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Autore: SonLinaChan    15/12/2008    8 recensioni
Per Lina e Gourry molto poco è convenzionale... perché dovrebbe esserlo una proposta di matrimonio? Una breve one shot romantica, ambientata dopo il termine del quindicesimo romanzo, su come Lina e Gourry potrebbero "ufficializzare" la loro relazione.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Volevo metterla on line come regalino di Natale, ma…la ho già finita, quindi eccola ora

Volevo metterla on line come regalino di Natale, ma…la ho già finita, quindi eccola ora! XD E’ ispirata dalla copertina della ristampa del 15 romanzo, uscita di recente (ovvero questa ^_^ : http://pics.livejournal.com/yaboobs/pic/0000161c/ ), e l’ambientazione è, appunto, post romanzi.

 

 

SEGUONO SPOILER DEL QUINDICESIMO (E ULTIMO) ROMANZO

 

Al termine dell’ultimo romanzo, dopo la vittoria con un redivivo Shabranigdu, Lina chiede a Gourry dove voglia dirigersi come meta successiva… e lui le risponde a Zephilia, nella sua città natale. Lina pensa immediatamente che questo sia un modo velato per rivolgerle una proposta di matrimonio, ma quando indaga sulle intenzioni di Gourry lui le risponde che, dal momento che a Zephilia è stagione di vendemmia, vuole assaggiare il famoso vino della sua regione. Il romanzo termina così, in sospeso, con Lina e Gourry che partono alla volta della casa dei genitori di Lina, con ovvi sottintesi.

Anche la vecchia copertina era piuttosto “evocativa” (Lina e Gourry che si abbracciano…^_^) ma ciò che mi piace di questa immagine è il fatto che Lina e Gourry indossino due braccialetti gemelli…che come principio, in effetti, mi ricordano molto degli anelli di fidanzamento. ^_^ Da questa idea, è nata la storia.

Commenti e critiche sono come sempre graditi! ^^ 

 

 

 

Era un tiepido pomeriggio autunnale. Il cielo era limpido, quasi totalmente sgombro di nubi, tinto di una tonalità azzurro acceso che pareva abbracciare ogni essere vivente. L’aria era frizzante, e la brezza lieve scuoteva le fronde degli alberi, facendo danzare le foglie che ancora lottavano appese ai rami, e trascinando in eleganti mulinelli quelle che percorrevano il lieve tratto in caduta che le separava dal suolo. Il terreno era completamente sommerso dal manto giallo che, scricchiolando asciutto sotto gli stivali dei viandanti, dava vita a una sommessa litania, un canto sibilante che continuava ad accompagnarci da quando, abbandonato il sottobosco, avevamo imboccato la diritta strada che ci stava conducendo alla capitale di Zephilia.

Apprezzavo enormemente la poesia di quello scenario. Assaporavo il sentore d’autunno dell’aria, godevo dei colori caldi della vegetazione, contemplavo l’enormità del cielo luminoso. Ma una consapevolezza si affermava in me al di sopra di questo arcobaleno di sensazioni, con più forza di qualsiasi altro sentimento: se qualcuno non mi avesse immediatamente offerto una bistecca, mi sarei voltata, e avrei azzannato il braccio del mio compagno di viaggio.

‘Chissà che sapore hanno, le meduse.’

“Mi fai davvero paura, quando mi guardi a quel modo.” Intercettai lo sguardo nervoso dell’oggetto delle mie fantasie culinarie. Gourry, mio migliore amico, mio compagno di avventure e mia auto-proclamata guardia del corpo. Che ora, dall’alto del suo metro e novanta di forza bruta e assurda abilità con la spada, ammetteva senza vergogna di essere impaurito da una innocente fanciulla, incorsa nella terribile sventura di non aver raggiunto un luogo civile in tempo per l’ora di pranzo.

“Chi sarebbe l’innocente fanciulla?” Gourry levò un sopracciglio.

“Sei diventato un telepate, ora?”

Sospirò. “Quando hai lo stomaco vuoto diventi molto prevedibile, Lina.”

Ah, davvero? E chi aveva la colpa del mio stomaco vuoto?

Stavamo procedendo a passo più serrato di un esercito. Tutto perché lo spadaccino, che normalmente vantava la reattività di un bradipo, aveva improvvisamente deciso di scoprire il valore della fretta.

