Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Soleil Jones    20/03/2015    4 recensioni
Ovunque fossero, sull'orologio di Molly, la lancetta di quei due era sempre lì; sì, c’era una sola lancetta per due, perché Molly Weasley sapeva che sarebbero sempre stati nello stesso posto. Si muovevano praticamente in simbiosi, i suoi figli; mai, però, avrebbe immaginato che un brutto giorno non sarebbe più stato così.
[...]
«Mh, siete per caso dei patiti dei prodotti Weasley & Weasley?» Tirò ad indovinare: perché, beh, quei due avevano tutta l’aria di due bambini che tutto possono avere tranne che buone intenzioni. I due gemelli annuirono all’unisono «Anche!»
«Ma non è questo il motivo per cui siamo qui, giusto Eric?»
«Giusto John! Detto senza mezzi termini, vuoi indietro tuo fratello, vero?»
«Oh, se è vero!»
[...]
«È semplice, tanto che neanche tu avrai problemi a capire come usarla.»
«Simpatica quanto un troll nel suo periodo rosso del mese, noto.» Bofonchiò tossicchiando sottovoce George. Gli occhi verdi dello spirito si ridussero a due fessure taglienti quanto il suo tono di voce. «Hai detto qualcosa, Weasley?»
«Io? Niente!»
Genere: Fantasy, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Se avete perso un po' il filo — come darvi torto, dopo tutto questo tempo? — vi consiglio di ridare una letta veloce al capitolo precedente, o quantomeno alle ultime righe. Così, giusto per avere un'idea.
Mi scuso per il ritardo madornale e spero che continuiate a recensire e seguire la storia nonostante questo mio periodo di silenzio. Per me è importantissimo.

Grazie e buona lettura,

Soleil

 

 

Image and video hosting by TinyPic

 

Tutti contro tutti

 

Una macchia oscurò il cielo di Upside Street; i maghi americani, girovaganti per la grande, immensa via, si riversarono tutti nel punto in cui essa era concentrata: lo stadio da Quidditch.
«Che cos'è?» Chiese qualcuno nella folla. 
Nel momento in cui la macchia si estese e divenne fumo nero, d'istinto Eric – così come di tutti i presenti – estrasse la bacchetta, gli occhi puntati diffidenti sull'anomalia. 
Il fumo si districo in più scie che presero a scendere in picchiata sulla folla e, allora, un uomo sulla trentina urlò: «Mangiamorte!» e si Smaterializzò davanti alla folla: sulla giacca a vento che indossava spiccava un simbolo che Eric riconobbe poiché era lo stesso che aveva visto ai tre studenti facenti parte dell'Armata di Amstrong. 
Subito le scie nebulose si schiantarono al suolo rivelando figure di maghi – chi coperti da maschere e chi meno – i quali, prontamente, si riversarono contro la folla.
Eric si sentì strattonare; la ragazza bionda di poche ore prima lo mise in piedi e fece lo stesso con Son.
«Raggiungete il Wizard Farfield Inn, svelti!» Ordinò, soffermandosi un istante su Son: la scrutò e poi le chiese: «Tu sei la sorella di Frei, vero?»

«Chi?» Chiese confusa e tremante la biondina.
La bionda serrò la mascella e rettificò sbrigativa: «Shawn Fitzgerald.»

Vedendo gli occhi di Son illuminarsi speranzosi e la sua bocca pronunciare una flebile risposta affermativa, la ragazza parve rilassarsi. «Bene, c'è anche lui, là.»
Poi si rivolse a Eric.
«Devi dire che vi manda Firefiles.» Gli urlò per sovrastare le urla della folla, prima di voltarsi e scagliare una maledizione ad un incappucciato. «Muovetevi! Non è cosa da bambini, qua!»
Eric scosse il capo: non voleva e non poteva lasciare là John e George, ma al notare il pallore sul viso di Son convenne che, sì, avrebbe potuto lasciarla al sicuro e poi tornare indietro. Quindi annuì all'occhiataccia lanciatagli da Firefiles e strinse la mano a Son. 
«Corri e non mollare la mia mano, capito?» Le disse con sicurezza. Non aspettò una risposta: Schiantò un Mangiamorte e iniziò a correre verso l'immenso – era ben visibile anche da lì – Wizard Farfield Inn.
Ma qualcosa - un'orrenda sensazione - lo fermò. 
All'improvviso fu come se il mondo svanisse e la terra franasse sotto i suoi piedi; il suo cuore smise di battere per un'infinità lunga pochi secondi e una lama intrisa di veleno gli trafisse il petto, mozzandogli il respiro.
Eric caracollò a terra, in ginocchio, il fiato corto e il volto pallido come un cencio.
Son urlò, temendo che qualche incantesimo l'avesse colpito e cercò di tirarlo su, benché la costituzione del ragazzino fosse più robusta della sua e la differenza d'altezza evidente. Inoltre, era debole; molto, troppo debole.
Ma come poteva pensare di lasciarlo là dopo che le aveva salvato letteralmente la vita?

