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Autore: Rota    19/03/2015    0 recensioni
La notizia di un trasferimento improvviso per motivi di lavoro, annunciata da sua madre dopo una cena sfarzosa, non lo aveva destabilizzato più di tanto. Aveva certo amici, nel vecchio distretto, e una rete di conoscenze più fitta e sicura, ma andare a vivere a Shibuya non voleva dire rintanarsi dall'altra parte del mondo, isolato da qualsiasi sprazzo di civiltà, né tanto meno dover abbandonare in modo definitivo le vecchie amicizie. L'unica cosa che Yukio aveva chiesto a sua madre, in cambio della solita pacifica convivenza familiare, era una scuola con un club di basket, dove poter continuare a giocare ciò che più preferiva. La Touou Academy era stata una delle opzioni possibili, avvicinata con interesse per la sua fama e il suo prestigio rispetto alle altre, e da quello che il ragazzo aveva visto, in quei dieci giorni dall'inizio delle lezioni, non sembrava smentire le dicerie.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shoichi Imayoshi, Touou, Un po' tutti, Yoshinori Susa, Yukio Kasamatsu
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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*Secondo anno – I*

 

 

 

Il caldo dell'estate non del tutto passata aveva ancora il potere di stordirlo quasi completamente. Benché fosse proveniente da un posto situato ancora più a meridione che il quartiere dove ora aveva dimora, il suo fisico rimaneva sempre provato dalle alte temperature, e la sua mente ne usciva quasi del tutto sconfitta da uno scontro diretto con il sole che picchiava sulla sua testa senza la minima pietà. Era solito, infatti, passare le vacanze estive disteso agonizzante sul pavimento di camera sua, mentre una ventola piuttosto isterica gli soffiava contro direttamente senza mai cessare; le attività intellettuali quali fare i compiti o anche solo rispondere al richiamo di sua sorella maggiore, che pretendeva almeno un poco di partecipazione alle attività casalinghe come preparare i pasti o apparecchiare la tavola, erano relegate a quelle poche ore di buio che lui passava sveglio, prima di andare a dormire.
Questo, ovviamente, quando l'attività sportiva non lo obbligava altrimenti.
Durante il secondo anno, il loro nuovo allenatore aveva deciso di regalargli l'emozionante brivido di un campo estivo di allenamenti intensivi, in una località marittima distante solo un paio di ore da Shibuya.
Malvagità distillata difficilmente prevedibile in un affascinante insegnante di chimica.
-Così sarete belli carichi per il torneo d'inverno.
In realtà, Imayoshi aveva fin da subito sospettato di condividere con l'uomo quella vena cinica e sadica nei confronti dell'umanità intera che lo rendeva così particolarmente molesto per tutti. Eppure, a differenza dell'anno precedente, erano riusciti a risalire il campionato di basket di inizio estate, e fare diverse partite prima di venire eliminati dai gironi finali – uno sforzo che li aveva uniti come sempre, e resi protagonisti anche di sentimenti forti e totalizzanti. Quell'anno, Susa era entrato nei titolari e aveva avuto l'opportunità di giocare assieme a lui anche nelle partite ufficiali. Aveva dimostrato un'affinità con lui davvero senza pari, assieme a una capacità di adattamento alle sue brutte abitudini che compensava gran parte dello sconcerto generale del resto della squadra. L'allenatore lo aveva capito subito, avendo un occhio ben preparato in questo, e aveva fatto in modo di farli giocare quasi sempre assieme. Tuttavia Susa, a differenza di altri, mai si era imposto su Imayoshi, e questo rendeva la loro accoppiata sia unita sia particolarmente instabile: ci mettevano poco a rinunciare alla fiducia che avevano l'un per l'altro, speculando su un gioco decisamente più individuale e altrettanto efficace.
Tutto questo era alla base della riuscita concreta della loro amicizia.
-Penso che tu dovresti alzarti da lì.
Lo poteva per questo guardare dall'alto al basso, vestito già per uscire da casa Imayoshi, mentre si rifiutava di muoversi dal pavimento come un lombrico mezzo spiaccicato da una scarpa disattenta. Si sentì alzare dal suo viso nascosto soltanto un lamento sordo, niente di davvero sensato – gli occhiali di Shoichi erano posti sopra il borsone chiuso e pieno di vestiti di ricambio, già preparato in precedenza. Mancava solo il loro padrone e una discreta voglia di vivere.
Susa sospirò piuttosto forte, per farsi sentire dall'altro.
-Siamo in ritardo.
Finalmente ebbe una reazione più sonora. Shoichi mosse persino il proprio braccio, andando a tastare la zona di pavimento attorno a sé alla ricerca dei suoi piedi, giusto per dargli fastidio; non riuscì nel suo intento, e questo lo indispettì parecchio.
-Chi muore non è mai in ritardo, Yoshinori- kun.
-Non cercare giustificazioni alla tua indolenza.
Volse persino il viso nella sua direzione, cercando un contatto visivo. Non si era dimenticato della propria cecità, era solo probabile che cercasse di insinuare una piccola vena di pura pietà dentro l'irremovibile sicurezza del proprio migliore amico.
Grondava sudore freddo, dopotutto.
-Ho molto caldo.
Tuttavia, per quanto Susa non era esattamente avvezzo a quel genere di moine, non era di quel carattere semplice che si lascia abbagliare da qualche lamentela di poco conto, in particolar modo quando ha un appuntamento da rispettare.
-Non sei il solo, ma a differenza tua io sono già pronto.
-Sei privo di compassione.
-Già.
Shoichi bofonchiò e tornò a guardare il pavimento, senza più dargli corda. Yoshinori, con uno sbuffo decisamente contrariato, abbandonò il bagaglio che fino a poco prima teneva stretto contro il fianco e procede dal ciglio dell'ingresso fino al centro della stanza, dove l'altro era posizionato ancora. Dapprima lo calciò all'altezza della spalla, piano, ma quando vide che anche quello era inutile si abbassò e gli prese il braccio per il polso, cercando di alzarlo forzatamente.
Probabilmente fu per la strenua resistenza di Imayoshi unita alla strenua tenacia di Yoshinori, fatto sta che alla fine caddero entrambi di nuovo a terra, uno sopra l'altro, dopo aver rotolato un paio di volte. Susa sopra, Shoichi sotto.
Non risero – non respirarono neppure – e mancò davvero poco che la mano di Yoshinori finita chissà come sul collo di Imayoshi non percorresse quei pochi centimetri che la separavano dalla guancia di lui.
Poi il ragazzo con gli occhiali sorrise, rubandogli ben più di un battito di cuore.
-Ora mi vesto, non ti agitare.

