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Autore: Jessica Fletcher    18/03/2015    10 recensioni
Cosa ha veramente pensato Christian quando ha visto Leila che teneva Ana sotto al tiro della pistola. Come è riuscito a farla desistere dal suo folle tentativo?
E poi, cos'ha pensato, cos'ha provato quando Ana lo ha toccato e baciato per la prima volta sul petto? Perché piangeva?
Questa è una possibile interpretazione.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anastasia Steele, Christian Grey, Leila Williams
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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leila

QUESTO SONO IO



Sapevo che c'era qualcosa che non andava, lo sapevo!
Non appena arrivato davanti allo stabile che ospita l'appartamento di Ana, ho subito avuto come la sensazione che ci fosse qualcosa che non andava per il verso giusto.
Chiamatelo sesto senso, chiamatelo premonizione, chiamatelo come cazzo vi pare, ma in cuor mio non mi sentivo  per niente tranquillo.
Niente affatto.

Quando poi ho visto arrivare quel suo amico, quel Kavanagh, bello e tranquillo su per il viale, allora i miei sospetti sono cresciuti in modo esponenziale.

Così ho chiesto a Kavanagh di darmi le chiavi e di rimanere nell'androne e sono salito su a vedere, con Taylor alle calcagna

Non appena entrato quello che ho visto mi ha fatto gelare il sangue.

E adesso sono qui. Di fronte a me c'è Leila, la mia ex-sottomessa, sporca, scheletrica, con uno sguardo da pazza; tiene in mano una pistola. E l'arma è puntata, più che verso di me, verso la mia fidanzata, Ana, l'amore mio grande.

Gesù Cristo, che incubo!

Guarda Grey, guarda che cosa hai fatto!
Guarda dove ti ha portato la tua depravazione! Hai ridotto Leila ad uno straccio, ad una pazza incostante. Prima l'hai usata poi l'hai piantata, ti meravigli che sia finita così? E adesso la tua fidanzata, la tua dolce e amatissima Ana sta rischiando la vita. Tutto questo a causa tua.
Datti da fare, porco infingardo che non sei altro, datti da fare se la vuoi salvare.

E' il mio inconscio che mi parla, è durissimo, ma me lo merito. Non riesco mai a cavare fuori niente di buono.
Ha perfettamente ragione, devo fare qualcosa!
Guardo le due donne davanti a me: Ana la posso vedere solo di sfuggita, è pallida, terrorizzata. Devo trovare un modo per portarla fuori di qui, già ma come?
Cosa posso fare per salvarla?
Lei non deva pagare per i miei errori, se c'è qualcuno che deve morire quello sono io.

Tanto la mia vita senza di lei non avrebbe più alcun senso. Devo fare uscire Ana da qui e rimanere da solo ad affrontare Leila.
Già ma cosa posso fare? Cosa, mio Dio?

Volto il mio sguardo su Leila, lei ricambia l'occhiata. Per un attimo il suo sguardo mi sembra contrito, dispiaciuto.
Mi guarda con una certa riverenza.
Possibile che le faccio ancora questo effetto?

Però se così fosse, se veramente mi ritenesse ancora il suo padrone, allora avrei un certo potere su di lei.

Ma certo!
Perché non ci ho pensato prima?
Ora mi è tutto chiaro, so quello che devo fare.

Il dominatore.

Devo rivestire i panni del dominatore, sperare che lei si senta sempre la mia sottomessa e cercare di convincerla a consegnarmi l'arma.

Sarò ancora in grado? O sono così cambiato da non poterlo più fare?
C'è un solo modo per avere risposta ed è quello di provare.

Ok, Grey, si va in scena! Tocca a te e non fare cazzate!

Raddrizzo le spalle, indurisco lo sguardo, i lineamenti del viso, mi avvicino a Leila e le dico solo poche parole:
"Buttala a terra"
Lei si inginocchia davanti ai miei occhi e posa la pistola a terra.


Ok, questa è fatta. Almeno momentaneamente sono riuscito a sventare la minaccia più grave.

Ma non è finita.
Ora devo fare uscire Ana da questo appartamento.
Non è ancora al sicuro.
Non so quello che potrebbe accadere da qui a tra poco. I folli, e Leila in questo momento è veramente folle, sono sempre imprevedibili.

Così le chiedo di uscire, anzi le ordino di uscire.
Una, due, tre volte. Ma non si muove.
E' così ostinata: non se ne vuole proprio andare.
Perché non se ne va? Cosa la trattiene?
Ho paura, paura che le possa accadere qualcosa, se rimane qui.


