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Autore: CathLan    22/03/2015    2 recensioni
Harry Styles è un modello che a giorni alterni lavora come cameriere nella caffetteria di famiglia. Louis è un cliente abituale che vorrebbe fare del calcio il suo lavoro. Quando si incontrano, loro malgrado, vedono i loro sogni sfumare e le loro convinzioni prendere strade completamente diverse.
Larry//accenni Ziam. 9569 K.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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When you fall in love
You can't help it when you act like a fool
When you look above
You see the
reasons why we do what we do


 

Il cafè è uno di quei piccoli locali con la porta al livello di Portobello Road e due soli grandi piani collegati da una scala in legno bianco.
Su una delle pareti del primo piano corre una grande vetrata dove si vedono i turisti – e non solo loro – fare lunghe passeggiate pronti ad accaparrarsi i favolosi e freschi prodotti del grande mercato.
I muri sono stati pitturati di un monocorde bianco panna e i tavolini quadrati lasciati alla loro semplice bellezza: in legno chiaro, con il menù nero sdraiato al centro. Sedute dello stesso materiale e colore, con le gambe in acciaio.
L'unica cosa che può svettare nel cafè e che è arrivata a far parte dell'arredamento da solo qualche settimana è la bacheca nera a fianco del bancone – anch'esso di un legno abbastanza anonimo, con una vetrinetta a mostrare i dolci, le insalate e i tramezzini freschi – su cui ognuno può scrivere quello che vuole usando post-it o scotch trasparente.
Quando Louis, cliente abituale dai tempi delle superiori, ha chiesto al titolare a cosa si dovesse questa nuova entrata in scena quello ha alzato le spalle spingendo il mento in direzione del cameriere, un ragazzo alto e riccio sul quale cartellino svetta il nome di Harry Styles.
Quest'ultimo è il figlio della moglie del titolare e lavora lì a giorni alterni. Pur non avendone minimamente bisogno si sveglia alle cinque e mezza nei giorni dispari della settimana e lavora per otto ore filate, concludendo alle due del pomeriggio.
Per Louis è okay, insomma non serba alcun particolare rancore contro le persone che sebbene potrebbero starsene comodamente sul divano a guardare stupide serie tv si rimboccano le maniche, ma quell'Harry gli fa proprio storcere il naso. E non sa neanche spiegarsene il motivo.
O forse, sì, certo, può benissimo essere che quel fastidio provenga dal fatto che Harry Styles, quello che appare sulle copertine di Vogue e poi lo trovi a servire nella caffetteria di famiglia con il grembiule rosa sporco della farina con cui crea i muffin al mirtillo, i tortini al limone e i bignè alla crema chantilly che scompaiono sempre dopo dieci minuti che li ha posati dietro la vetrina, sia la persona più eccentrica, luminosa e affascinante che abbia mai incontrato. Perché sia mai che le qualità possano venire distribuite correttamente, figurarsi.
Dunque forse è quello a dargli fastidio. Che Harry Styles, che fa il modello per marche di cui lui sinceramente sa a stento pronunciare il nome, che studia al terzo anno di economia e prepara dolci come neanche sua madre, sa di essere ammaliante e se ne approfitta.
Lo sanno tutti, eppure tutti ci cascano. La bacheca è sempre piena di post-it con segnati numeri di telefono, e-mail e perfino indirizzi diretti a chi?
Ma ad Harry, ovviamente.
E lui che fa?
Finito il turno spulcia la bacheca e raccoglie i biglietti, infilandoseli in quei maledetti jeans che devono come minimo essere di due taglie in meno ma che lui trova la pazienza di infilarsi ogni santa mattina all'alba sulle gambe chilometriche.
Harry quel giorno ha i capelli lunghi legati in una crocchia alta e alle mani due cerotti di Cenerentola. Quando arriva al suo tavolo guarda la coppia seduta al suo fianco – come sempre a lui non rivolge neanche l'ombra di un saluto perché sia mai – e sorride uccidendo mezzo locale.
Ha i denti bianchissimi e due adorabili fossette ai lati delle labbra rosse.
«Solito?» domanda ora sbattendo le ciglia sugli occhi verdi.
Louis si chiede come i suoi amici non si rendano conto di ciò che fa, irrorando brillantini e qualsiasi altra dannata cosa da unicorno sexy, quando è così ovvio e banale.
