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Autore: GottaBeLou    15/03/2015    4 recensioni
"Mentre Kogoro sbraitava, il piccolo Conan non emetteva un suono, sembrava quasi non respirasse. Sentiva un enorme peso sul cuore guardando il viso della ragazza. I paramedici avevano chiesto più volte al bambino di rimanere sul posto ma lui non aveva ceduto. Era solo colpa sua se Ran si trovava in quella situazione, colpa sua e di nessun altro, la sua vita era appesa a un filo e se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato."
Genere: Angst, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Kazuha Toyama, Nuovo personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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capitolo13
C'è un'altra cosa che ti voglio dire, un attimo prima che tutto diventasse nero, vuoi sapere l'ultima cosa a cui ho pensate? A te!

W.P.
Ripeté mentalmente le due lettere. Conosceva il loro significato, lo aveva capito subito, ma cosa c’entrava Vermouth?
Alzò lo sguardo, la donna era ancora lì, con gli occhi fissi su di lui.
“Che diavolo vorrebbe dire?” chiese infine.
“Pensavo conoscessi la procedura, Sherlock”
“Infatti, ma-
“Potresti solo dire grazie”
“Vuol dire che sei stata tu ad organizzare.. questo?”
La vide alzare le spalle e poi portare le mani sui fianchi. Per quanto cercasse di far quadrare le cose, per quanto cercasse di dar loro un senso, queste si complicavano sempre di più.
W.P., Witness Protection. Il Programma protezione testimoni. Istituito dall’FBI più di quarant’anni prima, era ormai conosciuto a livello mondiale ed era attivo in diversi paesi. Shinichi deglutì e prese a fissare il foglietto per l’ennesima volta, come poteva Vermouth essere coinvolta in un progetto del genere?
“Perché?”
Stop asking stupid questions
“Ma ho il diritto di sapere!”
“Ascoltami,” fece lei, qualche secondo dopo “è meglio per tutti che tu non veda Ran prima che parta”
“Vuoi dire che non è ancora partita?”
Vermouth sospirò, conscia di essersi lasciata scappare un paio di parole di troppo. Guardò in fretta l’orologio che aveva al polso, imprecò e prese a camminare lungo il marciapiede deserto, per poi fermarsi una decina di passi più avanti.
“Non vieni?” chiese, senza voltarsi.

***

Al quartier generale regnava il caos. Dopo la telefonata con Kudo, Jodie si era presa un paio di minuti per riordinare le idee. In quei pochi giorni trascorsi a New York era riuscita a malapena a riposarsi e a riprendere fiato da tutto ciò che stava succedendo in Giappone. James le aveva assicurato che una pausa non le avrebbe fatto che bene, ma solo ora si rendeva conto che sarebbe stato decisamente meglio rimanere a Tokyo.
Ripensò alla chiamata di poco prima, quando Vermouth aveva risposto. Perché proprio lei lo stava aiutando a cercare il complice della donna che avevano arrestato? La donna che aveva scoperto essere sua sorella. Quanto c'era di vero in quella storia? Certo, era vagamente verosimile, ma per convincerla sarebbe servito molto di più che una manciata di parole. Ci avrebbe pensato più tardi.
“Agente Jodie!” si sentì chiamare. Era di nuovo Evans. “C’è una chiamata per lei, scenda al primo piano”
“Chi mi cerca?”
“Non ne ho idea, non me l’hanno detto. Credo sia urgente, però”
Jodie imboccò le scale e scese più in fretta che poté. Ad accoglierla, trovò James e Camel, entrambi con il volto preoccupato.
“Che diavolo sta succedendo?”
Il primo si limitò a sollevare le spalle per poi cliccare il tasto del vivavoce sul telefono appoggiato sulla scrivania.
“Chi parla?” chiese, con tono deciso.
“Sono Reina, credo sia arrivato il momento. Sanno che una dei loro è con voi, sanno che lei stava facendo ricerche su Shinichi Kudo, capiranno tutto. Dovete fare in modo che non trovino nessuna delle persone che sono entrate in contatto con lui. Al più presto. Uno dei nostri mi ha detto che la ragazza è già salva, la faranno uscire dal Giappone stanotte”
“La ragazza?” chiese Jodie, confusa.
“La figlia dell’investigatore”
Figlia del- Doveva essere Ran.
“Vi chiameremo appena sarà partita per confermare la destinazione”
“Perché è stato avviato il programma senza nessun avvertimento?”
“La donna che avete arrestato voleva rapirla, quindi qualcuno ha pensato potesse essere troppo pericoloso per lei rimanere qui. I genitori ne sono già al corrente”