«Eric...? Eric! Che cos'hai?!» Gli chiese ansiosa, guardandolo premersi una mano sul petto come se temesse che il cuore schizzasse fuori dalla sua cassa toracica da un momento all'altro.
Eric emise un gemito strozzato, annaspando per recuperare ossigeno. La testa vorticava, l'ansia in lui cresceva, le lacrime minacciavano di uscire.
«John—!»
«Chi?»
«Mio fratello gemello è in pericolo! Io... Io devo...» Ma Eric non finì la frase, perché perse i sensi.
Son lo sorresse e raccolse la sua bacchetta da terra – l'aveva lasciata cadere all'istante non appena si era sentito male. 
Guardò la folla sprizzante scintille e poi il Wizard Farfield Inn: se Eric aveva qualcuno da salvare là in mezzo, in quelle condizioni, certo si sarebbe solo fatto ammazzare.
«Sta' tranquillo, Eric.» Decretò ferma la piccola americana; i suoi riccioli si tinsero di tonalità di oro sempre più forti e scure. «Adesso ti porto dagli altri dell'Armata, ti cureranno loro. E... E tuo fratello starà bene, te lo prometto.» 
In lontananza, però, qualcuno aveva altri progetti per loro.
«Oh, no, occhi verdi, non mi scapperai così.» Ghignò Antonin Dolohov, sbarazzandosi del suo mantello e mettendosi all'inseguimento della testa castana e riccioluta di Eric. 
Come poteva sapere di aver puntato il bambino sbagliato?



*
 


«Hanno chiamato i rinforzi.»
Non appena John aveva pronunciato quelle parole la risata gracchiante di Dolohov gli aveva invaso le orecchie e, incapace di tollerarla, d'istinto si lanciò contro di lui; tanto era ormai chiaro chi dei due George fosse davvero ansioso di conciare per le feste.
In un battito di ciglia Dolohov scatenò tutta la sua ferocia: per essere arrivato fin là, effettivamentte, doveva avere i suoi meriti in quanto mago. Era indubbiamente dotato di grande abilità, seppur malvagio, e John non era pratico di combattimento quanto lui. 
Quanto tempo era che praticava la magia, lui? Poco più di qualche mese. E sì, aveva ricevuto diversi ausili e un potenziale decisamente non indifferente, ma ciò non gli consentiva di abbassare la guardia per controllare dove fosse finito Eric, in mezzo a tutto quel caos.
I maghi si scontravano con incredibile velocità, senza risparmiarsi: da non credere! 
Era come se gli americani fossero naturalmente predisposti a mettersi in gioco, in mezzo a una guerra.
John urtò qualcuno con la nuca ma, concentrato com'era a respingere le maledizioni di Dolohov, non s'accorse che la schiena contro la quale era andato a sbattere era di un incappucciato.
Attraverso la maschera, egli ghignò all'indirizzo di Dolohov; alzò la bacchetta, pronto a scagliare un incantesimo contro John.
«Avada—»
«Sectumsempra
Da lontano, l'incantesimo tagliò la folla come un coltello, colpendo lungo la sua traiettoria più persone, e infrangendosi contro l'incappucciato, la cui voce si spense all'istante. Cadde a terra in un tonfo sordo. 
Con gli occhi verdi sgranati, John si voltò prima verso l'uomo che era appena morto e poi verso l'artefice di quella carneficina: la giovane dai capelli biondi che aveva visto al Café solo poche ore prima, quella che aveva fatto parte dell'Armata di Amstrong, il cui simbolo color dell'oro spiccava sulla giacca a vento. Gli stava urlando qualcosa, gesticolando di andar via.
Ma cosa più importante l'aveva salvato—! 
Era stato a tanto così dal morire!
Col respiro irregolare, John abbozzò un sorriso verso la spaventata e coraggiosa ragazzina, che raggelò non appena la voce di George gli giunse alle orecchie.
«John! Alle spalle!»
Il tempo rallentò, per John; si voltò e vide un lampo partire dalla bacchetta di Dolohov. Al contempo, riconobbe la figura di George – i cui capelli color fuoco spiccavano tra la folla – alle spalle del Mangiamorte. 
Senza pensarci due volte, con una prontezza di riflessi inaudita, lanciò uno Schiantesimo che sfiorò i capelli fulvi di Dolohov e che sorpassò George, colpendo la mano levata di Rockwood.
Allora un dolore lancinante lo colpì alla spalla, da cui sgorgò immediatamente del sangue.

