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Autore: YouAreAGoodDalek    19/03/2015    2 recensioni
È una storia che ho scritto molti anni fa, quando frequentavo le superiori. Tratta il dolore della perdita e il delicato tema dell'eutanasia.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La scelta giusta
 

 

Riaprì gli occhi.

Il freddo delle sbarre della squallida cella gli penetrava nelle ossa. Sapeva di aver fatto la scelta giusta, non aveva alcun rimpianto.

Le tempie gli pulsavano così forte che dovette chiudere nuovamente le palpebre.

Inevitabilmente, si trovò a ripensare al perché si trovava in quella situazione. Ripensò all’illusione di una vaga felicità negli occhi di suo figlio Riccardo, dopo tanto tempo e tanta sofferenza, per essere stati liberati da un’umiliazione troppo grande.

Con le lacrime agli occhi Matteo ripensò a quella sera, esattamente un anno prima, quando lui ed il figlio stavano tornando a casa dopo aver assistito al derby Inter-Milan. Era così felice… Finalmente Matteo aveva era riuscito a dedicargli l'intera giornata, disdicendo ogni altro impegno lavorativo.

Erano sull’autostrada Milano-Genova quando un’automobile con a bordo due ragazzi, reduci da una sbornia, invase la corsia dove viaggiavano, colpendo in pieno la loro vettura e portandoli fuori strada. I due giovani morirono sul colpo.

Matteo se la cavò con un braccio rotto e qualche costola incrinata, ma la situazione di Riccardo era molto più grave: l’urto gli aveva provocato un trauma cervicale ed un ematoma esteso che doveva essere immediatamente asportato, per evitare ulteriori danni al cervello.

Matteo non si separava un secondo dal figlio. Pregò per lui, supplicando Dio di salvarlo, anche a costo di vederlo attaccato ad una macchina per il resto della sua misera esistenza. Dopo ore d’intervento chirurgico ebbe salva la vita, ma i suoi arti rimasero paralizzati. Per di più, non era in grado di respirare autonomamente: era ridotto ad un vegetale.

Giorno dopo giorno, Riccardo diede segni di ripresa e lentamente ricominciò a respirare spontaneamente, senza però rispondere agli stimoli esterni. Anche la moglie di Matteo, Chiara, rimase sempre accanto al capezzale del figlio, gli occhi rossi per la stanchezza ed il pianto.

- Vostro figlio è in coma irreversibile; nonostante i suoi occhi siano aperti, non si risveglierà più - aveva comunicato loro il dottore, ma Matteo e Chiara nutrivano comunque forti speranze. Avevano creduto di perdere per sempre il loro unico figlio, la loro ragione di vita, invece lui era ancora lì, vivo, ed erano certi che, presto o tardi, sarebbe tornato ad essere ciò che era prima dell'incidente.

Col tempo, però, Matteo capì che non era tutto così semplice.

Dopo circa sei mesi, Riccardo, le cui condizioni erano ormai stabili, fu condotto a casa. Chiara decise di licenziarsi dal posto di lavoro per prestare le cure necessarie al figlio, mentre Matteo cercava disperatamente di evitarlo... La notte riviveva i terribili momenti dell’incidente, rivedeva gli occhi sgranati del figlio e sentiva la sua flebile voce che lo chiamava mentre le ambulanze accorrevano a sirene spiegate. Il sangue, tanto sangue…

Inoltre proprio non ce la faceva a guardare suo figlio, un tempo così vivace, giacere immobile ed incosciente su un letto.

I primi tempi aveva tentato di parlargli, senza successo; dopodiché tentò con la terapia della musica, facendogli ascoltare i cd della sua band preferita, i Queen. Niente… Sembrava che nemmeno lo riconoscesse.

Ah, quanto desiderava sentirlo gridare ancora una volta: - Papà, ti voglio bene!- mentre si rifugiava nel suo abbraccio, quanto avrebbe voluto vederlo crescere, partecipare ai suoi successi, o insuccessi, dargli consigli sulle ragazze…

Ma non sarebbe successo nulla di tutto ciò. Mai.

Un giorno sua moglie dovette uscire e pregò Matteo di badare a Riccardo. Non era la prima volta, e quando accadeva, egli raramente entrava nella stanza del figlio, se non per le cure necessarie. Quel giorno, però, si sedette nella poltrona accanto a lui, guardando altrove pur di evitare i suoi occhi vitrei. Infine si costrinse ad osservare ciò che rimaneva della sua creatura, ciò che aveva pregato con tanto ardore, e mantenne lo sguardo fisso su di lui per lunghi, interminabili secondi.

Fu proprio allora che decise di ucciderlo.

Prese un cuscino e glielo premette sul viso, piangendo la sua disperazione. Il corpo di Riccardo protestò appena, e dopo poco tutto fu finito. Quando Chiara entrò nella stanza trovò Matteo in stato di shock, con la testa dolcemente appoggiata sul corpo inerme del figlio, il guanciale a terra, poco lontano.

Confessò tutto: l’accusa fu di omicidio volontario e venne condannato a dieci anni di reclusione.

Una calda lacrima gli scese lungo la guancia. Immerso nei suoi pensieri, non sentì il rumore dei passi della guardia che si stava avvicinando.

- Ci sono visite – annunciò.

- Chi è?-

- Tua moglie –

Nel sentire quelle parole si sentì improvvisamente impaurito. Non vedeva Chiara dal giorno dell’omicidio, una settimana prima.

Si recò controvoglia nell'umida e malinconica stanza dedicata ai colloqui con i propri cari. Sua moglie era visibilmente provata: il funerale si era svolto il giorno precedente e ne portava ancora i segni sul volto, solcato da profonde rughe che, fino a qualche mese prima, non c'erano.

Ci fu un lungo istante di silenzio. Poi lei prese la parola, dicendo ciò che lui desiderava tanto sentire:

- Non ti odio per ciò che hai fatto. –

In quel momento svanirono tutte le sue paure: forse era l'inizio di una nuova vita insieme.

   
 
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