Liam, comunque, biondiccio e buono – accoppiata combo – lascia la mano di Zayn e indica al cameriere una cosa sul menù. «Da quando li fate?»
Il volto di Harry si illumina. «Da qualche giorno, ma sei il primo a chiedermeli! Adoro le banane!»
Louis griderebbe volentieri oh, andiamo! ma resta in religioso silenzio e lancia una piccolissima alzata di sopracciglia rivolta a Zayn. Il pakistano scrolla il capo nascondendo un sorriso dietro il palmo tatuato.
«Uh, bene, sarò il primo ad assaggiarli allora.» Liam lancia un'occhiata al suo ragazzo. Zayn è il suo esatto opposto. E' silenzioso, quieto e affilato come una lama. Oltre all'essere bello da far male, nascosto dai tatuaggi, gli sguardi annoiati e i tratti medio-orientali. «Quindi per noi due uno di questi plumcake e due caffè. Uno macchiato e uno normale.»
«Per me un tè bianco e un muffin al mirtillo» aggiunge lui, prima che Harry se ne vada ignorandolo.
Il riccio annuisce e senza segnare torna al bancone.
«Dovresti provare a parlargli» comincia Liam, con la canotta così larga che oltre ai pettorali gli si vede la peluria attorno all'ombelico. «Intendo, fuori di qui. Si vede che vi piacete.»
Louis cerca manforte in Zayn, ma quello annuisce completamente assuefatto dal suo ragazzo. E quando mai.
«Forse in un altro universo parallelo.»
«Che cosa?» chiede Niall, facendo la sua entrata trionfale. Sgraffigna una sedia da un tavolino di ragazze mollandole con un'occhiolino dozzinale e si aggiunge al loro. «Che cosa in un altro universo parallelo?»
Ha i capelli biondi sparati in ogni direzione e gli occhi blu fiammeggianti. Cosa assurda, perché alle otto meno dieci nessuno dovrebbe essere così allegro. Dovrebbe essere tipo illegale.
«A Louis piace Harry, ma non si decide» spiega Liam, come fosse ovvio.
Zayn, di nuovo, annuisce.
Lo sforzo per non tirargli un pugno nelle palle è immane, gli sottrae molta energia e per questo non ribatte. Si limita a seguire la folla che si fa più fitta man mano che il tempo passa. Il mercato inizierà a pullulare di persone di lì a qualche ora, ma loro saranno già all'università. O al lavoro, come lui e Zayn.
Harry, il cameriere che lavora per YSL e che si infila sempre nelle tasche i foglietti con scritto chiamami, esita un'insignificante istante prima di servirli. Poi sorride e si avvicina. Con la mano sulla quale ha tatuato una croce tiene il vassoio e con l'altra posa tutto sul tavolo.
E' bravo, Louis deve concederlo. Non l'ha mai visto con il broncio, tanto meno rispondere male a qualche cliente morboso. E' educato, preciso e di bella presenza.
Curriculum perfetto.
«Ascolta, Harry?»
Si era quasi scordato che l'irlandese e Harry frequentano due rami differenti della stessa università e che quindi si conoscono. A volte parlano per minuti interi durante i suoi turni. Cioè Niall blatera e il riccio ride, come un bambino. Lo trova divertente.
«Sì?»
«Esci col mio amico?»
Louis sente il sangue salirgli alle orecchie e vorrebbe sotterrarsi sotto al pavimento lucido, ma rimane esattamente dov'è, ovvero sotto il pollice puntato di Niall.
Per la prima volta da quando Harry ha iniziato a lavorare lì lo sta guardando. Prima gli occhi celesti, poi il naso dritto e infine le labbra sottili socchiuse per la sorpresa. Non crede l'abbia mai fissato così attentamente; forse sta giudicando se è un buon affare.
Non pensa di esserlo.
Cazzo.
«Se sa chi è Frida Kahlo» dice il riccio, rivolgendogli un sorriso bucato.
Quella non è una domanda, ma ne ha tutta l'aria. E Louis, che lavora come carrozziere e che gioca a calcio nel tempo libero sperando possa divenire un giorno il suo sostentamento, che è cresciuto in una casa troppo piccola per lui e i suoi sei fratelli, che nei bagni che puzzavano di piscio della scuola fumava le canne con Zayn, non lo sa.
Arriccia la punta del naso e torna a perdersi nella piccola folla che si sta ammassando alle bancarelle.
«Una pittrice messicana.»
Zayn, solitamente più silenzioso delle aspirapolveri di ultima generazione, alza le spalle come se non fosse stato lui a parlare e infila una mano tra quelle di Liam giocherellando con le sue dita bianche per scacciare il disagio.
Facile per lui, è un cazzo di pittore.
Harry ride senza suono, frulla le ciglia e «esatto» dice, prima di voltare le spalle e tornare al bancone.
Louis si sentirebbe anche offeso da quel rifiuto se non fosse che lo sapeva già, di non avere speranze. Perché è decisamente più basso della media, non frequenta nessun college e l'arte che gli piace è quella che la gente chiama spazzatura. O che neanche chiama arte.
«Vaffanculo Niall» bisbiglia dietro la tazza di tè bianco.
L'irlandese lo guarda storto, ma almeno non ribatte.

 

***

Dopo il pranzo ha lavorato ininterrottamente per quattro ore.
C'era una vecchia auto che andava rimessa a nuovo ed il suo collega Stan è in malattia a causa di una brutta influenza, così lui si è ritrovato col doppio del lavoro nel medesimo tempo di sempre.
Adesso è stanco morto, puzza lievemente di olio e sudore e dopo una doccia rigenerante e una cena al volo lo aspetta l'allenamento con la sua squadra. Sarebbe tutto esattamente – o quasi – come al solito se non fosse che ha l'umore a terra per ciò che è successo al cafè One Direction il giorno prima.
Questa mattina non è neanche riuscito a tornarci. Si è fermato a comprare una brioche vuota in un bar squallido sulla strada per la carrozzeria e ha detto ai ragazzi che si è svegliato tardi, anche se era in piedi dalle sette e da casa sua alla caffetteria non ci vogliono nemmeno dieci minuti.
E' che avrebbe preferito un “no, non è il mio tipo” ad una simile umiliazione. Ché non si possono permettere tutti di frequentare assiduamente mostre d'arte o roba simile. E anche se potesse, comunque, lui non ci andrebbe.
E' già tanto se accetta di aggregarsi a Liam e Niall quando c'è qualche esposizione di Zayn. Lo fa solo perché gli vuole bene.
A lui piace la vita normale, il tè la mattina presto e due chiacchiere con gli amici. Ricevere lo stipendio che non sarà mai abbastanza per pagare l'affitto, il bollo dell'auto, le sigarette, i vestiti nuovi e la spesa. Andare a giocare con una squadra che non lo porterà da nessuna parte, ma che lo fa sfogare e divertire come nient'altro in vita sua.
Sale sulla sua Mini Cooper graffiata sulla portiera del passeggero con un vago senso di nausea e inadeguatezza a fargli da accompagnatore.
Nello specchietto nota che ha i capelli spettinati e gli occhi lucidi dalla fiacchezza, ma non riesce a dargli peso. Infossa il collo nella felpa grigia e mette in moto.
Sta canticchiando il nuovo brano dei Coldplay quando nota sul ciglio della strada una motocicletta ferma. Al suo fianco un ragazzo con dei jeans troppo stretti e una giacca di pelle che ha visto tempi migliori.
Pensa quasi che sia uno scherzo, ma no. Quello è proprio Harry Styles che ha dei problemi con la sua Bonneville t100 da novemila sterline.
Nel suo cervello è già ben chiaro che certamente non sarà lui a fermarsi per dare una mano a quello spocchioso di un ragazzo, ma è tardi e lui è un carrozziere. Sarebbe ridicolo e infantile se tirasse dritto.
Gli dispiace perfino.
Cristo che idiota.
Mette le quattro frecce e si accosta, mentre Harry deglutisce il sorriso grato non appena lo vede scendere dall'auto.
Probabilmente dentro di sé si sta odiando per avergli dato un due di picche così teatrale e arrogante.
«Ti serve una mano?»