 

 

*
 


Nello stesso istante in cui lo stadio si riempì di voci indistinte e urla, George fece cenno a Rockwood di farsi avanti, con un'espressione non sua in volto.
Era un lato, quello, che nessuno avrebbe mai immaginato di vedere nella persona luminosa e malandrina che era il più grande dei gemelli Weasley, eppure eccolo lì: pieno di rabbia e dolore che non avrebbe esitato neanche un secondo a sfogare sull'artefice del suo inferno.
Scansando senza esitazioni chiunque gli si ponesse davanti, George si lanciò su Rockwood, tempestandolo di ogni sorta di incantesimo letale e non che gli passava per la testa e deviando i suoi con una prontezza di riflessi inaudita. Ma, certo, l'ex-Indicibileaveva la sua veneranda età ed esperienza, per cui lo scontro pareva essere ad armi pari; questo finché George non si ritrovò a volare per almeno tre metri, colpito in pieno petto da uno Schiantesimo.
Atterrò sulla schiena e tossì, tirandosi subito in piedi – appena in tempo per vedere una Maledizione Senza Perdono piombargli addosso e, quindi, gettarsi all'indietro, supino.
Reclinò il capo all'indietro e vide che l'Anatema aveva colpito qualcun altro; un giovanissimo mago giaceva a terra inerme. 
George rotolò su un fianco e si tirò su con l'ausilio del braccio sinistro, mentre col destro lanciava una fattura a Rockwood. Il Mangiamorte la scansò con facilità e gli piombò addosso. Ma George non aveva intenzione di uscire perdente da quello scontro: si Smaterializzò a un palmo dal Mangiamorte e gli assestò un pugno in pieno volto. 
Metodo poco ortodosso, forse, ma di indubbia efficacia. Rockwood, abbassando la guardia, si portò una mano al naso grondante sangue e quando si accorse che la sua stessa bacchetta gli veniva puntata addosso era troppo tardi per riprendersela. 
«È così che finisce, dunque?»
La mano di George tremò e la stretta sulla baccheta di Rockwood divenne così forte e, per l'oggetto stesso, insostenibile, che nell'esatto momento in cui un lampo di rabbia attraversò gli occhi color nocciola del rosso, trascinando via parte di quello sguardo agghiacciante, una scarica di magia incontrollata raggiunse il palmo della mano sinistra del ragazzo. 
Rockwood urlò, al vedere la sua bacchetta sgretolarsi tra le dita di un impertinente mago Filobabbano qual era George Weasley.
«Io non sono vile come te.» Sibilò quest'ultimo, guardando il Mangiamorte dall'alto in basso. 
Stava per pronunciare un Incarceramus, ma il suono di un Sectumsempra lo interruppe, tanto l'incantesimo fu lanciato con violenza e impulso.
Commise l'errore più fatale che si potesse fare: voltò le spalle al suo avversario.
Colui che l'incantesimo sopracitato aveva colpito cadde a terra tra rivoli rossi, alle spalle di John, prima che potesse colpire quest'ultimo alle spalle. A lanciarlo era stata sicuramente una strega, ma da lì gli era impossibile dire chi fosse costei, e la cosa non interessò a George nel momento in cui s'accorse di ciò che stava per fare Dolohov.
Più veloce della sua bacchetta, la voce del giovane Weasley uscì impulsiva e forte: «John! Alle spalle!»
Subito gli occhi smeraldini del ragazzino, coperti a tratti dalle ciocche castane dei capelli ricci, furono puntati su di lui. Si sgranarono allarmati.
Il braccio di John s'alzò e ne partì un incantesimo, che però non colpì mai Dolohov. Con sbigottimento, George se lo vide passare affianco, e quando sentì l'urlo di dolore di Rockwood realizzò cosa stesse succedendo.
Quel vigliacco aveva approfittato di un attimo di distrazione per rubare la bacchetta a uno dei maghi morti là intorno e puntargliela contro e pur di salvarlo John... 
Tremante, George lasciò perdere Rockwood e volse lo sguardo verso Dolohov. Minacciosamente, il Mangiamorte si avvicinò a John, ridacchiando.
«Non sei più così saccente ora, eh, occhi verdi?»
Afferrò malamente il ragazzino per la nuca, strattonandolo per alzarlo da terra e tirandogli i capelli. 
Mordendosi la lingua quasi a sangue per on emettere un solo suono di dolore, John socchiuse gli occhi e li puntò in quelli folli di Dolohov. Il Mangiamorte, irritato, gli puntò la bacchetta alla giugolare.
«Sei fastidioso, lo sai?»
Dolohov ghignò premendo contro la pelle candida del ragazzino con la punta della bacchetta, ma il suo sorriso soddisfatto e sadico si spense non appena avvertì il suolo staccarsi da sotto i suoi piedi. 
«Cosa...?»
Non ebbe neanche il tempo di realizzare ciò che stava accadendo che Dolohov venne sollevato da terra in un batter di ciglia e, letteralmente, scagliato contro il suo degno compare. George non si curò di loro, si chinò a terra e sollevò John, di modo che non stesse riverso. 
Sembrava intontito, vicino allo svenimento. 
«John?» George schioccò le dita davanti a un palmo del naso del ragazzino, il quale parve, almeno un poco, ridestarsi dal suo torpore. «John! Per Merlino— Fa' vedere.»
«Non è... Ahi!» John digrignò i denti dal dolore, al sentire il tessuto strappato e nfetto della sua maglia venire scostato: non osò guardare la sua spalla, non se la sentiva praticamente più. «Ho ancora il braccio sinistro?»
«Sì, è ancora qui.» Rispose sbrigativo George, strappando un lembo della sua T-shirt e legandolo attorno alla parte lesa. Una chiazza di sangue dilagava sul torace di John, e la ferita doveva essere estesa, sicuramente si trattava di una maledizione micidiale. 
«Cerca di non muoverti, passerà tutto.» Gli sussurrò con più dolcezza, per quanto poco fosse convinto di ciò che diceva.
«Eric.» Mugugnò allora il ragazzino, mentre si sentiva sollevare. Si aggrappò al collo del mago più grande, la nuca appoggiata sulla sua schiena. «Dov'è mio fratello?»
«Starà sicuramente bene, ora allontaniamoci da qua.»
«No, George... Eric può... lui può aiutarmi. Solo lui, George, capisci?» Insistette John con tono mesto, mentre George Schiantava due nemici. Intravide Dolohov rimettersi in piedi e Rockwood inveirgli contro, brandendo un braccio sprovvisto di mano con fare minaccioso e alquanto isterico. 
George imprecò, vedendoli a sua volta, e si abbassò per evitare una Fattura. 
«Sto per Smaterializzarmi, quindi tienti forte e stringi i denti.» Comunicò con fare urgente, pregando tutti i Santi e i grandi maghi del passato affinché nessuno, tra lui e John, si Spaccasse.
Corse per allontanarsi dall'occhio di quel ciclone magico visualizzando il grande, immenso passaggio per la New York Babbana. Inspirò ed espirò, concentrato, e sparì assieme a John.
Quando i suoi piedi toccarono terra – ancora intenti a correre – quasi cadde in avanti, andando a inciampare sul tavolino di un Café aperto ventiquattr'ore su ventiquattro.



