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Autore: DanzaNelFuoco    18/03/2015    1 recensioni
[Gone Girl / \\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\'Amore Bugiardo ]
[Gone Girl / \\\\\\\\\\\\\\\\\\\'Amore Bugiardo ][Gone Girl / \\\\\\\\\\\\\\\\\\\'Amore Bugiardo ]
Partecipa al secondo turno della "Fandom League" di Mari di Challenge - prompt: partita.
Nick non poté fare a meno di sospirare, in pena.
Il piccolo Adam sedeva accanto a lui sulla sedia di plastica rigida, il sangue che gli colava in un rivolo scarlatto lungo la gamba, andando ad inzuppare il calzino bianco appena sotto il ginocchio.
"La mamma non sarà contenta." borbottò a mezza voce, svitando il tappo della bottiglia di alcool. "Brucerà un po', ma tu sei un ometto coraggioso, non è vero?"
Adam annuì, stringendo i bordi della sedia, preparandosi al peggio e non emise un gemito quando Nick gli deterse con il batuffolo imbevuto di alcool la ferita superficiale al ginocchio.
Nick avrebbe voluto piangere. Davvero, avrebbe voluto accasciarsi sul pavimento su cui era inginocchiato e piangere.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gone Game

Nick non poté fare a meno di sospirare, in pena. 
Il piccolo Adam sedeva accanto a lui sulla sedia di plastica rigida, il sangue che gli colava in un rivolo scarlatto lungo la gamba, andando ad inzuppare il calzino bianco appena sotto il ginocchio. 
"La mamma non sarà contenta." borbottò a mezza voce, svitando il tappo della bottiglia di alcool. "Brucerà un po', ma tu sei un ometto coraggioso, non è vero?" 
Adam annuì, stringendo i bordi della sedia, preparandosi al peggio e non emise un gemito quando Nick gli deterse con il batuffolo imbevuto di alcool la ferita superficiale al ginocchio. 
Nick avrebbe voluto piangere. Davvero, avrebbe voluto accasciarsi sul pavimento su cui era inginocchiato e piangere. Così uguale a sua madre. Adam aveva otto anni ed era già così dannatamente uguale a sua madre. Maledisse qualunque Dio avesse voluto affibbiargli una sorte così negletta. 
D'accordo, Nick, sapeva di non essere uno stinco di santo, probabilmente il bilancio del karma era lievemente in negativo prima di conoscere la madre di suo figlio. Pensava che perdere il lavoro avesse bilanciato il karma, aveva preso il matrimonio con quella meravigliosa ragazza, con Amazing Amy, come un segno che la vita gli stava dando. Rilassati Nick, va tutto bene. 
La verità era che Nick non avrebbe augurato Amy nemmeno al suo peggior nemico. 
E adesso Adam somigliava terribilmente a sua moglie. La donna che si era procurata segni di violenza sessuale senza battere ciglio solo per poter uccidere un uomo. 
Nick aveva avuto un piano. Un piano di fuga.
Ci aveva pensato per nove lunghi anni, perché quando non hai nulla da fare se non lavorare, seguire Amy alle conferenze stampa per la vendita del libro sulle sue settimane di segregazione nella casa al lago di Desi Collings e mostrare all'America quanto siete felici ora, hai un sacco di tempo per pensare. 
Ci aveva messo un anno a pianificare le proprie mosse - Amy aveva ragione, avere lei al suo fianco lo stimolava intellettualmente, ma non era certo che fosse una cosa positiva - poi aveva atteso che Adam crescesse abbastanza per poterlo attuare. 
Adesso, comunque non era sicuro di poterlo fare. 
Adam era dannatamente troppo simile ad Amy. 
Forse era Nick quello sbagliato. Era lui quello che non capiva come funzionavano le cose. 
Fuori dalla stanza si sentirono grida di gioia, Nick pregò che avesse segnato la loro squadra, se avessero vinto almeno avrebbe potuto indorare la pillola ad Amy, raccontandogli di come suo figlio si fosse sbucciato un ginocchio nell'eroico tentativo di vincere. 
Sapeva che se c'era una cosa che Amy odiava più che essere contraddetta, quella cosa era fallire. 
Nick era riuscito a spuntarla, Amy aveva a malincuore concesso dall'alto della sua magnanimità che il figlio giocasse a calcio e che il marito allenasse la squadra. Nick aveva preparato il terreno di gioco abilmente e aveva fatto la sua mossa. Due ore al giorno per tre giorni alla settimana da solo con suo figlio. Poi un giorno quando fosse riuscito a mettere da parte abbastanza soldi, nascondendoli all'occhio vigile di Amy, avrebbero saltato gli allenamenti di calcio e avrebbe imboccato l'autostrada, portando via suo figlio dalle malefiche grinfie della madre. Il Canada era il posto adatto per nascondersi. 