Sbuffai. “Se tu non fossi così impaziente di arrivare ci saremmo fermati in quel villaggio a metà mattina… ma no, c’erano ‘ancora due ore buone per camminare’! Come se Zephilia scappasse!”

Per qualche imperscrutabile motivo, Gourry arrossì alle mie parole. “Uhm… beh… ma il vino novello non si troverà ancora per molto, no?”

“Gourry, la festa del raccolto inizierà fra sei giorni e durerà DUE SETTIMANE. Fidati, farai in tempo a rovinarti il fegato e a desiderare non vedere più un bicchiere di vino per il resto della tua vita.” Sospirai. “Quando vivevo qui ero troppo piccola per bere più di un bicchiere di vino annacquato, ma ricordo bene l’euforia generale. I festeggiamenti non cessavano a nessuna ora del giorno, e i miei facevano più affari in quei pochi giorni che in tutto l’inverno.”

“Non sembra male.”

“Beh… non lo è, in effetti.” Gli rivolsi un mezzo sorriso. “In fondo la tua idea di venire qui non è stata malvagia. Un po’ di relax è quello che ci vuole.”

Gourry si grattò la guancia, e non rispose nulla. Lo rilevai solo distrattamente, però. La mia attenzione era già stata attratta da qualcos’altro.

“Una città! Finalmente!”

La cinta di mura faceva capolino oltre una macchia d’alberi, in lontananza. Una coda di viandanti entrava e usciva dai suoi portali, molti mercenari e mercanti, che come noi si trovavano in viaggio in occasione delle festività imminenti.

“Muoviamoci, o quando arriveremo tutte le camere nelle locande saranno prese!” Afferrai la mano del mio compagno, recitando una formula a mezza voce. Un sospiro rassegnato uscì dalle sue labbra, ma nessuna protesta. Gourry sapeva bene quando non era il caso di fare obiezioni.

Sul momento trattenetti una risata. Ma quasi provai compassione per lui, nell’udire il suo gemito soffocato, mentre prendevamo a sfrecciare nella pianura, sorvolando la strada.

 

***

 

“Come sarebbe a dire, ‘la cucina è chiusa’???”

“M… mi spiace, signorina, ma… mancano due ore all’orario in cui normalmente serviamo il cibo e… Po… potremmo accendere i fuochi ora.” Si affrettò ad aggiungere. “… ma ci vorrebbe comunque un po’ di tempo per preparare la brace e per cucinare…”

L’oste era conscio di chi fossi. La voce che Lina Inverse era tornata a Zephilia si era già diffusa, nei villaggi che si trovavano sulle vie più battute dai mercanti, e mi era capitato di ricevere qualche occhiata curiosa nelle località in cui ci eravamo fermati nel corso del viaggio. Gourry ed io inizialmente avevamo temuto che quell’interesse si traducesse in guai (non avete idea di quanto elevata possa essere in un luogo la densità di avventurieri idioti e ansiosi di mettersi alla prova), ma fortunatamente tutti sembravano troppo distratti dai festeggiamenti imminenti per badare realmente a noi. In compenso, quando usavo il mio nome per fermare le stanze, i locandieri tendevano a non fissarmi con il classico sguardo del genere ‘tanto-lo-sappiamo-entrambi-che-è-un-nome-falso’ che mi era normalmente riservato. Perciò, presentarmi per chi ero si era rivelato un ottimo metodo per ottenere un trattamento preferenziale.

“Oh… due ore. Questo è il massimo dell’ospitalità che potete offrirmi, immagino.” La mia voce suonò estremamente minacciosa.

Gourry, al mio fianco, sospirò. Non approvava particolarmente la mia politica di terrorismo nei confronti degli osti. “Non… avreste qualcosa di freddo da darci, mentre aspettiamo?” Provò a suggerire.

Il nostro interlocutore si illuminò, di fronte alla scappatoia. “Ma certo, signori.” Dichiarò, rinfrancato. “Vi farò portare subito un vassoio di formaggi. E fra due ore avrete la cena più deliziosa che abbiate mai gustato.” Si allontanò di corsa. Gourry ed io ci scambiammo uno sguardo, ed io levai gli occhi al cielo.

