la donna che un tempo avevano temuto. Ma ora? Si era chiesta sgranando gli occhi color cioccolato.
Ora non era più così: la gente aveva smesso di guardarla come un mostro vendicativo, preferendo lanciarle occhiate di commiserazione per colei che, essendo una ex cattiva, sembrava non essere destinata a un lieto fine. Era buffo e maledettamente ironico pensare come la sua figura prima suscitasse una vasta gamma di sentimenti soltanto nominandola mentre adesso la folla di abitanti di Storybrooke sembrava aver praticamente dimenticato anche il suo nome.
Ma c’era sempre stato qualcuno che sapeva chi lei fosse, qualcuno che non aveva mai smesso di guardarla allo stesso modo da quando era arrivata in città, e quella consapevolezza la fece rabbrividire. Per quanto era stata cieca davanti a quella lampante verità? Emma l’aveva sempre guardata in modo speciale. Anche in quel momento, mentre cercava di non incrociare le sue iridi color cioccolato, anche quando litigavano, le aveva sempre riservato occhiate dolci, a volte timide, a volte di sfida ma mai vi aveva letto un sentimento che si avvicinasse all’odio. No. Emma era un inaspettato imprevisto del destino.
«Emma?» La richiamò notando come si ostinasse ancora a restare immobile nonostante le avesse rivolto la parola più volte: con l’intento di smuoverla da quella situazione si era anche avvicinata e le aveva sfiorato la mano con la propria. Un gesto semplice, insignificante, ma non per loro. Se inizialmente nulla fosse riuscito a farla muovere dai suoi piedi che sembravano inchiodati al terreno, ora Emma aveva rapidamente invaso il suo spazio personale e, afferrandola per la vita, si era impossessata delle labbra di Regina. Non aveva chiesto né detto nulla. Aveva agito e basta.
Di certo l’ultima cosa che Regina si sarebbe aspettata da quell’incontro era che Emma la baciasse sotto la luce di migliaia di stelle che ormai avevano fatto capolino nel buio della sera.
«Le persone si innamorano in modi misteriosi, non credi?» Aveva poi sussurrato l’erede dei Charming con un sorriso compiaciuto a una distanza esigua dalle sue labbra, i loro respiri che si intrecciavano a formarne uno solo, caldo e travolgente.
Approfittò del silenzio che le avvolgeva per riflettere su quelle parole. Emma era innamorata di lei? Era ovvio, altrimenti non l’avrebbe baciata. E lei cosa provava? Perché provava sicuramente qualcosa, altrimenti l’avrebbe già disintegrata con una dozzina di palle di fuoco, osservandola compiaciuta contorcersi dal dolore per quell’atto sconsiderato con cui l’aveva approcciata. Invece non soltanto non aveva pensato di punirla severamente, ma aveva accettato tacitamente quel bacio, quelle mani sul proprio corpo, permettendo alle sue stesse dita di scivolare velocemente lungo le braccia forti di Emma fino a raggiungerne la nuca.
L’aveva guardata negli occhi perdendosi in quella distesa verde cercando di realizzare che, al di là di ogni elucubrazione, quel momento era reale. E ora comprendeva il significato di quello sguardo.
«Sembra quasi sia tutto parte di un piano.» Le aveva risposto sarcasticamente.
La regina cattiva e la salvatrice. La massima espressione della vena sarcastica di quel pazzoide dell’autore.
«E anche se fosse?» L’aveva sfidata l’altra senza timore. «Ti avevo promesso un lieto fine: perché non questo? Perché non io? Dopotutto credo di essere l’unica capace di amarti fino a quando non avrai settant’anni e sarai piena di rughe-» Per un istante avvertì una voglia irresistibile di farle ingoiare quelle ultime parole, perché se c’era qualcosa che proprio non accettava, era l’impertinenza che Emma era sempre pronta a sfoggiare come una bambina dispettosa. Eppure sapeva che Emma era anche quello: una bambina troppo cresciuta, bramosa di affetto, di stabilità, di normalità, e in un angolo del suo cuore giunse lampante la consapevolezza che la sua anima non sarebbe mai invecchiata, restando sempreverde, esattamente quanto quegli occhi che ora la fissavano divertiti in risposta ai suoi, fiammeggianti.
 «-Ma anche oltre.» Si era sbrigata ad aggiungere la bionda, stringendola con maggior convinzione. «Credo di essere l’unica capace di re-innamorarmi di te ogni singolo giorno…» Un dito si posò sul labbro vermiglio di Regina, sfiorando delicatamente la cicatrice che rendeva quello spettacolo una perfetta imperfezione. «Spero tu capisca che ti amo. E che voglio solo dirtelo.» Concluse, riassumendo in quelle poche parole una vasta gamma di sentimenti che aveva soppresso per troppo tempo e che adesso avevano iniziato a premere per venire a galla e farsi sentire: Regina non rispose, né si ribellò ai tocchi lievi dell’altra mentre il discorso di Emma le invadeva la mente e il cuore. Aveva desiderato per così tanto tempo trovare qualcuno disposto ad amarla per ciò che era, per i suoi pregi ma soprattutto per i suoi tanti difetti: aveva desiderato che qualcuno volesse semplicemente lei.
Ed Emma l’aveva semplicemente voluta fregandosene del resto. La persona a cui aveva rovinato la vita, a cui aveva strappato l’infanzia e alla quale aveva tentato più volte di rovinare anche il futuro, era lì per lei: solo ed esclusivamente per dirle che la amava, come se fosse stata la cosa più naturale dell’universo, quanto il sole che sorge e tramonta ogni giorno.
Chiuse gli occhi inspirando la dolce essenza del profumo della bionda, affidandosi al suo calore e alle sue spalle sufficientemente forti da sostenerla e circondarla.
Lasciarsi accogliere tra le sue amorevoli braccia era stato così semplice, così giusto. Appoggiare la testa sul suo cuore pulsante e sapere di essere proprio lei la causa di quel battito vigoroso e irregolare era stato rassicurante. Avere il potere di farle un tale effetto, di farla sorridere era gratificante e appagante in un modo tutto nuovo, unico, e cosa importava se fosse stato davvero tutto parte di un piano ben congegnato?
Quel momento nessuno gliel’avrebbe più strappato via.
E stavolta fu lei a baciarla, incapace di attendere oltre.
Non pensava che dopo tanto tempo trascorso a odiare il mondo la sua bocca potesse ricordare ancora il gusto dell’amore, né tantomeno che i propri occhi potessero ancora seguire il profilo delle guance e sorridere in quel modo sincero, puro e spontaneo.
Le sembrò quasi di ritornare ad essere un’adolescente spensierata, quando il suo cuore poteva ancora innamorarsi come quello di una ventitreenne impacciata.
Ci aveva impiegato molto a capire che non serviva cercare autori, fate e stregoni per ottenere il proprio lieto fine che era sempre stato lì, a portata di mano, a due passi da lei. L’amore che entrambe avevano cercato così affannosamente era esattamente dove si trovavano in quel momento, in quella piccola cittadina del Maine nata dalla più terribile delle maledizioni.
Senza smettere di baciarla continuò a sorridere; senza allontanarsi di un centimetro dal suo corpo atletico continuò a stringerla e lasciarsi stringere, pensando a quanto poco avesse impiegato ad arrendersi ai sentimenti che ora sentiva ardere nel suo petto come un fuoco inarrestabile.
Le tenebre che l’avevano intrappolata stavano scemando con la medesima velocità e intensità con cui le labbra chiare di Emma si spostavano sulle sue, portandosi via ogni timore, ogni dolore, ogni amarezza sostituendole con la luce del suo affetto.
Scacciò via il pressante dubbio che quella nuova felicità potesse svanire in un istante, seguendo un cliché ormai ricorrente nella sua storia che impediva ai cattivi di avere un lieto fine
Ma se per caso fosse accaduto, se la sua testa se ne fosse andata  e le sue memorie fossero svanite, richiamando quella parte di lei –quella malvagia- che non sarebbe mai riuscita a cancellare e se le sue mani non avessero più saputo toccare le corde dell’anima delle persone allo stesso modo, era sicura che invece Emma l’avrebbe amata ancora nello stesso modo, sempre e comunque. Ne era più che sicura: avrebbe conservato il suo sorriso per sempre nella sua mente e nella sua memoria