*


«Che pagliacciata.» Borbottò Max, affondando le mani nella sua giacca e sbuffando tanto forte che i riccioli che ricadevano davanti al suo viso rimbalzarono all'indietro. Guardò torvo James – per quanto fosse riconoscibile, e poi tornò a fissare Hailey.
«Quante storie per un travestimento!» Lo prese pacatamente in giro il biondo. «Vedila così: ci siamo andati leggeri.»
«Sembro quel musicista che la moglie Babbana di mio zio amava alla follia. Josh Lanny, Looney, Lannow— Argh–! Non ricordo neanche come si chiamava.»
«John Lennon, dici?»
«Quello, sì. E tu, con quell'ombrello, chi saresti, Mara Bobbings?»
«Mary Poppins.» Lo corresse James, dandogli un colpetto alla spalla con l'ombrello. «So che non ti va a genio camuffarti, ma Hailey ha origini inglesi ed i miei genitori, in questo momento, potrebbero scorrazzare per Diagon Alley come se nulla fosse. Non è il caso di riunire passato e futuro.»
«O presente e futuro.»
«Questione di punti di vista. Perché non pro– Ehi, Kelly! Stai andando nella direzione sbagliata!»
Hailey si voltò infastidita verso James e raggiunse i due. «Quel nome non mi piace, piuttosto chiamami Betty, Lola, Holly, Lizzie o— Aspetta, ce l'ho: Hailey.» Esordì incrociando le braccia al petto.
«Perché non Missie? O Nessy—! Anche se, riflettendoci, sarebbe offensivo per l'originale.» Annuì convinto Max, ghignando e ignorando l'espressione colorita e poco cordiale che gli rivolse Hailey.
Perlomeno – pensò James – le aveva parlato e aveva ricevuto risposta.
Sospirando, il biondo si interpose tra i due e, spingendoli gentilmente, li fece avanzare.
«Sono solo precauzioni. Mi spiace che ti dia fastidio, ma in alternativa dovrei evitare di chiamarti.» Spiegò pazientemente. «E non immaginate neanche, Bonnie e Clyde, quanto io ami richiamarvi di continuo come fa una mamma coi suoi figli pestiferi.»
Hailey e Max alzarono gli occhi al cielo, sbuffarono e continuarono a camminare, alla volta del Paiolo Magico.
Era bellissimo camminare per Diagon Alley in quel periodo, Hailey doveva riconoscerlo: a quei tempi Voldemort non non era ancora comparso, c'era soltanto un giovane, folle Tom Riddle con grandi piani in mente. Spesso aveva considerato la possibilità di annientarlo ora che poteva: per quanto fosse sempre stato un mago tanto brillante quanto temibile, il Signore Oscuro, nelle condizioni in cui si trovava Hailey avrebbe potuto sbaragliarlo.
In un possibile scontro, per dire, per lei ci sarebbe stata qualche possibilità avere la meglio senza alcun aiuto esterno.
Ma non sarebbe stato corretto approfittare di essere una TimeRider per modificare la storia, anche se ciò avrebbe salvato milioni di vite innocenti. Già.
Inoltre, in quel preciso momento chissà dov'era – ricordò, sfiorando con le dita la gemma che la rendeva invisibile alle folle dell'agosto del 1950.
James le aveva spiegato che in alcuni casi specifici era preferibile interagire con la  – poca – gente del passato che era al corrente dell'esistenza di piccoli gruppetti di Crononauti in un'epoca diversa da quella in cui il suddetto gruppo stanziava.
«La mia idea iniziale era Ollivander, vero. È da sempre un mago dal gran cuore, ma è da lui che comprerai, tra più di quarant'anni, la tua prima bacchetta. Gregorovitch, be', è il male minore. Non che avessimo molta altra scelta; sono pochissimi a sapere dell'esistenza di gente come noi e sono ancor meno coloro che possono ricordare di averci incontrati. Sai com'è: la curiosità è umana e se non si è predisposti a questo genere di segreti, be', si diventa un pericolo.» Le aveva spiegato con pazienza.
«Specie se parliamo di uno che ha spifferato come un idiota ai quattro venti di possedere la bacchetta di Sambuco, facendosela soffiare come un allocco da uno dei maghi Oscuri più potenti della storia, per giunta!» Aveva replicato lei, facendo una smorfia. «E quindi facendo arrivare anche Voldemort a quell'affare, alla fine della fiera.» Aveva aggiunto.
Avrebbe senz'altro preferito rischiare con Ollivander.
«Empatica?»
«Mh?»