Raggiungemmo uno dei tavoli vuoti vicini al banco. La sala era deserta, fatta eccezione per qualche avventore solitario che si godeva i prodromi di una sbronza serale. La maggior parte dei viandanti doveva essere in giro per la città, o aver cercato rifugio nella quiete della propria stanza.

“Ancora formaggio.” Sospirai, sedendomi. “Come se non ne avessimo mangiato a sufficienza per strada, in questi giorni.”

Lo spadaccino ridacchiò, scompigliandomi i capelli. “Personalmente, qualsiasi cosa commestibile mi andrebbe bene, in questo momento, a patto di non dover aspettare.” Fece un cenno di ringraziamento all’oste, tornato alla velocità della luce con in mano un vassoio, una caraffa e due bicchieri. “A proposito di attese… Che ne dici se, una volta finito qui, andiamo a fare un po’ di acquisti, mentre aspettiamo che la vera cena sia pronta?”

Afferrai fulminea un pezzo di formaggio dal piatto che l’oste mi aveva appena poggiato davanti, e lo inghiottii in un boccone. “Acquisti?” Chiesi, dopo aver allontanato con un’abile parata la forchetta di Gourry dalla mia porzione di cibo. “Mi pare strano che sia tu a proporlo. Di solito ogni volta che ti trascino in un negozio di articoli magici passi il tempo guardando fuori dalla vetrina con l’aria di un carcerato.”

Lo spadaccino fece una smorfia. “Non parlavo di articoli magici.” Borbottò, affondando nuovamente e riuscendo ad accaparrarsi una fetta di formaggio stagionato. “Parlavo di vestiti e armature. La mia tunica è piena di tagli, a causa dell’ultima battaglia, e anche i tuoi pantaloni e il tuo mantello. E i nostri guardaspalle sono semidistrutti. Sembriamo due senza fissa dimora.”

“Mi spiace essere io a darti questa notizia, Gourry…” Feci un sorrisetto, prima di accaparrarmi un pezzo di pane. “Ma noi siamo due senza fissa dimora.”

Lo spadaccino levò gli occhi al cielo. “Hai capito cosa intendo.”

Mi strinsi nelle spalle. “Se tu ci tieni, per me va bene.” Gli rubai un pezzo di formaggio direttamente dalla forchetta, con un ghigno esultante. “Anche se mi sembra strano che tu ti preoccupi di cose del genere, veramente.”

“Beh…” Gourry, inspiegabilmente, arrossì di nuovo. “… ho solo pensato che non sarebbe particolarmente carino presentarsi di fronte ai tuoi genitori in queste condizioni.”

Mi bloccai con la forchetta a mezz’aria. Rimasi a fissarlo, senza addentare il formaggio.

Gourry si spostò sulla sedia, a disagio. “Che c’è?”

“Gourry.” Lo studiai, attentamente. “Noi due stiamo andando nella mia città per via della vendemmia… giusto?”

La verità era che la sua proposta di visitare Zephilia mi aveva un tantino insospettito, all’inizio. Voglio dire, se il vostro eterno compagno di viaggio, con cui avete un rapporto – diciamo – di amicizia intima, vi propone improvvisamente di conoscere i vostri genitori è lecito che vi venga qualche dubbio, giusto? Ma no, alla mia reazione stupita lui mi aveva assicurato che voleva andare a Zephilia per bere il nostro famoso vino, dato che era periodo di vendemmia. Perché avrei dovuto insistere sull’argomento? A tratti mi pareva un tantino sulle spine, dovevo ammetterlo. Ma se quella visita aveva un altro significato, per lui, avrebbe trovato il coraggio di mettermene al corrente, prima o poi  (più prima che poi, si sperava).

Voglio dire, mica mordevo.

(I momenti di fame improvvisa sulla strada non contano)

“Certo. Come ti ho detto.” Lo spadaccino rispose velocemente, e altrettanto velocemente volse l’attenzione alla mia forchetta. “Non hai più fame?” Domandò, con noncuranza. La raggiunse con la propria, e si riprese il pezzo di formaggio rubato.

“Ehi!”