Ora però, guardando suo figlio, si chiese se non fosse troppo tardi. 
Si chiese se non avesse aspettato troppo tempo. Secondo il suo piano decennale, avrebbe dovuto risparmiare ancora per un anno prima di poter portare via suo figlio. Si chiese se non avrebbe dovuto pensare un po' meno alla stabilità economica e un po' di più alla salute mentale del figlio. 
Si domandò se facesse ancora in tempo a portarlo via ora, a metà della partita che avrebbe decretato il vincitore del campionato under dieci della provincia. 
Adam lo guardò interrogativo. "Sono stato bravo, papà?" chiese, la voce infantile piena di aspettativa. "Ha fatto male, ma io sono stato zitto, visto?" Era così orgoglioso di sé stesso che Nick non ebbe cuore di chiedergli di essere un po' più umano, un po' più bambino. 
"Bravissimo, tesoro." gli scompigliò i capelli biondi, posandogli un bacio sulla fronte.
"Mi darai una caramella come fa la mamma?"
Nick si trattenne dall'urlare per la frustrazione. Sapeva che Amy premiava l'abilità simulatoria e dissimulatoria del figlio, abilità che gli sarebbero state abbastanza utili da adulto, ma che a nove anni rischiavano soltanto di incasinargli il cervello e dargli un'idea distorta dei meccanismi che muovevano il mondo. 
"A casa, tesoro. Quando arriveremo a casa." Non specificò che non sarebbero tornati a casa quel pomeriggio. No, non importavano i soldi, doveva portare via Adam immediatamente.
"Ok." 
Non fece i capricci. Adam non faceva mai i capricci, grazie a Amy. Un'altra cosa inquietante. 
"Vuoi tornare a giocare?" 
Adam annuì e saltò giù dalla sedia per correre fuori. Se il ginocchio gli faceva male, Adam non lo dava a vedere. 
Nick sospirò prima di seguirlo fuori. 
Il tabellone segnava un gol a favore della loro squadra. Nick sorrise sollevato, come se adesso che aveva deciso di fuggire dovesse ancora preoccuparsi di ciò che avrebbe pensato o detto Amy. Osservò suo figlio sgambettare allegro sull'erba verde e sorridere genuinamente ai suoi compagni di squadra e pensò che forse c'era ancora una speranza. Forse Amy non lo aveva completamente rovinato. 
Adam sembrava un normalissimo bambino di nove anni, mentre correva dietro ad una palla bianca e nera insieme ai suoi amici. Amici che non avrebbe rivisto il giorno seguente, a chilometri di distanza. 
Nick scosse la testa, cacciando il pensiero. Qualunque sacrificio avrebbero dovuto fare, sarebbe stato meglio che restare con Amy. 
"Va tutto bene, tesoro?"
La voce lo fece girare di scatto. Amy, in piedi accanto a lui, fissava Adam correre sul campo. 
Merda! 
"Sì, certo." mentì Nick. 
Amy gli rivolse un occhiata condiscendete, condita dal suo solito sorriso "sì - so - che - mi - stai - mentendo - ma - farò - finta - di - crederti".
"Come mai Adam ha un ginocchio fasciato?"
"Non è niente, è solo caduto mentre giocava. Ai bambini capita."
Amy strinse le labbra nell'espressione che lui aveva ormai imparato a decifrare come "ai - bambini - capita - ma - non - a - mio - figlio - perché - lui - è - amazing - esattamente - tanto - quanto - me" e che solitamente significava che era tutta colpa di Nick.
Poi, dal nulla, il viso di Amy si aprì in un sorriso pericoloso e un brivido freddo corse giù per la schiena di Nick. 
Perché Amy era venuta alla partita? Amy odiava il calcio. Amy non era mai andata a vedere nemmeno la prima partita di Adam. Perché era lì?
"Non noti nulla di diverso in me, tesoro?" chiese e Nick cominciò a sudare freddo.
Il suo cervello elaborò febbrilmente ogni dettaglio, cercando qualcosa che fosse fuori posto o insolito o diverso in un tempo ragionevolmente breve da far supporre che prestasse davvero attenzione a sua moglie. 