 

Kasamatsu provava con tutto se stesso a rimanere concentrato sul gioco in atto, ma gli era davvero difficile quando per l'ennesima volta il proprio piede affondava nella sabbia rovente e molle sotto la sua pianta ancora sensibile. Finì per essere sbilanciato di lato, quasi cadere a terra e immancabilmente perdere in maniera inevitabile il possesso della palla contesa con la squadra avversaria. Qualcuno fu troppo lesto e troppo attento per non approfittare subitamente della situazione di disagio, tanto che la sfera dura gli venne rubata in maniera molto facile e portata lontano – non troppo, a dire il vero, perché il ladro cadde quasi di schianto dopo pochi metri, con la faccia immersa nel suolo.
Quel loro allenatore dalla faccia furba aveva avuto la sadica idea di farli giocare una partita di allenamento sulla sabbia, con tutte le difficoltà del caso. La povera manager, a bordo campo, non faceva altro che fischiare e imprecare contro ognuno di loro fin troppo spesso, divenuta isterica già da qualche abbondante minuto: erano tutti frustrati e accaldati per il sole cocente, il ché rendeva l'insieme ancora più sconfortante.
Era una novità, qualcosa del genere. Il primo anno erano stati abituati a allenamenti molli, decisamente non a corse imperiture con metà delle gambe in acqua, le partite estenuanti su pavimenti duri fatti di cemento, o ancora nuotate con il solo scopo di rafforzare muscoli poco usati. Kasamatsu, tuttavia, per quanto fosse sempre molto zelante nel soddisfare le pretese assurde di quell'uomo maledetto, si trovava in difficoltà a gestire i propri sentimenti e il proprio corpo fisicamente provato. Con il secondo anno raggiunto e ben iniziato, le sue aspettative per il futuro non si erano addolcite per nulla, anzi: il senso di responsabilità comune era andato addirittura acuendosi, gravando su spalle già schiacciate.
Dopotutto, lui era uno di quelli la cui esperienza aveva raffinato una capacità intrinseca e innegabile, tanto che già alcuni giornalisti locali – qualcosa di poco conto che non andava neanche di poco a stuzzicare la sua vanità inesistente – lo avevano già tempo adocchiato, pur essendo lui uno del secondo anno.