Quell’oggetto di contesa divenne il centro dell’attenzione di entrambi per il quarto d’ora successivo. Solo quando il piatto fu vuoto e i nostri animi placati, ci decidemmo a muoverci. Ci lasciammo alle spalle un oste che in mezz’ora aveva sviluppato una somma sorprendente di tic nervosi, e ci immettemmo nuovamente nelle vie affollate della città.

Il cielo si era fatto di un azzurro cupo, e l’aria si era rinfrescata, con l’avvicinarsi della sera. Le guardie cittadine pattugliavano pigramente le strade e i mercenari e i viaggiatori si affrettavano da una locanda all’altra, o curiosavano nelle botteghe dei mercanti. Dalle bancarelle sparse emanava un buon profumo di castagne arrostite. Ce ne procurammo un cartoccio, e prendemmo a vagare distrattamente fra le varie botteghe ammassate nell’isolato della nostra locanda.

“Cerchiamo i vestiti?” Proposi. “E’ tardi per mettersi a studiare armature adesso, possiamo pensarci domani prima di ripartire.” Esitai per un istante. “E in fondo anche un’occhiata agli articoli magici non mi dispiacerebbe.” Aggiunsi. “I mercanti di Zephilia vendono chicche che difficilmente troveresti in altre parti del continente.”

Gourry sospirò. “Dubito che domani ci muoveremo di qui, allora.”

Gli feci la lingua. “Sei stato tu a insistere per fare acquisti. Pagane le conseguenze.”

Lo spadaccino sorrise, scuotendo la testa. “Guarda. Laggiù sembrano vendere cose che fanno al caso nostro.” 

Ci avvicinammo a una bottega, sul cui fronte troneggiavano due banchi coperti di gioielli, stoffe e abiti multicolori. Nello spazio relativamente angusto all’interno era radunato il resto della merce e si affollavano diversi viaggiatori solitari, uno dei quali stava contrattando animatamente con il proprietario. Il magro uomo di mezza età ci rivolse un breve cenno di saluto, quando entrammo, ma non distolse l’attenzione dalla sua trattativa. Io risposi altrettanto distrattamente, già concentrata sulle nostre necessità di acquisto.

“Mentre tu ti cerchi una tunica io do un’occhiata ai mantelli, d’accordo?” Proposi a Gourry, adocchiando la parte della bottega che mi interessava. Lo spadaccino annuì, con un sorriso. Lo osservai sparire dietro a una massa di lunghe tuniche da mago.

La ricerca fu fruttuosa. Ne ricavai un mantello simile al precedente – nero e ricco di tasche, fermato sul fronte da un fermaglio – insieme a guanti bianchi lunghi, fermati sugli avambracci da anelli dorati, e a vesti nere, corsetto e pantaloni, che avrei potuto abbinare alla mia vecchia tunica. Pagai al mercante un prezzo ragionevole, tanto soddisfatta e bendisposta da non tirare (quasi per nulla) sul prezzo. Una volta terminato, cercai con lo sguardo Gourry, e lo trovai di schiena, in un angolo della bottega, che curiosava fra i gioielli.

“Ehi.” Mi avvicinai, afferrandomi familiarmente al suo braccio sinistro. “Trovato qualcosa?”

Lo spadaccino mi sorrise, levando il braccio libero e mostrandomi una tunica da uomo piuttosto elegante, bianca e dagli orli azzurri. Forse era più simile a una veste da sacerdote che ad una da guerriero, ma, data la natura pacifica del nostro viaggio, sarebbe servita perfettamente allo scopo.

“Di certo ti donerà.” Gli sorrisi di rimando. “Anche io ho finito. Ti va di tornare alla locanda e darci una ripulita, prima di cena?”

“Perché no?”

Ma prima che potessimo volgerci verso la porta, il mercante a cui avevo appena pagato i miei abiti ci sbucò alle spalle, intercettandoci.

“Osservate i gioielli, miei signori?” Esordì, con un ampio sorriso. “Abbiamo un sacco di articoli che potrebbero interessare a due come voi.”

Gourry ed io ci lanciammo un’occhiata. Articoli che potevano interessarci? Quel negozio teneva anche manufatti magici?

