Capitolo
1
Le
unioni tra le Montrose e i de Villiers
nascevano sotto una cattiva stella. Charlotte avrebbe fatto bene a
ricordarselo
la prima volta in cui aveva posato gli occhi su Gideon. Ma lui era
Diamante e,
così come la pietra della quale portava il nome, sapeva
abbagliare con la sua
avvenenza e i suoi modi affascinanti. Aveva sperato di riuscire a
conquistare
il suo amore, ma lui aveva occhi solo per Gwendolyn.
La
piccola, impacciata, irriverente Gwendolyn.
Lei
le aveva portato via tutto: il posto come
Rubino, le avventure nel tempo, Gideon.
Strinse
i pugni, infuriata, al pensiero di quanto
si fosse umiliata per ottenere anche un misero briciolo di
considerazione.
Aveva cucinato, pulito e stirato, si era persino offerta come baby
sitter per
quello scavezzacollo irresponsabile di Raphael.
E
cosa aveva portato? Nulla.
Lei
era semplicemente la bella Charlotte
Montrose, quella che aveva avuto sintomi fantasma e che si era illusa
di poter
essere la viaggiatrice nel tempo di cui tanto parlava la profezia.
La
sciocca Charlotte, era così che aveva
cominciato a soprannominarsi tra sé e sé.
Battè
un piede sul freddo marmo, cercando di
sfogare la stizza che l’attanagliava. Perché? Cosa
poteva mai avere una ragazza
scialba come sua cugina che lei non potesse eguagliare? Per quale
strano
scherzo del destino era Gwendolyn la gene portatrice?
Proseguì
il suo cammino, diretta nella sala da
ballo dove era attesa per istruire Gwendolyn circa le terminologie del
XVIII
secolo e l’etichetta da rispettare durante una
soiré. Questo perlomeno era il
piano, perché si ritrovò a schiantarsi contro
qualcosa di possente e
inaspettatamente caldo.
Di
sicuro non poteva trattarsi di un muro né di
una colonna. No … piuttosto avrebbe giurato che si trattasse
di un corpo
muscoloso e decisamente maschile. Che il fato avesse deciso di venirle
incontro
e che si trattasse di Gideon?
Alzò
lo sguardo, speranzosa, ma il giovane contro
cui era finita non era Diamante.
Gli
assomigliava, con quei suoi capelli corvini
leggermente scompigliati e il volto dai tratti decisi e volitivi, ma
non era
lui. Gideon aveva occhi verdi come smeraldi, mentre quelli dello
sconosciuto
erano di un blu profondo e ammaliante come l’oceano.
Occhi
che la osservavano dalla testa ai piedi
come se volesse memorizzare ogni centimetro delle sue sembianze. Per
qualche
motivo il fatto di indossare ancora l’uniforme scolastica la
fece sentire in
imbarazzo. Con Gideon non vi aveva mai fatto troppo caso, certa del suo
bell’aspetto, ma davanti a quell’affascinante
sconosciuto immaginò di sembrare
poco più di una ragazzina stretta in abiti privi di ogni
minima attrattiva.
-
Le mie scuse, Charlotte Montrose – disse,
dipingendosi sul volto il sorriso più mortificato e dolce
del suo repertorio.
-
Nessun problema, miss Montrose. Sono sicuro che
il mio fisico possa sopportare facilmente l’impatto con una
ragazzina. –
Ragazzina?
L’aveva
appena definita in quel modo?
Razza
di arrogante impertinente.
-
Non credo di avere più di una manciata di anni
in meno di voi, signor …? –
-
Richard. Richard de Villiers – replicò,
accompagnando la presentazione con un inchino profondo e galante.
L’espressione
divertita nei suoi occhi, tuttavia,
rovinava quel tripudio di apparenti buone maniere. Le ricordava
Gwendolyn, come
se anche la più piccola forma di cortesia che le rivolgeva
fosse nient’altro
che un modo per deriderla.
-
E siete sicura di ciò che dite? Io ho
ventun’anni, miss Montrose … voi vi aggirate
intorno ai quattordici, presumo? –
Avvampò.
Quattordici
anni?
Se
le sue buone maniere non le avessero impedito
di farlo, l’avrebbe già preso a schiaffi.
-
Ne ho sedici, signor de Villiers. –
-
Sedici, eh? Lo nascondete bene. –
Accompagnò
quelle parole con una lunga occhiata
al suo corpo celato dalla divisa. Non aveva mai avuto grandi forme, era
troppo
magra per i fianchi larghi di Gwendolyn o per avere un seno prosperoso.
Questo
tuttavia non lo autorizzava a guardarla in quel modo assolutamente
inappropriato e irrispettoso. Gideon non si era mai permesso di fare
insinuazioni di quel tipo.
Oh,
quanto le sarebbe piaciuto poterlo mandare al
diavolo. Gwendolyn sicuramente l’avrebbe fatto e avrebbe
ignorato cortesia ed
etichetta.
Per
una volta, le sarebbe piaciuto essere un po’
più simile a lei. Tuttavia lei non era così e la
buona educazione prevalse sul
resto. Ciò non le impedì d’altronde di
suonare più tagliente del solito.
-
Ho una costituzione esile. –
-
Direi che questo è l’eufemismo del secolo.
–
-
Ritengo che l’eufemismo del secolo sarebbe dire
che voi avete delle buone maniere piuttosto arrugginite. –
Richard
rise, scoprendo una dentatura bianca e
perfetta.
La
sua risata ricordava vagamente le fusa di un
grosso felino. Bassa, profonda e incredibilmente intrigante.
