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Autore: looking_for_Alaska    18/03/2015    4 recensioni
Nella piccola cittadina di Thorn City, Canada, si trovava una vecchia casa abbandonata. Dentro di essa viveva un fantasma assetato di sangue che uccideva chiunque ci metteva piede.
E poi c'era William, un ragazzo uguale a tutti gli altri, tranne per il fatto che era un "liberatore di fantasmi"; ovvero, li conduceva alla luce, salvandoli. Però a condurlo da Amelia dagli occhi dolenti sarà il segreto che lei custodiva da tempo e che in qualche modo li legava.
Ma le domande sono tante. Come è morta Amelia, e chi l'ha uccisa?
Cosa collega un fantasma morto da più di duecento anni ad un ragazzo adolescente? E soprattutto, qual è il segreto per cui Amelia ha ucciso e continua a uccidere?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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<< Avanti, William, è tardi! >> urlò mia madre dalla stanza a fianco. Sbuffai forte. Okay, sarebbe stato un lungo viaggio, ma che palle!, be', ero un "liberatore di fantasmi", dopotutto. Il mio compito era quello di salvare i morti. Di mandarli oltre. Li portavo verso la luce. Insomma, ci siamo capiti. La mia prossima meta era un paesino sperduto del Canada, di cui nemmeno mi ricordavo il nome. Per quello però c'era mia madre. Lei sì che era un GPS vivente. Era una profetessa, o almeno voleva farsi chiamare così. Lo era sempre stata sin da piccola, e neanche fosse uno scherzo, si chiamava Cassandra. Aveva capelli castani liscissimi e lunghi fino alla schiena, era alta e magra. Molto bella, credo. Dio, era pur sempre mia madre! Di lei io avevo preso l'altezza imponente, e gli occhi blu scuro. I capelli, la corporatura e i modi di fare invece, erano di mio padre. Già, mio padre. Jacko Blake. Bello come pochi, o così lo descrivevano tutti. Ma dopo, aggiungevano, aveva qualcosa di strano. Di inquietante. Di selvaggio. La verità era questa. Jacko Blake aveva dei segreti che tuttora nessuno conosce. Nemmeno mia madre Cassandra ne sapeva qualcosa. Ogni tanto, quando cadeva in trance, balbettava di strani misteri raccolti in un diario di famiglia. Diario che non era mai stato ritrovato. Ogni tanto però parlava di una casa, una casa abbandonata, e di una certa Amelia. Un nome strano, per una ragazza del Canada. Chi sa chi era poi, questa qua. << William! >>. Mia madre aveva questa bellissima voce da cornacchia che ti perfora i timpani. << Arrivo >>. * * * Da casa mia a quel fottuto paese canadese c'erano circa cinque ore di macchina. E io dormii per tutto il tempo. Almeno finché mia madre non mi sbatté la sua dannatissima borsa sotto il naso urlacchiando : << Will, svegliati! >>. Per tutta risposta grugnii qualcosa in risposta e aprii l'occhio destro. Davanti a me c'era una bella casa dal tenue colorito arancione e giallo, che spiccava allegra su uno sfondo di cielo azzurro. Era un po' fuori mano, d'accordo, però era sempre carina. E cosa ancora più importante, da quel momento sarebbe stata la mia casa; almeno per un po'. Scendemmo dalla macchina lentamente. Mia madre mi caricò di valigie e mi ordinò con fare perentorio ( dubito conoscesse altri modi, comunque) di portarla in camera mia. Non persi tempo nel farle notare che, visto che ci eravamo appena trasferiti, non avevo ancora un'idea di quale fosse "camera mia". Quindi entrai, facendo cigolare la porta. Il pavimento era in legno e le pareti bianche. Sentii mia mamma seguirmi nel soggiorno, lasciare giù tutti gli scatoloni e venire verso di me. << Will, cerca una stanza che faccia per te, portaci la tua roba e non rompere nulla >>. Alzai gli occhi al