Il mercante osservò il nostro scambio di sguardi con soddisfazione. “Già, già, decisamente ho qualcosa che fa al caso vostro.” Continuò, volgendosi a me e strizzandomi l’occhio con fare complice. “Vi prego, seguitemi solo un momento. Vi assicuro che non ve ne pentirete.” Ci fece strada verso il retro del bancone, un sorriso compiacente stampato sul volto.

Aveva eccitato la mia curiosità a sufficienza da farsi seguire, ma rimasi un po’ titubante. “Uhm… tanto per precisare, signore…” Sbirciai le sue dita, mentre armeggiavano al di sotto del bancone. “… non ho intenzione di acquistare nessun oggetto magico illegale.” Tanto valeva mettere le mani avanti. Di solito i mercanti mi si rivolgevano con quel fare ammiccante solo quando stavano per rivolgermi proposte del genere, e non avevo la minima intenzione di mettermi nei guai mentre mi trovavo sulla strada di casa. Ero fisicamente troppo vicina a mia sorella, per lasciare libero spazio al mio spirito di avventura.

“Oggetto magico illegale?” Il mercante mi squadrò, confuso. “Scusatemi, signorina, ma non capisco di cosa state parlando. Qui non vendiamo nulla di stregato, tanto per cominciare.”

La sua confusione alimentava la mia. A cosa diavolo si riferiva, allora?

I miei dubbi furono presto chiariti. Squadrandomi ancora perplesso, il mercante estrasse un cassettone da sotto il banco, e ce lo poggiò di fronte. Lo aprì, con cautela, e svelò al suo interno quello che a suo giudizio avrebbe dovuto catturare irresistibilmente l’interesse mio e di Gourry.

Una serie di anelli.

Gourry ed io ci volgemmo automaticamente l’uno verso l’altra. Io avevo colto immediatamente l’allusione del mercante, chiaramente, ma volete sapere la nuova? Anche mister percezione al mio fianco sapeva esattamente ciò di cui stava parlando. E stava arrossendo. Di nuovo.

‘Questo finirà per diventare il tuo nuovo hobby, Gourry.’

Per qualche motivo su cui non vi conviene interrogarmi, anche le mie guance si colorarono lievemente. “Ehm… Temo che ci sia stato un malinteso.” Esordii, con scarsa convinzione. “Noi due non siamo…” Qual era il termine convenzionale? “… fidanzati.”

“Certo, lo avevo capito.” Il mercante insisté, con l’aria di chi ha appena vinto alla lotteria. “Precisamente per questo vi sto presentando il mio campionario. E’ ciò che vi manca, no?” Si rivolse a Gourry, che lo fissava con l’aria impotente di chi desidera ardentemente – senza poterlo – avvertire lo stolto che ha di fronte di quanto è pericoloso il territorio in cui si sta addentrando. “Prima, mentre la vostra qui presente dolce signora…” ‘Oh, per favore.’ “… pagava, non ho potuto fare a meno di notare il suo anulare sinistro tristemente spoglio. Date retta a me, signore. Molti uomini hanno scelto il simbolo della loro felicità nella mia bottega, e nessuno è mai tornato a lamentarsi. Hanno reso le loro signore radiose. Prenda questo, ad esempio.” E ci mostrò un elegante anello dorato, decorato con un piccolo smeraldo. “Questo simboleggia la lealtà indefessa che fonda un’unione indissolubile.” Dichiarò, indicando la pietra. ‘Lealtà indefessa che fonda un’unione indissolubile’. Proprio così. Mi rifiutavo di credere che non se la fosse preparata in precedenza. “E credetemi, tutti quelli che lo hanno acquistato ora vivono un matrimonio felice, duraturo e inossidabile.” Gonfiò il petto, pomposo. “In città si dice che i miei anelli portino fortuna. Che abbiano qualcosa di magico.”

I miei occhi si strinsero. Dovevo ammettere che non era una cattiva strategia commerciale. Adocchiare una coppia non sposata e catturarla in un circolo di lusinghe e velate allusioni, fino a che il malcapitato di turno non si trovava quasi moralmente obbligato a comprare un anello: pena, la terribile delusione della sua bella. Un ricatto in piena regola, insomma. In qualche perverso modo potevo persino esserne ammirata. Peccato che il furbone stavolta fosse cascato male.