Promessa nascente”, aveva detto qualcuno. Kasamatsu lo aveva sentito sulle bocche di kohai ammirati e senpai invidiosi e non ne aveva tratto alcun beneficio; lo aveva sentito anche cadere dalle labbra di quelle che sembravano le sue poche fan personali, e allora era arrossito molto e aveva tentato di darsi un contegno modesto, per quanto la situazione e l'imbarazzo potessero permetterglielo.
La sua testa, dopotutto, era piena soltanto di un pensiero fisso, e salvo qualche rara eccezione si permetteva di divagare tanto da perdere il filo della propria vita. Si era posto un obiettivo piuttosto alto, per quanto magari non esattamente conforme alla norma dei ragazzi della sua età, e per carattere e per formazione non era disposto a rinunciarvi senza aver combattuto strenuamente.
Un giorno si sarebbe guardato allo specchio, negli anni più avanzati della sua vita, e avrebbe decretato di non aver speso neanche un solo minuto o un solo secondo della propria esistenza in maniera da potersene in qualche modo pentire.
In quel periodo preciso, la sola cosa capace di farlo sentire davvero vivo era soltanto il basket; per questo motivo ci si dedicava anima e corpo, e vi applicava i suoi più sinceri concetti di moralità. Anche quando tratteneva a stento imprecazioni decisamente più colorate del suo solito e sempre a stento evitava di dare mostra della propria intima frustrazione.
La manager fischiò ancora una volta, quando un ragazzo grosso il doppio di lui, primo anno, finì per sbaglio a scivolargli proprio davanti, finendogli addosso senza volerlo. Dovette aiutarlo ad alzarsi, perché la mortificazione gli impediva di fare alcunché. Wakamatsu Kousuke non lo guardò dapprima negli occhi, e solo dopo un più deciso invito accettò di prendergli la mano e quindi di alzarsi accanto a lui – si scusò diverse volte, sincerandosi di non avergli fatto male.
Kasamatsu prese la palla dal passaggio di uno dei propri compagni e si posizionò di fronte al canestro immobile. Respirò piano, cercando di richiamare tutta la calma e la compostezza dispersa tra i meandri di isteria suoi propri o condivisi con gli altri.
Un gabbiano, lontano, lanciò un grido al proprio stormo, e fece passare una serie di ombre sul viso concentrato del ragazzo.
Due punti, e il fischio della fine.

 

***

 

