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Autore: Mirkodancer    15/12/2008    3 recensioni
Cosa hanno in comune Luka Benson, soldato in carriera, ed una terra in cui vi è una guerra in corso? Una terra con tante ferite che ancora non sono rimarginate, tante bombe cadute ed esplose su di essa, ed una, forse la più devastante, si è appena abbattuta sull'uomo.
Genere: Triste, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Terra ke brucia  Terra che Brucia



Un ampio campo in quel piccolo pezzo di Terra.
Soltanto un campo, un tempo sfruttato per la produzione di grano. Un campo ricoperto di polvere e sabbia, appartenente ad antiche rocce corrosesi, distrutte, annullate non da quello che ci aspetteremmo di sentire: potenti sismi, o forze della natura. Quando Luka frequentò le scuole elementari, imparò sin da subito che quegli eventi erano provocati dai così chiamati agenti atmosferici. Ma i suoi occhi, in quel mentre, assistevano soltanto ad una scena con protagonista una terra desolata, frustrata, stanca e lacerata sino alle viscere di essa stessa. Ferita dai troppi ordigni, prima caduti e poi esplosi su di se. Bombe, mine e fuoco di cui essa conosceva, oramai gli effetti. Lei, la terra si sentiva avvolta da un tremore, da uno scossone che sembrava non volesse mai aver fine. Luka lo sapeva bene.
Lei era quella terra. Lei era quel pezzo di terra sul quale tanto tempo prima camminavano uomini donne e bambini a piedi nudi. Lei era stata quel campo di grano.
E adesso? Cos’era?
Soltanto una superficie piatta, piana. Un lembo di terra condannata ad una solitudine, se non fosse stato per le periodiche visite di fuoco e fiamme.
Quel pomeriggio un uomo se ne stava inerme su di essa. Un uomo al quale non importava più essere chiamato per nome. Luka. Su quella terra era meglio conosciuto come soldato Benson, uno dei più coraggiosi e gagliardi del drappello di militari inviati in quella zona soprannominata Terra che Brucia.
Stava da quasi un’ora immobile, da solo, gettando lo sguardo nel vuoto, scrutando forse l’orizzonte e contemporaneamente fissando il nulla. Avvertiva un prurito aumentare di istante in istante tra la crespa barba ma si sentiva troppo afflitto, da qualcosa che ancora non capiva, per muovere anche un solo braccio e portarlo al viso.
Una folata di vento, qualche momento più tardi, gli fece aggrottare le sopracciglia, chinò con tanto sforzo il capo per proteggersi dalla sabbia e portandolo al petto notò che le sue mani erano prive di colore. Pallide. Ma non aveva freddo, tanto meno caldo. Era in uno stato di incoscienza e di confusione da non sapere cosa fare, come comportarsi.
Adesso si sentiva leggero come una piuma, aspettando di essere trascinato via dal vento; adesso si sentiva pesante come un albero secolare le cui radici scese in profondità per una migliore adesione alla terra.
Un qualcosa che andava al di là del dolore lo pervase, non riusciva neanche a trovare la forza per spiegarsi cosa fosse. Poteva concedersi di piangere? Sarebbe riuscito a piangere? Non sapeva se voleva farlo; se le sue lacrime fossero stati così tante, così pesanti da cadere come una cascata sul terreno avrebbero scatenato un frastuono più rimbombante di un’ esplosione.
Gli tremarono le gambe, si lasciò crollare, si posizionò in un modo migliore, con le gambe incrociate ed entrambe le mani poggiate sulle ginocchia.
Cosa era in quel momento? Chi era in quel mentre? Aveva smesso istantaneamente di essere colui che era fino a poco tempo prima? Sarebbe stato legato a quella terra che non era la sua? Per quanto? Forse l’eternità, pensò.
Per l’eternità?
Il solo pensiero di trascorrere l’eterno in quella condizione lo gettò in uno stato ancora maggiore di ira e caos mentale.
Riuscì a domandarsi, con una spiccata rabbia nei suoi confronti, perché avesse deciso di partire per quella missione, in Iraq. Infondo Luka, in quella altra parte del mondo che considerava sua, casa sua, aveva ricevuto così tante belle e gratificanti cose.
Durante la sua vita scolastica aveva ottenuto sempre il massimo dei voti, vinto diverse borse di studio e avuto la possibilità di frequentare alcune delle università più rinomate degli Stati Uniti, ma fin da adolescente il suo sogno era quello di arruolarsi nell’esercito militare. Con impegno e tenacia riuscì a realizzarlo, e fu due anni dopo che su campo di guerra conobbe Danielle, volontaria presso la Croce Rossa. Il primo incontro in cui lui le si avvicinò, per motivi non professionali, fu quando si ritrovarono insieme nell’elicottero che li avrebbe condotti alla base americana del proprio Stato. Danielle, giovane ed intraprendente ragazza texana,all’epoca alla sua prima esperienza come volontaria, e Luka, semplice militare con già qualche anno di lavoro sul campo, trovarono l’alchimia perfetta. Iniziarono a frequentarsi facendo coppia fissa, lavoro permettendo, sino a giungere alla conclusione di voler dare il via ad una convivenza. Chiunque conosceva i due li descriveva come due adolescenti in preda all’amore, ma allo stesso tempo vivevano la loro storia come due perfette persone mature. I due innamorati convolarono a nozze dopo tre anni di fidanzamento. Avrebbero desiderato anche di allargare la famiglia, con un figlio, ma si resero conto che non era il momento adatto quando a Danielle le fu diagnosticato un tumore al seno. Era il periodo in cui ovunque aleggiava lo spirito natalizio, le città innevate e in alcune zone i prati ricoperti di brina, mentre entrambi si crogiolavano sul divano, sotto un plaid con il riflesso delle fiamme ardenti nel camino sui propri volti. Si tenevano stretti con le mani come per darsi fiducia e forza l’un l’altro. Teneri baci sul collo, poi sul seno, facevano sentire Danielle come se quel male non l’avesse mai toccata. Ma intanto era lì, all’interno di quella parte che il suo uomo continuava a palpare, e da lì dentro controllava ogni cellula impazzita, come lei stessa si sentiva dal piacere di quel tocco così caldo, così fermo e fluido, così rassicurante.
