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Autore: Letizia25    17/03/2015    5 recensioni
Sospira di nuovo, quasi per cercare una risposa, quella risposta che non c’è mai stata, neppure all’inizio.
Ha fatto quella strada così tante volte in quegli ultimi due anni.
Perché adesso dovrebbe essere diverso?
*
Sente i suoi passi scricchiolare sulla neve e sulla ghiaia.
Sente il suo cuore cadere e sbriciolarsi, come sabbia fredda che vola via al vento.
Sente i ricordi arrivare come uragani, senza che possa fare molto per fermarli.
Sente le lacrime agli angoli degli occhi, pronte a scendere e bruciargli la pelle fredda.
Sente la sua anima annientarsi, dissolversi, in silenzio, senza un lamento.
Non dovrebbe essere lì.
Non dovrebbe andarci così spesso.
Avrebbe dovuto smettere da tempo con quella storia.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum Hood, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Love saved us'
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Il cuore non dimentica
 
 
 
È sabato mattina. 
Il cielo grigio alto su di lui sembra promettere neve. 
Il vento freddo gli entra dentro i vestiti e lo fa rabbrividire ad ogni passo. 
Piccole nuvolette gli escono dalle labbra. 
È inverno, quasi fine gennaio. 
Presto quella stagione passerà, lasciando posto alla primavera, ai colori, alla vita, alla felicità. 
Solo un luogo, così piccolo da essere quasi inesistente, rimarrà a lungo freddo e lontano da tutto e tutti. 
Il suo cuore. 
Calum sospira, stanco, mentre i suoi passi lasciano impronte sulla neve fresca, caduta da poco.
Cammina lento, quasi non si trovasse davvero sulla Terra, quasi fosse in un mondo tutto suo.
Cammina ancora, con il cuore che batte piano, ad un ritmo irregolare.
Si passa una mano tra il ciuffo di capelli neri fuori dal cappuccio della felpa blu che ha sulla testa.
Sospira di nuovo, quasi per cercare una risposa, quella risposta che non c’è mai stata, neppure all’inizio.
Ha fatto quella strada così tante volte in quegli ultimi due anni.
Perché adesso dovrebbe essere diverso?
Perché è così in ansia e sta male, male davvero tanto, così tanto che non riesce neppure a respirare?
Perché sembra che quella ferita si stia aprendo ancora una volta, più profonda di prima?
Scuote la testa, piano, che tanto a quelle domande una risposta non c’è e mai ci sarà.
Lascia che i suoi piedi imprimano la loro forma sulla neve.
Lascia che percorrano quel sentiero ormai senza neppure il bisogno di vedere dove li mette, perché tanto quella la strada la sa a memoria, passo dopo passo, pietra dopo pietra.
E continua a camminare, avvolto nel silenzio, perché alle nove di sabato mattina nessuno è in piedi.
Nessuno, eccetto lui, che con quelle tre rosse rosso scuro in mano, impacchettate nella carta argentata, sembra così fuori posto.
E continua a camminare, Calum, con gli occhi bassi e spenti rivolti a terra, stanchi e lucidi come non lo erano da troppo tempo.
Occhi grandi e scuri, che hanno sempre osservato il mondo con distacco in quegli ultimi anni.
Cammina ancora, con i brividi che gli corrono sulla pelle, sulla schiena, senza sosta, e fanno male.
Arriva all’inizio di quel luogo che per lui, per quel ragazzo di soli diciannove anni, non dovrebbe mai essere un posto da frequentare così assiduamente.
Nomi, date, foto, fiori, lacrime, preghiere.
Tutto ciò in cui non ha mai creduto, e in cui non potrebbe mai credere, perché non ha potuto esaudire l’unica richiesta che avesse mai fatto in vita sua.
Sente i suoi passi scricchiolare sulla neve e sulla ghiaia.
Sente il suo cuore cadere e sbriciolarsi, come sabbia fredda che vola via al vento.
Sente i ricordi arrivare come uragani, senza che possa fare molto per fermarli.
Sente le lacrime agli angoli degli occhi, pronte a scendere e bruciargli la pelle fredda.
Sente la sua anima annientarsi, dissolversi, in silenzio, senza un lamento.
Non dovrebbe essere lì.
Non dovrebbe andarci così spesso.
Avrebbe dovuto smettere da tempo con quella storia.
Glielo avevano ripetuto tutti, in quegli ultimi due anni, per poi perdere le speranze e lasciarlo da solo.
