W.P.
Ripeté mentalmente le due lettere. Conosceva il loro
significato, lo aveva capito subito, ma cosa c’entrava Vermouth?
Alzò lo sguardo, la donna era ancora lì, con gli occhi fissi
su di lui.
“Che diavolo vorrebbe dire?” chiese infine.
“Pensavo conoscessi la procedura, Sherlock”
“Infatti, ma-”
“Potresti solo dire grazie”
“Vuol dire che sei stata tu ad organizzare.. questo?”
La vide alzare le spalle e poi portare le mani sui fianchi.
Per quanto cercasse di far quadrare le cose, per quanto cercasse di dar loro un
senso, queste si complicavano sempre di più.
W.P., Witness Protection. Il Programma protezione testimoni.
Istituito dall’FBI più di quarant’anni prima, era ormai conosciuto a livello
mondiale ed era attivo in diversi paesi. Shinichi deglutì e prese a fissare il foglietto per
l’ennesima volta, come poteva Vermouth essere coinvolta in un progetto del
genere?
“Perché?”
“Stop asking stupid questions”
“Ma ho il diritto di sapere!”
“Ascoltami,” fece lei, qualche secondo dopo “è meglio per
tutti che tu non veda Ran prima che parta”
“Vuoi dire che non è ancora partita?”
Vermouth sospirò, conscia di essersi lasciata scappare un
paio di parole di troppo. Guardò in fretta l’orologio che aveva al polso,
imprecò e prese a camminare lungo il marciapiede deserto, per poi fermarsi una
decina di passi più avanti.
“Non vieni?” chiese, senza voltarsi.
***
Al quartier generale regnava il caos. Dopo la telefonata con
Kudo, Jodie si era presa un paio di minuti per riordinare le idee. In quei
pochi giorni trascorsi a New York era riuscita a malapena a riposarsi e a
riprendere fiato da tutto ciò che stava succedendo in Giappone. James le aveva
assicurato che una pausa non le avrebbe fatto che bene, ma
solo ora si rendeva conto che sarebbe stato decisamente meglio rimanere a
Tokyo.
Ripensò alla chiamata di poco prima, quando Vermouth aveva
risposto. Perché proprio lei lo stava
aiutando a cercare il complice della donna che avevano arrestato? La
donna che aveva scoperto essere sua sorella. Quanto
c'era di vero in quella storia? Certo, era vagamente verosimile, ma per
convincerla sarebbe servito molto di più che una manciata di
parole. Ci avrebbe pensato più tardi.
“Agente Jodie!” si sentì chiamare. Era di nuovo Evans. “C’è
una chiamata per lei, scenda al primo piano”
“Chi mi cerca?”
“Non ne ho idea, non me l’hanno detto. Credo sia urgente,
però”
Jodie imboccò le scale e scese più in fretta che poté. Ad
accoglierla, trovò James e Camel, entrambi con il volto preoccupato.
“Che diavolo sta succedendo?”
Il primo si limitò a sollevare le spalle per poi cliccare il
tasto del vivavoce sul telefono appoggiato sulla scrivania.
“Chi parla?” chiese, con tono deciso.
“Sono Reina, credo sia arrivato il momento. Sanno che una
dei loro è con voi, sanno che lei stava facendo ricerche su
Shinichi Kudo,
capiranno tutto. Dovete fare in modo che non trovino nessuna delle
persone che sono entrate in contatto con lui. Al più presto. Uno
dei nostri mi ha detto
che la ragazza è già salva, la faranno uscire dal
Giappone stanotte”
“La ragazza?” chiese Jodie, confusa.
“La figlia dell’investigatore”
Figlia del- Doveva
essere Ran.
“Vi chiameremo appena sarà partita per confermare la
destinazione”
“Perché è stato avviato il programma senza nessun avvertimento?”
“La donna che avete arrestato voleva rapirla, quindi qualcuno ha
pensato potesse essere troppo pericoloso per lei rimanere qui. I
genitori ne sono già al corrente”
“La situazione è peggiore di quanto pensassimo, sta
succedendo tutto troppo in fretta” disse James appena si chiuse la chiamata.
