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Autore: redwarrior    19/03/2015    0 recensioni
e se piuttosto di finire su REQUIEM il nostro caro Master Chief atterrasse su Runaterra e lì incontrasse gli eroi della Lega, cosa succederebbe? leggete e saprete.
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Cortana, Master Chief
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sulla superfice del pianeta…

Una foresta lussureggiante piena di alberi esotici e del chiacchiericcio della fauna locale si stava godendo quella che sarebbe stata una serata tranquilla… se non fosse per la grande figura che arrancava faticosamente attraverso la fitta vegetazione.

“Maledizione! Perché capitano tutte a me?” si chiese la misteriosa figura, continuando ad avanzare nella boscaglia.

“Merda! Merda! Stava andando tutto così bene, ero ad un passo da un’altra gloriosa battaglia… ed invece sono finito nel bel mezzo di questa foresta.” sospirò triste.

“Ti sembra giusto?” domandò ad un gufo appollaiato su un ramo lì vicino. L’unica risposta che ottenne fu una lunga occhiata ed un uuuhuuhuhuu.

“Aaah, che ne vuoi sapere stupido uccello.” disse irritato. Il volatile ribatte all’insulto lasciandogli un ricordino sulla spalla prima di volare via.

“Brutto figlio di una gazza! Appena ti prendo ti spenno e poi ti faccio arrosto, hai capito maledetto?” urlò all’uccello, ma questa volta non ottenne risposta, solo la foresta ed il silenzio lo circondavano.

Arrabbiato, ferito nell’orgoglio e un pochino più sporco riprese la sua lunga marcia per ritrovare la tanto agognata civiltà.

“E pensare che è successo tutto nell’arco di una giornata” pensò, mentre i ricordi gli attraversavano la mente.

FLASHBACK

BZZZZZZZ-BZZZZZZZ-BZZZZZZZ cominciò a suonare un cristallo, delle dimensioni di pugno, appoggiato per terra. Finché una mano non lo colpì facendolo tacere.

“Yaaaaawn…. Che dormita ragazzi.” Disse alzandosi da terra. Quando fu in piedi iniziò a fare alcuni esercizi per riattivare i muscoli indolenziti. Mentre faceva gli esercizi posò lo sguardo sul suo giaciglio: era un semplice sacco a pelo, con una coperta di lana ed un cuscino imbottito con della paglia. Non gli erano mai piaciute le comodità, pensava che lo facessero diventare debole.
Stesso discorso per la stanza: oltre al “letto” aveva un tavolo con due sedie, un bagno e la rastrelliera dove teneva armi e armatura. Dopo gli esercizi si diresse verso il bagno, dove si lavò il viso e i denti. Si guardò brevemente allo specchio per essere
sicuro di aver fatto una pulizia completa.

Soddisfatto, si diresse verso la rastrelliera cominciando a mettersi l’armatura: per prima cosa si mise gli schinieri di metallo; poi passo con i para bracci anch’essi dello stesso materiale; poi allacciò la gonna con le frange di cuoio alla vita; in seguito mise la corazza di bronzo per coprire il torso ed infine avvolse il mantello color blu sulle spalle, fermandolo con una spilla raffigurante il simbolo della sua tribù. Per sicurezza fece un rapido controllo, muovendo gli arti e le articolazioni o camminando per la
stanza. Non voleva perdere pezzi in giro, soprattutto durante i match.

Soddisfatto della situazione prese lo scudo e la lancia. Guardando il grande scudo rotondo ebbe un po’ di nostalgia, ogni graffio o ammaccatura sulla superfice gli riportavano in mente tutte le sue battaglie passate, sia che fossero vittorie o sconfitte, e la Λ sopra di esso gli ricordava da dove veniva. Vi batte sopra l’arma con forza, producendo un suono sordo che lo fece sorride. Aveva imparato a fidarsi di quell’oggetto e della sua resistenza, come fosse un vecchio amico.

Passò la sua attenzione alla lunga lancia nella mano destra. La tenne dritta davanti a se per poter saggiarne il peso e guardandola cercava di ricordare quante vite quell’arma avesse tolto.
Molte… ma non ancora abbastanza.” Pensò tra sé e sé.

Prese anche una spada corta, infilandola nel retro dello scudo, vicino all’impugnatura. Non la usava molte volte, preferendo la lancia nei combattimenti, ma come diceva spesso il suo insegnate:
“Ricorda, se perdi o rompi la tua arma principale, averne una di riserva può salvarti la vita.” Anche se le sue armi erano delle antiche reliquie, forgiate per imbrigliare la potenza mistica di Runeterra e quindi impossibili da rompere, non aveva mai ignorato un consiglio dal suo maestro, per cui teneva sempre la spada a portata di mano.