“Non mi piacciono gli anelli.” Dichiarai, secca. “Sono un pegno d’amore estremamente banale, se volete sapere la mia opinione.”

Il tempo prima scandito dalle parole del mercante parve congelarsi attorno a noi, e il sorriso sul suo volto divenne rigido, una sorta di smorfia da paresi. Avevo evidentemente sconvolto i suoi schemi. Sarei scoppiata a ridere, se non avesse significato rovinare la scena.

Fu Gourry a spezzare il silenzio. “Beh… buona serata, allora.” Dichiarò, con la consueta faccia di bronzo. Mi riprese il braccio, e ci dirigemmo verso l’esterno. Il mercante rimase a fissarci, con l’aria di uno stoccafisso lasciato ad essiccare.

“Avrei potuto semplicemente dirgli che non ero interessato.” Commentò lo spadaccino, quando fummo all’esterno. Ma c’era una smorfia vagamente divertita, sul suo volto.

“E dargli la soddisfazione di pensare di avere creato un’insanabile frattura nella… com’era? ‘Lealtà indefessa che fonda la nostra unione indissolubile’?” Ridacchiai. “Nah. E poi, lo abbiamo solo azzittito. Non morirà.”

“Immagino di sì.” Mi rivolse un breve sorriso.

Camminammo in silenzio verso la locanda per un breve tratto, ma prima che la raggiungessimo Gourry richiamò nuovamente la mia attenzione. “Ehi, Lina.”

“Sì?”

“Mi chiedevo… pensi veramente quello che hai detto a quel mercante?”

Lo guardai, senza capire.

“Riguardo agli anelli.” Spiegò. “Davvero non ti piacciono?”

“Uh.” Battei le palpebre. “Non saprei. Ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente, in verità, non ci ho mai pensato seriamente. Perché?”

“Uhm… così, per curiosità.”

Tacemmo, per qualche istante.

“Non è tanto il fatto che… siano banali in sé.” Aggiunsi alla fine, spinta da chissà quale impulso, quando eravamo ormai a pochi passi dalla locanda. “E’ che… sai quello che ha detto quel mercante? ‘E’ ciò che vi manca’, come se il significato di un anello dovesse essere scontato. Beh… perché in effetti lo è.” Gli lanciai un’occhiata, per capire se si era perso, ma lo trovai stranamente attento. “E’ una convenzione, e come tale è scontato. Ma non so… sai che sono a disagio nello sbandierare i miei fatti privati.” Lo sapeva meglio di chiunque altro, probabilmente. “Mi piacerebbe una cosa più personale. Una cosa che ha un significato che solo io e…” Stava per uscire un ‘tu’, che strozzai in tempo fra le labbra. “… la persona con cui lo condivido conosciamo.”

Gourry sorrise. “Tipo una bella chiave in oro massiccio?” Si pose una mano sul petto. “Come dire, ‘ti dono la chiave del mio cuore, amore mio’?”

Gli feci la lingua. “Pensavo a una cosa un tantino più sobria.”

“Ah sì?” Sorrise, nuovamente. “Del genere?” Uh… come mai era così insistente sull’argomento, tutto d’un tratto?

Ci pensai su. “Vediamo… un braccialetto sarebbe carino, ad esempio.”

“Un braccialetto?”

Gli rivolsi un ghigno. “Starebbe proprio bene sui miei guanti nuovi.”

Mi squadrò, scettico. “Una motivazione profonda.”

“La motivazione profonda sarebbe il significato che io e chi me lo regala gli attribuiamo.” Replicai, saggiamente. “E’ proprio questo il punto. Solo noi sapremmo qual è il suo reale valore.”

Gourry considerò la cosa per un istante. “In effetti… è un’idea romantica.” Considerò, in tono lievemente stupito.

Gli lanciai un’occhiataccia. “Anche io posso concepire un’idea romantica, una volta ogni tanto.” Lo rimbrottai. Quindi emisi un sospiro. Avevamo raggiunto l’ingresso della locanda. “E ora muoviamoci.” Lo esortai. “Ho proprio voglia di un bagno, prima di cena.”

Ottenni solo un vago sorriso in replica.