“Siamo pronti però, giusto? Insomma, sono mesi che parliamo
di questi programmi” ribatté Camel, dopo essersi schiarito la gola.
“Beh sì, ma prima serve che tutti diano l’okay per
procedere, senza la loro conferma non possiamo fare niente. Poi dovremo
spiegare loro la situazione e il tempo stringe, quindi” si alzò e prese il
telefono “avvertite tutti e fate in modo che domani mattina siano nello stesso posto”
***
“Perché mi hai portata qui?” chiese di nuovo Ran.
“Sei in pericolo, non puoi più rimanere in Giappone”
La ragazza inorridì. Lasciare il paese? Non se ne parlava
nemmeno. E poi, lui che diritto aveva di dire certe cose? Chi era davvero?
“Non ho idea di cosa tu stia parlando”
“Allora chiedi”
“Mh?”
“Cosa vuoi sapere?”
Tutto. Ecco cosa voleva sapere. Aveva un milione di domande,
ma per qualche motivo continuava a pensare che non fosse lui la persona giusta
a cui farle. Con Yukiko era successa la stessa cosa. Shinichi le aveva detto
che sarebbe stata sua madre a dire come stavano le cose, ma, di nuovo, una
volta sulla macchina, non aveva chiesto nulla.
“Chi sei?” chiese “Veramente, dico. E come sai che sono in
pericolo? Per quanto ne so potresti essere tu
quello che mi sta mettendo in pericolo e.. perché ridi ora?”
“Beh questa tua teoria è un po’ campata per aria”
Ran assottigliò gli occhi e Kohei tentò di tornare serio.
“Sono della CIA. Da alcuni mesi lavoro sotto copertura qui
in Giappone. Sto raccogliendo informazioni su un’organizzazione che-”
“CIA? Questo cosa c’entra con me?”
“Tutto? Ascolta, ti dirò quello che vuoi sapere, ma ora ho bisogno che
tu scenda dalla macchina. Siamo già in ritardo”
“Ti rendi conto di quanto tutto questo non abbia senso nella
mia testa? Scenderò dalla macchina, sì. Ma solo per cercare un taxi e tornare a
casa”
Fece per aprire la portiera ma Kohei fece scattare la
chiusura automatica.
“Che diavolo fai?”
“La situazione è più complicata e se non collabori
le cose peggioreranno. Per te stessa e per tutti quanti. Quindi, per favore,
vieni con me in aeroporto.”
“Per andare dove? Voglio rimanere in Giappone! Potrei essere
d’aiuto e-” le si ruppe la voce e abbassò lo sguardo sulle ginocchia.
“Ran..”
“Cosa?! Non ho idea di cosa stia succedendo e voglio andare
a casa, che a te piaccia o meno”
“Non puoi”
La ragazza alzò gli occhi su di lui di nuovo. “Non posso? Lo
ripeto, non mi interessa se a te o alla CIA o a chiunque altro non sta bene,
voglio tornare a casa”
“E io ripeto che non lo puoi fare, tua madre ci ha dato
l’autorizzazione per il trasferimento”
La sua voce le rimbombò nelle orecchie per diversi secondi.
Cosa c’entrava sua madre?
“Sei minorenne, serve l’okay di entrambi i tuoi genitori per
iniziare le procedure. Un agente sta parlando con tuo padre proprio ora e
appena arriverà la conferma dovrai partire. Non dipende da te, prima lo
capisci, meglio è.”
“Mia madre sapeva tutto? La storia della vecchia amica era
tutta una farsa?” chiese, atona. Aveva dimenticato quello che era successo al
ristorante.
Lo vide annuire. “Tenerti d’occhio era il mio incarico, mi
dispiace aver coinvolto la tua famiglia, ma era l’unico modo che avevo per
avvicinarmi a-”
“Shinichi lo sapeva?”
“Beh no, non credo sappia chi sono,
men che meno quale sia il mio compito”
“Cosa doveva succedere stasera? Mi hai portata a quella
mostra per un motivo, giusto?”
