Il principe e l’Oicab
(Never
give up)
“La storia che sto per raccontarvi comincia in
un luogo piuttosto remoto e sconosciuto, il regno di Iranilom.
Qui le culture vengono rispettate e conservate, qui
tutto il mondo conosciuto si concentra nel medesimo luogo, qui ogni persona
vive a contatto con le stesse regole e tutti le rispettano, nessuna eccezione…Nessuno
fa del male al prossimo e la vita viene vissuta quasi fosse un fantastico
gioco, un’avventura meravigliosa in cui tutti si aiutano tra loro lungo il
proprio cammino. Proprio per questo si potrebbe pensare che il regno di Iranilom, essendo troppo perfetto per essere vero, no
esista. Eppure le condizioni di vita dei suoi abitanti
non sono state da sempre così ottimali. Il raggiungimento di tale luogo ideale
in cui vivere è stato
possibile solo grazie ad un fenomenale strumento. Questo strumento, denominato Oicab, capace di tirar fuori dagli esseri umani quanto di più buono e giusto possa
esserci in loro, è anche in grado di eliminare ogni sorta di rivalità, egoismo,
invidia, cattiveria e via dicendo dal loro povero cuore.
Certamente starete pensando che uno strumento del genere non possa
esistere…Ebbene, all’inizio anche il principe Trebor era di quell’idea, ma per avere salva la vita e per
riscattare l’onore della sua famiglia, nonché per
salvaguardare la quiete del suo amato regno, quando ancora i prepotenti e gli usurpatori
la facevano da padrone, egli decise per lo meno di fare un tentativo e di
mettersi a cercare in lungo e in largo il fantomatico Oicab”
(…)
Una stanza tetra, solitamente immersa
nelle tenebre era da anni l’unica e triste dimora di giovane ragazzo dalla
palle bianco latte e gli occhi vispi e sognatori: il principe Trebor.
Solitamente si pensa che i principi, in quanto tali, debbano condurre una vita
invidiabile e di tutto rispetto, ma nel nostro caso purtroppo non fu così. Il giovane Trebor, fin da quando venne al mondo
dovette subire tantissimi attacchi da parte di un sacco di persone e all’età di
soli quattro anni, alcuni fanatici assalitori assassinarono i suoi genitori, sua unica fonte di gioia, lasciandolo completamente
abbandonato a se stesso.
Egli, fin da quando era venuto al mondo,
aveva suscitato scalpore e indignazione tra i sudditi di tutto il regno pur non
avendo commesso nulla. In effetti non era affatto
colpa sua se non era una femmina. Difatti erano moltissimi secoli che non succedeva: l’erede al trono, a causa di una maledizione millenaria
doveva essere per forza di sesso femminile, ma accadde che quando la giovane
regina Beth doveva ancora di mettere al mondo la sua bambina, alcune fate,
invidiose della sua bellezza, avessero deciso di giocarle un brutto tiro. Invitatala
a bere ad una piccola fonte, nascosta tra le fronde di un salice piangente,
fecero in modo che il sesso della creatura che ella
portava in grembo mutasse. L’acqua color oro era talmente bella ed emanava un
profumo talmente invitante che la regina non seppe resistere, neppure conscia
dei pericoli in cui avrebbe potuto incorrere dando
retta alle fate dei boschi…
Da cotale inganno era dunque scaturito
il peggio.
Un maschio! La creatura che ella aveva messo al mondo era un maschio!
Quale terribile destino sarebbe dunque
toccato al giovane principe? Lui aveva finalmente spezzato la catena maledetta,
eppure nessuna lode gli era stata fatta, nessun grido
di gioia si era innalzato. Da subito venne rinchiuso
prepotentemente in una stanza oscura, nelle segrete del castello. Nessuno
avrebbe dovuto sapere che il figlio della regina Beth non era una femmina.
A causa dell’antico maleficio che si era
abbattuto sul regno di Iranilom, tutti i popoli si erano
riuniti attorno alla casata a cui lo stesso Trebor apparteneva per discendenza.
Certi che la maledizione che incombeva sulla famiglia fosse
terribile ed ingiusta, tutti quanti avevano così giurato di rimanerle fedeli
per sempre per sostenerla ed aiutarla, almeno fino a quando la maledizione non
si fosse spezzata. In questo modo la pace regnava incontrastata ormai da
diverse decadi. Se qualcuno fosse venuto a conoscenza
della tragica notizia, quella quiete così irreale, si sarebbe infranta come
un’onda che si abbatte sugli scogli. Avrebbero potuto dichiarare morta la neonata ma la giovane regina Beth si oppose fortemente a
tale decisione. Così il re e la regina e tutte le cortigiane si sforzarono di
tenere nascosta la verità, ma purtroppo un servo traditore rese noto a tutti il segreto del principe. Il popolo cadde in
subbuglio. Il reame rischiò davvero di entrare in guerra con alcune casate avversarie
che volevano approfittare dell’occasione per spodestare la regina e il suo
consorte. E come preannunciato, accadde il peggio.
