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Autore: Pistacchia    22/03/2015    0 recensioni
Wonderer è un'appassionata di Riot of Hazet, videogioco online del quale viene disputato un torneo seguito da migliaia di persone, l'Hazel Pro Tournament, nel quale competono coloro che spiccano per bravura e abilità. Riuscirà Wond a vincerlo e ad accedere così ai Mondiali? In questa fanfiction vedremo come gestirà i rapporti con la squadra e con altri personaggi, e a cosa sarà disposta a rinunciare pur di raggiungere il successo, in un mondo in cui troppo spesso ci si scorda che la vita non è un gioco.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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C'è chi gioca con la vita

Capitolo 1: LA PRIMA SETTIMANA

 
Ero lì, seduta sulla sabbia color ocra, in un paese della California distante migliaia di chilometri da casa mia, soltanto per giocare competitivamente a Riot of Hazel. Ero rimasta stupefatta quando Dan mi aveva chiesto di far parte del team. Non me lo aspettavo proprio. Io? La sfigatella, la nerd a cui piaceva stare chiusa in casa a smanettare sui videogiochi, avevo finalmente la possibilità di redimermi da una vita passata sempre nell'ombra di persone più brave, più belle, più simpatiche di me. Che poi, chissà perché avevo sempre avuto questo senso di inferiorità, visto che quelle stesse persone che consideravo migliori della sottoscritta alla fine erano esseri umani qualunque, anche loro pieni di difetti. Entrare in uno stadio per essere io quella sotto i riflettori, era una sensazione sconosciuta per me. Ma più ci pensavo, più mi rendevo conto che non c'era nulla da stupirsi. Mi ero guadagnata quel posto nella squadra, le migliaia di partite che avevo giocato, e vinto, ne erano la prova. Nella classifica europea ero al quinto posto, sotto ad altri mostri sacri di ROH che giocavano da anni nell'HPT. L'Hazel Pro Tournment, la competizione dove davano il meglio di sé talenti come Gleen, Whirpool, Giax e tanti altri. Dieci squadre che si scontravano in una battaglia serrata per il primo posto. Alla fine di ogni stagione si disputavano i playoff e i playout, per decidere chi sarebbe andato ai Mondiali e chi invece sarebbe stato retrocesso, perdendo così il suo posto nella competizione. Il mio team, i Phoenix in the Storm, abbreviato comunemente in PHS, era finito sesto l'anno prima. Un risultato quasi scandaloso per un team che da sempre era ai vertici della classifica. Il coach aveva così deciso che serviva un cambio nella squadra, ed ero subentrata io. 

-Dobbiamo tornare a casa per l'allenamento!- disse Marcel nel suo inglese quasi perfetto, ormai privo dell'accento danese che evidenziava le sue origini.
Mi voltai e feci il pollice in su, per fargli intendere che avevo ricevuto il messaggio. Fu così che mi alzai, passai la mano sul vestito per togliere la sabbia, e mi diressi alla casa dove vivevamo noi cinque membri del team assieme al il nostro coach. Era ormai da una settimana che risiedevo nella gaming house dei Phoenix, e devo dire che non mi dispiaceva essere finalmente autonoma. Certo, avrei fatto volentieri a meno di alcune faccende domestiche, tipo fare la lavatrice, e il fatto di dover imparare a arrangiarmi in un paese dove non conoscevo nessuno mi metteva un po' in agitazione. Eppure, nulla poteva superare la mia felicità di aver finalmente trovato un lavoro, e di avere l'opportunità di toccare con mano una cosa che fino ad allora mi era sconosciuta: la fama. 

Mancavano due giorni al sabato, giorno in cui avremmo giocato la prima partita della stagione all'Hazel Pro Stadium. Sentivo le farfalle nello stomaco, la paura di non riuscire a giocare al meglio era grande, e pesava come un macigno. Ma tutte queste sensazioni erano un prezzo che ero disposta a pagare, pur di salire su quel palco. 