“La situazione è peggiore di quanto pensassimo, sta succedendo tutto troppo in fretta” disse James appena si chiuse la chiamata.
“Siamo pronti però, giusto? Insomma, sono mesi che parliamo di questi programmi” ribatté Camel, dopo essersi schiarito la gola.
“Beh sì, ma prima serve che tutti diano l’okay per procedere, senza la loro conferma non possiamo fare niente. Poi dovremo spiegare loro la situazione e il tempo stringe, quindi” si alzò e prese il telefono “avvertite tutti e fate in modo che domani mattina siano nello stesso posto”

***

“Perché mi hai portata qui?” chiese di nuovo Ran.
“Sei in pericolo, non puoi più rimanere in Giappone”
La ragazza inorridì. Lasciare il paese? Non se ne parlava nemmeno. E poi, lui che diritto aveva di dire certe cose? Chi era davvero?
“Non ho idea di cosa tu stia parlando”
“Allora chiedi”
“Mh?”
“Cosa vuoi sapere?”
Tutto. Ecco cosa voleva sapere. Aveva un milione di domande, ma per qualche motivo continuava a pensare che non fosse lui la persona giusta a cui farle. Con Yukiko era successa la stessa cosa. Shinichi le aveva detto che sarebbe stata sua madre a dire come stavano le cose, ma, di nuovo, una volta sulla macchina, non aveva chiesto nulla.
“Chi sei?” chiese “Veramente, dico. E come sai che sono in pericolo? Per quanto ne so potresti essere tu quello che mi sta mettendo in pericolo e.. perché ridi ora?”
“Beh questa tua teoria è un po’ campata per aria”
Ran assottigliò gli occhi e Kohei tentò di tornare serio.
“Sono della CIA. Da alcuni mesi lavoro sotto copertura qui in Giappone. Sto raccogliendo informazioni su un’organizzazione che-”
“CIA? Questo cosa c’entra con me?”
“Tutto? Ascolta, ti dirò quello che vuoi sapere, ma ora ho bisogno che tu scenda dalla macchina. Siamo già in ritardo”
“Ti rendi conto di quanto tutto questo non abbia senso nella mia testa? Scenderò dalla macchina, sì. Ma solo per cercare un taxi e tornare a casa”
Fece per aprire la portiera ma Kohei fece scattare la chiusura automatica.
“Che diavolo fai?”
“La situazione è più complicata e se non collabori le cose peggioreranno. Per te stessa e per tutti quanti. Quindi, per favore, vieni con me in aeroporto.”
“Per andare dove? Voglio rimanere in Giappone! Potrei essere d’aiuto e-” le si ruppe la voce e abbassò lo sguardo sulle ginocchia.
“Ran..”
“Cosa?! Non ho idea di cosa stia succedendo e voglio andare a casa, che a te piaccia o meno”
“Non puoi”
La ragazza alzò gli occhi su di lui di nuovo. “Non posso? Lo ripeto, non mi interessa se a te o alla CIA o a chiunque altro non sta bene, voglio tornare a casa”
“E io ripeto che non lo puoi fare, tua madre ci ha dato l’autorizzazione per il trasferimento”
La sua voce le rimbombò nelle orecchie per diversi secondi. Cosa c’entrava sua madre?
“Sei minorenne, serve l’okay di entrambi i tuoi genitori per iniziare le procedure. Un agente sta parlando con tuo padre proprio ora e appena arriverà la conferma dovrai partire. Non dipende da te, prima lo capisci, meglio è.”
“Mia madre sapeva tutto? La storia della vecchia amica era tutta una farsa?” chiese, atona. Aveva dimenticato quello che era successo al ristorante.
Lo vide annuire. “Tenerti d’occhio era il mio incarico, mi dispiace aver coinvolto la tua famiglia, ma era l’unico modo che avevo per avvicinarmi a-”
“Shinichi lo sapeva?”
“Beh no, non credo sappia chi sono, men che meno quale sia il mio compito”
“Cosa doveva succedere stasera? Mi hai portata a quella mostra per un motivo, giusto?”
Kohei sospirò. “Mi è stato chiesto di farlo”
“Ma le cose non sono andate come previsto”
“Esatto. Però è stato un bene che Kudo sia riuscito ad intervenire”
Ran rimase in silenzio, cercando di mettere insieme le informazioni che aveva appena ricevuto. Era ancora più confusa di prima.
“Uhm.. sì, pronto?”
Ran non si era nemmeno accorta che il telefono dell’altro aveva cominciato a suonare. La voce che arrivava dall’apparecchio era disturbata, poteva essere di un uomo o di una donna, era impossibile capirlo. Soprattutto unendo a quello il traffico che proveniva dalla strada accanto al parcheggio. Era piuttosto difficile seguire il filo del discorso, Kohei si limitava ad annuire, quasi l’altro - o l’altra - potesse vederlo, e a borbottare frasi sconnesse, quali “Cosa? Pensavo non volessi che lei-” “Davanti all’aeroporto” “Siamo sicuri che sia una buona idea?”
Quando Kohei si girò di nuovo verso di lei. “Andiamo”
“Con chi parlavi?” chiese, tenendo gli occhi fuori dal finestrino.
“Il mio capo”
“Mh”
“Vuole che ci muoviamo”
“Mh”
“Ran”
“Voglio parlare con Shinichi, prima”
Kohei esitò, non gli andava di prometterle qualcosa che probabilmente non sarebbe successo. Ma non aveva alternative.
“Va bene, lo farai una volta che saremo nell'aeroporto”  disse infine, voltandosi per aprire la portiera. Sentì Ran tirare un sospiro di sollievo. Forse le cose si sarebbero aggiustate.
Fu lei la prima a scendere dalla macchina, rabbrividì, tendendo istintivamente una mano verso il cappotto abbandonato sul sedile. Si ripeté mentalmente che tutto sarebbe andato bene, nonostante in realtà non ci credesse molto. Il suo pensiero si spostò quindi su Shinichi, le avrebbe mai detto la verità? Era come se lui avesse creato un muro a separarli, che per quanto lei cercasse di abbattere rimaneva intatto.
Fu un rumore sordo a cogliere la sua attenzione, sapeva di averlo già sentito altre volte, ma non riusciva a ricordare dove. Mentre le orecchie iniziavano a fischiare e la vista ad appannarsi, abbassò lo sguardo sul maglione beige che le aveva regalato sua madre, ora chiazzato di rosso.
Sentì le gambe cedere sotto il suo peso e, prima che tutto diventasse nero, le sembrò di sentire Shinichi chiamare il suo nome.

