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Autore: Generale Capo di Urano    18/03/2015    2 recensioni
I pensieri e i sentimenti di Romano Vargas, dopo una delle tante divergenze con il fratello.
I vari ricordi, belli e brutti, di una delle Nazioni più segnate di sempre.
***
Romano è arrabbiato. Non è così strano, in fondo lo è sempre.
Si chiede se sfogarsi contro una parete serva davvero a qualcosa.
Quel maledetto riusciva ancora a farlo sembrare il cattivo della situazione, a farlo sentire un mostro. Non è giusto. Non è un mostro. È stato tante cose, ma un mostro mai.
È stato un bambino, una volta.
Non era diverso da tutti gli altri, era ingenuo, era felice, e senza preoccupazioni.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Romano è arrabbiato. Non è così strano, in fondo lo è sempre.
Si chiede se sfogarsi contro una parete serva davvero a qualcosa.
Si può sapere cos’ha sbagliato?                                                                       
Ha fatto di tutto. Non è forse stato un ottimo fratello? Non ha forse sempre cercato di essere il meglio possibile per lui?
Allora perché quell’idiota continua a preferire quel biondo bastardo?
In fondo, Romano si è sempre preso cura di lui, no? L’ha forse mai sfruttato? L’ha mai abbandonato? L’ha mai tradito, come ha fatto quel crucco?
Eppure, quel maledetto riusciva ancora a farlo sembrare il cattivo della situazione, a farlo sentire un mostro. Non è giusto. Non è un mostro. È stato tante cose, ma un mostro mai. 
 
 
 


È stato un bambino, una volta.
Non era diverso da tutti gli altri, era ingenuo, era felice, e senza preoccupazioni.
Aveva un fratellino dolce, che lo adorava, che lo seguiva, che lo ammirava, perché lui era il più grande ed era forte, ed era bravo, e sapeva sempre tutto.
Era il fratello maggiore buono, che giocava con il più piccolo e lo portava in giro, e gli insegnava tutte le cose che sapeva.
Romano non avrebbe mai potuto negare di averlo preso per mano, e di aver corso insieme, e di aver riso come un matto mentre cadevano sul prato.
 
 
 


D’accordo, magari non avrebbe dovuto sgridarlo così.
È che non potrà mai sopportare il fatto che il suo Veneziano, il SUO fratellino, passi più tempo con quel tedesco piuttosto che con lui.
No che non è geloso. Non lo è, maledizione.
È solo protettivo. Ecco, è che gli vuole bene. Dannazione, ovvio che gli vuole bene, mica è una macchina.
Quando si tiene a una persona, si fa di tutto per proteggerla, no?
Esatto, è nel giusto. Non ha alcun motivo per sentirsi così.
Perché allora non riesce a togliersi dalla testa l’immagine del volto in lacrime del minore?
È forse senso di colpa, questo?
Il suo fratellino non dovrebbe mai piangere. Non se lo merita…
Davvero Romano, vuoi questo?
Chi sei, per credere di avere sempre ragione?
 
 
 


È stato un servo, una volta.
Pigro, incapace e viziato, ma pur sempre un servo.
Aveva un fratellino lontano, più bravo di lui, più piccolo e adorabile, mentre lui era solo il bambino imbronciato, che non ubbidiva, che non ascoltava.
Era il fratello maggiore invidioso, che avrebbe voluto essere amato e ammirato come un tempo, che avrebbe solo voluto sentirsi accettato.
Romano non avrebbe mai potuto negare di aver gridato, di essere stato triste e arrabbiato, di aver desiderato tutte le attenzioni che gli altri riservavano al minore.
 
 
 


Va bene, forse un po’ gli dispiace.
Per quanto quel piccolo polentone riesca a farlo star male più di ogni altro, Romano non riuscirà mai ad essere veramente infuriato con lui.
Sa che Veneziano non desidera davvero farlo arrabbiare. È solo molto stupido e ingenuo.
Lo conosce, e sa che la sua più grande paura è quella di rimanere da solo. Sa anche che ama farsi nuovi amici. E soprattutto, sa che non può stare assieme a lui ventiquattr’ore su ventiquattro.
Forse può accettare il fatto che qualcun altro stia con lui. Può rendersi conto che il minore vorrebbe frequentare anche altre persone. Può sopportare anche la presenza di quel lurido mangia-crauti.
Ma chi vuole prendere in giro? Non ne sarà mai in grado.
Chiamatelo mente chiusa, irritabile, scontroso. Forse ha solo ricevuto troppe delusioni dalla vita.
Come farà ad imparare di nuovo a fidarsi di qualcuno?
 
