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Autore: LysL    15/03/2015    5 recensioni
La tela è bianca.
La stanza è bianca.
Io sono bianca.

Il bianco è assenza di colore, ancora più del nero.
Ma il bianco è anche pieno di possibilità. Il bianco può essere cambiato. E ognuno può cambiarlo come più gli piace.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pennellate di colore
 
La tela è bianca.
La stanza è bianca.
Io sono bianca.
Io mi confondo con l’ambiente.
Tutti sono bianchi.
Cammino in uno mondo bianco.
Tutti sono bianchi: vestono mantelle bianche, che nascondono la forma del loro corpo. Indossano maschere bianche, che coprono i tratti del loro volto, che lasciano vedere solo gli occhi attraverso due fessure.
In questo mondo le persone non nascono con gli occhi bianchi. Ognuno di noi ha occhi diversi, poi, mentre il tempo passa, da quando indossiamo i nostri vestiti bianchi, a poco a poco, anche i nostri occhi lo diventano.
Anche io indosso una mantella, e una maschera, e anche i miei occhi sono diversi, ma li vedo. Ogni giorno nel mio specchio bianco, li vedo schiarire sempre più.
Nel mio mondo ci sono delle persone strane. Loro non indossano le mantelle, né le maschere, e i loro occhi non diventano mai bianchi.
Loro camminano da soli, agli angoli delle strade. I loro passi lasciano una scia non bianca.
Nessuno parla mai di loro. Loro non esistono in questo mondo.
Eppure come fa la gente bianca a far finta di non vederli.
Io rimango incantata a guardarli. E li potrei guardare per sempre.
Vedere quelle volute che i loro piedi fanno sbocciare quando toccano la terra. Come, nella direzione del loro sguardo, tutto il mondo cambia sfumatura.
 
Ho deciso di parlare con una di loro.
Lei mi ha dato il suo indirizzo. Non è stato difficile trovarla: la sua casa non è bianca.
Mi ha portato però in una stanza, quando sono arrivata.
La tela è bianca.
La stanza è bianca.
Io sono bianca.
Mi ha dato una tavola, con delle chiazze non bianche.
Mi ha detto che quelle chiazze si chiamano colori.
Mi ha detto che dovevo togliermi la maschera e la mantella, ma io le ho tenute lo stesso, perché sono parte di me.
 
Affondo le mani nei colori e le poggio sulla tela.
Traccio parecchie strisce.
Mi piace vedere come questi colori si mischiano. Mi piace particolarmente quello che è simile agli occhi della donna.
Lei mi ha detto che si chiama verde.
Ha sorriso, e ho sorriso anche io, ma lei non può vederlo attraverso la maschera.
Un altro colore che mi piace è quello che, a detta della donna, è il colore del cielo.
Io però non ho mai guardato il cielo.
Presa dalla foga di quella nuova scoperta, mi muovo sempre più freneticamente, e non mi accorgo che la mantella scivola via.
Con le braccia più libere, adesso provo anche il colore delle labbra della donna.
Mi ha detto che è il rosso.
E provo il colore del mare.
Io però non ho mai visto il mare.
E il colore del sole.
E quello del tramonto.
Ma dietro questi palazzi bianchi, non lo posso vedere.
E ne provo tanti e tanti altri. Tanti che non ne ricordo più nemmeno il nome.
E non mi basta più la tela. Passo i colori sul pavimento e sulle pareti. Stufa di tutto quel bianco.
Scosto la maschera, finendo per sporcarmi in viso.
La donna ride.
La guardo.
Lei mi si avvicina, e mi porge la mano.
Vedo che la sua mano è colorata. Non vorrei stringerla, perché la mia mano è bianca, e me ne vergogno.
Ma lei me la prende con forza.
Nuovi colori esplodono, mi percorrono.
E so che non vorrò mai più tornare bianca.
 
Adesso anche io cammino agli angoli delle strade.
Ma non mi importa.
I miei passi lasciano fiori, lasciano volti, lasciano colore.
Il mio sguardo è rivolto verso il cielo, e adesso conosco il blu del mare. E l’indaco delle tempeste.
E il viola delle montagne in lontananza.
E il rosso del sangue, delle labbra, il colore della vita.
E i miei occhi, adesso sono colorati. Adesso brillano, nel giallo del sole.
  
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