Mi farà diventare matto, sto già cominciando a perdere la pazienza.
Come fa a non rendersi conto che restare qui è pericoloso?
Mi volto a guardarla, sono tremendamente arrabbiato. Arrabbiato e preoccupato.
E gioco ancora un volta la carta del dominatore.
"Per amor del cielo, Anastasia!" le ordino duramente, "vuoi fare quello che ti chiedo? Almeno per una volta!"

Le mie parole non bastano, Ana non si schioda proprio.
Lei non è come Leila: ha carattere!
Non è una sottomessa: è la mia donna!

Ma questa volta si fa come dico io!
Mi rivolgo a Taylor e gli chiedo di portarla fuori.
Non posso fare altrimenti.

Jason esegue il mio ordine e la porta via con se.

Anastasia, amore mio!
La vedo uscire e l'unica cosa che vorrei fare sarebbe di rincorrerla, abbracciarla, baciarla e tenerla stretta a me. Infonderle coraggio, dirle che è finita, che tutto va bene, che siamo vivi e salvi.

Ma non posso.
Non sono ancora salvo.
Devo occuparmi di Leila.
Su, Grey, sii uomo, almeno una volta nella vita. Tu l'hai messa in questa situazione, tu la devi aiutare. Cavoli tuoi, adesso.

Aspetto che Taylor e Anastasia se ne vadano poi mi inginocchio davanti alla mia ex sottomessa.
La guardo ancora, sporca, stracciata, magrissima, pallida da morire.
Solo l'ombra della ragazza vivace e maliziosa che era stata.
Mi fa pena.

Si, Grey, ti fa pena adesso! Ma quando la picchiavi con la cinghia, con la frusta; quando la fottevi e la sodomizzavi senza pietà, allora non ti faceva pena? Brutto bastardo, porco e sadico che non sei altro! Sei tu che l'hai ridotta così! non te ne rendi conto? non lo provi un po' di rimorso?

Provo rimorso? Non lo so. Non so più cosa provo per lei.
Ma devo aiutarla. Sento che è un mio preciso dovere morale offrirle una mano, un appiglio per non farla cadere ancora più giù.

La porta si apre e sento i passi di Taylor dietro me.
"Jason" gli chiedo "hai portato Ana al piano terra?"
"Sì"
 "Come stava? Voglio dire, era sconvolta, impaurita?"
"Sembrava molto scossa, e triste. C'era il suo amico, Ethan, mi pare che si chiami. L'ho lasciata con lui"
Non so se esserne sollevato o geloso. Da un lato è un bene che ci sia qualcuno con lai, d'altra parte, però, il solo pensiero che sia rimasta sola con quel cazzone biondo che le farà di sicuro una corte spietata, mi fa andare in bestia.

Calmati Grey, non farti prendere dalla rabbia e dalla gelosia. Hai un compito da portare avanti, non ricordi?

Già: un compito. Un compito che si chiama Leila.
Devo prendermi cura di lei.
E non ha solo bisogno di conforto; le ci vuole un aiuto più consistente.

"Jason" chiamo Taylor che immediatamente si avvicina, pronto a ricevere istruzioni "chiama il Dottor Flynn e digli di venire subito. Che è un'emergenza, che ho bisogno di lui.  Chiamalo subito, Ora!"
"Va bene, Mr. Grey"

Mentre Jason fa la telefonata, io prendo la ragazza fra le mie braccia. Sta tremando come una foglia.
"Tranquilla, piccola" le dico "è tutto finito. Ora mi prenderò cura di te"
Mi alzo e la porto con me fra le mie braccia.

Preferirei renderla presentabile, pulirla, vestirla in un modo decente.
Non voglio che Flynn la veda così, senza più un briciolo di dignità.
E poi un bagno caldo e vestiti comodi e puliti l'aiuterebbero a sentirsi meglio. Forse smetterebbe di tremare.

La porto in bagno, la spoglio; è così magra: sembra quasi anoressica. Mi domando da quanti giorni non mangia. La immergo nella vasca, prendo la spugna, il bagnoschiuma e la lavo.

Mi rendo appena conto che ho davanti a me la mia  ex-sottomessa, completamente nuda, e non provo niente! Nemmeno un accenno di erezione.
Non potrei, in questo stato, non mi ricorda nulla della donna: è come prendersi cura di un povero bambino malato.

La tratto in modo molto delicato, ho quasi paura di farle male, di peggiorare la sua situazione.
Bisogna stare attenti, in certi casi.

Però quando la picchiavi e la scopavi fino a farle implorare pietà, allora non stavi attento; sudicio porco che non sei altro!

