Libri > The Maze Runner
Ricorda la storia  |      
Autore: M4RT1    21/03/2015    4 recensioni
Newt/Alby | Missing Moment
― Scusa ― mormorò.
― Non preoccuparti, pensa solo a non vomitarmi addosso.
[...]
― Dicevo per… lo sai ― si sforzò di aggiungere, gli occhi che si chiudevano. Un brivido lo scosse tutto.
― Lo so ― ribatté l’amico, secco. ― Indossa quel maglione.
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Alby, Newt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'And I would have stayed up with you all night'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
― Sei sveglio, idiota. 

Era buio pesto quando Newt si svegliò, il respiro corto e il corpo imprigionato dalle coperte. Tremava così forte da battere i denti, mentre ogni centimetro di pelle, muscoli e ossa gli faceva tanto male da fargli girare la testa.

― Scusami ― riuscì a dire, tirandosi a sedere a fatica. ― Non volevo farti preoccupare.

Alby era in piedi sulla soglia, un maglione blu tra le mani e l’espressione indecifrabile.

― Allora avresti potuto comportarti come tutti gli altri Radurai ―  sbottò. Attese che l’altro si calmasse, scalciando furiosamente le coperte con una gamba, poi indicò il maglione: ― Mettilo e bevi quella caspio di sbobba di Frypan ― gli ordinò, avanzando. ― E non rivolgermi la parola finchè non sarai pronto a subire la mia furia.

Con la coda dell’occhio, Newt notò un piatto sul comodino accanto a lui. Il solo vederlo gli dette il voltastomaco. 

― Non ce la faccio ― mormorò, cercando di non vomitare.

― Così impari a buttarti giù dai muri ― disse solo l’altro, avvicinandosi al letto. Sedé sul materasso, facendolo cigolare, e gli appoggiò il maglione sulle spalle. Newt chiuse gli occhi, le mani dell’amico che sfregavano il suo corpo per dargli calore. ― Non addormentarti, devi mangiare.

Newt riaprì gli occhi a fatica.

― Scusa ― mormorò.

― Non preoccuparti, pensa solo a non vomitarmi addosso.

Nonostante si sforzasse di comportarsi normalmente, Newt colse una strana espressione nei suoi occhi.

― Dicevo per… lo sai ― si sforzò di aggiungere, gli occhi che si chiudevano. Un brivido lo scosse tutto.

― Lo so ― ribatté l’amico, secco. ― Indossa quel maglione.

Newt non si era reso conto di quanti lividi avesse fin quando non si tolse i vestiti logori per indossare il maglione pulito. Le mani di Alby lo aiutarono a trovare le maniche e, quando terminò di indossare il capo, tornò a sfregargli il tessuto contro la pelle per riscaldarglielo. 

Rimasero così per un po’, la testa di Newt sostenuta dal petto di Alby, le braccia di Alby contro le spalle di Newt. Poi lui si addormentò, il maglione stretto contro il petto.



Il giorno in cui si baciarono per la prima volta fu il terzo dopo il tentativo di Newt di suicidarsi. Il ragazzo era a letto, raggomitolato sotto due coperte, la mano destra che reggeva un hamburger congelato sulla caviglia rotta. Quando Alby entrò alzò appena lo sguardo, gli occhi spenti.

― Sono venuto a riprendermi l’hamburger ― annunciò il ragazzo. Si sforzava di essere allegro, ma c’era un qualcosa di angosciante ben palpabile. ― Come va con la gamba?

Newt fece una smorfia.

― Non va ― confessò. ― E i Medicali dicono che non mi faranno uscire da qui finchè non riuscirò a muoverla. 

― Brutta storia ― disse l’altro. Attese qualche secondo, gli occhi bassi.― Mi serve l’hamburger.

Newt strinse le labbra, trattenendo un’espressione ferita. Non voleva che lo notasse, che si rendesse conto di quanto ci stesse di sploff per il suo atteggiamento. Per il fatto che, dopo aver provato a uccidersi, il suo migliore amico gli avesse voltato le spalle.

― Prenditi il tuo cacchio di hamburger ― sbottò invece, tirandoglielo. Lo mancò di un paio di centimetri, lasciandogli i capelli umidi dove l’aveva sfiorato. Alby si chinò a prenderlo, impassibile, poi rialzò lo sguardo sull’altro.

― Sei impazzito, Newt? ― domandò con calma. ― Potevi spappolarmi la testa.

Newt annuì: ― Beh, ti serviva l’hamburger e te l’ho dato, visto che non accennavi ad avvicinarti. Che c’è, ti aspettavi che venissi a portartelo io?

Il sarcasmo trasudava dalle sue parole. Si passò una mano tra i capelli sudati, sospirando, fissando Alby di sottecchi: il ragazzo se ne stava impalato accanto alla porta, visibilmente interdetto e con l’hamburger ancora in mano. Probabilmente si era scongelato, pensò Newt, così il cuoco non avrebbe avuto problemi col microonde.