Non appena la mano di Max le sfiorò il braccio, Hailey sussultò e si accorse di essere praticamente passata davanti al passaggio di mattoni per la Londra Babbana invece di fermarsi. Guardò spaesata Max, scorgendolo dietro i suoi temporanei occhi azzurri «Scusami.» e tornò sui suoi passi.
James era già là, e guardava con celata nostalgia ogni mattonella di quel passaggio.
Max, invece, non essendo mai stato là, si mise a guardarsi attorno distrattamente, fingendo di non essere incuriosito dal posto in cui si trovavano.
«E adesso?» Domandò annoiato, guardandosi attorno. «Dov'è Gregorovitch?»
«Che ore sono?» 
«Cinque e ventitré.»
James annuì e schioccò la lingua sul palato; un sorriso astuto illuminò il suo viso. Si allungò per gettare un'occhiata a pochi metri da loro, guardò il passaggio e alzò una mano.
«Quattro...» Ne abbassò uno. «Tre... Due...» 
Altri due. 
« Uno...»
Non appena chiuse la mano a pugno i mattoni del passaggio si smossero. Max alzò un sopracciglio indietreggiando d'istinto ed Hailey vide comparire un uomo dallo sguardo vispo quanto torvo. I lunghi capelli crespi parevano aver preso la scossa e incorniciavano un viso scarno e un tantino avvizzito. 
I due guardarono James con un'espressione palesemente stupita e lo seguirono: si era avvicinato all'uomo.
«Mi scusi, signore.» Esordì il biondo con fare affabile. «Lei è il signor Gregorovitch, dico bene?» 
L'uomo guardò circospetto James, Max e Hailey. «Sì. Voi sareste...?»
«Indicibili.» Annunciò James, guadagnandosi lo stupore dei suoi compagni. Si guardò attorno e aggiunse a bassa voce: «Indicibili alquanto speciali, che conoscono ieri, oggi è domani.»
Gli occhi di Gregorovitch si spalancarono a quelle parole e da diffidente la sua espressione divenne stupefatto e incuriosita. 
«Voi—?» Lì sguardo da capo a piedi. «Così giovani?»
«Già.» Borbottò Hailey, sospirando e incrociando le braccia al petto. 
«E da dove?» Chiese eccitato. «Da dove venite?»
«Da un paio di ieri.» Rispose Max, in contemporanea con Hailey, la quale disse: «Da parecchi domani.»
Si guardarono torvi.
«Sì. Molti domani.» Iniziò uno.
«Ma con qualche ieri di mezzo.» Completò l'altra, sghignazzando.
James si schiarì la voce e chiese: «Ha notato che tempo, signore?» pronunciando cauto ogni parola. «Un peccato per la pioggia.»
Così dicendo, James aprì l'ombrello, abbastanza grande da coprire più che a sufficienza lui e Gregorovitch. 
«Ma cos—» Hailey non fece in tempo a dire altro che Max le assestò una gomitata che gli valse uun'occhiataccia.
Lui in risposta le indicò il cielo. Hailey alzò il viso, scorgendo delle nuvole grigiastre che non presagivano certamente bel tempo. Le aveva notate anche prima, sì, ma abituata com'era al clima inglese non aveva pensato alla possibilità che preannunciassero pioggia!
Ben presto una goccia d'acqua le cadde sulla punta del naso, seguita da un'altra e un'altra ancora.
«È fastidioso. Specie per le giovani, quando le coglie di sorpresa.» Aggiunse James, mentre un gruppetto composto da quattro ragazze vestite di abiti prettamente estivi schizzava là davanti cercando di ripararsi dall'improvviso acquazzone. Guardò Max e Hailey con eloquenza e prima che l'Empatica potesse rendersene conto lo Scrutatore le aveva messo la sua giacca sui capelli, utilizzando per sé il cappuccio della felpa che indossava, e l'aveva attirata a sé, circondandole le spalle con un braccio.
«Merlino benedetto...» Gregorovitch da sorpreso divenne raggiante. «Che mi venga un colpo! Sei davvero un Indicibile Crononauta, ragazzo?» Chiese cauto, senza però contenere l'eccitazione.
James annuì affabile e indicò Max e Hailey. «I miei amici: Jany e Al
Al sentire quei nomi, Max serrò la mascella e sbiancò, mentre Hailey avvertì un lieve formicolio alla bocca dello stomaco.
Perché le pareva di aver già sentito quel diminutivo? 
«Ci servirebbe una bacchetta per lei, a tal proposito.»
La voce di James la riportò alla realtà.
«Oh, ma certo!» Esclamò Gregorovitch. «Andiamo al mio laboratorio, troveremo a questa bella fanciulla subito una bella bacchetta, vedrete! Su su, useremo la Smaterializzazione Congiunta.»
Hailey si sforzò di sorridergli con gratitudine, ignorando il ronzio che sentiva nelle orecchie. «La ringrazio.»