-
Touché, mademoiselle Montrose – ammise,
portando una mano all’altezza del cuore.
Il
rumore di passi lungo il corridoio interruppe
la loro breve conversazione. Gwendolyn veniva nella loro direzione e
aveva
l’aria di chi aveva appena ricevuto un colpo basso ed era
sconvolta.
Avrebbe
voluto fare un commento sarcastico,
magari ordinarle di tornare nella sala da ballo, ma Richard la colse
impreparata precedendola.
Fermò
Gwendolyn con un tocco delicato,
accarezzandole la guancia e catturando la lacrima che le era sfuggita e
le
correva lungo lo zigomo.
-
Ti senti bene, ma petite? –
La
osservava con attenzione e un pizzico
d’apprensione in quelle iridi blu oltremare.
Perché
Gwendolyn doveva sempre attirare
l’attenzione di tutti i de Villiers? Falk era visibilmente
divertito da lei,
Raphael la trovava una tipa in gamba, Gideon l’amava
… e adesso anche Richard.
-
Sto bene, Richard, ho solo bisogno di stare un
po’ da sola – replicò, sottraendosi
dalla sua presa e riprendendo la sua folle
corsa.
Gideon
si materializzò poco dopo, con
un’espressione spaesata negli occhi smeraldini.
Ma
fu la reazione di Richard a sorprenderla più
di ogni altra cosa. Lo prese per il colletto, sbattendolo contro il
muro con
forza.
-
Cosa hai combinato, ragazzino? –
Si
rabbuiò, ricambiando la presa. – Niente che ti
riguardi. – Poi cedette, abbassando lo sguardo verso il
pavimento come se si
sentisse in tremendo imbarazzo.
Charlotte
non l’aveva mai visto così.
-
Ha parlato con il Conte e lui le ha raccontato
che il mio interesse per lei non era reale, ma solo un modo per
renderla
obbediente alla Loggia. –
-
Ed è vero? –
-
No. Il Conte mi ha detto di farlo –, ammise, -
Ma alla fine ho cambiato idea. –
Richard
annuì brevemente, improvvisamente
rasserenato.
Non
ci capiva più niente. Se anche lui trovava
attraente Gwendolyn perché il fatto che Gideon
l’amasse lo tranquillizzava?
Andava oltre ogni logica.
Lo
vide portare una mano al volto, scuotendo la
testa.
-
Beh, ragazzino, dovrai risolvere i tuoi
problemi d’amore da solo. Ci vediamo al ballo di domani.
–
Una
frazione di secondo e lui non c’era più.
Incrociò
lo sguardo di Gideon, sorpresa.
-
Lui … lui è un viaggiatore? –
In
nessuno degli annali si parlava di un
tredicesimo viaggiatore né, che lei si ricordasse, di un
Richard de Villiers.
Un viaggiatore che si muoveva nel futuro, poi, era a dir poco
impensabile.
Quella era una delle regole del cronografo: non si poteva rischiare di
alterare
gli eventi della storia.
Gideon
annuì. – Richard de Villiers, fratello di
mezzo di Falk e Paul. Lapislazzuli, pantera, mogano. Più
probabilmente lo
conosci come “la pantera dagli occhi blu”. Negli
annali il suo nome come
viaggiatore è stato cancellato perché il suo dono
era anomalo: sai cosa
significa la pantera, no? –
Charlotte
annuì.
La
pantera veniva considerata dagli sciamani come
un animale mistico, capace di viaggiare nel tempo e nello spazio senza
alcun
limite.
Se
Richard era la Pantera … beh, il fatto che
potesse viaggiare nel futuro cominciava ad avere di gran lunga
più senso.
-
Perché sembra conoscere così bene Gwendolyn?
–
Scosse
la testa. Non aveva una risposta e si
vedeva chiaramente quanto la cosa non gli piacesse. Era geloso di lei,
realizzò, ma inaspettatamente la consueta fitta di gelosia
che le attanagliava
lo stomaco non si manifestò.
-
Beh -, disse stringendosi nelle spalle, -
Suppongo che per oggi il mio aiuto non serva più. Ci vediamo
domani, Gideon. –
-
Io e Raphael pensavamo di andare a mangiare una
pizza … ti va di venire? – le gridò
dietro.
Sapeva
perché l’aveva invitata, non si faceva
più
alcuna illusione: aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, e quel
qualcuno
non poteva certo essere il suo fratellino. Però non era
giusto che fosse
lei. Doveva smetterla di preoccuparsi
per lui … Gwendolyn aveva ragione: Gideon de Villiers non
era più un suo
problema.
-
No, non questa sera, Gideon. –
Spazio
autrice:
Okay,
lo confesso: amo il personaggio di Charlotte Montrose. No, non sono
completamente impazzita. Diciamo che secondo me é stata
demonizzata un po’
troppo questa benedetta ragazza. Viene preparata per sedici anni a
essere
Rubino, rinunciando a ogni minima forma d’interazione sociale
al di fuori della
Loggia, e s’innamora di Gideon per poi vedere arrivare la sua
cuginetta che
fresca fresca le ruba tutto quello che aveva sempre pensato fare parte
della
sua vita. Ora, obiettivamente, se avessero fatto una cosa del genere a
me avrei
strangolato la “Prescelta” a mani nude. Ergo,
dovevo darle un lieto fine che si
rispetti, perché almeno questo
Charlotte lo merita.
Spero
che la storia vi piaccia e che vogliate farmi sapere che ne pensate
(gli
aggiornamenti saranno celeri perché questa mini long di tre
capitoli é stata
già interamente scritta).
Alla
prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt