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Autore: BlueMagic_96    19/03/2015    2 recensioni
*SHADOWHUNTERS- LE ORIGINI - SPOILER ALERT*
Jem è da poco ritornato umano e ha deciso di visitare la tomba del suo Parabatai, Will.
Qui gli torna in mente il suo passato e senza quasi accorgersene si rivolge al suo amico per ringraziarlo e dirgli tutto quello che non è riuscito a dirgli quando era in vita.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Carstairs, William Herondale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Say something- A Great Big World feat Christina Aguilera  :     https://www.youtube.com/watch?v=-2U0Ivkn2Ds


  Say something, Will                                        
 

 
                                                                 William Owen Herondale
                                                                         1861- 1937
                                                                 “Un valoroso guerriero
                                                    ma prima di tutto  un insostituibile amico.”
 
Non era  la prima volta che visitavo il Cimitero e non era certo la prima volta che mi trovavo lì, in piedi di fronte alla lapide del mio Parabatai. Quella volta però era diverso, perché era la prima volta che mi presentavo con il nome di James Carstairs. Non più Zaccaria, non più Fratello Silente, solo Jem. Il vento sibilava tra le fitte fronde degli alberi, che in quel periodo erano più verdi che mai. Alicante non era mai stata tanto silenziosa. Solo lo stormire della brezza primaverile  faceva da sottofondo ai miei pensieri, pensieri e ricordi relativi ad una vita ormai così lontana da sembrare solo un sogno: sorrisi, lacrime, musica e combattimenti. Emozioni che credevo perdute per sempre, sepolte sotto anni ed anni di solitudine e penitenze.
Tutto quel tempo trascorso nella Città Silente, tuttavia, non avrebbe mai potuto cancellare il mio passato, né tantomeno avrebbe potuto cancellare il ricordo di Will.
William…
Era passato ormai tanto tempo da quando se n’era andato ma, per quanto fingessi il contrario, faceva ancora dannatamente male. Con la sua scomparsa era venuta a mancare la parte di me che ancora trovava un senso nelle cose, che ancora credeva in un mondo migliore. Non avevo mai smesso di pensare a lui: quando ancora ero costretto ad indossare la tunica della Fratellanza , quando mi era proibito mantenere i contatti con il mio passato, quando tutto ciò che ero stato doveva essere cancellato, l’unica costante era rimasta lui. Erano riusciti ad estirpare molte cose da me, ma se c’era una cosa che non sarebbero mai riusciti a strappare dal mio petto era la runa che mi legava a William. Non passava giorno senza che la sfiorassi, senza che la cercassi con le dita nei momenti difficili per ricordare a me stesso che nonostante tutto ero ancora Jem, un Parabatai, e sempre lo sarei stato.
Quante scuse mi ero inventato pur di ottenere licenza di uscire dalla Città Silente! Quante volte, nonostante quel permesso mi fosse stato negato, avevo disobbedito e mi ero ritrovato a camminare per una qualche strada buia in cerca di qualcosa che mi ricordasse di lui, di quando eravamo giovani Shadowhunters perseguitati da demoni ben peggiori di quelli che eravamo addestrati ad uccidere! Ripensandoci ero stato davvero un pessimo Fratello Silente.
Portavo il nome di una persona che non ero io, portavo cicatrici che non riconoscevo come mie, fingevo di vivere un’esistenza mentre con la mente ne vivevo costantemente un’altra: quella al di fuori della Fratellanza, quella insieme a Will e Tessa, a Charlotte, a Henry, Gabriel e Cecily … insieme alle persone che amavo e che improvvisamente mi era stato proibito di amare. Ma come potevano pretendere una cosa simile? Quanti di loro realmente si erano lasciati alle spalle il passato? 
“Siamo davvero un disastro, Will.”
 Dissi scuotendo la testa con un sorriso di fronte al nome del mio amico inciso nel marmo.
 Sapevo di sembrare stupido, sapevo che non era realmente lì per rispondermi ma ogni volta che ne avevo l’occasione mi piaceva pensare che fosse lì con me, che ascoltasse le mie parole. Certe volte mi sembrava persino di sentirlo rispondere o di sentirlo ridere per una qualche squallida battuta che probabilmente lui stesso aveva tirato in ballo. In quel momento probabilmente avrebbe cominciato a lamentarsi della pessima scelta di marmo che io e Tessa avevamo fatto perché quel lapide non rendeva abbastanza onore al suo nobile cognome. Avremmo riso insieme di quella situazione, ci saremmo dati una spallata, una pacca dietro la testa e avremmo continuato a punzecchiarci finché non gli avessi dato ragione.