Il laboratorio di Gregorovitch non era poi tanto diverso dal negozio di Ollivander.
Era anch'esso pieno di scatole allungate etichettate e diverse tra loro. Solo, era più disordinato e aveva più spifferi.
Non appena erano arrivati, Gregorovitch aveva domandato al trio ospite se volessero una tazza di the, invito gentilmente declinato da James e Hailey.
«Torno subito col the per te, ragazzo, e qualche bacchetta da far provare a te, Jany.» 
Così dicendo, Gregorovitch era sparito.
A quel punto, Hailey raggiunse James e lo guardò come a chiedergli spiegazioni, ma tutto ciò che ricevette fu un sorriso di compiacenza.
«È pur sempre un Osservatore, sbaglio?» Si limitò a dirle Max quando lo sguardo indagatore dell'amica sfiorò anche lui, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni e borbottando qualcosa circa la colossale differenza climatica presente tra l'Inghilterra e l'America.
Poco dopo, Gregorovitch fu di ritorno con un metro e qualche paia di scatole contenenti diverse bacchette. Fece levitare un vassoio colmo di pasticcini e una tazza di the fino a Max, che lo prese al volo per evitare che cadesse disastrosamente a terra, ringraziando cortesemente il padrone di casa ma decidendo con risolutezza di non avvicinare nulla di tutta quella roba dall'odore insolito alla sua bocca.
«Sono andato un po' ad occhio, sai. È la seconda volta che ricevo visite speciali, ma sarà sempre sorprendente, per me.» Le spiegò mentre le prendeva le misure. «Non so nemmeno se questo è il tuo vero aspetto, a ben pensarci!» Aggiunse.
«Sono più alta di pochi centimetri, in realtà.» Mormorò Hailey.
Soddisfatto, Gregorovitch aprì una scatolina e le porse la bacchetta in essa contenuta.
«Be', vediamo quale bacchetta ti sceglierà.» 
Sorridendo, Hailey impugnò almeno una ventina di bacchette senza risultato. Allora iniziò a scoraggiarsi.
Dopotutto, lei non apparteneva a quel tempo! E se avesse, con la sua visita, sottratto la bacchetta a qualcuno?
Tipo ad Alastor Moody!
O a Viktor Krum! Sapeva con certezza che la sua bacchetta l'aveva avuta proprio da Gregorovitch.
«Non scoraggiamoci, suvvia!» La incoraggiò quest'ultimo, imboscandosi nuovamente dal suo regno. Lo sentì chiaramente dire: «Non esiste mago che io non sia riuscito ad abbinare a una bacchetta, per Merlino, e tu non sarai l'eccezione. Nossignore.» 
«Non sarà sbagliato fare acquisti così importanti fuori tempo?» Esordì Hailey.
James scosse il capo e le lanciò la sua boccetta di Pozione Polisucco, indicandole i capelli. Da viondi stavano iniziando a tornare castani.
Arricciando il naso, Hailey mandò giù la pozione così come i suoi compagni. «Puah!»
«Già, quoto.» Annuì Max, sputando il primo e unico boccone di cibo che aveva assaggiato e appoggiandosi distrattamente a uno scaffale. Un suo movimento improvviso e il modellino in scala originale della bacchetta di Sambuco cascò a terra, seguito da un paio di scatole che si aprirono all'impatto col suolo.
«Cos'è stato?» 
Gregorovitch accorse quasi sommerso dalle bacchette e, alla vista del suo modellino a terra, ne fece cadere buona parte.
Max imprecò in stretta parlata americana e si affrettò ad aggiustare il danno con un colpo di bacchetta.
«Mi scusi, non l'ho fatto di proposito.» Disse al mago più anziano, rimettendo a posto il modellino «Faccio io, non si preoccupi!» e chinandosi per raccogliere le scatoline che aveva fatto cadere.
«Prova questa, figliola. È di ciliegio, chissà che non sia quella giusta! E comunque, ragazzo, sta' tranquillo. Quel modellino non sarebbe mai stato come l'originale. Era talmente formidabile, quella bacchetta—! Un gioiello! Sapete mica se in futuro la riavrò mai?»
«E lo chiede anche?» Sbottò sarcastica Hailey. «Neanche immagin— Ouch
James nascose l'ombrello dietro la schiena e si allontanò di un passo dall'amica, la quale rettificò, massaggiandosi il fondoschiena: «Neanche immagina quanto mi dispiace non poterle dare una risposta — Volevo dire questo, sì.»
«Capisco. È un peccato, però.»
Nel mentre, Max raccolse le cinque scatole da terra e le posò sul tavolo, assieme alle altre. Dopodiché guardò spaesato le cinque bacchette sul pavimento: aveva molta importanza la loro collocazione nei contenitori?
Andiamo, erano tutti più o meno uguali!
Sbuffando, fece per prenderne una a casaccio, ma la lieve scossa che ricevette non appena ne ebbe una in mano lo indusse a ritrarsi; si guardò la mano: non aveva sentito nulla se non alla punta del dito con cui aveva sfiorato casualmente un'altra bacchetta.
La guardò accigliato e, d'istinto, la raccolse: non lo riconobbe, era evidente che non l'aveva scelto, ma allora – si chiese – perché la sua bacchetta, nascosta nella tasca interna della giacca a vento, aveva iniziato a pulsare?