La sollevo fuori dalla vasca, la asciugo, la vesto con uno degli abiti di Ana.Nel frattempo è arrivato Flynn.
Lui le parla, dolcemente, delicatamente.
Lei non risponde, sembra assente, quasi svuotata.
La prendo in braccio e, insieme, la portiamo fuori, in strada dove sta attendendo un'autovettura.
La poso sul sedile posteriore, saliamo in macchina e sfrecciamo via nella notte.

----------

Cristo! che serata!
Ora voglio andare a casa!
A casa troverò  la mia Ana.
Voglio fare l'amore con lei, perdermi fra le sua braccia, perdermi dentro al suo corpo e non pensare più a niente.


Entro in casa: sono stanco, stanco e preoccupato. Se questa è la conseguenza delle mie azioni, sarà bene che ci rifletta sopra.
Ma non ora ora non ci voglio pensare, non ce la faccio.
Ora voglio solo abbracciare Ana, fare l'amore e cercare di dimenticare.

Solo che Anastasia non è mai rientrata a casa. Gail mi dice che non la vede da questa mattina.
Faccio un veloce giro per l'appartamento ma non la trovo.

Certo che non la trovi, stupido che non sei altro, lei ti ha lasciato. Credi davvero che dopo questa sera, dopo avere  visto come riduci le donne in tuo potere, lei avrebbe accettato di rimanere? non è mica scema!

E se le fosse accaduto qualcosa? Un incidente, un contrattempo...magari si è sentita male, ha avuto un qualche mancamento. Era così sconvolta.
Inizio a fare delle telefonate, incarico Taylor perché la rintracci, telefono a tutti gli ospedali di Seattle, ma non risulta da nessuna parte.
Non so cosa fare, l'agitazione si impossessa di me, insieme con la paura di non poterla rivedere mai più.

Mi passo e ripasso le mani fra i capelli, sono sconvolto, non riesco a ragionare.
Il mio cuore batte tanto velocemente che riesco a sentirne il rimbombo nelle orecchie.

Poi, quasi improvvisamente, la porta si apre e Ana entra, leggermente barcollante, nella stanza.

Vederla lì come se niente fosse mi manda fuori di me dalla rabbia: "Dove cazzo sei stata?" le sibilo contro "hai bevuto?"
Sì, certo che ha bevuto, riconosco bene i sintomi.
Questa ragazza mi manderà al manicomio!

Noto qualcosa in lei, qualcosa che non avevo mai visto prima, una maggiore insicurezza, forse, una sorta di distacco nei miei confronti. Il suo sguardo non è più quello di qualche ora fa, sembra quasi lo sguardo di qualcuno che sta per dirti addio.

Te lo avevo detto, io, che ti avrebbe lasciato.

"Cosa c'è che non va?" le chiedo ripetutamente.
Si avvicina e  risponde.
E quello che dice fa improvvisamente crollare il mio mondo:
 "Non vado bene per te"
Come? Coome? No, si sbaglia!
Si sbaglia! si sbaglia! si sbaglia!

Devo farle capire che è in errore: lei va benissimo per me.
Io non voglio più fare il dominatore, cercavo solo di rimediare a una situazione che io stesso avevo creato.

Quello che che crede di avere visto fra me e  Leila, non è vero. Non c'era nessuna connessione fra di noi, mi stavo solamente prendendo cura di una persona molto malata. Come può pensare altrimenti?
Provo a farle capire che si sbaglia, che lei è tutto ciò che desidero e anche molto di più;  ma è come rimbalzare su di un muro di gomma, non capisce.

E se ne vuole andare!
Dice  che vuole prendersi un periodo per riflettere, ma lo so. Lo so che mi vuole abbandonare.
Non può essere!
Dio mio, no!
No! No! cazzo!  No!
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Forse è stato un errore, indossare nuovamente i panni del dominatore.
Forse è stato questo ad indurla a pensare di non essere abbastanza per me, quando invece è tutto, tutta la mia vita, il mio mondo, la mia completezza.

Così mi inginocchio davanti a lei, diventando io il sottomesso, perché capisca  quanto è importante per me, così tanto importante da farmi cambiare completamente abitudini e desideri.

"Questo sono io e sono tutto tuo, cosa devo fare per fartelo capire, per dimostrarti che ti amo?" le chiedo, con l'ultimo barlume di speranza.

Fatti toccare!
Farà male!
E' la cosa che lei desidera di più al mondo, lo sai. Per dimostrare quanto tieni a lei: devi lasciarti toccare sul petto e sulla schiena, lo sai!
Non posso!
Ma DEVI, altrimenti se ne andrà.

Non posso!
Ma devo!