“Sì, sono stato davvero un pessimo Silente. Se solo sapessi quante ne ho combinate… saresti stato fiero di me, sai? In un paio d’anni avrò infranto più regole di quante tu ne abbia infrante in tutta la vita!”
 Pensai subito alle centinaia di lettere che ci eravamo scritti. Anche quando ero stato trasferito nella Città Silente io e Will non avevamo mai smesso di scriverci, nonostante fosse proibito, e non avevo perso l’abitudine di farlo nemmeno quando era morto. Scrivevo su pezzi di carta o pergamene ricevute da qualche Istituto che aveva richiesto il mio aiuto e a cui, come unica ricompensa, chiedevo qualche foglio e un po’ di inchiostro anche se un bravo Fratello non si sarebbe mai permesso di chiedere qualcosa in cambio dei suoi servizi. La maggior parte di quelle lettere erano state bruciate, per evitare che qualcuno le scoprisse, altre ero riuscite a consegnarle a Magnus perché le tenesse da conto o perché le desse a Tessa. Loro erano le uniche persone di cui mi fidassi realmente, le uniche che avrebbero capito il mio stato d’animo e le uniche che non avrebbero fatto domande.
“Povero Magnus! Ricordi quando mi dicesti che saresti diventato padre? Era sull’orlo di una crisi di nervi, il poveretto! Non la smettevo di fargli domande e di mettergli pressione … non mi ero mai soffermato a pensare che potesse stressarlo così tanto fare da tramite tra me e il mondo esterno. Forse quando passi tanto tempo da solo ti dimentichi di come ci si rapporti con gli altri. Non ho mai scritto tante lettere come in quel periodo, ricordo ancora le sue parole: ‘James Carstairs, se non la smetti di scrivere morirò soffocato dalle tue dannate lettere prima di poterle consegnare! Non ho vissuto quattrocento anni per diventare il postino di un Fratello Silente logorroico e frustrato!’_ mi interruppi con una breve e sincera risata_ Ero così pieno di gioia che mi sembrava di non avere abbastanza posto per contenerla. Tu, padre. Chi l’avrebbe mai detto? Quando poi mi hai detto che lo avresti chiamato James penso di … non lo so. Non ho mai provato nulla del genere. Era una cosa così insignificante, un nome, in confronto a tutto quello che avevamo passato, eppure mi sono sentito di nuovo vivo. E’ stato l’onore più grande che potessi farmi, amico mio, e te ne sarò sempre grato.”
 La voce si incrinò per qualche secondo e con stupore mi accorsi di avere la vista leggermente appannata. Era da tanto che non piangevo, che non piangevo sul serio,  e mi ero quasi dimenticato cosa si provasse: l’ultima volta era stato più di settant’anni prima, quando era morta metà della mia anima.
“ Dio, quanto mi manchi, Will.”
 Quelle parole mi uscirono dalle labbra come un soffio. Ero sempre stata una persona riservata e gli ultimi decenni non avevano fatto altro che indurire questo aspetto di me. Mi sedetti sull’erba, deciso a rimanere lì finchè non avessi esaurito le parole: ora che avevo la possibilità di parlare ad alta voce, di esprimere i miei sentimenti, avrei affidato al vento tutte le parole che non ero riuscito a dirgli, sperando che gli venissero consegnate.
“Ricordi l’ultima volta che ci siamo visti? Quando sono arrivato c’era così tanta gente attorno al tuo letto che a malapena riuscivo a scorgere i tuoi piedi. Ero corso subito non appena Tessa mi aveva mandato a chiamare, anche se teoricamente mi era stato proibito di rivederti. Avrei voluto urlare a tutti di allontanarsi, di lasciarmi passare, ma tu mi hai preceduto: hai sussurrato il mio nome e hai allungato un braccio verso di me, costringendo gli altri a farsi da parte. Te lo ricordi? Hai mandato via tutti e siamo rimasti soli. Mi ringraziasti per essere venuto e io ti dissi di stare zitto mentre ti tenevo la mano ormai tanto più vecchia e vissuta della mia da essere quasi irriconoscibile ai miei occhi. Ricordo che siamo scoppiati a ridere senza motivo e che hai cominciato a fare battute sul fatto che anche con il volto deturpato dalle cicatrici ero mille volte più bello di te. ‘Non pensavo avrei mai detto una cosa del genere, ma ogni uomo anziano che si rispetti sa riconoscere la sconfitta.’_ dissi imitandolo con voce tremante mentre, seduto a gambe incrociate davanti al suo nome, mi giravo distrattamente tra le dita l’anello dei Carstairs_ Riuscivi a sorridere persino sapendo di essere ad un passo dalla morte. Poi… poi abbiamo parlato del passato, di tutte le cose che avevamo fatto e di quelle che avremmo voluto fare ma che la vita ci aveva impedito di portare a termine. Ricordo che mentre parlavi a stento riuscivo a trattenere le lacrime e che me ne vergognavo perché : non volevo farti vedere quanto soffrivo, non volevo che fosse quello l’ultimo ricordo che avevi di me.”