Si alzò con l'intento di dire a Gregorovitch che quella bacchetta doveva essere difettosa ma, prima ancora di aprir bocca, comprese. Sentiva l'impulso di avvicinarsi ad Hailey, o meglio era la sua mano destra ad avvertire l'impulso di avvicinarsi ad Hailey!
«Neanche l'ebano, mh?» Stava dicendo perplesso Gregorovitch, mettendo via l'ennesima bacchetta. «Se posso chiedere: com'era la tua prima bacchetta?»
«Oh, intende questa!» Hailey tirò fuori dalla sua borsa due pezzi di legno che poi erano i resti della sua bacchetta. 
Non appena la vide, il fabbricante di bacchette parve identificare subito di che legno fosse fatta. «Agrifoglio! Giusto?»
«Giusto.» Annuì Hailey. «Con Crine di Unicorno.»
«Proviamo con una bacchetta simile, allora. Scommetto che questa la comprerei da me, vero?»
«Prova con questa.»
Hailey si vide allungare sotto il naso una bacchetta dal colorito caldo. Guardò Max: sembrava più interessato a fissare la pioggia fuori dalla finestra che la sua interlocutrice.
«Quello è biancospino.» Osservò Gregorovitch.
«Mi pare sia un tipo di legno abbastanza diverso dall'agrifoglio.» Mormorò tra sé e sé James, guardando Hailey spostare lo sguardo da Max alla bacchetta che – notò - fremeva tra le sue dita.
Convinta che tentare non le costasse nulla, l'Empatica la impugnò e una sensazione di benessere provata solo una volta prima di allora l'avvolse. Dal palmo della sua mano parve sprigionarsi una calda energia, che si propagò alle sue dita, fino ad arrivare al nucleo della bacchetta. Di lì si animò e defluì verso la punta, da cui si sprigionò una lieve brezza che sapeva d'estate, di vita.
Hailey guardò stralunato Max il quale, in tutta risposta, distolse lo sguardo e si schiarì la voce Appellando con noncuranza le rimanenti quattro bacchette.
Gregorovitch gioì. «Ci siamo! Posso vederla, cara?»
«Cosa...? Oh! Sicuro.»
James seguì ogni movimento effettuato dalle dita del fabbricante di bacchette, pensoso.
Guardò i suoi compagni e sollevò un angolo della bocca.
«Biancospino, Corda di Cuore di Drago, dodici pollici, flessibile.» Sentenziò Gregorovitch, riconsegnando la bacchetta ad Hailey. «Una combinazione quasi agli antipodi della prima, mh?»
«In effetti... Quando l'ho acquistata mi è stato detto che le bacchette di agrifoglio sono volte a proteggere il proprietario e cose del genere.»
«Già. Quella di biancospino, invece, ha una natura complessa e intrigante. È una delle pochissime opinioni che condivido con quel diavolo di Ollivander.» Spiegò Gregorovitch, facendo una smorfia al pronunciare il nome dell'altro fabbricante di bacchette. «È ricca di paradossi come l'albero da qui proviene: i fiori e le foglie hanno poteri curativi, mentre i rami tagliati odorano di morte.»
Di lì, un imbarazzante silenzio calò nella stanza, che venne interrotto da James: «Bene, si è fatto tardi. Quanto le dobbiamo?»
«Oh, nulla!»
«Siamo Crononauti, questo sì, ma abbiamo il senso della decenza, sa?» Sbottò sospirando Hailey, frugando nella sua tasca e tirandone fuori un pezzo di carta colorato.
«Che cosa sarebbe quello?» Sibilò minacciosamente Max, mentre la ragazza porgeva il foglietto colorato a Gregorovitch, il quale lo accettò sbigottito.
Nella sua mente si chiese se l'Empatica del loro trio potesse davvero essere così idiota da lasciare nel passato del denaro proveniente da un'altra epoca.
Sulle labbra della suddetta Empatica si dipinse un sorriso affabile. 
«Soldi del domani da cui vengo, no?» Rispose con nonchalance. «Avrà l'esclusiva, così, quando verranno messe in circolazione. Oh, e—» Pescò dal suo giubbino una grossa moneta dorata. «—tenga anche questa!»
James arcuò un sopracciglio soffocando un sorriso divertito.
«Una moneta di cioccolato.» Precisò subito Hailey, scartandone un'altra, spezzandola a metà e ficcandone un pezzo in bocca a Max prima che potesse preferire parola. 
«Le basta?»
L'eccitazione palpabile che illuminava il volto arcigno di Gregorovitch era la risposta alla sua domanda.
Dopo che questi li ebbe ringraziati per l'acquisto della bacchetta, lì condusse alla porta.
«Non avete bisogno che vi riaccompagni a Diagon Alley, vero?»
«Si figuri, siamo maggiorenni quasi tutti e tre!» Rispose Hailey, puntellando la spalla di James – il quale, dai suoi sedici anni compiuti da poco, la superava in altezza di dieci centimetri e passa – con la bacchetta.
«E maturi.» Tossicchiò sarcastico Max, tirandola via.
James strinse la mano a Gregorovitch «Arrivederla, signore. E scusi per il disturbo arrecatole.» e con l'altra prese la sua bacchetta, puntandola contro il fabbricante di bacchette. «Mi permetta di alleggerirgliene il ricordo.»
«Cosa...?»
«Obliviate