Kohei sospirò. “Mi è stato chiesto di farlo”
“Ma le cose non sono andate come previsto”
“Esatto. Però è stato un bene che Kudo sia riuscito ad
intervenire”
Ran rimase in silenzio, cercando di mettere insieme le
informazioni che aveva appena ricevuto. Era ancora più confusa di prima.
“Uhm.. sì, pronto?”
Ran non si era nemmeno accorta che il telefono dell’altro
aveva cominciato a suonare. La voce che arrivava dall’apparecchio era
disturbata, poteva essere di un uomo o di una donna, era impossibile capirlo.
Soprattutto unendo a quello il traffico che proveniva dalla strada accanto al parcheggio.
Era piuttosto difficile seguire il filo del discorso, Kohei si limitava ad
annuire, quasi l’altro - o l’altra - potesse vederlo, e a borbottare frasi
sconnesse, quali “Cosa? Pensavo non volessi che lei-” “Davanti all’aeroporto” “Siamo
sicuri che sia una buona idea?”
Quando Kohei si girò di nuovo verso di lei. “Andiamo”
“Con chi parlavi?” chiese, tenendo gli occhi fuori dal
finestrino.
“Il mio capo”
“Mh”
“Vuole che ci muoviamo”
“Mh”
“Ran”
“Voglio parlare con Shinichi, prima”
Kohei esitò, non gli andava di prometterle qualcosa che
probabilmente non sarebbe successo. Ma non aveva alternative.
“Va bene, lo farai una volta che saremo nell'aeroporto” disse
infine, voltandosi per aprire la portiera. Sentì Ran tirare un
sospiro di sollievo. Forse le cose si sarebbero aggiustate.
Fu lei la prima a scendere dalla macchina, rabbrividì, tendendo
istintivamente una mano verso il cappotto abbandonato sul sedile. Si
ripeté mentalmente che tutto sarebbe
andato bene, nonostante in realtà non ci credesse molto. Il suo
pensiero si
spostò quindi su Shinichi, le avrebbe mai detto la
verità? Era come se lui avesse
creato un muro a separarli, che per quanto lei cercasse di abbattere
rimaneva
intatto.
Fu un rumore sordo a cogliere la sua attenzione, sapeva di
averlo già sentito altre volte, ma non riusciva a ricordare dove. Mentre le
orecchie iniziavano a fischiare e la vista ad appannarsi, abbassò lo sguardo sul
maglione beige che le aveva regalato sua madre, ora chiazzato di rosso.
Sentì le gambe cedere sotto il suo peso e, prima
che tutto diventasse nero, le sembrò di sentire Shinichi chiamare il suo nome.
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Salvee
Lo so cosa state pensando, dopo mesi mi degno di tornare, sono una persona orribile, lo so, lo so, lo soo. La persona che dovreste odiare non sono io, ma chi ha fatto gli orari di questo semestre. Un incubo, non dico altro.
Oh ma è forse il 15 marzo oggi? Vi ricorda qualcosa "Konbanwa! Allora, è la prima storia che pubblico in questa sezione, spero vi sia piaciuto come inizio."? Un anno fa pubblicavo il prologo della storia, ci credete? Non pensavo nemmeno di arrivare al terzo capitolo, invece.. Dopo tutto questo tempo posso dire di essere felicissima di aver deciso di scrivere in questa sezione e ringrazio di cuore tutti coloro che nonostante la mia lentezza assurda hanno seguito la storia fino a qui, chi ha recensito, messo tra le seguite/preferite/ricordate e anche (ovviamente) ai lettori silenziosi. Spero vogliate arrivare alla fine insieme a me.
Tornando alla storia, mi scuso per l'ennesimo cliffhanger, immagino abbiate capito che qualcuno ha sparato a Ran. Chi è stato? Sopravvivrà? Quando la pianterai di maltrattare i personaggi? Troverete risposte per queste e altre domande nel prossimo capitolo, che speriamo tutti arrivi presto.
Gaia
Ps. La frase all'inizio della storia - ovviamente - non è di una canzone; questa volta ho preferito usare la citazione di un film, Dear John. Penso sia chiaro il perchè della mia scelta ahah