Solo.
È solo, Calum.
Ad affrontare il suo dolore, così intenso e lacerante.
Ad affrontare quel senso di vuoto che nessuno avrebbe mai più colmato.
Ad affrontare una vita in cui quella persona non ci sarebbe più stata con lui.
Sospira forte e si avvicina, con il cuore che fa sempre più male ad ogni passo. 
Non vuole vedere quella piccola foto, non ancora. 
Non ne ha le forze, non quel giorno tanto doloroso. 
Posa le rose proprio lì, davanti a quella pietra. 
Ma gli occhi restano bassi, e le lacrime iniziano a scendere, lente, silenziose. 
Come la sua anima, che continua a sfaldarsi, pezzo dopo pezzo. 
Si alza in piedi, senza asciugarsi le guance, perché tanto non servirebbe. 
Prende un respiro, mentre cerca di combattere quei ricordi che tornano. 
Perché non vuole ripensare al suono di quella risata o di quella voce dolce. 
Perché non vuole rivedere quegli occhi grandi e scuri su di lui, attenti e bellissimi. 
Perché lei, lei gli manca da morire. 
E quel giorno sono esattamente due anni che lei non c'è più. 
Due anni senza Ruth. 
«Ciao, piccolo orso.»
La saluta così, come ha sempre fatto da quando la conosce. 
«Mi manchi. Mi manchi tanto.»
E finalmente le sue iridi scure incontrano quella foto, la sua immagine.
La stessa immagine che lo accompagna durante il giorno, durante i suoi sogni. 
L'immagine di una ragazza mora, bellissima, con i suoi grandi occhi scuri.
Ruth, timida e impacciata che lo aveva conquistato subito, con quel sorriso dolce.
Lei che gli aveva dato tutto in così poco tempo, amandolo come nessuno aveva fatto prima. 
E lui, a quel tutto, aveva risposto donando tutto ciò che aveva, e anche di più. 
Ed erano stati bene insieme. 
Era andato tutto bene. 
Fino a che quel mostro non era arrivato e non aveva rovinato ogni cosa. 
Calum si lascia andare ad un singhiozzo, l'unico che può permettersi per non crollare. 
Osserva ancora quella foto, la preferita di Ruth, con lei che indossa i suoi soliti occhiali neri. 
La guarda per un po', con un sorriso triste sul viso, un sorriso che solo chi sta così male può capire. 
Non vuole dare spazio ai ricordi, non ancora, lo farà quando sarà a casa. 
Si permette di stare lì, accanto a lei, ancora per qualche minuto. 
E lo sente che lei è lì, al suo fianco, con la sua mano leggera e magra sulla sua spalla.
La sente, la immagina sorridere dolce e dirgli che andrà tutto bene, che può succedere e che lui deve vivere. 
Glielo dice sempre, glielo fa sapere in ogni modo, ogni giorno. 
Lei c'è, c'è sempre stata e continuerà a farlo finché potrà. 
«Sono già due anni che non ci sei più.»
E lo sente che lei abbassa la testa, che sospira e che intensifica la sua presenza accanto a lui
Calum sorride ancora una volta, triste, il cuore diventato un macigno nel petto. 
Si abbassa verso la foto e la accarezza piano, lentamente, con paura.
Paura di non poter resistere ancora per molto senza di lei. 
Paura di cadere e non riuscire più ad alzarsi da solo. 
Paura di dimenticarsi di tutto quello che c'è stato tra di loro. 
«Io non so più cosa fare.»
E le sue parole diventano un sussurro, così basso da non essere udito da nessuno. 
Ed è vero che non sa più che fare. 
Che senza lei si sente perso. 
Che non ha più niente. 
Che la sua vita non è niente. 
Si asciuga le lacrime e sospira, troppo stanco per reagire e per difendersi. 
«Vorrei tanto che tu fossi qui con me.»
Sospira ancora una volta, parla piano, il cuore che si distrugge inesorabilmente. 
Quanto vorrebbe che tutto finisse lì, adesso, senza più
«Ci vediamo domani.»
E la saluta così, ogni volta, perché non ce la fa, non riesce a dire addio, non ancora. 
Si alza e si avvia a passo lento, fuori da quel luogo che per molte, troppe persone porta troppo dolore.
Non vede bene, ha gli occhi appannati dalle lacrime. 
Quelle lacrime che non vuol far uscire. 
Non vuole piangere, non ora. 
Ma i ricordi arrivano, inesorabili, e feriscono, fino all'angolo più profondo del cuore. 
Gli occhi gli bucano, bruciano, e lui le lacrime vorrebbe tenerle dentro. 
Vorrebbe non crollare. 
Ma non ci riesce, non è forte lui. 
Non lo è mai stato.
E non arriva neppure a casa, non ci riesce. 
Perché le lacrime scendono prima, ancora una volta, e fanno male, ancora.
Prova a fermarle, prova ad asciugare le guance, ma non serve a niente.
Continuano a scendere, ad appannare la vista, a bruciare sulla pelle.
Continuano a dare via libera ai ricordi, a tutte quelle immagini che feriscono.
Si ferma un attimo, si guarda attorno, spaesato, solo, quasi non capisce dove si trovi.
Gli sembra di essere in un altro mondo, dove Ruth non è morta, dove loro due sono insieme, ancora felici.
Cammina senza meta, a passo lento, incerto, instabile su quelle gambe che non vogliono reggerlo.
Il cuore gli batte così forte nel petto da far male, mentre i ricordi e scavano solchi troppo profondi.
Perché deve essere tutto così difficile?
Perché non gli riesce dimenticare tutto quanto e continuare con la sua vita?
L’ennesimo singhiozzo, l’ennesimo colpo al cuore, l’ennesimo brivido che lo attraversa da capo a piedi.
E intanto il cuore fa male, si lamenta debole e stanco, e le lacrime non smettono di scendere né di bruciare.
La vita fa schifo.
Cammina ancora Calum, e presto si ritrova con i piedi che affondano nella sabbia fredda di quella mattina.
E si siede, che tanto ormai non riesce più a tenersi in piedi, non c’è verso.
Sospira, cercando di cacciare indietro tutto, cercando di resistere ancora un po’, cercando di non mollare ora.
Punta i suoi occhi grandi e scuri su quell’immensa distesa d’acqua grigia, immobile, su quel mare che rispecchia in pieno tutto ciò che gli è rimasto dentro al cuore.
Niente.
Non gli è rimasto più niente, è vuoto, Calum.
È vuoto, e non sa più cosa fare, dove andare.
Non sa più chi è.
E mentre le onde si infrangono lente sul bagnasciuga, lui prende una foto dal portafogli, quella foto.
Quella di loro due abbracciati e sorridenti come mai lo erano stati prima, stretti in un abbraccio dolce e forte che nessuno, neppure la morte, avrebbe mai potuto spezzare.
La sua Ruth…
Non avrebbe mai creduto che la vita gliel'avrebbe strappata via così presto. 
Nessuno dei due avrebbe mai potuto immaginare di avere così poco tempo a disposizione.
Non è giusto, non è fottutamente giusto!
E mentre le lacrime continuano a scendere, i ricordi tornano e lo investo come un’onda.
Il loro primo incontro in quel bar, quella sera di inizio estate.
La loro prima uscita, al parco, con un gelato in mano e tanta felicità dentro.
Il loro primo bacio su quella panchina, non lontana dal mare, la sera, sotto le stelle.
La loro prima volta, a casa di lei, sotto quelle lenzuola arancioni, il suo colore preferito.
E poi i sorrisi, le battute che capivano solo loro, il batticuore, le loro mani sempre unite, gli sguardi complici, i litigi nati per motivi stupidi, le notti passate a telefono.
Tutte cose che adesso gli mancano, gli mancano davvero troppo, anche quelle più banali.
Era davvero bellissimo, non potevano chiedere di meglio, non serviva.
Poi però il mostro era arrivato, e aveva rovinato tutto.
Si era presentato lentamente, cosicché nessuno non potesse accorgersene.
E alla fine, quando successe, era già troppo tardi e non c’era più niente da fare.
Calum si ricorda ancora troppo bene il pomeriggio in cui lo seppe.
Quando seppe che era troppo tardi per ogni cosa, che niente sarebbe stato più lo stesso.
E gli ultimi mesi erano stati duri, troppo pesanti per due diciassettenni che venivano distrutti prima ancora di capire l’intricato meccanismo della vita.
Se le ricorda bene, Calum, le ciocche scure di lei che giorno dopo giorno cadevano sul pavimento.
Si ricorda il volto stanco e sempre più pallido di lei, sempre più simile al vetro.
Si ricorda di come Ruth sembrasse così fragile, quando invece era la più forte di tutte le persone che le sono state vicine.
Era la più forte, anche tra loro due.
Era lei che spesso lo aveva spronato a non mollare mai nella sua vita, per niente e nessuno.
Era lei che gli dava forza, una forza che nessuno sapeva da dove provenissimo.
Non potrebbe mai dimenticare le notti passate vicino a quel letto bianco, in quelle stanze tristi e silenziose.
Né le lacrime versate in silenzio mentre la osservava andarsene lontana da lui, ogni minuto che passava.
Né il mondo che gli crollava addosso quando era lei che si permetteva di lasciarsi andare un po’.
E poi, la loro ultima notte.
L’unica che proprio non potrebbe dimenticare, neppure volendo.
Era sgattaiolato nella sua camera dalla finestra, come ogni notte, e le aveva stretto la mano, attento a non farle alcun male, anche se non aveva addosso né flebo né altre cose.
«Cal?»
Lei lo aveva chiamato piano, con la voce che ormai si udiva a malapena.
E lui, a sentire il suo nome, a sentire quella voce, si era sentito morire dentro, perché non sapeva quanto altro tempo avrebbe avuto con lei.
«Stai con me stanotte?»
Ed entrambi sapevano che quella domanda, quella piccola richiesta, implicava molto di più, troppe cose che non si azzardavano a dire per paura di rovinare quel poco che rimaneva.
Lui non aveva risposto ma, semplicemente, si era avvicinato e l’aveva baciata, a lungo.
Si ricorda ogni istante, Calum, di quella notte.
Si ricorda ancora le labbra dolci di lei sulle sue.
La sua pelle fresca e morbida sotto le sue mani ruvide e timide come al solito.
I brividi che correvano su di loro.
I respiri che li accarezzavano lenti.
Il calore che sentivano nel cuore, come se la fiamma della vita si stesse concentrando solo dentro di loro.
Le loro mani unite, che si accarezzavano e si stringevano forte.
I sospiri e sommessi e i «Ti amo.» sussurrati spesso, con dolcezza.
Il batticuore e quel barlume di felicità che non se ne sarebbe mai andato, neppure volendo.
Il senso di pienezza, di infinito che non si sarebbero mai dimenticati.
L’intensità di tutto.
Si erano amati a lungo quella notte, sotto quelle coperte bianche, nel silenzio di quella stanza indisturbata.
Poi le cose erano andate precipitando, troppo velocemente.
Il loro primo ed unico anniversario lo avevano passato all’ospedale, abbracciati, stretti l’uno all’altra come a non poterne fare a meno.
E poi, tutto era finito, come quella piccola scintilla che piano piano si spenge.
Del funerale non ricorda molto, solo quel senso di vuoto e di abbandono che da quel giorno non lo aveva mai abbandonato.
Poi era arrivato il dolore, intenso, irruento, in un istante, sufficiente a sbaragliare quei pochi granelli di sabbia che rimanevano di lui e del suo cuore.
Ed ora eccolo lì, Calum, solo, con un vuoto nel cuore che non si è ancora colmato, con ferite che forse mai nessuno sarà in grado di curare.
Guarda ancora una volta la foto che ha in mano, e sorride triste, mentre la mette al suo posto e si alza.
Osserva il mare, solo per un attimo, perdendosi verso l’orizzonte.
«Ti amo, Ruth, ricordatelo sempre, anche quando forse qualcun altro sarà con me.»
Poi si incammina, senza voltarsi indietro, senza versare più una lacrima.
Perché ha capito che deve reagire, deve vivere, per lei, per la sua Ruth.
E se per caso dovesse incontrare qualcuno durante il suo cammino, è sicuro che quel suo angelo ci avrà messo lo zampino.
Sorride, stavolta un po’ più rincuorato, quasi sereno.
Perché, qualunque cosa succederà, lui si ricorderà di ogni singolo istante con lei e di tutto ciò che si sono dati.
Perché il cuore non dimentica.






Letizia
Ehm, ecco, sinceramente non so come mi sia venuta l'idea.
E non so davvero che cosa dire. E' la prima volta che parlo di una tematica simile, quindi mi scuso se non sono riuscita a renderla al meglio, anche se ci ho provato. Spero comunque che queste 2.500 parole vi siano piaciute, perchè ci tengo davvero tanto.
Vi ringrazio con tutto il cuore fin da ora per ogni cosa :3 <3 <3 <3.
Un bacio, Letizia <3
   
 
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