― Cosa caspio vai blaterando, Newt? ― domandò dopo un po’. ― Io non ho fatto niente.

― Già, è questo il problema. Non hai fatto niente di niente.

Newt avrebbe volentieri concluso lì la conversazione, ma l’altro non era dello stesso avviso: camminò velocemente fino al letto, tirò una sedia e si sedette accanto alla testa dell’amico, il mento poggiato sulla spalliera.

― Qual è il tuo problema? ― chiese semplicemente.

― Il mio problema è che ti comporti come se non esistessi.

Si dette mentalmente dello stupido prima ancora di rendersi conto delle parole che erano uscite dalla sua bocca: non doveva dirglielo. Non doveva. Poteva mostrarsi arrabbiato, offeso, incacchiato. Ma non ferito, quello mai. Non debole. Forse prima l’avrebbe fatto, ma il nuovo Alby non era come il vecchio.

― Cosa…?― stava dicendo l’amico, la voce resa acuta dalla sorpresa. ― Che intendi?

― Intendo quello che hai capito, testa di sploff. Intendo che è come se… come se fossi diverso.

― Diverso? Io?

― Non lo so. Forse sono io a essere diverso. Forse ti faccio schifo ma hai troppa pietà per dirmelo.

Stava esagerando, lo sapeva. Il dolore alla caviglia non lo aiutava a essere più lucido. Cercò lo sguardo di Alby, indeciso se proseguire o scusarsi, ma non trovò nient’altro che la solita espressione piatta.

― Non è vero ― disse semplicemente il ragazzo. Si alzò dalla sedia, come per allontanarsi da lui. ― Non mi fai pietà.

Newt sentì la rabbia sgonfiarsi come un palloncino, schiacciata da qualcosa di peggio: dolore. Dolore per averlo perso così, all’improvviso, in un momento tanto delicato.

― Beh, grazie ― commentò. Gli tremava la voce, ma si ordinò di non piangere. Non piangere. Non piangere. Si strofinò gli occhi con le dita, mascherando le lacrime in sonno. ― Ora puoi andare, hai avuto quello che volevi.

Alby si bloccò a metà stanza, indeciso. Newt lo vide voltarsi un’ultima volta verso la porta, scuotere le spalle e borbottare qualcosa prima di voltarsi verso di lui. Poi fece la cosa più assurda che avesse mai fatto da quando aveva trovato Newt arrampicato sul muro come un’assurda Scacertola e gli aveva gridato un insulto dopo l’altro: gli tirò di nuovo l’hamburger. E lo centrò, prendendogli in pieno la bocca e mandandolo a sbattere contro il muro per il contraccolpo.

― Ma che cacchio fai, Alby? ― gridò il ragazzo, portandosi le mani alle labbra. Il sangue le tinse di rosso pallido. ― Ma sei tutto andato sul serio?

Alby si avvicinò di nuovo a lui, ma non si fermò accanto alla sedia: proseguì fino al letto, si chinò su di lui, i nasi che si sfioravano e la bocca vicinissima. Poi, quando Newt cominciò ad arretrare, mormorò: ― Non credere di poter fare la vittima.
Non ne hai alcun diritto, caspio. Nessuno, nessun diritto. Tu hai deciso di buttarti e tu ti sei ferito alla caviglia. Non mi importa proprio niente se non potrai più camminare, perché è il prezzo per quello che ci hai fatto. Per quello che mi hai fatto.

I suoi occhi trasudavano rabbia e dolore. ― Potevi morire. Morire. E io ci sarei stato di sploff. Non hai il diritto di lamentarti.

Gli porse nuovamente l’hamburger raccolto da terra, premendoglielo sul labbro che si andava gonfiando. Newt rimase
immobile, troppo spiazzato per ribattere. Allungò una mano per liberare l’altro dall’incombenza di rimediare, ma Alby lo scacciò con la mano.

Rimasero così per un po’, zitti. E poi, come se la giornata non fosse stata abbastanza strana, Alby lo baciò. Velocemente, quasi di sfuggita, lo sfiorò soltanto.

― Hai le labbra fredde ― osservò. ― E incrostate di sangue.

E Newt cercò di sorridere ma non ci riuscì. E lo baciò a sua volta, ignorando il dolore alla gamba e tutta l’altra sploff. Lo baciò e basta. Sapeva di sale e cioccolato.

― Così impari a tirarmi gli hamburger in faccia ― ribatté, in una palese imitazione dell’altro. Forse le cose stavano tornando come prima, o forse non lo sarebbero state mai più.




N.d.A.: ebbene sì, I'm back *muahahahahaha*
No, sul serio. Ho cominciato da poco il prequel "The Kill Order" e mi è venuta voglia di riprendere qualche vecchia ff sul fandom - e ho trovato questa U_U


 
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > The Maze Runner / Vai alla pagina dell'autore: M4RT1