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Autore: lasognatricenerd    19/03/2015    3 recensioni
Will rivive il momento in cui sente la runa Parabatai bruciare e scomparire sotto la pelle.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Carstairs, William Herondale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ero mai stato particolarmente bravo a trattare bene le persone, ma dall’età di 12 anni era peggiorata ogni cosa possibile. Da quando avevo liberato il demone Marbas dalla Pyxis di mio padre, niente era stato come prima. Non ero più stato il William Herondale che conosceva tutta la mia famiglia. Avevo preferito fuggire dagli Shadowhunters, nonostante tutte le volte che erano venuti da me, a chiedermi se volessi unirmi a loro, avevo bellamente rifiutato. Ma quel giorno tutto era cambiato: Ella, mia sorella, era morta perché il demone mi aveva lanciato quella maledizione. Chiunque mi avesse amato, sarebbe morto. Avevo visto il voto scavato di mia madre, le sue guance bagnate e subito avevo capito che cos’era successo. Non ero riuscito a vedere nient’altro che la mia grande dannazione. Così ero scappato nel primo posto che mi era capitato: l’Istituto di Londra. Charlotte mi aveva subito ospitato come se fosse una cosa normale ritrovarsi un ragazzino di 12 anni davanti al grande portone, con uno sguardo sperduto e perso nel vuoto. Mi ero rifugiato subito nella prima stanza che la ragazza mi aveva presentato e non ne ero più uscito. Non volevo saperne più niente di stare vicino alla gente. Le avrei protette. Sarei diventato uno Shadowhunters per questo, non per me, ma per gli altri. Ero sconvolto dalla morte di Ella, avvenuta per colpa mia, che da quel giorno diventai bravo a trattare male le persone, in modo che mi stessero lontano e che mi odiassero. Avrei voluto dire loro che in realtà erano tutte persone fantastiche, ma non potevo perché sarebbe stata un’arma letale per loro.
Io non volevo uccidere più nessuno: mi ero chiuso in me stesso come se non ci fosse un domani e nessuno, ripeto, nessuno mi avrebbe fatto cedere. O almeno, così avevo pensato, finchè non incontrai James Carstairs. All’inizio, il nostro rapporto non era dei migliori. Io non ne volevo sapere di conoscerlo, ma non appena avevo alzato lo sguardo per guardarlo, avevo capito che qualcosa non andava. Era malato. La sua pelle era pallida e mi sorrideva, seppur debolmente. Aveva la mia stessa età, così mi aveva detto Charlotte. Più tardi mi disse che era gravemente malato, in un momento in cui l’avevo vista correre per il corridoio con dei panni pieni di sangue. Da quel giorno avevo capito che lui sarebbe diventata la mia eccezione, il mio più grande peccato. Pensai addirittura che era da egoista, ma potevo avere qualcuno con cui condividere la vita. Qualcuno con cui parlare e farmi capire, anche se ero a conoscenza del fatto che fossi un tipo particolarmente difficile.
Diventammo Parabatai. Non seppi quante volte mi disse che l’avevo salvato, ma in cuor mio sapevo che era stato lui a salvare me. Lui aveva fatto sciogliere il mio cuore, lui era riuscito a farmi aprire, lui era riuscito a scoprire ogni demone che nascondevo dentro, a parte la maledizione. Lui mi rendeva una persona migliore ogni giorno che passava con la sua gentilezza, la sua dolcezza e la sua generosità. James non si arrabbiava mai con nessuno, piuttosto dava la colpa a se stesso di tutto quello che gli succedeva attorno. Gli avevo ripetuto milioni di volte che doveva smetterla di fare così, ma non c’era speranza. Ogni cosa che gli dicevo era come se gli entrasse da un orecchio e gli uscisse dall’altro. Non ne voleva sapere. Forse la verità è che volevo che almeno un po’ del mio carattere fosse trasmesso a lui, visto che James era riuscito a darmi così tanto di lui. Lui era il mio cuore. Il mio Parabatai o il fratello che non avevo mai avuto in tutta la mia vita. Mi stava vicino nonostante fossi un disastro totale ed una delusione continua. Mi reggeva il gioco nonostante fosse sicuro del fatto che non tornavo affatto all’istituto ubriaco. Lui sapeva che c’era qualcosa sotto. C’erano tante cose che non potevo dirgli, ma lui, indirettamente, le sapeva. Ed era questo che mi piaceva di noi: non c’era bisogno di parlare.