Morti i due sovrani, solo grazie all’intercessione di una strega buona, come è solito avvenga in questi casi, venne stipulato un
accordo tra le varie casate, antecedente al trattato di pace. Ma ahimè esso prevedeva una dura sentenza per il piccolo
neonato.
Trebor, non appena avesse compiuto
diciannove anni, avrebbe dovuto intraprendere un lungo viaggio alla ricerca del
leggendario Oicab, strumento
preziosissimo ideato dal maestro Icniv Odranoel, originario di una piccola
penisola a sud del continente fin allora conosciuto. Grazie ad esso, si narrava che l’intero genere umano sarebbe stato in
grado di vivere in pace ed armonia per secoli e secoli dato che lo strumento in
questione riusciva a trasformare l’energia negativa degli uomini in pensieri
felici e spontanei gesti d’altruismo.
Fu così che quando ancora gli occhioni
color cioccolato del principino non avevano avuto il
piacere di osservare il mondo con coscienza di causa, una gigantesca spada di
Damocle era già stata posta sopra la sua piccola e fragile testolina.
(…)
Due braccia calorose ed un volto
sorridente che gli venivano incontro a poco a poco per carezzargli il viso e
stringerlo a sé, riempiendolo di amore ed
attenzione…Una bella donna, tanto più grande di lui, sua madre, giovane e bella
che lo cullava dolcemente tra le sue braccia, l’unica persona che lo avesse mai
veramente amato…Il suo unico pensiero felice…
Ancora un attimo di oblio,
poi Asil lo riprese aspramente ricordandogli qual’era
il luogo dov’erano giunti, strappandogli quei dolci pensieri dalla mente e
riportandolo brutalmente alla realtà. Per l’ennesima volta Trebor si convinse
che provare odio verso di lui non era quello che voleva. Non era una cosa
importante ormai, se nella sua solitudine c’era l’ennesima persona che lo
abbandonava a se stesso, la cosa non doveva importagli.
Eppure di tanto in tanto la labile speranza di un
cambiamento gli si era affacciata alla mente ed era stato tremendamente crudele
e difficile ricacciarla via. Non desiderava sentirsi solo e vuoto. In ogni caso
non aveva senso porsi tale problema proprio in un
momento del genere. I due giovani, ben vestiti e armati di spade, scesero
lentamente le scale a chiocciola che conducevano nei sotterranei del vecchio
monastero. Asil aveva messo in bocca le due dita che
si era appena tagliato.
Il sapore del sangue non era per lui una novità, perciò più di tanto non lo
disgustava , ma intanto la testa gli pulsava
parecchio. Sentiva il cuore battergli forte nel petto e a poco a poco sentiva
che quel muscolo così importante veniva trafitto da
strani spasmi, che si facevano sempre più dolorosi. Accanto a lui Trebor in
qualche modo lo rassicurava. Nonostante non fossero certo in buoni rapporti infatti, l’altro si era offerto di tentare di aiutalo
preparandogli un unguento medicamentoso.
Il luogo tetro e umido nel quale si
erano da poco inoltrati puzzava tremendamente di marcio e alcuni ratti disgustosi
scorrazzavano ai margini delle pareti, arrampicandosi sopra i gradini alla
ricerca di qualche cosa di commestibile.
“Bleah…sono ripugnanti!” si lasciò
andare Asil nauseato.
“Hai ragione ma
ormai dovremmo esserci…E’ questo il luogo segreto in cui il maestro creò e
nascose l’Oicab!...Sarà sicuramente nei paraggi, ne sono certo!”
“..Ahio però…il taglio mi fa davvero male…non mi sarei dovuto
aggrappare a quella pianta rampicante senza una protezione…e poi avverto ancora
delle dolorosissime fitte al petto…”
“E’ vero, non sappiamo nemmeno se fosse velenosa, quelle foglie rosso porpora non promettevano
nulla di buono Asil…Ma grazie all’unguento dovresti
star meglio tra poco…!”
“Già…Direi che
rispetto a prima va già molto meglio…Senza il tuo aiuto credo non sarei stato
in grado di rimettermi in piedi, ma non per questo mi sento in debito con te,
sappilo…”
“Ormai non ha importanza! Il regno sarà
salvo se almeno tu riuscirai a fare ritorno con l’Oicab!”
A quelle parole Asil
sussultò.
“Come sarebbe a dire? Tu non morirai
Trebor! Non dopo essere giunto fino a qui…Sei o non sei il principe del regno di Iranilom?...Io sono soltanto uno scudiero!”
“Già…Hai ragione ma
una volta fatto ritorno non ci sarebbe comunque posto per me…Mi odierebbero
comunque, ne sono certo, come hanno sempre fatto…Tu stesso non mi sopporti, per
questo ho deciso che una volta portata a termine la missione la farò finita del
tutto…”
“Sei impazzito? Perché
dici una cosa del genere? Dopo tutta la fatica che hai fatto per farti
riconoscere come legittimo sovrano?!”
