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Autore: Feliveli    20/03/2015    0 recensioni
Dicono che per poter superare il proprio passato sia necessario saltargli addosso. Morderlo. Risputarlo a terra.
E' questo quello che sto facendo, sto aggredendo il mio passato guardando vecchie fotografie di famiglia con rabbia, ma anche compassione.
"Penso a mamma e papà sull'altare. Mi sembra quasi di poter vedere lei con gli occhi lucidi, lui con le guance scavate in un sorriso. Provo pietà per i loro sorrisi ingenui. "Chi l'avrebbe mai detto?". Ascolto i loro discorsi mortificati. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe finito tutto cosi? Che infame la vita, che infame questo mondo. "
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ripenso a tante cose, al tempo che scorre e mi sfugge, ci sfugge. Penso a mamma e papà sull'altare. Mi sembra quasi di poter vedere lei con gli occhi lucidi, lui con le guance scavate in un sorriso. Provo pietà per i loro sorrisi ingenui. "Chi l'avrebbe mai detto?". Ascolto i loro discorsi mortificati. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe finito tutto cosi? Che infame la vita, che infame questo mondo. Stupida macchina, stupido mutuo da pagare, stupido gatto che caga per tutta casa. Stupido tutto quello che ricorda ciò che saremmo voluti essere, ma non abbiamo rischiato.
Dio come sono delusa. Ma si, già che ci sono mi accendo un'altra sigaretta. Cosa rischio, infondo? Cancro ai polmoni?
Fottuto cancro ai polmoni, ho un conto in sospeso con te. Ti sei preso mio nonno e guardami, cazzo. Ho la faccia di una che dimentica? No, non dimentico. Magari potessi. E allora fanculo, meglio il cancro ai polmoni, meglio il marcio dentro, meglio il catrame e la nicotina.
Meglio di tutto questo.
Meglio di mia madre sul divano a piangere e di mio padre lontano da me, troppo lontano da me.
Meglio dei tagli alle braccia e di David Bowie che mi urla nelle orecchie 'oraa ragazzaa solaaa dove andraaai? La notte è un grande maaaare'. Che poi vorrei solamente poter dire a questo Bowie che non lo so dove andrò. Non lo so. Me lo dici tu?
Cazzo, qualcuno mi parli, mi dica qualcosa. 
Qualcuno mi legga un libro, mi faccia ascoltare una canzone.
Non a me questo dolore, non ora. Non ora che ho l'immagine di mamma e di papà impressa nella testa. Lui troppo magro per la malattia, lei troppo magra per il dolore. E' una fotografia di merda quella li. Dovrei bruciarla, invece di tenerla sul comodino in bella vista. Mamma mi tiene in braccio e io guardo la fotocamera facendo una faccia buffa. Accanto a me i miei genitori in piedi, i loro occhi svuotati come un'oliva ascolana cui sia stata cavata fuori l'oliva. Guardano anche loro la fotocamera. Forse spaventati.
Papà ha paura che quella possa essere la sua ultima fotografia, ha paura che il tumore non gli dia tempo di scattarne un'altra. Mamma ha paura che quella possa essere l'ultima fotografia del marito prima della morte. Sarebbe potuta arrivare da un momento all'altro, la morte. E portare con se dolore, ma soprattutto paura.
Mia madre sta pensando 'cazzo dovrò pagare il mutuo da sola e poi la macchina'. E il dolore dei figli. Potrei comprare loro un gatto. Perchè no? Un bel siamese. Ma resterebbe quel cazzo di mutuo da pagare e le bollette, le spese del funerale. Fottuto tumore, perchè cazzo vai cosi veloce? Fermati, ti prego, restituisci mio marito. 
Potremmo avere una speranza, magari.
Potremmo essere una famiglia, magari.
Povera mamma. Povero gatto siamese che è stato cacciato perchè cagava troppo e sempre nei posti sbagliati. Dio come sei diventata volgare, ale. Cosa ti prende? Rispondo che non ho nulla, mamma. Ma la panchina rotta continua a segarmi il culo in due. Vaffanculo, vandali di merda.
Non il dolore. Non ora. Non a me.
  
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