«Gli hai dato dei soldi del futuro?!»
«Cosa? Certo che no!»
«Ma—»
«Quelli sono soldi del Monopoli, Al

 

 



 

Writer's side

. . . Io lo so che nel profondo di voi stessi mi amate nonostante tutto.
Sì.
...Già.
Lo so, sì sì!
.
.
.
No, eh? XD
Okay, ora sono seria. Davvero, sono tremendamente dispiaciuta di non essere riuscita a farmi viva prima!
Scusate-Scusate-Scusate-Scusate-Scusate all'infinitesima potenza — ho avuto le mie ragioni, eh, ma ho fatto seriamente l'impossibile per finire di scrivere queste misere – ma dense dense, direi – pagine Word.
Dunque dunquino, come al solito pur avendo eventuali riferimenti da esplicitare, arrivata qua, mi ritrovo la mente bianca. E vabbé, per qualsiasi curiosità basta comunque chiedere e chiarirò ogni vostro dubbio. Tanto lo sapete, ormai, che nulla in questa fanfiction accade o viene scritto per caso! x3
La scena più difficile da scrivere? Mh, nessuna in particolare, ho un debole per le scene come quelle di questo capitolo, sono stimolanti e quasi divertenti da buttar giù. La parte del lavoro non proprio immediata è stata creare dei collegamenti tra i vari paragrafi, ma mi sono sforzata perché così avete una visione a trecentosessanta gradi di ogni avvenimento e di ogni causa–conseguenza.
Spero di non avervi delusi e di sentire presto i vostri pareri (anche gli insulti più che giustificati rivolti alla mia persona xD).
In settimana ho tre o quattro verifiche, per cui compatitemi.
Sia chiaro: scriverò anche a costo di giocarmi la mia stessa e già di per sé carente sanità mentale. Giuro!
Ma, in caso non dovessi farcela a pubblicare qualcosa entro sabato, lo farò o domenica o... a sorpresa, come oggi! -w-
Per farmi perdonare – perché sì, il mio Occhio Interiore aveva previsto la mia morte imminente (a Malta, in Italia— non era previsto che arrivassi al mio diciassettesimo compleanno, insomma! xD) e mi son detta: “Se proprio devo morire, lo farò lasciandomi alle spalle una storia dal finale aperto ma con un tributo fAigo!” - ho qualcosa per voi!
A questo indirizzo — here — troverete una specie di nuovo (l'altro, il primo in assoluto che ho montato alla cavolo secoli fa, è qua!) VideoTrailer della fanfiction, dove appaiono i TimeRiders, George e i gemelli – in quest'ordine.
Godetevelo, se vi va aggiungetemi senza problemi, in caso di necessità o noia sentitevi liberi di scrivermi e— nada! Alla prossima!

Soleil Jones

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Soleil Jones