"Eccoci alla terza delle partite di oggi! Qui all'Hazel Pro Stadium vedremo scontrarsi due giganti nel panorama di ROH, i vincitori della competizione autunnale, i We Are Giants, contro un team che ha molto da dimostrare, vista l'ultima stagione decisamente sottotono. Un benvenuto ai Phoenix in the Storm, e alla loro nuova Empirea, Wond!"
Ammiccai verso la telecamera, in segno di saluto, e sedetti alla mia postazione. Lì mi attendevano la mia fidata tastiera retroilluminata e il mouse con i tasti laterali. Appoggiai la mano sul mouse e feci un respiro profondo. Cercai di non badare alle centinaia di persone sedute sugli spalti, né tantomeno alle luci quasi psichedeliche che illuminavano il palco sul quale si trovavano i dieci computer, uno per ogni giocatore. Cinque postazioni da una parte, e cinque dall'altra. Era così che funzionava, in questo modo riuscivi a intravedere il team avversario, che dietro ai monitor discuteva di strategie, o semplicemente faceva battute per allentare la tensione. 
-Tutto bene, Wond?- chiese Nurim, membro storico del team. Era un tipo mite, lui. Me ne ero già accorta, nonostante fossi arrivata da poco nella gaming house. Era uno di quei ragazzi (oddio, non proprio ragazzo, stava per compiere 25 anni) che riuscivano a farti sentire a tuo agio dovunque fossi, con la sua parlata tranquilla e rassicurante e i suoi modi sempre gentili. Magari ne avessi conosciute di persone così in Italia! 
-So come ti senti, ci siamo passati tutti, ma tu concentrati soltanto sulla partita. Sempre se quel provolone di Marcel te lo permette!-
L'intero team rise, Marcel in effetti era stato ancora più premuroso di Nurim, al punto che il resto della squadra aveva cominciato a fare battute su una possibile relazione tra me e lui. Ma la sua premura era dovuta al fatto che non voleva vedere il team di nuovo costretto a lottare per evitare di finire ai playout. L'Empireo che aveva giocato per il team la stagione scorsa e che era poi stato cacciato, non solo era un pessimo giocatore, ma aveva anche frequenti attacchi d'ira, specialmente quando perdeva una partita. Marcel non voleva che questo si ripetesse. Stavolta dovevamo dimostrare all'America che eravamo una squadra compatta e unita, nonostante ci fossi io, la nuova arrivata, entrata a far parte dei Phoenix da appena una settimana. 
-Ehi, il mio piano è quello di convincerla a cucinare per il team! Un altro dei tuoi pancake bruciati, Nurim, e giuro che torno in Danimarca! 
-Fermi tutti, se mi mettete ai fornelli vi attende pasta in bianco per il resto dei vostri giorni!- sentenziai. 
Il nostro scambio di battute fu interrotto dalle grida del pubblico, che iniziò il conto alla rovescia.
3, 2, 1, 0!
I sorrisi sui nostri volti si spensero, mentre si accese nei nostri sguardi la voglia di vincere. La partita era iniziata, ora dipendeva tutto da noi.
Ci disponemmo nei Tre Livelli. Io stavo nel più alto, l'Empireo, seguita da Nurim e Marcel che giocavano nel Medio, e i restanti due membri del team, Ron e CforCrazy, nell'Infernale. Subito cominciò la solita schermaglia tra Empirei. Riuscii a mettere a segno qualche magia, ma anche il mio avversario non fu da meno, d'altronde non a caso era considerato il più forte Empireo d'America. Cercai comunque di restare in una posizione sicura, e di non rischiare troppo nella mia prima partita del torneo. Negli altri livelli, però, le cose andavano male. Soprattutto Crazy e Ron erano in difficoltà, visto lo stile di gioco aggressivo degli avversari. Quando fu il momento di sbloccare il primo santuario, che permetteva a uno dei giocatori di entrare nella base avversaria e fare più danno possibile in un determinato lasso di tempo, questo andò ai We Are Giants, per via della loro schiacciante superiorità nel Livello Infernale. 
"Maledizione" pensai "Voglio cominciare con una vittoria, non con un massacro!" 
Guardai alla postazione dell'Empireo avversario. Non potevo vedere il suo volto, nascosto dietro il monitor, ma riuscivo a vedere le dita che si muovevano febbrilmente sui tasti laterali del mouse. Non dovevo assolutamente distrarmi. Recuperai la concentrazione, e tornai a pensare al modo migliore per uccidere il mio avversario e sbloccare così l'accesso alla base nemica. Decisi di rischiare il tutto e per tutto, dato che ormai il punteggio parlava chiaro: 9 uccisioni a 2 in favore del team nemico. Attivai tutte le magie, saltai in faccia all'Empireo dei We Are Giants, e vidi la sua barra della vita andare da 100 a 0. Il pubblico esultò, e io tirai un sospiro di sollievo. Ma anche se avevo vinto la mia prima schermaglia, per il resto del team la situazione era tragica. Entrai nella base nemica e cominciai a sferrare colpi al nexus, ma era troppo tardi. I Medi e gli Infernali dei We Are Giants erano riusciti a uccidere il resto del mio team, e a penetrare per l'ennesima volta nella nostra base. La partita poteva dirsi conclusa. Mi tolsi le cuffie, e andai a stringere la mano ai miei avversari. Erano tutti ragazzi sui vent'anni, esattamente come me, ma mentre i loro sguardi erano sereni, quelli dei miei compagni di squadra erano decisamente pensosi. Cos'era andato storto?  
Per quanto mi riguardava, da una parte c'era l'amarezza per aver perso, ma dall'altra stava la piccola, egoistica soddisfazione, di aver lasciato di stucco tutti gli appassionati di Riot of Hazel, sconfiggendo nella mia prima partita all'Hazel Pro Tournment uno tra i giocatori più forti d'America.
Andammo nel dietro le quinte, dove si trovava la stanza in cui ci saremmo poi riuniti per discutere col coach Alec e Dan, il manager della squadra.
Ero in mezzo al corridoio del backstage, quando sentii una mano appoggiarsi sulla mia spalla. Mi voltai. Era Restless, l'Empireo dei WAG, che ero riuscita a sconfiggere nel duello 1 contro 1. 
-È un piacere conoscerti.- disse, porgendomi la mano, l'accento tedesco che rendeva la sua pronuncia dura e tagliente- Volevo complimentarmi per la partita. Sei riuscita a cogliermi alla sprovvista, e io di solito ho sempre la situazione sotto controllo.-
Lo guardai dritto negli occhi. Le sue iridi azzurro ghiaccio non tradivano alcuna espressione. Era un bel ragazzo, con quei capelli biondo chiaro e i lineamenti regolari.
"O almeno, lo sarebbe se sorridesse un po' di più." pensai.
Non sapevo se ringraziarlo o no, con le parole diceva una cosa, ma il suo modo di fare lasciava trasparire tutt'altro.
Alla fine decisi di usare la tattica del "politically correct", e misi in fila qualche parola giusto per essere cortese.
-Ad ogni modo-riprese lui- Ti auguro buona fortuna con il team. Se vuoi il mio parere, le Fenici si sono uccise con le loro stesse mani. Chissà se tu riuscirai a farle risorgere.
Stavo per chiedergli cosa intendesse dire, ma lui si voltò e mi lasciò lì, da sola in mezzo al corridoio.
  
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