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Autore: Lady_Dragon99    21/03/2015    4 recensioni
[Major Crimes]
Mio primo tentativo di one shot su questo telefilm che mi ha incantata. Spero vi piaccia! :3
"Era una notte estiva, nella città degli angeli, una di quelle afose, in cui l’odore di asfalto prende alla gola.
Lontano dal centro, dove nessuno poteva scoprirlo, un ragazzo si stese a terra, ansimando per la lunga corsa.
La pelle candida della schiena era imperlata di sudore, che lentamente scivolava sul terreno morbido e fresco. Era fuggito in un parco, non aveva idea di quale fosse, ma lo faceva spesso, dopo aver intascato la ricompensa per essersi lasciato sporcare di nuovo.Era una notte estiva, nella città degli angeli, una di quelle afose, in cui l’odore di asfalto prende alla gola.
Lontano dal centro, dove nessuno poteva scoprirlo, un ragazzo si stese a terra, ansimando per la lunga corsa.
La pelle candida della schiena era imperlata di sudore, che lentamente scivolava sul terreno morbido e fresco. Era fuggito in un parco, non aveva idea di quale fosse, ma lo faceva spesso, dopo aver intascato la ricompensa per essersi lasciato sporcare di nuovo. "
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The Angel in your Dreams

 

Era una notte estiva, nella città degli angeli, una di quelle afose, in cui l’odore di asfalto prende alla gola.
Lontano dal centro, dove nessuno poteva scoprirlo, un ragazzo si stese a terra, ansimando per la lunga corsa.
La pelle candida della schiena era imperlata di sudore, che lentamente scivolava sul terreno morbido e fresco. Era fuggito in un parco, non aveva idea di quale fosse, ma lo faceva spesso, dopo aver intascato la ricompensa per essersi lasciato sporcare di nuovo.
La fatica lo aiutava a dimenticare. Ma cosa doveva dimenticare? Non lo sapeva, tutto era troppo confuso. Aveva solo paura, non si ricordava come fosse arrivato lì, era così irreale... Eppure... Ecco, forse ricordava. Doveva dimenticare di aver venduto il proprio corpo, fingere di essere sfuggito a qualcosa di inarrestabile come il passato, provare disperatamente ad accasciarsi a terra così esausto da addormentarsi senza pensare. Conosceva bene quella sensazione: perché gli sembrava così lontana?
Serrò la mano sulla tasca dei jeans, sentendo i soldi sotto la stoffa.
Un singhiozzo gli scosse il petto. Chiuse le labbra in una linea sottile e si sforzò di piangere in silenzio. Era stanco, così stanco... Voleva riposarsi, dormire, dimenticare.
Ancora ansante, strinse gli occhi, quasi pregando il sonno di prenderlo fra le sue braccia e portarlo via.
L’erba su cui era sdraiato gli solleticò la pelle bianca: non aveva neppure pensato di rimettersi qualcosa addosso. Neppure sapeva dove fosse, la sua giacca leggera era finita a terra tempo prima. Rabbrividì lievemente, ma l’inesorabile calore dell’estate avrebbe impedito alla città degli angeli di portarsi via quel ragazzo biondiccio e disperato, schiaffo all’opulenza sfrenata di una metropoli che non conosce verità.
Non seppe mai cosa lo condusse nel piacevole sollievo del sonno, ma Morfeo gli donò il suo bacio d’oblio, e quella era l’unica cosa a importare.
I tiepidi raggi del sogno gli fecero abbandonare le speranze di una notte tranquilla.
Si alzò in piedi, in un luogo dai contorni indefiniti.
Mosse qualche passo in avanti, aspettando, guardingo, l’inizio dell’incubo.
C’erano due porte, dinnanzi a lui.
Una, spalancata, lasciava intravedere l’interno della sua vecchia casa, e da lì provenivano le grida di sua madre, impegnata in una lite con chissà quale fidanzato.
-Rusty!- urlò –Rusty, vieni subito qui!
Il ragazzo si coprì in fretta le orecchie, premendo con i palmi delle mani fino a farsi male.
Cercò con lo sguardo l’altra porta, appena socchiusa, da cui filtrava una sottile lama di luce calda.
Si sentì il cuore tremare di una strana sensazione. Il pavimento gli si sgretolava sotto i piedi, doveva scegliere, in fretta.
Tutto piuttosto che le urla di sua madre. Gli facevano troppa paura.
Corse attraverso quella luce, e si trovò davanti un’enorme vetrata, che dava sull’alba più bella che Los Angeles avesse mai visto.
Gli occhi azzurri scintillarono d’oro come gemme illuminate dal sole, mentre Rusty stava immobile, estasiato da quella bellezza devastante.
Sentì dei passi provenire dalla sua destra.
Si voltò in fretta, spaventato.
Vide una donna, che dapprima non riconobbe a causa del violento controluce. Era immersa nella luce meravigliosa dell’alba. I suoi capelli erano come rame, rilucevano nel sole nascente, ricadevano morbidi sulle spalle in placide onde ordinate.