Furono le stessi mani, le stesse braccia di quel giorno ad incontrarsi, mesi dopo quando l’oncologo l’avvisò che il male era stato sconfitto grazie alle cure seguite e all’intervento eseguito in tempo. Da quel momento Danielle lasciò la carriera da volontaria trovando impiego negli Stati Uniti come commessa in un negozio d’antiquariato. Una decisione sofferta, perché adesso che le situazioni nel mondo orientale si erano aggravate, la permanenza di Luka in quelle terre era stata prolungata.
L’uomo le rispose che non gli sarebbe accaduto nulla, sussurrandole dopo l’ultima notte di focosa e desiderata passione, di dover credere in lui.
Parole non vere, parole che avevano un retrogusto di falsità, di bugia, si ritrovò a riflettere Luka, ancora accasciato al suolo.
Si riteneva un bugiardo perché, dopotutto qualcosa di grave era accaduto. E non era ancora capace di realizzare l’evento. Stava lì, in quel deserto come invisibile aspettando qualcosa che continuava a non arrivare mai. Era forse divenuto invisibile? Era morto insieme a quella terra che lo ospitava mentre se ne stava inerme? Senza sapere come, senza conoscere il perché.
Era furioso. Con il destino, o forse con tutto ciò che faceva parte della vita.
Si trovava dall’altre parte del mondo, dove continuamente innocenti, civili e forze dell’esercito erano in costante rischio di bombardamenti improvvisi. E ciò che lo colpì fu qualcosa simile ad una bomba, soltanto con delle procedure di funzionamento diverse. Fu una bomba che lo colse senza preavviso, con effetti che mandarono il suo cervello istantaneamente in stand-by.
Il suo corpo giaceva ancora lì, mentre in lontananza riusciva a sentire un elicottero avvicinarsi per prelevarlo e riportarlo…
Dove?
A casa?
Come poteva ancora considerare di avere una vita in quelle condizioni? Sì, era ancora vivo, ma con quale peso avrebbe dovuto continuare a vivere?
Aveva sfruttato tutta la sua energia per non ripensare a quegli istante infernali. Quell’uomo che aveva lasciato che la bomba esplodesse dentro di se. Colui che era il suo superiore, il Capitano Ramirez. Poco più di un ora prima gli si era avvicinato con sguardo basso, comunicandogli ,nella maniera più delicata possibile, della scomparsa - fu questo il termine che utilizzò il Capitano Ramirez – della signora Danielle Wilson Bensen.
Oh, il bravo capitano si era preso anche la briga di esporre con tatto il susseguirsi degli eventi, pensò sarcasticò Luka.
Questo forse non era destino. Era fatalità.
O al massimo un brutto e non gradito scherzo del destino, se proprio si voleva pensarla in questo modo. Ma Luka, di pensare proprio non ne vedeva la necessità. Non più, ormai.
Aveva rinnegato all’istante il mestiere che da sempre aveva sognato fare, perché la vita non sembrava essergli giusta.
Ciò che lo portava sempre di più sull’orlo di impazzire e dal gridare dal dolore che provava nell’anima e nel suo cuore, al di sotto di quell’elicottero che aspettava solo di atterrare e aspettare che qualcuno lo portasse a bordo, era il fatto che non pensava fosse stato giusto accadesse questo.
Perché non a lui? Era lui a trovarsi nel bel mezzo di una guerra e non un’esplosione lo aveva mai ferito, nemmeno in minima parte nei cinque mesi, da quando era giunto. E la sua adorata Danielle?
Come era possibile che una donna come la sua, fosse lei a morire durante una tipica giornata infrasettimanale, recandosi, nell’orario di spacco, al supermarket per acquistare del latte scremato, della frutta e per poi beccarsi due colpi di pistola durante una rapina?
Desiderava poter essere al posto di Danielle, ma era incollato al suolo e non avrebbe voluto staccarsi mai. Per paura, forse di ritornare in patria, da vivo, e non sapere come affrontare la situazione. Quanto avrebbe pagato affinché la terra lo inghiottisse nelle sue profondità.
Voleva gridare alla terra. Voleva battere le mani sulla terra fino a farsi uscire il sangue caldo. Voleva piangere, insieme alla terra. E anche se nella parte più remota del suo animo, voleva alzarsi da quel piccolo,minuscolo pezzo di quell’ampia terra che, da amica, aveva ascoltato le sua grida, asciugato le sue lacrime assorbendole e sussurratogli di dover tornare in quella che lui chiamava casa.  



                                                                                                            (12-13 Dicembre 2008)

Nota dell'autore: a quasi un anno di distanza dalla mia prima pubblicazione su questo sito, colgo finalmente l'occasione per ringraziare tutti coloro che hanno letto e condiviso le storie dei miei personaggi, chi le ha recensite, chi le ha inserite tra i preferiti o chi le ha semplicemente lette. Grazie, dunque, per i vostri silenzi, le vostre lacrime e le vostre goie rispecchiate nei miei lavori.
  
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