 

***

 

Qualche ora più tardi, mi trovavo distesa supina sul mio letto, godendomi soddisfatta il calore della mia pancia piena. Per cena avevo inaugurato gli abiti nuovi, ma quando ero salita nella camera che condividevo con Gourry avevo approfittato della sua assenza per cambiarmi nel mio pigiama. Il mio compagno in effetti era sparito ai bagni da una buona mezz’ora, dato che, per qualche motivo, non aveva fatto in tempo a lavarsi prima della cena. Non che mi dispiacesse un po’ di privacy di tanto in tanto: con la ressa di viandanti che affollava le strade, per lo più non potevamo concederci il lusso di camere singole, in quella stagione. Però, provavo anche una vaga impazienza. Sarei stata curiosa di vedergli addosso la tunica nuova, a cena.

Come evocato dai miei pensieri, Gourry aprì la porta e scivolò all’interno della stanza. Indossava il pigiama, e aveva i lunghi capelli biondi avvolti in un ampio asciugamano che lo faceva apparire come una bizzarra via di mezzo fra uno sciamano col turbante e un’anziana signora col parrucchino. Ridacchiai, occhieggiandolo, e ricevetti in cambio un’occhiataccia. Come al solito, aveva indovinato i miei pensieri.

Si tolse l’asciugamano, e scrollò i capelli. Le lunghe ciocche bionde gli ricaddero sulle spalle, arruffate, mentre si sedeva sul letto a fianco del mio, frizionandosi la frangia con il panno umido. Scossi la testa, sollevandomi a sedere a mia volta.

“Lascia fare a me.” Mi feci avanti, divertita, afferrando la spazzola dal mio comodino. “Se ti permetto di fare da solo, domani sembrerai un barboncino.”

Gourry mi lanciò un’occhiata in tralice. “Non mi ritroverò i capelli a treccine come l’ultima volta, vero?”

Feci del mio meglio per restare seria, portandomi la mano al petto. “Parola mia.” Dichiarai. “Il tuo look frisé non entusiasmava particolarmente nemmeno me.”

Il mio compagno di viaggio non mi parve convinto, ma non avevo intenzione di lasciargli facoltà di scelta. Mi sedetti a gambe incrociate alle sue spalle, e presi a spazzolarlo con più entusiasmo di quanto sembrasse gradire.

“Lina… vacci piano, o non mi resteranno più capelli.”

“Che sciocchezze… credi che ti permetterei di diventare calvo? Che figura ci farei con una guardia del corpo senza capelli?”

Gourry sospirò, ma finì per rilassarsi al mio tocco. Restammo in silenzio per diversi istanti, mentre terminavo il mio lavoro, e quando gli scivolai di fronte per contemplare il risultato mi resi conto che aveva chiuso gli occhi. Abbassai lentamente la spazzola, e rimasi ad osservare i suoi lineamenti gentili, e le ciocche bionde, profumate di sapone, su cui si rifletteva la luce della lampada.  Il mio sguardo si ammorbidì, di riflesso. Eravamo solo noi due. In un raro momento, non sentii alcuna necessità di frenarmi dal dare libera espressione al mio affetto nei suoi confronti.

Forse accorgendosi del mio sguardo, Gourry aprì gli occhi e mi sorrise. E il suo volto si addolcì indescrivibilmente, a quel gesto. La sua mano raggiunse la mia guancia, avvolgendola nel palmo, accarezzandola. La coprii con la mia, trattenendola a contatto con la pelle. Chiusi gli occhi, e il suo calore, in un istante, mi avvolse.

“A proposito, Lina…” Mormorò, muovendo lentamente le dita, e provocandomi sottili brividi lungo il collo. “… non ti ho ancora detto che i nuovi abiti che hai scelto ti stanno molto bene. Ho solo una piccola critica.”

Sorrisi, senza aprire gli occhi. “Se osi dire che il corsetto nasconde ancora di più le mie tette ti spedisco in orbita, Gourry.”

Lo sentii soffocare una risata. “Al contrario.” Commentò, temerario. “E’ meglio che con quella fascia gialla, di sicuro. A mio beneficio, dovresti togliertela più spesso.”

Aprii gli occhi e lo squadrai. “A tuo beneficio?”

Mi restituì un mezzo sorriso.