 
 


È stato un ribelle, una volta.
Ha combattuto con rabbia, il sangue rappreso nascosto dal rosso della camicia.
Aveva un fratellino spaventato, capace a malapena di difendersi, desideroso di libertà, ma anche di qualcuno che lo proteggesse.
Era il fratello maggiore forte, che avrebbe fatto di tutto pur di riunirsi al fratello più piccolo, e che la disperazione aveva trasformato in una macchina inarrestabile.
Romano non avrebbe mai potuto negare di averlo stretto a sé, piangendo, giurando su Roma che mai, mai più nessuno gliel’avrebbe portato via.
 
 
 


Guardatelo, il ragazzo rabbioso e diffidente.
Non ha neppure la maturità per essere chiamato uomo; mille anni di inutile storia alle spalle che non fanno che pesare come grossi macigni.
Stai piangendo ora, Romano?
Dicono che le persone più chiuse sono quelle che hanno più amore da donare.
Stai cercando di consolarti, Romano?
La consapevolezza di essere umano permette di accettare il dolore che si è costretti a subire.
Il chiudersi in sé stesso non l’ha mai protetto, così come non l’ha fatto il nascondere le sue emozioni.
Neanche del suo fratellino si fida? Come si può amare senza la fiducia?
Forse non gli mostrerà mai ciò che sente davvero. Tutto ciò che sa è che quando il minore aprirà quella porta lui lo accoglierà, come ha fatto quel giorno, come fa da sempre.
 
 
 


È stato un soldato, una volta.
La sua utilità era stata forse discutibile, ma di certo non era stato lui a volere la guerra.
Aveva un fratellino stupido, che si era fatto abbindolare da un dannato tedesco, che sempre di più lo allontanava da lui, trascinandolo in chissà quale orribile baratro.
Era il fratello maggiore apprensivo, che desiderava soltanto poter rimanere con il suo piccolo, sciocco fratellino, e che non voleva gli accadesse nulla di male.
Romano non avrebbe mai potuto negare di aver tirato calci al muro, di aver urlato di rabbia e maledetto il crucco, chiudendosi sempre di più in un guscio, isolandosi ancora di più dal mondo.
 
 
 


Quando la porta si apre, Romano non si volta.
Quando sente il fratello aggrapparsi al suo braccio, non si gira a guardarlo.
Ma non lo scansa neanche.
E alla domanda sull’essere o no arrabbiato, Romano non risponde.
E il suo unico saluto è un “Muoviti, diamine, o la pasta te la mangio tutta io”.
Perché la faccia da cane bastonato di Veneziano farebbe stringere il cuore a chiunque.
Così come il suo sorriso radioso lo farebbe sciogliere.
 
 
 

Perché, in fondo, lui non è mai stato altro che un normalissimo uomo.
 
 
 

L’abbraccio del più giovane non è che una garanzia di un incondizionato affetto così innaturalmente semplice.
Così come il rossore sul volto del maggiore è solo la conferma di un legame fin troppo provato.
Tutto ciò che può volere è lì con lui.
 
 
 

Ha un fratellino stupendo, che non lo abbandonerà mai.
 
 
 

Veneziano vedrà il sorriso sul suo volto stanco. Ma non glielo farà sapere.
E il fratello continuerà a credere di curarsi di lui solo di nascosto.
A loro due va bene così.   
 
 
 

Romano non potrà mai negare di avergli sempre voluto un bene dell’anima.
 

 

 
 
 
 






Angolino della piccola asociale
Dirò la verità, sto ancora cercando di capire quello che ho scritto. Mi sto seriamente chiedendo se tutto ciò ha un minimo di senso logico.
Non so, sembra tanto un misto di headcanon messe lì a caso. Eppure la mia mente riesce a dargli un significato.
Beh, spero che qualcuno possa apprezzarlo… e se no, sopravvivrò.
Grazie mille a chi ha letto ed è resistito fino a qui.
Maru kaite chikyuu ~♪ 
Moi moi!
   
 
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