Ormai il tempo stava per scadere, il falso sorriso di Amy si stava già incrinando, un sopracciglio scattò verso l'alto e Nick ebbe l'illuminazione.
"La borsa!" quasi gridò con la stessa gioia di chi ha appena risposto ad un indovinello di una Sfinge e non sarà mangiato vivo. "Hai una nuova borsa!" 
Le labbra di Amy si aprirono in un sorriso più ampio e, visto il paragone con la Sfinge, Nick non si sarebbe di certo sorpreso se avesse visto una chiostra di zanne affilate invece di denti perfettamente sbiancati. Dopotutto, metaforicamente, Amy si stava apprestando ad azzannarlo alla gola, Nick ne era certo.
"E bravo il mio maritino. Vedo che mi presti attenzione..." Lasciò la frase in sospeso come se si aspettasse che suo marito aggiungesse qualcosa, ma Nick ritenne di averle già dato fin troppo soddisfazioni per quel giorno, così se ne stette in silenzio. 
"Che c'è non ti piace?" lo incalzò allora Amy. 
"È molto carina." replicò lui, spostando l'attenzione sul campo da gioco, mentre i suoi neuroni cercavano di elaborare un modo per liberarsi di Amy e poter fuggire in Canada. 
"Sono contenta che tu lo dica, perché è originale." 
La sensazione di pericolo di Nick si acuì. "Originale?"
"Sì. Ho pensato di meritarmi un piccolo regalo, in fondo. Perché non una borsa autentica, invece che una delle solite imitazioni?" Sottinteso: che mi regali tu.
"Certo, Amy, hai fatto bene." rispose cauto. 
C'era qualcosa che non andava, qualcosa di strano, qualcosa che non era al proprio posto. Era come se Amy si stesse prendendo gioco di lui e Nick sapeva che questo accadeva principalmente quando Amy vinceva la partita. Solo che non riusciva cosa Amy avesse fatto per vincere o cosa in generale avesse vinto. Poi ebbe una nuova illuminazione. 
"Amy... Dove hai trovato i soldi?" cercò di mascherare il panico nella sua voce. 
"Oh, in una vecchia scatola da scarpe sotto il letto." 
Nick raggelò. Quella era la sua scatola da scarpe con dentro i suoi risparmi di nove anni di centesimi risparmiati alle pompe di benzina e di piccole creste sul prezzo dei boccioni dell'acqua. Tutta la sua fatica dilapidata in una stupida borsa! 
Oh, that bitch!
Si conficcò le unghie nel palmo delle mani e incrociò le braccia al petto, giusto per essere certo di non cominciare a prenderla a pugni proprio davanti all'intero campetto i cui spalti erano riempiti da genitori e insegnanti. Come se Amy si fosse mai fatto problemi a fingere che lui la picchiasse... 
"Louis, più a destra!" sfogò la sua frustrazione sul bambino che stava tenendo la palla. Aveva già detto di non essere una bella persona, vero?
"Senti, Nick, mi dispiace." disse Amy e Nick quasi si strozzò con la sua saliva. "So che volevi usar quei soldi per farmi un regalo, ma non ho resistito. Per passata esperienza nei nostri anniversari..." Amy fece una pausa perché recepisse chiaramente il suo riferimento al loro quinto anniversario e a tutto il casino che ne era conseguito, "tu... ecco, non offenderti, Nick, ma fai schifo a fare i regali." 
Eccola lì, la scusa che Amy "gentilmente" gli stava fornendo per salvare la faccia e fingere per un altro giorno di essere la coppia perfetta. Eccola, Amy che si stava offrendo di fingere di non vedere, pur di non perdere. 
Perché Nick avrebbe dovuto saperlo. Avrebbe dovuto sapere che se c'è una cosa che Amy odia, quella è perdere. Avrebbe dovuto sapere che Amy sarebbe sempre stata cinque mosse avanti a lui, proprio perché odiava perdere. Sapeva di non essere intelligente come Amy, non poteva dire che l'esperienza di nove anni prima non glielo avesse sbattuto violentemente in faccia, eppure aveva pensato che con la pianificazione avrebbe potuto riuscire a batterla. 
Quanto era stato sciocco a pensare di potercela fare. 
"Hai... Hai fatto bene, Amy. Non avrei mai potuto farti un regalo che ti piacesse altrettanto." abbozzò un sorriso stiracchiato. 
Quella con Amy era una guerra che non avrebbe mai potuto vincere. Aveva finito di giocare partite perse in partenza. 
Oh, that bitch!
But that bitch is your wife. 


 
  
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