cielo. Ora era diventata pure una maniaca dell'ordine? In ogni caso, feci quello che mi aveva detto. Girovagai per casa e arrivai in una stanza vuota, piuttosto grande e dipinta di blu. C'era un letto, che mamma doveva aver comprato circa due o tre giorni prima, segno che aveva già scelto la mia stanza ancora prima che vedessi la nuova casa. Tipico di lei. Misi giù la mia valigia e i miei due scatoloni e la raggiunsi di sotto. Stava mettendo a posto le forchette in ordine di brillantezza nel cassetto sotto il lavandino. Inutile dire che la trovavo una cosa tremendamente stupida da fare. Ma non è che le mie opinioni contassero molto, quindi evitai di esporle. Mia mamma si girò verso di me, e con uno dei suoi rari sorrisi mi chiese : << Allora, sai già dove si trova la casa abbandonata del fantasma di questa città? >>. Scossi leggermente la testa. Il suo sorriso si fece più ampio. << Poco male; lo so io >>. E iniziò a spiegarmi come raggiungerla, gesticolando con una forchetta in mano per farmi capire le direzioni. Probabilmente non si accorse del modo confuso in cui la guardavo. Ma non era un problema, mi ero sempre arrangiato da solo, alla fine. Mentre stavo uscendo dalla porta con il cappuccio della felpa tirato su a coprirmi la testa, mia mamma mi urlò dietro : << Ah, e non dimenticare che domani hai scuola! Sai dove si trova? >>. Sbuffai. << Sì >>. Il suo viso si illuminò, speranzoso. << Davvero? >>. Sorrisi tra me. Aveva sempre sperato che io fossi più come lei che come mio padre. Ma purtroppo, io non prevedevo il futuro, e non conoscevo la collocazione esatta di ogni posto segnato sulle mappe. << No >> risposi, e prima che mi insultasse, me ne andai sbattendo la porta. Guardai davanti a me. Un campo verde e una strada sterrata. La seguii in discesa, e dopo qualche minuto passai davanti a una casetta rosa. Aveva un giardinetto, dove una ragazza dai capelli corti e biondi stava innaffiando dei tulipani. La salutai con la mano, e lei ricambiò con un sorriso. Dovevo pur farmi degli amici, dopotutto. Mi avvicinai allo steccato che separava casa sua dalla strada. Lei venne verso di me. Indossava un vestito azzurro con un cardigan sottile. Okay, settembre era appena iniziato e non faceva molto freddo, ma neanche così caldo! In ogni caso, come si vestiva la gente non era affar mio. << Ciao >> le dissi con un sorriso. << Ciao >> rispose. Aveva una voce molto delicata, come se stesse per rompersi da un momento all'altro. << Sei nuovo? >>. Era carina. I capelli le arrivavano appena alle spalle ed erano lisci. La bocca era piena e rosea, gli occhi di un verde chiaro molto piacevole. Le sorrisi amichevolmente. << Eh già. Abito in quella casa là in fondo, guarda >> e gliela indicai. La vidi impallidire lievemente. << Ah... Abiti quasi vicino a lei... >> la sua vocina tremò e arretrò, fissando spaventata la strada sterrata che, dopo casa mia, si dilungava in una salita, dove c'era un bosco. In mezzo ad esso, si intravedeva qualcosa, come un muro grigio. << Lei chi? >> le chiesi, aggrottando la fronte. La ragazza sorrise, e si spostò i capelli, imbarazzata. << Nulla di serio. Solo stupide leggende del luogo >>. Mi stupii : avevo già trovato il mio fantasma? Probabilmente sì. Ma capii che se volevo farmela amica, quello non era il momento per affrontare questo argomento. << Come ti chiami? >>. Mi fece un sorrisone. << Melissa Jayson. E tu? >>. Le tesi la mano, che strinse senza esitare. << William Blake. Ma tutti mi chiamano Will >>. Melissa storse il naso. << Mmm.. Allora, be', chiamami Mel >>. Si legò i capelli con un elastico. << Be', ci si vede, Will. Ora devo tornare ad occuparmi del giardino >>. La salutai, e poi proseguii. Poco dopo mi ritrovai in paese. Okay, diciamo pure cittadina. Thorn City. Un nome scemo per una cittadina abbastanza scema. O almeno credo. Seguii la strada principale, che ora non era più sterrata ma lastricata. Camminai tranquillamente, osservando i negozi e le persone che passavano senza notarmi. Mi presi anche un gelato, per giunta. Mi rilassai all'ombra di un albero. Però poi iniziai a pensare. Okay, era il mio primo giorno in una città sconosciuta, dove c'era una casa abbandonata in cui quasi sicuramente viveva un fantasma assetato di sangue. Il mio compito era quella di disinfestarla. Ma prima di tutto, dovevo informarmi su questo fantasma, sulla casa e sulla loro storia. Pensieroso, passai davanti ad un edicola. Guardando soprappensiero i giornali esposti, un titolo catturò la mia attenzione. "AMELIA DAGLI OCCHI DOLENTI COLPISCE ANCORA". Incuriosito, lo sollevai, pagai il negoziante e tornai a casa mia. Tenni il giornale nascosto sotto il braccio, per non farlo vedere a mia madre. In fondo mi voleva bene ed era molto apprensiva riguardo alla mia salute. Filai in camera mia e aprii il giornale nella pagina interessata. << "Tre ragazzi ritrovati morti nella famosa casa di Amelia dagli occhi dolenti. I corpi sono stati ritrovati fuori dalla casa, mutilati. Ad alcuni mancavano pezzi di gambe o di braccia" >>. Cercai nell'articolo il nome di quei ragazzi. Li trovai sotto a delle foto a colori. La prima ritraeva un ragazzo biondo grande e grosso, con qualche sporadica lentiggine sul viso. "Bob Fray", lessi. Nella seconda, invece era ritratta una ragazzina dai corti capelli scuri e una espressione anonima, di nome "Jenna Grant". La terza mostrava un ragazzino che sembrava il tipico secchione, con capelli color carota e pieno di efelidi in viso. Il suo nome era Andrew Gips. Tre morti, nella stessa casa, nella stessa notte. La colpa, era attribuita ad un ipotetico fantasma. Probabilmente, anzi, quasi sicuramente, era quello che stavo cercando io. "Amelia dagli occhi dolenti ", rimuginai tra me e me. Dovevo assolutamente saperne di più, ma decisi di rimandare le immagini al giorno dopo, anche perchè fuori ormai era troppo scuro anche solo per muovere un passo. Il giorno seguente mi svegliai tardi, forse troppo; in effetti avevo circa dieci minuti per trovare la scuola, ritirare l'elenco dei miei corsi in segreteria e poi dedicarmi alle mie ricerche. Inizialmente, chiedendo a due signore anziane riuscii a raggiungere la scuola. Appena entrato una fiumana di gente mi investì, ma dando gomitate a destra e a manca riuscii a crearmi un varco per raggiungere la segreteria. Appena prima che aprissi la porta a vetri di questa però, qualcuno mi bloccò tirandomi gentilmente. << Ehy >> mi salutò una voce sottile. Mi voltai e vidi Melissa Jayson detta Mel, la ragazza del giorno prima. Ricambiai il saluto e le dissi che dovevo ritirare l'orario, e lei rispose che mi avrebbe aspettato. Dopo essermi scontrato con l'acidità della segretaria, potei finalmente godermi l'aria scolastica insieme alla mia nuova amica. << Allora, come mai ti sei trasferito qui? >> mi chiese con un sorriso. Optai per una mezza verità. << Ricerche di famiglia >> risposi vago. Aspettò che aggiungessi qualcosa, ma visto che non lo feci, decise di cambiare discorso. << Senti, se hai un po' di tempo, nella pausa pranzo ti faccio conoscere i miei amici. Ti piaceranno >> mi rassicurò. Scrollai le spalle. Mi servivano informazioni, e parlando con persone influenti di una scuola se ne ottengono sempre molte. << Che materia hai ora? >>. Lei guardò il suo orario e sbuffò. << Chimica. E tu? >>. Impallidii. Il