La mia espressione si fece all’improvviso sospettosa. “A proposito di vestiti nuovi…” Esordii. “Non mi hai ancora detto che fine hai fatto prima mentre io mi lavavo e vestivo. Non hai nemmeno fatto in tempo a provare la tua nuova tunica.”

Gourry ridacchiò, ma con fare vagamente imbarazzato. “Ha appunto a che fare con la critica di cui ti dicevo.” Replicò. “Mi è venuto in mente che ai tuoi vestiti mancava una cosa, e sono dovuto uscire di nuovo dalla locanda.”

“Mancava una cosa?”

Mi sorrise. Con una lieve pressione sulla mia mano, rimosse le dita dalla mia guancia, per piegarsi verso la propria borsa da viaggio. Vi rovistò per qualche istante, mentre io rimanevo a squadrarlo, perplessa.

“Oh… eccolo.” Dichiarò, estraendo un sacchetto di stoffa da una delle tasche. Me lo porse, sorridendomi. “Credo che con questo saranno perfetti.”

Battendo le palpebre, abbassai lo sguardo sul piccolo involucro. Lo presi fra le dita, e sciolsi i legacci che lo tenevano chiuso, lasciandone scivolare il contenuto sul palmo della mia mano destra.

E rimasi senza parole.

Erano due braccialetti gemelli. Formati da due fili d’argento intrecciati, a cui era appeso un piccolo pendaglio di smeraldo. Differivano soltanto per le dimensioni – uno era adatto al mio polso, l’altro a quello di Gourry. Continuai a fissarli, attonita, senza sapere come commentare.

Gourry sollevò il braccialetto più corto dal palmo della mia mano, e mi afferrò delicatamente il polso sinistro. Lo allacciò, contemplandolo, come per assicurarsi di aver scelto le giuste dimensioni.

“Credo… che starà proprio bene sui tuoi guanti nuovi.” Mormorò, in tono semischerzoso, ritorcendomi contro le mie stesse parole. Ma non mi sfuggì il filo di emozione che trapelava dalla sua voce.

Levai lo sguardo sul suo viso, e incrociai il suo sguardo, acceso e colmo di quella strana, speranzosa impazienza che avevo continuamente osservato in lui nel corso di quel viaggio. Non potei fare a meno di sorridere.

Accarezzai l’altro braccialetto fra le dita per un istante, quindi gli presi la mano sinistra, e, senza distogliere lo sguardo dal suo viso, glielo legai al polso. “Penso che si combinerà molto bene anche con la tua tunica.” Sussurrai di rimando. Non smisi di stringere la sua mano. Lasciai che le sue dita si intrecciassero alle mie.

Restammo in silenzio per qualche istante, continuando a guardarci negli occhi. Ma alla fine non resistetti, e mi abbandonai a una mezza risata.

Gourry mi rivolse uno sguardo perplesso. Io scossi lentamente la testa. “Smeraldo, eh?”

La spadaccino mi fissò in silenzio per un istante. Quindi si grattò la guancia con la mano libera, con fare vagamente imbarazzato. “Beh… quella storia del legame indissolubile… suonava convincente, no?”

Scoppiai definitivamente a ridere. Affondai il volto nel suo petto e mi abbandonai a quella improvvisa, sana ilarità, che, mi resi conto, aveva solo parzialmente a che fare con la natura buffa e tenera della sua ammissione. Gourry finì per unirsi a me. Le nostre risate echeggiarono nella stanza, fino a che non ci rimasero più singhiozzi da spendere. Quando ci riprendemmo dall’accesso, ci trovavamo ancora l’uno fra le braccia dell’altro. E non avevo particolare inclinazione a mutare la situazione.

“Dunque…” Iniziai, levando lo sguardo su di lui con un ghigno che sembravo non essere più in grado di sopprimere. “Noi due stiamo andando a Zephilia per via della vendemmia, giusto?” Era la seconda volta che ponevo quella domanda, quel giorno. Stavolta, però, la malizia trapelava manifesta dalle mie parole.

E stavolta Gourry non si lasciò scomporre. “Chiaramente.” Confermò, in tono neutro, mentre si piegava su di me. “Una motivazione non esclude l’altra, in ogni caso.”

Trattenetti l’ennesima risata. O meglio, fui costretta a farlo. Le mie labbra erano in altre faccende affaccendate.

  
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