Kousuke stava ancora correndo, per la terza volta, sbucando dall'angolo cieco che dava al corridoio isolato dove si trovavano i distributori automatici di bevande gassate. Essendo il più veloce e il più energico di quelli del primo anno, e conservando non si sapeva bene come ancora energia in corpo dopo tre giornate di lavoro estenuante, veniva spesso utilizzato per soddisfare ogni minimo capriccio dei compagni più grandi, anche e in particolar modo quello di bere qualcosa di fresco a tarda sera, quando tecnicamente sarebbe stato davvero poco consigliabile uscire dall'edificio al fresco della notte.
Shoichi si mise a lato del piccolo vialetto per farlo passare senza intralci, riservandogli una buona dose di pietà e commiserazione. Wakamatsu, con un'espressione trafelata, gli rivolse un leggero cenno della testa, e implicitamente chiedendogli di favorire indicò con un dito dritto il malloppo che teneva tra le braccia; senza pensarci troppo, il più grande recuperò una limonata freschissima dalle sue mani, e quindi lo lasciò andare.
Sentì forte il sapore dello zucchero sulla lingua, e questo gli alleggerì subito la testa privandolo di tutto il torpore che aveva accumulato per fatica e caldo.
Si immerse nel giardinetto della residenza dove la sua squadra aveva preso alloggio, calpestando la morbida erbetta di un prato verdastro e seguendo le aiuole basse. Si ritrovò quindi nelle prossimità di un piccolo stagno, dove galleggiavano foglie larghe e verdi smeraldo.
Seduto su una panchina a fissare il vuoto, c'era Kasamatsu Yukio – alzò lo sguardo su di lui quando lo vide arrivare, senza però scomporsi in altro modo. Prese con calma posto accanto a lui, sul lato opposto delle assi rispetto al ragazzo.
-Tutto solo, Kasamatsu- kun?
-E tu, tutto solo, Imayoshi?
Indossava la camicia della divisa, maniche corte e qualche bottone slacciato: si poteva vedere la canotta bianca sotto, leggera leggera. Shoichi sorrise con le labbra premute contro il bordo della lattina di fronte al suo atteggiamento irremovibile.
-Susa è caduto di schianto appena ha toccato il cuscino, non sono neanche riuscito a parlargli che già mi russava in faccia.
-Immagino sia stanco, ha corso ininterrottamente tutto il giorno.
Si ritrovò a sorridere troppo presto, forse nella speranza di non doversi difendere da altri attacchi per quella giornata. Non aveva molta voglia di pensare, men che mai di badare ai giochi sadici di quello.
-Sì, anche lui è zelante e bravo come te.
Se davvero fosse riuscito a trovarlo insopportabile, allora ne avrebbe preso marcatamente le distanze. Eppure, per quanto il suo modo di fare non gli andasse a genio, la forza della sua personalità lo attirava comunque, e questa era la sua vera condanna.
Sospirò, un po' stanco, e si portò le mani alle tempie per concedersi un piccolo massaggio.
-Quando fai complimenti a qualcuno, dovresti cercare di essere più sincero.
-Dici? Ma io sono sincero!
Non si sprecò neanche a rispondergli, a quell'evidente menzogna. Tornò ad assistere al ballo delle lucciole sul prato, con mollezza sulle palpebre e una discreta tranquillità nel petto.
Shoichi, dall'altra parte, aveva appena finito la propria bibita.
-I nostri senpai sono molto carichi.
-Hanno ancora un campionato da giocare. Mi fa piacere vederli così partecipi.
-Forse perché è la loro ultima occasione di riscatto.
-Riscatto?
Lo guardò in viso, cercando nella sua espressione qualcosa di non così insinuante. La trovò, quasi schiaffata in faccia.
-La nostra squadra non vanta molti successi passati, a quanto sembra. Trovo quasi stupido che ognuno di loro speri davvero di cambiare questo nostro destino.
-Praticamente, stai dicendo che siamo persone mediocri.
-No, non è esatto.
Kasamatsu gli si era rivolto con evidente irritazione, ma questo non lo aveva frenato dal sorridere al suo solito modo e a sporgersi nella sua direzione, con tutto quanto il busto. Si ritrovava in bilico tra il serio e la falsità, e questo a Yukio non era mai piaciuto, tanto da farlo sentire obbligato a rintanarsi in una difesa strenua e tutta personale, che non lasciava minimamente spazio agli attacchi di Imayoshi.
-Siamo una squadra mediocre composta da molte persone mediocri e alcune persone di talenti.
-Immagino che tu abbia preso arrogantemente posto in questa seconda categoria.
-Se si puntasse a sviluppare il gioco di quelli di noi veramente capaci, probabilmente avremmo molti risultati in pi dalla nostra.
Shoichi tornò ad assumere la giusta posizione, ritirandosi di poco così da permettere a Kasamatsu di respirare più tranquillamente. Non si staccavano gli occhi di dosso, e questo era abbastanza normale tra di loro – tolto ovviamente quella patina di rivalità accesa che li univa in diverse occasioni.
-Prendi quel ragazzo del primo anno, Wakamatsu. Sono dell'opinione che potrebbe valere molto di più di quello che un semplice primino possa suggerire.
-Tu dimentichi una parte fondamentale del basket, che è il gioco di squadra.
-Anche tu dimentichi qualcosa di molto importante del basket, che è la vittoria. Non essere ipocrita, Kasamatsu- kun: ognuno di noi la brama con tutto se stesso.
Respirò forte, comprendendo il punto focale della situazione e il vero motivo per cui loro difficilmente sarebbero mai andati d'accordo, come giocatori di basket.
Il punto di partenza non era diverso e neppure il punto di arrivo, ma Imayoshi optava per un tipo di percorso diametralmente opposto a quello di lui, rendendolo quasi del tutto estraneo al modo di pensare a cui era avvezzo. Per quanto ne potessero parlare, con molta difficoltà avrebbero trovato un punto di incontro, Yukio ne era sicuro, come era sicuro che questo non fosse necessariamente un male.
Per quanto l'indifferenza potesse essere una valida scusa in situazioni come quella, doveva comunque fare i conti con l'affinità che sentiva legarlo a lui, e questa non era una cosa di poco conto, nella maniera più assoluta.
-Dipende a quale prezzo sei disposto a raggiungerla.
-Qualsiasi, a dire la verità.
Sospirò ancora, dopo qualche secondo di silenzio teso – Imayoshi gli sorrise apertamente, dimentico di ogni tipo di malizia.
-Ogni tanto penso che il talento che hai sia uno spreco, su una persona come te.
-Smettila con i complimenti, potrei arrossire e credere che tu sia davvero interessato a me.
Arrossì lui, senza riuscire a trattenersi in tempo.
-Sei la cosa peggiore, Imayoshi.

   
 
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