Il riccio annuisce e si sistema vicino al sellino con le gambe larghe e l'espressione di chi ha una moto solo perché è bella e la sensazione del vento tra i capelli è da ridere e piangere fino a svuotarsi. Tra i capelli lunghi ha una fascia a quadri che gli tiene il ciuffo indietro, gli occhiali da sole neri gli tirano giù il quarto bottone della camicia bianca. «In realtà non so cosa sia successo» inizia, gesticolando un po'. «Ad un certo punto ha inchiodato da sola e non è più ripartita. Non lo so. Non ho neanche il telefono, l'ho lasciato al lavoro e-»
«Okay, okay. Ti presto il mio, intanto do un'occhiata, va bene? Sono un carrozziere.»
Harry si morde il labbro qualche istante prima di decidersi. Accetta il suo BlackBerry e lo lascia fare, spostandosi di qualche metro per fare la telefonata.
Non è difficile comprendere cosa sia successo, in effetti. A queste cose ci è abituato.
Quando il riccio torna indietro e gli riconsegna il cellulare ha sulla fronte centomila domande, ma Louis con un gesto le ferma tutte prima che diventino suono. «L'olio, è finito e si è ingrippata. Niente di preoccupante.»
Gli occhi verdi di Harry sono riconoscenti e sollevati. Sembra quasi innocente. «Oh, okay grazie mille.»
«Ti serve un passaggio?»
«In realtà mia sorella dovrebbe arrivare qui entro venti minuti, ma comunque grazie. Sei stato gentile.»
Louis sa che dovrebbe dire qualcosa come “per così poco”, oppure “è il mio lavoro”. Ma la verità è che questa cosa gli è costata tantissimo e questo non è il suo lavoro. O almeno non ciò che desidera fare nella vita. Ma tant'è.
A chi tutto e a chi niente.
Il corpo di Harry è longilineo e scultoreo sotto i suoi occhi stanchi. Non osa immaginare come sarebbe poterlo guardare senza quell'intoppo che sono gli abiti. Deve essere degradante e eccitante ad un livello inimmaginabile. Da far male.
Quasi come risvegliarsi accanto a Zayn Malik scoprendo di averci fatto sesso da ubriachi marci e non ricordare niente.
Louis è grato che Liam sia arrivato dopo, quello.
«Sicuro di non aver bisogno di niente?»
«Sì, cioè, no.» Le guance di Harry si colorano, adorabili. «Non ho bisogno di niente, sono sicuro. Grazie.»
Louis annuisce e torna in auto. Gira la chiave e il motore ronza sotto il culo dandogli fretta. Non mette in moto subito. «Hey?» grida un po', abbassando il finestrino.
Il ragazzo si volta e lo fissa con le sopracciglia aggrottate. Ha le mani grandi nelle tasche dei jeans strettissimi e degli stivaletti bianchi e azzurri ai piedi.
«Ma tu lo sai chi è il fondatore della Triumph Motorcycles?» le parole si perdono con l'aria fredda mentre lui fa inversione e si immette in strada senza degnare di uno sguardo l'espressione di Harry Styles.
Deve essere sbiancato come lui alla domanda su Frida Kahlo (ricorderà questo nome solo grazie a lui, deve riconoscerlo.)
Ride nel vento.
Ora sono pari.

***

I giorni hanno preso la stessa piega di sempre, al mattino colazione con gli amici, a seguire il lavoro alla carrozzeria e infine l'allenamento con la squadra al mercoledì e venerdì.
Fino alla domenica.
Nel weekend la routine si interrompe per tutti, e così per Louis. L'unica cosa immutata resta la tappa al One Direction.
Questa mattina Louis è il primo ad arrivare, sebbene siano già le nove e tre quarti. La campanella sulla sua testa suona ed Harry segue il suo ingresso con lo sguardo. Non lo distoglie neanche quando lui lo ricambia.
Il ragazzo ha i capelli sciolti sulle spalle larghe e il grembiule bianco, anziché rosa.
Gli sorride e poi scompare nel retro portando con sé un vassoio rosso. Quello dei muffin.
Rimane in attesa qualche minuto prima che Harry torni indietro e vada a chiedergli se vuole ordinare.
«Un muffin ai mirtilli e un tè verde.»
«Arrivo subito.»
Gli vibra la tasca dei jeans e quando prende il cellulare non sa se bestemmiare o piangere. Zayn lo avvisa che lui e il suo stupido fidanzato non saranno lì, quel giorno, perché vanno dai suoi genitori a Bradford. Niall lo aveva avvertito la sera precedente «domenica sarò in coma con la sbronza colossale che mi prendo stasera!», ovvero non vengo a fare colazione perché se mi sveglio lo faccio solo per vomitare.
E adesso è solo, al One Direction. Superfantastico. Megagrandioso. Iperultrauao.
Continuerebbe ad elencare aggettivi sarcastici memorizzati solo grazie alle sue sorelle se non fosse per il ritorno del cameriere.
Posa sul tavolo la sua ordinazione, ma non se ne va come fa di solito.
«Sei da solo oggi?»
Louis non sa cosa pensare di questa domanda. «Già, stramitico.»
Il riccio ridacchia e il suono è talmente piacevole che gli fa accortocciare lo stomaco su se stesso. 
«Vuoi farmi compagnia?»
Vorrebbe prendersi a calci, ma è troppo impegnato a morire dentro lentamente.
A dispetto di quanto si sarebbe aspettato, forse per sdebitarsi per la cortesia che gli ha dimostrato qualche sera prima, forse perché al cafè non c'è quasi nessuno e si annoia, Harry annuisce. «Vado a prepararmi un caffè e torno subito.»
Louis non riesce neanche a sbollire la vergogna perché il cameriere è velocissimo. Si siede davanti a lui e posa la tazza bianca tra di loro.
Il silenzio è imbarazzante e per fortuna il riccio lo spezza, caparbio. «Quanti anni hai?»
«Ventiquattro, ma li porto bene. Tu?»
«Ventuno.»
Louis quasi si strozza con un pezzo di mirtillo. È così piccolo. «So che studi economia, ti piace?»
Harry sembra felice di poter avere un dialogo, perché si accomoda meglio e si apre in un sorriso. «Già, be' in realtà si dovrebbe supporre che se studio economia probabilmente mi piace, ma non ne sono più così sicuro» ammette. Il suo tono è roco e maturo, scende nei timpani come acqua bollente. Gli fa venire i brividi. «A te piace fare il carrozziere?»
«No, direi di no.»
«Cosa ti piacerebbe fare?»
«Non ridere, ma vorrei fare il calciatore.»
Il minore non ride, ma sembra sorpreso. «In che ruolo?»
«Difensore.»
«Non male, io giocavo come ala destra alle superiori.»
Louis riesce benissimo ad immaginarlo con una divisa da calciatore. «E tu cosa vorresti fare?»
«Non ridere nemmeno tu, ma vorrei cantare. Qualche anno fa avrei dovuto fare l'audizione ad X Factor ma alla fine ho rinunciato. Credo per paura.»
«Ci riproverai?»
«Se non riuscissi a passare sento che perderei ogni fiducia in questo sogno, preferisco tenermelo stretto così com'è.»
«Io penso che dovresti tentare, se è un grande sogno non sfumerà per un solo no.»
Harry sorride dietro la tazza di caffè fumante, si scotta la lingua e lancia uno sbuffo con le narici. Ha le guance rosse come pomodori e gli occhi che brillano. «Forse hai ragione» concede, mettendo giù la bevanda.
A Louis sembra di stare conoscendo un'altra persona, questo Harry di spocchioso e arrogante non ha nulla. Neanche i peli delle braccia (che ha coperto con una miriade di tatuaggi, forse più dei suoi).
Ci sono un'ancora, una sirena, delle frasi, qualche simbolo piccolo, una rosa, una nave e qualcos'altro. Non riesce a vedere bene.
E' così confuso e sconvolto che gli fa male la testa. Nella carta del suo muffin non c'è più niente e la sposta da parte. Ci vorrebbero due sorsi per finire il tè, ma non ne ha voglia. «Harry mi puoi fare il conto?»
Il ragazzo è sospreso quanto lui. Si alza in piedi ignorando la propria tazza ancora mezzo piena e «sì, certo. Vieni in cassa» dice, facendo strada.
Louis paga rapidamente senza neanche alzare lo sguardo dal suo portafogli ed esce dal locale con una fretta che non gli appartiene. Tira fuori una sigaretta e se l'accende tra le labbra tirate.
