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Autore: Midori No Esupuri    16/03/2015    2 recensioni
[WARNING: MORMOR/MORMORSTAN]
L'evoluzione del rapporto tra l'ex colonnello Sebastian Moran e il consulente criminale Jim Moriarty tramite messaggi.
(11.19) Mi sta assumendo come killer?
(11.20) Esattamente. JM

[...]
(11.24) Stia tranquillo, la sua ferita all’occhio non sarà un problema. So che possiede un conto bancario, mi occuperò di versarle la somma necessaria al costoso intervento che deve sostenere per recuperare la vista. JM
(11.26) Perché?
(11.26) Gliel’ho detto. Mi serve un collaboratore. JM

Nota: Capitoli comprensivi di messaggi e parte narrativa.
Genere: Angst, Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim, Moriarty, Mary, Morstan, Sebastian, Moran, Sebastian, Moran
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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#18: Drama queen
 
Venerdì 20  febbraio
 
Era sull’orlo di prendere tutti quei giornali e gettarli dalla finestra della cucina, doveva essere abbastanza evidente quella sua intenzione visto che Jim non faceva che lanciargli occhiate caute. Era come una madre che teneva sempre sotto controllo un bambino pestifero, e non gli piaceva per niente essere messo al pari di una creatura tanto stupida.
-Dobbiamo per forza tenerli?- sbottò lamentoso, crollando sulla sedia della cucina, l’unica libera in tutto quel marasma di giornali e fotografie. Jim era seduto sull’ampio tavolo, il fisico magro avvolto da una felpa violacea e un paio di jeans troppo larghi. Al solito, aveva ‘preso in prestito’ i vestiti del cecchino.
-Sì, dobbiamo. Torneranno utili.- rispose, grattandosi seccato la barba.
-Se mai vorrò appiccargli fuoco, li userò senza dubbio.- biascicò Sebastian, stiracchiandosi con indifferenza.
-Non darai fuoco a Sherlock Holmes, smettila di fare i capricci.
-Io? Io, fare i capricci? Ti sei per caso mai sentito?!
Sebastian non aveva dimenticato quello che aveva visto quasi una settimana prima, nel bagno della villa. Non era riuscito a dormire per un paio di notti, pensando a quanto fosse stato cieco riguardo alle condizioni fisiche e mentali del suo capo. Aveva imparato ad apprezzarne persino i difetti più odiosi, in verità, e avrebbe voluto poter fare qualcosa per il suo autolesionismo, per aiutarlo ad uscirne. A vivere bene, più o meno. Aveva quasi accettato persino l’ossessione di Jim nei confronti di Sherlock Holmes, e non era cosa da poco. Aveva solo accantonato la situazione per aiutare Jim nel corso del suo piano.
-E non fare tanto chiasso, Sebby!- inveì quest’ultimo. -Piuttosto, hai preparato il computer?
-Sì, è sepolto tra i tuoi giornali!
-Ottimo, allora vado a vestirmi in modo adeguato. Oh, e dovremo vedere una persona, oggi.
-Chi?
-Una persona, Sebby. Lavoro.
Jim scomparve al piano di sopra e Sebastian non potè fare altro che liberare il proprio portatile dai ritagli di giornale su Sherlock Holmes – senza risparmiarsi i grugniti di disappunto – e attendere di accompagnare il suo capo sul luogo del loro prossimo crimine. La torre di Londra. Doveva stare pronto con il computer e i codici, in auto, per essere perfettamente in grado di supervisionare la situazione.
Svolse tutti i suoi compiti con la massima cura, come Jim si era premurato di ripetergli per tutto il viaggio in auto, e lo osservò sedersi tronfio sul trono dopo aver rotto la teca. Il solito drammatico, la regina assoluta del palcoscenico del crimine, con in testa quella corona troppo grande per lui. Sembrava un bambino particolarmente tronfio ed antipatico durante la fiera del carnevale, Sebastian dovette tuttavia trattenersi moltissimo per non scendere dall’auto quando Jim venne arrestato, senza opporre alcuna resistenza. Il piano era quello, dopotutto, e prevedeva persino tre giorni di prigionia in cui Jim non si sarebbe fatto sentire. Inaspettatamente, il secondo giorno, Sebastian avvertì il proprio cellulare vibrare sul tavolino basso del salotto, accanto alla lattina semivuota di birra.
 