-----------

Salvee

Lo so cosa state pensando, dopo mesi mi degno di tornare, sono una persona orribile, lo so, lo so, lo soo. La persona che dovreste odiare non sono io, ma chi ha fatto gli orari di questo semestre. Un incubo, non dico altro.

Oh ma è forse il 15 marzo oggi? Vi ricorda qualcosa "Konbanwa! Allora, è la prima storia che pubblico in questa sezione, spero vi sia piaciuto come inizio."? Un anno fa pubblicavo il prologo della storia, ci credete? Non pensavo nemmeno di arrivare al terzo capitolo, invece.. Dopo tutto questo tempo posso dire di essere felicissima di aver deciso di scrivere in questa sezione e ringrazio di cuore tutti coloro che nonostante la mia lentezza assurda hanno seguito la storia fino a qui, chi ha recensito, messo tra le seguite/preferite/ricordate e anche (ovviamente) ai lettori silenziosi. Spero vogliate arrivare alla fine insieme a me. 

Tornando alla storia, mi scuso per l'ennesimo cliffhanger, immagino abbiate capito che qualcuno ha sparato a Ran. Chi è stato? Sopravvivrà? Quando la pianterai di maltrattare i personaggi? Troverete risposte per queste e altre domande nel prossimo capitolo, che speriamo tutti arrivi presto.

Gaia

Ps. La frase all'inizio della storia - ovviamente - non è di una canzone; questa volta ho preferito usare la citazione di un film, Dear John. Penso sia chiaro il perchè della mia scelta ahah

  
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