Dopo alcuni secondi a guardarsi allo specchio, si diresse verso la porta. Era già sulla soglia finché un pensiero lo colpì.

“Oops, quasi mi dimenticavo…” disse imbarazzato mentre ritornava alla rastrelliera. Aveva dimenticato l’elmo, il suo marchio di fabbrica. Con un movimento fluido lo indossò, coprendogli l’intera faccia e lasciando intravedere solo gli occhi, dandogli così un’aria più temibile.

“Ok, adesso sono pronto.”

Dopo aver chiuso a chiave la stanza camminò lungo il corridoio per alcuni minuti, salutando i campioni che passavano lì per caso. Anche se alcuni rispondevano al suo saluto, con una certa dose di imbarazzo, la maggior parte sceglieva semplicemente di ignorarlo. Non che se la prendesse… era nuovo all’istituto, quindi era del tutto normale che i veterani ignorassero i nuovi arrivati che dovevano farsi ancora un nome.

Qualche minuto dopo arrivò a destinazione. Era un enorme stanza con molti tavoli circolari sparsi in giro e d’un lungo tavolo pieno di cibarie, ma l’elemento più notabile erano sicuramente le enormi finestre che la illuminavano.
Aaah, la mensa… non vedo l’ora di mettere qualcosa sotto i denti.” Pensò tra sé e sé.

Prese un vassoio e si diresse verso il buffet. Decise di fare una ricca colazione: scelse uova, carne, del pane tostato, qualche frutto e una tazza di tè dal colore scuro, che a molti non piaceva per il suo gusto amaro, ma che lui trovava particolarmente invitante. Appena finito di scegliere, andò a prendere un posto a sedere. Scelse un tavolo nelle vicinanze delle finestre per poter godere della vista ma soprattutto perché era quello più isolato dagli altri. Preferiva far colazione da solo.
Appoggiò le armi sulla sedia vicina con la mano sinistra mentre con la destra sistemò il vassoio.

Stava per gustarsi il proprio pasto finché qualcuno si avvicinò.

“Ehi, è libero ragazzone?” alzando lo sguardo dal piatto, vide la fonte della domanda: era una donna abbastanza alta, con dei corti capelli rosa e con indosso un corsetto grigio abbinato ad un giubbotto di pelle marrone. Dietro di lei, invece, si trovava un’altra donna, poco più bassa, con lunghi cappelli castani ed un vestito con gonna viola. L’elemento, però, che la distingueva di più era un grosso cappello a cilindro, anch’esso viola, con delle eleganti strisce d’oro.  Guardò intorno a sé, per capire se stava parlando veramente con lui.


“Dice a me?” chiese lui un po’ confuso dalla domanda.

“Vedi qualcun altro?” ribatté lei con uno sguardo sarcastico. Effettivamente aveva ragione, visto che i tavoli intorno a loro erano vuoti.

Allora perché vuole sedersi qui con tutti i posti liberi che ci sono?” pensò infastidito a quella violazione della privacy.  Ma acconsentì lo stesso, non avendo motivi per respingerle.

“Prego, fate pure.”

“Grazie mille, ragazzone” disse con un sorriso mentre si sedeva, seguita a ruota dalla compagna.

Decise di tornare a concentrarsi sul cibo, cercando di ignorare le due sconosciute, ma venne nuovamente interrotto.

“Come mai sei armato di tutto punto a quest’ora del mattino?” chiese di nuovo la donna.

“Mi è stato insegnato fin da piccolo a portare almeno un’arma sempre con me, anche durante i pasti o quando dormo” rispose lui in tono neutro. “Se venivamo scoperti a non portarne nessuna venivamo severamente puniti.”

“Ad esempio?” domandò ancora più curiosa di prima.

“Le punizioni variavano di molto, ma le principali consistevano nel rimanere di notte nei boschi senza vestiti o armi riuscendo a far poi ritorno oppure essere costretti a portare per dieci giorni interi un sacco pieno di pietre, pesante il triplo di noi.”
A quella risposta le due donne rimasero scioccate.

“Wow… avevo sentito che i Rakkor fossero dei duri ma non immaginavo così tanto.” Disse incredula quella con i capelli rosa, mentre l’altra si limitò a fare un cenno d’assenso.