mio tallone d'Achille che mi perseguitava ovunque. << Matematica >>. Mi accompagnò davanti alla porta della mia aula e mi salutò. La lezione si svolse come una normalissima lezione, salvo per le occhiatine curiose degli altri e per gli insulti che aveva sibilato il professor Höfmann a causa del mio ritardo abbastanza sospetto. Il tempo passò e finalmente giunse l'ora di pranzo. Mi diressi in mensa, senza sapere bene cosa fare, quando Mel mi affiancò. Stava iniziando ad essere insistente, ma avevo bisogno di lei. << Will! >> mi abbracciò come se fossimo amiconi e non ci vedessimo da una vita, cosa che mi sembrava abbastanza stupida dato che ci eravamo salutati circa quattro ore prima. Mi trascinò verso un tavolo, dove otto paia di occhi mi squadrarono dall'alto in basso. C'era un ragazzo biondo che mi lanciava occhiatacce ogni volta che Melissa mi toccava. "Un ex, molto probabilmente " constatai. Di fianco a lui, una ragazza dalla pelle color caffelatte e dai lunghi e lisci capelli scuri mi guardò. C'era qualcosa di indifeso, quasi come se si aspettasse qualcosa da me in particolare , nel modo in cui mi fissava. C'era da dire che sembrava alta sul metro e sessantacinque ed era molto carina. Vicino c'era la ragazza dal viso più scorbutico che io avessi mai visto. Aveva capelli rosso scuro scalati e mossi, occhi castani e sembrava molto piccola di altezza. Ma dal modo in cui mi guardò, capii che lei sarebbe stata la mia principale fonte di informazioni. Dopo essermela fatta amica, ovviamente. E per ultimo, c'era un ragazzo di corporatura molto piccola, dai capelli castano scuro scompigliati e dalla pelle color caffelatte, come la ragazza di prima. Probabilmente suo fratello, intuii. Mel mi prese a braccetto. << Bene! Allora, ragazzi, lui è William Blake, il mio nuovo quasi-vicino di casa. Will, loro sono Jimmy Fray, Amara Dickelson e suo fratello Austin e lei invece, è Brianna >>. Cercai di memorizzare quella piccola valanga di nomi, quando una lampadina mi si accese nella testa. << Jimmy Fray? come il ragazzo trovato morto? >> chiesi. Okay, sì, la diplomazia non era esattamente il mio forte. Il ragazzo biondo si irrigidì. In effetti assomigliava molto al tipo nella foto del mio giornale. << Sì. Bob era mio fratello >> mi rispose lentamente. Tutti mi guardavano, in attesa. Mi sedetti, e Mel si accomodò di fianco a me. << Mi dispiace molto. Deve essere stata... >> ma Brianna, la ragazza dai capelli rossi, mi interruppe. << Ma si può sapere tu chi diavolo sei? >>. Come immaginavo, non era una persona molto gentile. Sorrisi diplomaticamente. << Una povera anima che si ritrova in un posto sconosciuto con persone sconosciute >>. Amara, la ragazza dalle origini africane come intuii poi dal suo accento, mi rispose gentilmente : << Be', sei il benvenuto tra noi. Non far caso alla maleducazione di Brianna. Ti ci abituerai >>. Brianna alzò la testa e mugugnò qualcosa che somigliava molto ad un "ehy, io sono ancora qui!". Ci fu un momento di silenzio imbarazzante, che fu interrotto da Mel, che mi chiese gentilmente: << Stasera c'è una festa alle Cascate. Ti va di venire? >>. Amara mi guardò speranzosa, mentre vidi Brianna sillabare preghiere per un mio rifiuto. Ci pensai un secondo. Avevo bisogno di informazioni. Alle feste ci si ubriaca. E le persone ubriache sono dei libri aperti. Sì, ci sarei andato. << Con piacere. Dopotutto, devo cominciare a conoscere qualcuno e imparare ad orientarmi >> risi. Amara si lasciò andare in un sospiro entusiasta. << Veniamo a prenderti alle sette in punto. Fatti trovare pronto, mi raccomando >>.
   
 
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