Sentendo in lontananza la voce di Snow che la chiamava, si riscorre dal torpore di quel ricordo e sogghignò.
«Può darsi.» Mormorò, per niente intenzionata a darle soddisfazione così facilmente.
Nonostante l’idea le facesse rivoltare lo stomaco, sapeva che la felicità che ora stringeva tra le braccia l’aveva ottenuta soprattutto grazie a Snow: era grazie a lei se Emma esisteva. E nessuna promessa infranta o crudeltà passata avrebbe potuto reggere il confronto con l’importanza dell’impertinente biondina erede dei Charming.
Si alzò dallo sgabello, osservando Henry ritornare velocemente a dedicare tutte le sue attenzioni al videogioco prontamente sgridato da Emma che, inevitabilmente, non era pronta a riprendere la partita e le si avvicinò senza badare per una volta al linguaggio scurrile che la donna aveva usato in presenza del loro figlio.
«Dovresti valutare la possibilità di farti controllare le orecchie dal dottor Whale, mia cara.» Aggiunse ancora verso una povera Snow che preferì allontanarsi contrariata e riprendere ad apparecchiare la tavola piuttosto che battibeccare con la matrigna.
E mentre Emma l’afferrava e la stringeva al proprio petto baciandole la fronte con inaudita dolcezza, un altro pensiero ad alta voce si liberò dalle labbra rosse di Regina, ora aperte in un sorriso.
«Grazie Snow.» Ma stavolta, nessuno la sentì.


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Ebbene eccomi qui, dopo giorni di incertezza, a pubblicare il frutto della mia follia galoppante; è la prima volta che metto piede in questo fandom come scrittrice, ma ho deciso di provare a mettermi in gioco con quella che è assolutamente la mia coppia preferita (si lo ammetto, appartegno anch'io al lato swanqueen della serie).
Forse il mio stile piacerà a qualcuno di voi, forse no, chissà...
Per il momento mi limito a ringraziare la mia beta Bellatrixwolf per il sostegno e per avermi incoraggiata a condividere la mia strana creazione con voi, simpatico pubblico! :D
See ya
C.

  
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