(20.36) Sebby, vieni a prendermi. L’Inferno è noioso, qui. JM
 
Era stupito, molto, ma era evidente che avesse trovato un modo per uscire di prigione al più presto. Uscì quindi dalla casa e si diresse verso la prigione cittadina, in cui Jim era stato chiuso in attesa di un’udienza formale per arrestarlo definitivamente. Sebastian sperava vivamente che il capo avesse un piano, ma dalla sua espressione non riusciva a comprendere alcunché, come sempre. Possedeva il codice per annientare il sistema di sicurezza della prigione, in modo che Jim uscisse indisturbato dall’edificio e salisse in macchina come se non fosse stato in un posto diverso da un supermercato. Era quasi fantascienza, a pensarci bene, ma Sebastian si ritrovò a sorridere divertito quando Jim aprì la portiera dell’auto nera nella notte e si sedette all’interno, scomposto.
-Oh. Mio. Dio!- sospirò, senza nemmeno salutare. -Era impossibile stare lì dentro! Portami a casa, ho bisogno di un bagno.
E Sebastian obbedì, non si aspettava nessuna particolare celebrazione per quel ritorno alla villa e comunque Jim non avrebbe festeggiato, era silenzioso durante il viaggio. Non aveva nemmeno canticchiato una strofa delle canzoni dei Bee Gees, ormai l’unico disco in tutta la macchina. Avrebbe voluto chiedere se si sentiva bene, se voleva parlargli di qualcosa, ma sarebbe stato del tutto inutile, così non disse nulla e si limitò ad attendere, guidando in silenzio.
Entrarono in casa, Jim non aveva minimamente aperto bocca e anzi, sembrava determinato a non farlo per diverso tempo. Sebastian iniziava a perdere la pazienza, nonostante non ne avesse mai avuta tantissima.
-Si può sapere cosa…?!- sbottò, ma venne interrotto dalla poca forza di Jim che si appiattì contro il suo corpo, spingendolo verso la porta e alzandosi sulla punta delle scarpe laccate fino ad arrivare al suo volto per poterlo baciare. Il cecchino rimase stupito, ma venne trascinato appena verso il basso e prese possesso del corpo magro di Jim, sollevandolo da terra e voltandosi per premere la sua schiena contro la porta. L’altro mugolò, lasciandosi mordere le labbra pallide e morbide, dal sapore di gomma da masticare e di fumo. Sebastian sfogò, come sempre, tutta la propria rabbia e la propria frustrazione in un bacio rude e umido, che Jim ricambiò senza fare troppe storie e anzi, incitò catturando la lingua del cecchino tra le proprie labbra e succhiandola avidamente. Sebastian avvertì una scarica elettrica lungo la spina dorsale, le gambe di Jim strette attorno alla sua vita e le mani affusolate che gli scompigliavano i capelli color grano sulla nuca, provocandogli vampate incontenibili di eccitazione. Non aveva mai preso in considerazione una relazione con un uomo, ma Jim lo faceva stare bene a modo suo e Sebastian poteva dirsi felice, nonostante i frequenti alti e bassi e l’insopportabile schizofrenia di Jim. Dopo aver visto le pillole e la lametta insanguinata sul pavimento del bagno, il cecchino si era convinto che il suo capo necessitasse la sua presenza più di quanto dimostrava, e i motivi per i quali si teneva tutto dentro non fossero poi così importanti. Bastava esserci per lui, in ogni situazione, e quella relazione avrebbe potuto funzionare: per certi versi, era la migliore che avesse mai avuto. Jim afferrò la stoffa della maglietta di Sebastian e la tirò, con una foga contrapposta al suo elegante completo grigio chiaro, nel tentativo di spogliarlo, il biondo non era mai stato più eccitato in vita sua. Forse una volta, ma era una delle prime occasioni in cui faceva sesso ed era pressappoco un adolescente, quindi non contava come esperienza. Il moro lo baciava, lo mordeva, leccava la sua pelle ruvida senza nemmeno lasciargli il tempo di spogliarsi in modo adeguato, tanto che alla fine Sebastian si sfilò la maglietta e la lanciò all’indietro senza nemmeno preoccuparsi del disordine. Nemmeno Jim vi fece caso, ed era insolito, ma era così preso dal cercare le labbra del biondo per rimproverarlo del suo essere sciatto.