Ripensai al momento in cui Will mi aveva detto che era felice così, che aveva vissuto la sua vita come gli avevo detto di fare e che l’unica cosa che si rimproverava era di farmi soffrire in quel modo.
“Mi chiedesti di prendermi cura di Tessa, James e Lucie e dei loro figli e nipoti. L’ho fatto, Will, ho fatto tutto quello che era in mio potere per fare in modo che vivessero una vita felice. Alcuni ci sono riusciti, altri no, ma il vostro sangue è sempre stato difficile da domare. Ora che il tempo impone una fine anche alla mia vita dovrò venire meno a questa promessa ma sono sicuro che capirai. So che mi stai aspettando… so che quando arriverà la mia ora ci sarai tu dall’altra parte e che ci rincontreremo in un’altra vita, preferibilmente più ordinaria e tranquilla di questa. Ce la siamo meritata.”
Presi tra le mani il violino che avevo appoggiato delicatamente al mio fianco e pizzicai una corda.
“Oh, Will… è tutto così strano. Ero io quello che doveva morire! Io! Non ero io a doverti seppellire, a dover vedere i tuoi resti ammucchiati insieme agli altri nella Città di Ossa! Per anni non ho fatto che ripeterti che dovevi essere forte, che il dolore per la mia perdita sarebbe diminuito con il tempo e che tutto si sarebbe sistemato ma solo ora mi rendo conto di quanto stupide ed egoiste fossero le mie parole! Nulla sarà mai come prima, nulla avrà mai più senso…”
Mi asciugai gli occhi con una mano,bagnando la manica della camicia. Ero così fragile, così debole… sembravo un bambino, non un uomo con oltre cento anni di esperienza, ma non mi importava. Ero stato in silenzio per troppo tempo.
Dì qualcosa… Parlami, Will. Ho bisogno di te…
“Tutte le volte che mi arrabbiavo con te perché mi dicevi che saresti morto insieme a me e io ti dicevo che dovevi vivere al posto mio … beh, è quello che sto cercando di fare ma è dannatamente difficile. Dio, Will… è un dolore insopportabile!”
Non rimpiangevo nulla, semplicemente mi sentivo immensamente solo. Improvvisamente i vento cambiò direzione e notai che il cielo si era riempito di nuvole scure. L’odore di pioggia permeava l’aria e pochi secondi dopo una goccia d’acqua fresca mi cadde sulla cicatrice ancora fin troppo visibile che avevo sulla guancia.
Will…
“L’ultima cosa che mi hai detto è stata: ‘Jem, ti dispiacerebbe suonarmi qualcosa? Voglio sentire la tua musica un’ultima volta.’ Ho suonato il violino per te e tu te ne sei andato su quelle note. Sono venuto qui spesso ma non ho mai potuto rifarlo, e di questo mi dispiace. So quanto ti piacesse sentirmi suonare e volevo ringraziarti così, per tutto quello che hai fatto per me.”
Rimasi in silenzio e continuai ad osservare il nome del mio Parabatai sulla lapide.
 “Sei stato un fratello e un amico per me, sei riuscito a darmi tutto quello che non riuscivo a procurarmi da solo, mi hai salvato la vita innumerevoli volte, non solo in battaglia. Mi hai dato modo di apprezzare la vita e le persone, di trovare me stesso e di trovare la felicità anche dove sembra non esserci altro che morte e dolore. Hai dato un senso a tutto, Will. Sei stato il pilastro su cui si è basata la mia intera esistenza e sei stato il parabatai migliore che chiunque potesse desiderare. Non smetterò mai di ringraziarti per tutto questo.”
E dopo aver ripreso fiato, ignorando le lacrime che mi rigavano le guance, cominciai a suonare quello che a parole non sarei mai riuscito a dire.
Ci vediamo presto, amico mio.
E mentre il vento continuava a soffiare, lo vidi portare con sé quelle note che da tempo erano rimaste intrappolate nel mio cuore e che solo in quel momento avevo avuto occasione di liberare.



Ciao a tutti!
Spero che questa one shot vi sia piaciuta, mi piacerebbe tanto sapere cosa ne pensate, nel bene e nel male, quindi recensiteeeee! ;)
Jem e Will sono indubbiamente i miei personaggi preferiti delle Origini e mi sono persa ad immaginare cosa dovesse provare James trovandosi di fronte al nome di Will inciso su una lapide. So che è triste e macabro ma è anche una cosa che tenevo a mettere per iscritto!
Aspetto le vostre recensioni, ciaooooooooooo!

Ilaria;)
  
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