Non voglio soffrire ma mi lascerò toccare proprio laddove mi hanno fatto tanto male, anni fa. Se è questo che devo fare, lo farò. Però sarà dura.

E quindi, entrambi inginocchiati sul pavimento l'uno davanti all'altra, i suoi begli occhi pieni di lacrime ...di lacrime, per te? ... come è possibile? .... le prendo la mano e la conduco sopra al mio petto.

Mi sto offrendo a lei, vulnerabile e senza più difese, anche se so che farà male, anche se temo di non farcela a reggere.

Lei flette le dita sulla mia camicia, ha gli occhi spalancati, quasi sbarrati, mentre io...
... io ho paura, una paura folle ad essere alla mercé di un'altra persona, di dover riprovare quel dolore.
Ma perché ho paura?
E' la mia Ana, il mio amore, sono le stesse mani che mi hanno tante volte accarezzato il viso, che hanno stimolato il mio membro fino a farlo venire, non possono farmi del male!
Ma inconsciamente trattengo il respiro, è una cosa grande quella che sto per fare, è legata alle mie paure più profonde, intense, ancestrali.

Ana si accorge del mio terrore e si accinge ad interrompere il contatto.
"No!" le dico "non farlo!" e premo la mia mano contro la sua, sopra il tessuto della mia camicia, sopra al mio stesso corpo.

Si avvicina, le sue ginocchia quasi toccano le mie e mi guarda, con un cenno mi fa capire che vorrebbe sbottonarmi la camicia.
Okay, va bene, resterò nudo: che cada anche l'ultima barriera, che il mio sacrificio sia completo.

Lentamente, con delicatezza, intuendo quale immane sforzo io stia facendo per non urlare, scioglie ad uno ad uno i bottoni e apre la camicia.
Mi guarda, aspettando un cenno di assenso, annuisco silenziosamente, non la fermo anche se temo che sarà insopportabile.
La  sua mano si avvicina, si posa sul mio petto nudo.

Fa male: è un dolore strano, non fisico ma più profondo.
E' un bruciore interno, un fuoco che dilaga nei miei nervi, nelle vene.
Mi sento come morire, svenire, il mio respiro si fa affannoso, mi sembra che il cuore mi stia per esplodere da quanto batte forte.

Ana si accorge del mio timore perché, per la seconda volta, accenna ad allontanare la mano.
"No" e per la seconda volta la riporto sul mio petto "ne ho bisogno".
Mi accarezza il petto, piano con dolcezza. Ma io non capisco più niente, sono nel panico totale. E sento qualcosa salirmi su per la gola e minacciare di strozzarmi, una sensazione forte, intensa, mai provata prima.
Avvicina il suo viso al mio corpo e mi posa un bacio all'altezza del cuore, quello che provo è tanto inaspettato quanto intenso, e mi sembra di non riuscire a sopportarlo.

 Il mio respiro si trasforma in un gemito strozzato, ma non posso mollare, non ora.
"Ancora" le ordino.
Un altro bacio, non sullo stesso punto ma un po' spostato verso il centro del petto.

Lo so che cosa c'è lì, lo so benissimo.
Sta baciando una delle mie cicatrici, poi un'altra e un'altra ancora.
Sta portando amore dove c'era stata violenza e sofferenza, coprendo di dolcezza le radici della mia rabbia.
Io un bene così grande, così reale, non lo avevo mai avuto prima.
Io conoscevo solo dolore e violenza e rabbia.

Sento come se qualcosa mi si squagliasse dentro, un liquido caldo scorrermi nelle vene; improvvisamente il nodo che ho in gola si scioglie, ed è come se il cuore mi esplodesse nel petto.
E, inaspettate, sconosciute, estranee sento le lacrime scivolare sul mio viso.
Sto piangendo, mio Dio, sto piangendo!
Non lo avevo mai fatto in tanti anni, forse nemmeno da neonato, ma ora ... ora sì, ora, finalmente, piango.

E com'è bello piangere!

...e finisco qui la storia, con la citazione dal grande Eduardo De Filippo (che mi perdoni).
Ci ho messo tanto a scrivere questa fan-fiction: i pensieri di un Christian terrorizzato non sono stati facilissimi da concretizzare. Così. come aiuto, ho fatto intervenire il suo inconscio, la sua "vocina", che è cattiva, sarcastica, spietata. E' la sua insicurezza a parlare.
Che dire? che mi sono un po' commossa a rileggerlo. Spero che vi piaccia.
Inconsciamente ho inserito un particolare molto importante, una differenza di termini. Chissà se qualcuno se ne accorge....

Attendo recensioni
Love
Jessie




  
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