Ogni volta che stava male sentivo la runa Parabatai bruciare all’altezza del mio cuore, come se stesse per scoppiare. Faceva male. Faceva male da morire. Mi sentivo spezzare in due ogni volta che succedeva e proprio per questo accorrevo da lui, dicendo agli altri di non preoccuparsi perché me ne sarei occupato io. Ed era vero: facevo tutto da solo. La verità è che mi distruggeva vederlo in quel modo ed ogni volta che succedeva, i miei occhi cercavano di trattenere a stento le lacrime. Lui mi guardava e non diceva niente, perché sapeva che non avevo bisogno di piangere. Non volevo farmi vedere così, nonostante fosse il mio Parabatai. Per noi Herondale, piangere era un atto di sottomissione che non avremmo mai voluto provare. Mio padre, però, addirittura si era fatto strappare i marchi dalla pelle per stare con mia madre. Anche io avrei voluto essere un uomo valoroso come lui, ma non lo sarei mai stato, ne ero certo. Ero maledetto e lo sarei sempre stato. Non c’era altro modo di condurre quella che chiamavo vita. Eppure rimanevo in vita per combattere e poter vivere Jem ogni giorno che gli mancava. Non volevo che morisse, per me sarebbe stata la fine.
E, quel giorno, sapevo a cosa stavo andando incontro. Per salvare Tessa, molto probabilmente non l’avrei più rivisto. Mi aveva chiesto di salvarla ed io volevo esaudire ogni suo desiderio. Non pensavo al fatto che non l’avrei più rivisto, perché non riuscivo ad accettare la cosa. Ma poi era successo. Avevo sentito la runa bruciare e le mie gambe cedere a terra. Avevo urlato di dolore come non avevo mai fatto prima e pareva che una lama mi avesse trafitto il cuore, lasciandomi senza fiato. In effetti ero senza fiato e pensavo di essere morto. Non ricordo quanto rimasi in quella posizione, ma i miei occhi erano spalancati e pensavo alle mani di Jem contro il mio viso a stringermelo con una certa forza che mi avrebbe ammazzato. Mi stava ammazzando. Il dolore che provavo era troppo grosso per essere sopportato. Cominciai a piangere come non avevo mai fatto in vita mia, sfogando ogni volta che avrei voluto piangere davanti a Jem. Davanti a Charlotte. Davanti a Tessa. Davanti a Magnus.  Davanti a loro, ai miei amici. La mia vita era finita.
Per un attimo avevo sperato che fosse solo una fitta al cuore per colpa del freddo, ma in cuor mio sapevo perfettamente che non era così. Jem se n’era andato. Ed io non avevo potuto salutarlo per un’ultima volta. Questo mi distruggeva più di qualsiasi altra cosa. Mi strinsi le mani ai capelli, quasi come per strapparli: non avrei provato nemmeno un po’ di dolore fisico se solo l’avessi fatto. Urlai. Gridai. Il suo nome usciva dalle mie labbra, un grido disperato, un lamento atroce che avrebbe potuto oltrepassare qualsiasi confine. James Carstairs era morto. Il mio Parabatai era morto. Sarei finito all’Inferno senza lui al mio fianco, perché oramai non aveva più senso cercare la grazia. Volevo solamente stringergli un’ultima volta la mano, far incrociare le nostre dita e dirgli quanto lo amavo. Volevo dirgli che lui era stato la mia salvezza e colui che mi avrebbe sempre fatto stare bene, nonostante tutto. Volevo anche dirgli che lo amavo come nessuno lo avrebbe mai fatto ed ero sicuro che lui provasse la stessa cosa nei miei confronti. Avrei voluto aggiungere che avrei continuato a pensarlo anche quando sarei stato felice. Lui era stato il miglior parabatai del mondo.
Mi strappai la camicia che avevo addosso, puntando i polpastrelli delle mie dita contro la pelle, assaporando la runa bruciare, ardere. L’avrei sentita bruciare per sempre da quel momento in poi.
   
 
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