Sebastian lo guardò per un istante, tra loro si era improvvisamente creata una pausa in cui stavano riprendendo fiato e Jim si stava liberando degli abiti aiutato dal cecchino, o per meglio dire cercava di non farsi stracciare quel costosissimo completo Westwood.
-Dio… Accidenti a te.- biascicò Sebastian, sentiva le vene andare in fiamme e Jim lo fissava, abbandonato contro la porta, gli occhi neri lucidi dalla voglia.
-Mi spiegherai mai cosa ti passa per la testa, uhm?
Jim lo baciò, voglioso, e l’altro non si scansò di certo.
-Voglio solo che tu spinga il tuo…
-Non mi riferivo a questo!- sbottò Sebastian, accaldato maggiormente all’idea di sentire il suo capo parlare in modo volgare. Era tutto così strano da parte sua, però non riusciva ad opporsi. Non voleva opporsi.
-E allora muoviti, se lo sai. Dio santo, ho aspettato un mese in quella cella!
-Eh, un mese… Una settimana, e nemmeno inte…
-Ti vuoi muovere, razza di idiota?! Ahia!- sbottò Jim, con un gridolino isterico, nel sentirsi mordere nel bel mezzo del collo. Poco dopo era già completamente nudo e alla mercè del proprio collaboratore, che lo spingeva ritmicamente verso il legno freddo del portone mentre entrava dentro di lui, energicamente. Non era andato tutto secondo i piani, non come aveva previsto inizialmente, ma Jim poteva dirsi comunque soddisfatto, in ogni senso. Sebastian era un uomo forte, rude, eppure al tempo stesso aveva l’accortezza di non fare domande e di stringerlo durante alcuni dei suoi incubi notturni. Sentiva già la mancanza di quella sensazione di calore mai provata prima in vita sua, così come avvertiva il peso della decisione che aveva intrapreso diversi giorni prima, quando aveva formulato il suo piano. Si strinse forte al proprio cecchino, posando la fronte contro la sua spalla forte, gemendo man mano che l’uomo spingeva dentro di lui con l’erezione calda e tesa. Affondò le mani nella sua schiena, graffiandola forse, e gli morse la pelle abbronzata per non lasciarsi andare ad inutili emozioni. Doveva convincersi che Sebastian fosse solamente una persona, solo un soldato che lavorava per lui, ma sembrava essere più difficile del previsto.
Allargò le gambe, dandogli più spazio per possederlo e farlo fremere dal piacere, finchè non resistette alla frizione del proprio corpo contro quello di Sebastian e venne con un forte gemito, acuto e soddisfatto. Il biondo lo seguì un paio di spinte dopo, sospirando roco. Quanto gli sarebbe mancata quella voce…
Rimasero in silenzio, riprendendo fiato, poi Jim si ricordò di una parte importante del suo piano. Non era esattamente scattata nel momento giusto, ma poco importava: aveva sempre fatto tutto un po’ a modo suo, dopotutto.
-Cena?- domandò, ansante e sorridendo lievemente nell’incavo del collo del biondo. Adorava il momento in cui Sebastian gli metteva una mano tra i capelli e li accarezzava appena, facendolo addormentare come un gatto.
-Muoio di fame.- rispose l’altro, prevedibilmente. Jim annuì, era quello che serviva. Una cena insieme, probabilmente l’ultima. 

 
•Nota dell'autrice:
In ritardo come sempre, eccomi con il diciottesimo capitolo. Avevo voglia di farli riunire un pochino, prima che succeda il cataclisma. Ormai lo sappiamo tutti cosa sta per accadere, quale sia il piano di Jim e quale, appunto, sarà la sua fine. Con questa, si sta avvicinando anche la fine della fanfiction e devo dire che sono divisa tra la gioia di avere una long completa - finalmente - e la tristezza per aver messo la parola fine proprio a questa. Ma, come ho detto, ne arriveranno altre e spero che saranno tutte di vostro gradimento, perchè ci metto davvero tantissimo impegno per ogni capitolo e mi emoziono sempre per le vostre recensioni, nel vedere in quanti seguite e commentate, o preferite e leggete in silenzio. Grazie, come sempre, e ci rivediamo al prossimo capitolo!
Midori No Esupuri~
  
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