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Autore: Caroline3    21/03/2015    1 recensioni
Dal testo: "Alzo lo sguardo. Rimango spiazzata per un attimo.
E' di una bellezza travolgente. Non è proprio un ragazzo. E' più un uomo. Avrà sulla trentina. Ha i capelli castani e ricci. E' alto, ben piazzato. Porta un accenno di barba. Gli occhi sono verdi, ma non quel verde spento che noti solo alla luce del sole. Più il verde acceso dell'erba appena irrigata, dell'erba che sa di primavera.
Ma me non piace la primavera. Io amo l'autunno."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Prologo.

 

Le prime foglie d'autunno iniziano lentamente a cadere e a ricoprire il verde del parco.

Passeggio con le cuffie nelle orecchie, osservando, estasiata, gli alberi che fino a qualche giorno fa avevano una folta chioma ad adornare i loro rami ma che ora si ritrovano spogli, quasi nudi.

Controllo l'orologio: le 8:40.

La solita ritardataria.

Accelero il passo.

Se questo è il primo giorno di lezione, cominciamo bene.

Inizio quasi a correre, supero il cancello, giro l'angolo e mi imbatto in qualcosa. O meglio, qualcuno.

"Ahi!" esclamo.

"Dovresti stare più attenta." è un ragazzo a parlare.

"E tu dovresti guardare dove metti i piedi." ribatto, alterata, mentre mi inchino a raccogliere i libri che tenevo in mano.

Almeno ha la decenza di aiutarmi.

Alzo lo sguardo. Rimango spiazzata per un attimo.

E' di una bellezza travolgente. Non è proprio un ragazzo. E' più un uomo. Avrà sulla trentina. Ha i capelli castani e ricci. E' alto, ben piazzato. Porta un accenno di barba. Gli occhi sono verdi, ma non quel verde spento che noti solo alla luce del sole. Più il verde acceso dell'erba appena irrigata, dell'erba che sa di primavera.

Ma me non piace la primavera. Io amo l'autunno.

Mi sta guardando male. Malissimo. Diciamo che ha uno sguardo davvero truce.

Ma non mi interessa. Io lo guardo peggio. In fondo quello che se ne stava fermo dietro l'angolo a fissare il telefono era lui. Non lo sa che non ci si ferma in curva?

"Grazie." gli dico, strappando i fogli dalle sue mani.

 

A metà mattinata, tra una lezione e l'altra, io e le mie due amiche, Elisa e Marika, usciamo in cortile per fumare una sigaretta.

Loro fanno parte del mio gruppetto di studio, composto in tutto da cinque persone, nato ormai tre anni fa, al primo anno.

Io e Elisa ci incontrammo mentre contemplavamo il tabellone, all'entrata, per capire in che aula andare. Entrambe con lo sguardo smarrito e impaurito di chi si trova davanti (o dentro?) ad un nuovo mondo.

Marika e gli altri due componenti, Matteo e Giancarlo, invece, li conoscemmo lo stesso giorno, al bar della facoltà. Insomma, ci trovammo subito, manco avessimo la calamita.

Da quel giorno abbiamo preparato e affrontato gli esami insieme, sostenendoci a vicenda. Non potevo chiedere di meglio.

 

Quando decidiamo di rientrare, ancora prima di abbassare la maniglia, sentiamo una voce (devo ammettere anche abbastanza fastidiosa) al microfono: segno che la lezione è già iniziata.

Alzo gli occhi al cielo e mi preparo a sfilare davanti ad una cinquantina di persone, facendomi piccola piccola per non farmi notare dal professore.

"Voi tre!" esclama qualcuno, interrompendo il soliloquio del professore circa le comunicazione di servizio.

Ci fermiamo di colpo. Spalanco gli occhi e mi sforzo di alzare lo sguardo.

Non è possibile. Mi rifiuto di crederci.

Lì, seduto sulla cattedra, accanto al professore, in tutta la sua autorevolezza e bastardaggine, c'è il Signormisbattoaddossoateperchésonodistrattoetidoanchelacolpa.

"Siete in ritardo. Dove eravate?"

Restiamo impassibili. Sorprese ed imbarazzate.

"Allora?" insiste.

Socchiudo gli occhi. Che gran figlio di...

"Qui fuori." la flebile voce di Elisa riecheggia nel silenzio della stanza.

"In questo corso non tolleriamo i ritardi. La prossima volta non potrete segnare la presenza, ergo: sarete considerate assenti. Chiaro?"

Oh, quante cerimonie. Non mi risulta che il Dipartimento di Giurisprudenza richieda la presenza obbligatoria.

Facciamo segno di sì col capo e, nel prendere posto, mi lascio sfuggire un sussurrato "Stronzo".

Il professore riprende a parlare e, al contrario dell'assistente, è simpatico e un po' buffo. Porta uno strano abito marroncino, con i pantaloni sopra l'ombelico che gli mettono in evidenza la panciona. I capelli sono pochi e bianchi, mentre, sul piccolo naso, si trova un paio di occhiali con le lenti a mezzaluna.

"Allora, come stavo dicendo.." prosegue "Io sono il professor Antonio Branca. Terrò le lezioni di questo corso alternativamente al Dr. Leonardo Meloni.." dice, indicandolo "..e alla Dott.ssa Franca Castello. Il corso durerà entrambi i semestri, sicché potrete sostenere l'esame solo a Giugno, non prima..." Continua col darci qualche piccola informazione sul corso e poi inizia a porre le fondamenta del Diritto Commerciale.

Ah. Quindi è così che si chiama: Leonardo Meloni. Anzi, Dottor Leonardo Meloni.

Oh, davvero fantastico.

Ci farà anche lezione. Per l'intero anno, perlopiù.

Così, a naso, direi che sarà un anno davvero molto lungo. 


Ciao ragazzi/e! E' la prima volta che scrivo in questa sezione, siate clementi! :D
Avevo già iniziato questa storia, qui su efp, ma non ero soddisfatta perciò l'ho cancellata e riscritta!
La protagonista ha un bel po' di me e per scrivere questa storia mi sono ispirata ad un fatto reale: una cottarella per l'assistente universitario! A chi non è mai successo? Eheheh! Ovviamente ci tengo a precisare che la maggior parte dei fatti quali nome, aspetto fisico, carattere, materia e così via sono stati cambiati e che la storia è TOTALMENTE frutto della mia immaginazione! 
Beh, spero che il mio Leonardo vi piaccia come a me!
Buona lettura.
Un abbraccio, 
Caroline. 

   
 
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