“Sì Asil, hai ragione ma…Devi capire! Per tutta la vita, il mio unico
scopo è sempre stato quello di ritrovare l’Oicab. Alla morte dei miei genitori,
più nessuno mi ha voluto bene per quello che ero. Mi
sopportavano soltanto perché potevano riporre in me le loro speranze…Sono anni
che non ricevo un sorriso sincero, una parola sincera…Tu stesso mi disprezzi,
lo so bene…Me lo hai appena dimostrato per l’ennesima
volta. Non ha alcun senso che io continui a vivere in
un modo dove le persone che mi stanno attorno non fanno che sostenermi per
ragioni inutili ed ipocrite…”
Vero. Trebor aveva perfettamente colto
nel segno. Asil non se la sentì certo di negare,
tutto ciò che il ragazzo bruno, in piedi di fronte a lui, gli aveva appena
detto, era la triste e squallida verità.
“Come vuoi dunque! Ma
almeno finché non troveremo l’Oicab, mi servi vivo. Poi sarai
padrone del tuo destino…Io non ti fermerò di certo!”
E con
quest’ultima frase pronunciata dallo scudiero, Trebor si vide costretto ad abbandonare
quell’ultimo e sottile filo di speranza al quale si era aggrappato. Avrebbe
voluto che l’altro gli rispondesse a tono, esortandolo in qualche modo a
desistere da tali idee, si era immaginato una scena
strappalacrime nella quale Asil lo avrebbe abbracciato
e sostenuto, dichiarandosi suo amico e compagno di sventura…Aveva continuato a
cullarsi con quel pensiero, anelando di verderlo in qualche modo concretizzarsi
davanti ai suoi occhi. Ma la realtà gli si era appena
palesata per quella che era: lui era solo ed Asil non
avrebbe mai mosso un dito verso di lui, per sciogliere quella corazza di
ghiaccio che si era creato attorno al suo giovane cuore.
“Bene…” proseguì subito Trebor
abbozzando un amaro sorriso che nascondeva ogni sua più recondita emozione “…credo sia giunto il momento di farla finita allora: quello
che vedi laggiù è lo strumento che andiamo cercando da mesi…Ecco l’Oicab!”
Immediatamente lo sguardo curioso ed
eccitato di Asil seguì la
traiettoria del dito indice di Trebor, che per l’appunto gli aveva appena
voluto suggerire dove si trovava l’oggetto.
Le guance del giovane principe avevano
inspiegabilmente iniziato a rigarsi di lacrime. No…Non doveva piangere. Non
aveva senso continuare a sperare in qualcosa che non sarebbe successo.
“Ormai la mia esistenza non ha più alcun
senso…Al mondo interno non importerebbe nulla se anche me ne andassi
in questo preciso istante…” erano i tristi pensieri che turbinavano nella testa
di Trebor. Nel frattempo, Asil con grande affanno
stava già cominciando ad esaminare l’Oicab.
“E’ esattamente come descritto sul grande libro dei maghi!”
Stavolta un singulto venne a rompere il
silenzio di quell’antica cattedrale abitata da spettri.
“E’ finita…”
Ma d’improvviso
un enorme luce si levò dalle tenebre. L’oggetto che Asil
teneva da poco tra le mani esplose con un grande boato
cancellando tutto, facendo perdere coscienza ad entrambi…
Ormai le lacrime avevano smesso si
scorrere e così anche le risate di gioia si erano spente.
Quando il
giovane Trebor riaprì gli occhi, quasi gli parve di sognare. Il regno,
come lui lo conosceva, gli si presentava ora in tutto il suo splendore. Era
tornato bambino e accanto a lui un parimenti giovane ed impacciato Asil se ne stava sbigottito ed impalato a bocca aperta.
“Cosa?...Che cosa
è successo…Io…non capisco?!” bisbigliò Trebor con voce tremante per l’emozione.
“Non lo so…Non me lo ricordo…Ma tu come
ti chiami? Vorresti essere mio amico?” gli domandò l’altro d’un tratto,
regalandogli un grande sorriso sincero.
“Come? Amico? Ma………Sì…certo, perché no?”
La luce sembrava pervadere l’intero
palazzo, in un batter d’occhio il gelido pavimento su sopra il quale si trovavano si era trasformato in un letto morbido e caldo.
Delle risa li sorpresero entrambi seguite da un caloroso abbraccio.
Erano i genitori di Trebor, giovani e
più felici che mai.
“Ma com’è
possibile?” si chiese allora il piccolo Trebor asciugandosi le lacrime.
“Sei stato bravo piccolo mio…Hai
resistito fino all’ultimo, combattendo per il bene del tuo regno senza pensare
neanche per un attimo alla tua felicità…E proprio per questo sei stato
premiato…Il potere dell’Oicab ha riconosciuto il grande
valore che sta dentro il tuo cuore! Promettimi che resterai per sempre così! Ti
voglio bene…”
Stavolta il suo non era un sogno ad
occhi aperti. “Grazie…”
Non bisogna mai perdere la speranza.
Lottare per il proprio bene e per quello degli altri è qualcosa che tutti
dovrebbero voler fare. Le cose belle capitano in modo inaspettato…Fidatevi di
ciò che dico…A volte sembra impossibile ma proprio quando le tenebre di tolgono
le ultime forze per credere…la luce torna a darti la
vita. E naturalmente non importa in che condizione tu nasca
o con addosso quale maledizione…