Vestiva in modo elegante ma semplice, le braccia incrociate sul petto e il viso composto in un’espressione di tesa gioia trattenuta.
I suoi occhi brillavano, stupende prede della luce abbagliante. Erano di un colore indefinito, che oscillava fra il grigio e il verde, cambiando tonalità a ogni battito delle palpebre.
Il suo stato d’animo era concentrato in quei pozzi lucidi, lacrime d’amore volevano colarle lungo le guance, ma l’orgoglio le tratteneva entro quei deboli argini.
-Rusty...- lo chiamò con dolcezza, con la voce che tremava e le vibrava in gola -Rusty, andiamo a casa.
Le sue labbra si mossero appena a sufficienza perché le parole non fossero smorzate in un sussurro, e per quegli istanti eterni, un sorriso più luminoso del sole le si delineò sul viso.
Rusty sentì il cuore scoppiare di calore e sollievo, ma non riusciva a muoversi, non poteva far altro che fissarla, non poteva parlare, era immobile, i piedi come incollati al pavimento di piastrelle candide.
L’alba si tinse di rosso, lasciando che il rame che le intrecciava le ciocche morbide s’infiammasse di riflessi vermigli.
Il ragazzo strinse gli occhi, che bruciavano per un raggio proprio nelle iridi. Abbassò il capo, e vide l’ombra della donna profilarsi sul pavimento.
La osservò per qualche secondo, e notò un dettaglio che per Rusty era assurdamente irrilevante e scontato: l’ombra possedeva ali d’angelo.
Sentì il calore spostarsi dal suo viso, e poté finalmente rialzare lo sguardo.
-Rusty!- lo chiamò di nuovo.
Stavolta l’invocazione era urgente: tendeva una mano verso di lui, cercando di avvicinarsi, ma mani invisibili la trascinarono indietro.
-No!- Urlò con tutta la voce che aveva.
Non poteva andarsene, non doveva, lui ne aveva bisogno, non...
Tentò di correre verso di lei, disperato, ma la distanza fra loro aumentava, e non poté nulla per raggiungerla. Solo nell’accecante calore dell’alba, gridò di nuovo, rivolto alla figura che si faceva sempre più distante:
-Sharon!
Rusty si svegliò di colpo, mettendosi a sedere, gettando a terra la coperta, soffocandosi le urla in gola.
Ansante, si guardò intorno, e riconobbe il sicuro appartamento in cui viveva.
Il suo sguardo scivolò alla finestra che dava sul cielo senza stelle, poi lungo la stanza e sulla poltrona, vicino al divano su cui si era addormentato.
Sorrise, incredibilmente sollevato.
Sharon era lì, con le gambe accavallate e un libro ancora aperto posato in grembo. L’indice destro faceva da segnalibro, piegando leggermente una pagina. Si era lasciata rapire dal sonno, e le palpebre erano chiuse, nascondendo quelle iridi tanto emotive, mentre le labbra sottili riposavano in un’espressione serena.
Rusty si ritrovò a guardarla per qualche secondo, prima di toglierle piano il romanzo dalle mani e appoggiarlo sul tavolino. Le sfilò con attenzione gli occhiali, per poi deporli accanto al libro.
Ancora scosso dal sogno, valutò l’opzione di svegliarla, o di abbracciarla.
Sbuffò piano, divertito dalla situazione insolita, raccolse da terra la sua coperta e, goffamente, la drappeggiò sulle spalle di Sharon, cercando di non disturbare il suo sonno.
Lei mormorò qualcosa di confuso e sorrise, ma non aprì gli occhi.
Il ragazzo ridacchiò fra sé e allungò una mano verso la guancia del suo personalissimo angelo, ma poi si ritrasse, mosse qualche rapido passo verso la porta e spense la luce, sussurrando: -Buonanotte, Sharon.
Si era già voltato, e non poté vedere lo sguardo dolce che lo seguì in silenzio, mentre le dita fini si stringevano sull’orlo della coperta.
Pochi minuti più tardi, mentre si appisolava lentamente nel suo letto, ormai avvolto dal sonno, Rusty si chiese chi fosse stato l’idiota a cominciare a dipingere degli angeli biondi: gli angeli hanno i capelli color del rame, brillante sotto i raggi del sole.



 
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Tana del Drago:
Bene, ed eccomi a battezzare EFP con Major Crimes (?).
Ok, credo di essere la prima, se non è così qualcuno mi fermi ^^
Dunque, mi presento: sono Lady Dragon (O Lady. O Dragon. O come volete), e sono quella che sclera a prescindere su qualunque cosa! :3
Ora, vorrei trattenermi di più in vostra compagnia, ma purtroppo sono molto stanca, e credo che finirei per dire delle cose insensate... e io vorrei solo che apprezzaste questo momento fluffoso (?) che ho scritto praticamente di getto grazie a delle intuizioni geniali sui capelli di Sharon. Sì, io penso ai capelli di Sharon mentre sto nuotando (?).
Bene, ora vado davvero a nanna, se vi fa piacere, lasciate una recensione, fareste un draghetto felice!
Buona giornata/notte/esistenza a tutti!
<3
 
  
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