Quel complimento rivolto verso di lui e la sua tribù fece sparire il fastidio di prima, lasciando spazio alla curiosità.

“Bè, non sono così male dopotutto… vorrei solo sapere cosa vogliono.”

“Allora, umm…” stava per chiedere cosa volessero, ma si era appena ricordato di non sapere i loro nomi. La donna doveva averlo notato e iniziò con le presentazioni.

“Il mio nome è Vi e la mia amica qui è Caitlyn, lo sceriffo di Piltover.”

“Piacere di conoscerti” parlò per la prima volta la donna con il cappello.

“Il piacere è tutto mio. Ora, però, vorrei sapere del perché siete qui.”

“Uh, di cosa parli?” chiese Vi.

“Senza offesa, ma non penso che siate qui solo per quattro chiacchiere.” Disse ironico.

“Aaah… sei più attento di quanto pensassi. E per rispondere alla tua domanda è sì e no.” Rispose con un sorrisetto.

“Che significa?” domandò serio. Caitlyn, sentendo il suo tono, incominciò a spiegare la situazione.

“Quello che Vi vorrebbe dire è sì, abbiamo un motivo per parlarti, ma volevamo anche conoscerti meglio visto che sei un nuovo arrivato.”

“Va bene, allora, cosa volete?”

“Dritto al sodo eeeh? Mi piaci.” Disse Vi.

“Vogliamo che ci aiuti a fermare una banda di criminali a Piltover.” Rispose Caitlyn.

“Perché io? Ci sono molti altri campioni disposti ad aiutarvi.”

“Bè, vedi, se chiedessimo aiuto ai Demaciani, gli unici di cui ci fidiamo, finiremmo col far infuriare Noxus. Il Frejord, ha già abbastanza guai da risolvere di per sé, figuriamoci aiutarci!” Spiegò la vice sceriffo, gesticolando con una brioches, “E Zaun… dal quel posto sono arrivati più problemi che aiuti.” Terminò addentando il cibo.

“Quindì…” iniziò Caitlyn.

“Sarei la scelta migliore perché faccio parte dei Rakkor, una fazione neutrale. Giusto?”

“Esatto ragazzone! Allora, che ne dici?”

“No” rispose glaciale.

“Eeeeeh?” fecero scioccate.

Vedendo la confusione delle donne iniziò a spiegare il motivo del suo rifiuto.

“Perché non ho nessuna ragione per aiutarvi. Ci conosciamo a malapena.” Disse, alzandosi dal tavolo.

Caitlyn stava cercando disperatamente di fermarlo, “a-a-aspetta possiamo trovare un accordo se…” ma venne fermata da Vi.

“Tranquilla, ho un idea.” Disse dandogli una lieve pacca sulla spalla.

Mentre si stava avviando verso l’uscita poteva ancora sentire le due donne discutere tra di loro. Senza accorgersene rallentò il passo per poter origliare.

“Che peccato, non siamo riuscite a convincerlo ad aiutarci.” Disse Vi con voce abbattuta.

“Già, e pensare che lo avremmo pure ricompensato.” Rispose Caitlyn.

Al sentire parlare di ricompensa si fermò di colpo.

“Chi sa di che tipo di ricompensa parlano?” pensò. Ormai era troppo curioso per andarsene e nel esatto momento in cui si voltò verso di loro rimase pietrificato.

“A proposito Caitlyn, non sentì anche tu un po’ di caldo.” Chiese sfilando il giubbotto. Senza l’indumento sembrava una ballerina di cabaret ma soprattutto dava una gran bella vista del suo generoso petto.

“Hai proprio ragione… mi sembra di soffocare.” Dichiarò tamponandosi il sudore dal viso. Dopo di che passò il fazzoletto anche sul petto, anch’esso generoso quanto quello dell’amica, facendolo, però, in modo molto provocante.

“Già una vera e propria sfort-“ non riuscì a finire nemmeno la frase che era già ritornato al tavolo.

“Quando si parte?” chiese con calma, dando un impressione di nonchalance. Rovinata soltanto dal sangue che colava dal naso.

“Subito ragazzone!” rispose Vi alzandosi dal tavolo insieme all’amica.

“Ah! A proposito non ci hai ancora detto il tuo nome.” Disse Caitlyn ricordandolo solo adesso.

“Pantheon. Il mio nome è Pantheon.”

Ed eccoci alla fine del secondo capitolo e prima parte del flashback.
Bye bye!
 
 
  
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