Sente di dover vomitare il cuore, perché Harry non gli piace solo fisicamente, anzi. E' una bella persona e non lo sa, ma quel ragazzino ha qualcosa negli occhi che lo fa camminare altrove. Forse in un parco olandese, o qualche cazzata simile. Forse di fronte ad un dipinto di Van Gogh che in realtà neanche conosce perché a lui l'arte non piace. Non quella disegnata almeno, eppure sulle sue guance ci scorrerebbe le dita con la devozione di un pittore a cui è stato chiesto di sporcare una tela come se ne andasse della sua stessa vita. Si immagina con i polpastrelli premuti nelle fossette e il resto del palmo sul suo collo, a sfiorare con le unghie i ricci molli e troppo lunghi. A prendere un'innocenza che probabilmente è già stata rubata.
Troppe ingiustizie nel mondo.
Cammina tra la folla di passanti stordito dai profumi che provengono dai banchi e quasi non si rende conto di essere tirato indietro.
Harry è di fronte a lui e gli sta stringendo l'avambraccio tra le dita anellate. «Mi dispiace» dice, con un filo di voce. «Per quella volta con Niall. Ho agito male e anche se avevo i miei motivi devo esserti sembrato proprio uno stronzo, ma non è così. Cioè, io, io non sono così. Non avrei dovuto. Non con te. Mi dispiace.»
Avrebbe una miriade di domande da porgli, tipo che razza di motivi ci possono essere dietro una risposta del genere, ma non può fare a meno di tacere guardandolo storto.
Brutto stronzetto.
Prende la sigaretta e «okay, tutto a posto» soffia fuori, insieme al fumo.
Harry sembra malfermo sulle gambe lunghe. Guarda a terra qualche istante e poi punta i due smeraldi sul suo volto. «A posto?» chiede, quando in realtà vorrebbe domandare chissà che altro.
«Certo.»
«D'accordo, ci vediamo allora.»
Louis aspetta che lo lasci andare prima di rispondere. «Ci vediamo» risponde prima di tornare a camminare tra la moltitudine di gente con il cuore se possibile più pesante di prima.

 

***

La pioggia gli colpisce il volto come tanti piccoli schiaffetti, pungente.
Vorrebbe aver preso l'auto come gli aveva suggerito di fare Niall, ma ormai. Non gli resta che aspettare l'autobus per tornare a casa.
Alla fermata non c'è nessuno, sono le sei e cinquanta e Londra è a preparare la cena o a fare l'aperitivo. L'unico stronzo a tremare sotto il temporale è lui.
Manderebbe un messaggio all'irlandese dicendogli di venirlo a prendere se non fosse che il biondo è a casa della sua ragazza del momento.
Alla coppietta felice neanche ci pensa.
Sbuffa, è esausto.
Il cappuccio della felpa non lo ripara affatto, ma lo tiene su per non rovinarsi oltremodo i capelli. Guarda l'asfalto perché le gocce tra le ciglia lo infastidiscono, quindi si rende conto dopo qualche istante di troppo che un'auto gli si è fermata davanti.
Le ruote sono ben tenute, nuove. La carrozzeria nera pure. E' un bellissimo Range Rover.
Alla guida c'è Harry Styles. Ha sulla testa un cappello di dubbio gusto e addosso un maglione grigio scuro più largo del normale.
«Ti serve un passaggio?»
Louis ingurgita una risata amara. Il punto non è se gli serve, quello è ovvio, il punto è se lo vuole. Da lui. «Grazie» dice, aprendo la portiera.
E' che odia la pioggia, ecco.
Nell'auto di Harry Styles c'è odore di Calvin Klein e spray all'arancia.
«Dove ti porto?»
«Nothing Hill, abito lì.»
Il riccio annuisce e mette in moto. I tergicristalli spostano il diluvio universale ai lati del parabrezza, ma la visuale è comunque ristretta. Vanno piano, così piano che Louis inizia a battere la pianta della scarpa per tenere il tempo.
Harry deve prendere il gesto per una qualche inconscia voglia di musica – o forse vuole solo ammutolire il silenzio – perché accende lo stereo lasciando che le note di Ink dei Coldplay riempiano l'abitacolo.
Figurarsi se non ascoltavano pure gli stessi gruppi.
Louis vorrebbe gettarsi fuori dal finestrino, ma davvero odia l'acqua piovana. Quindi resta e chiude gli occhi quando la voce rauca del minore inizia ad intonare la canzone.
Ad un tratto la voce sfuma lontano e così lo scrosciare della pioggia.
Apre gli occhi di scatto nel sentire la pressione del palmo di Harry appoggiato alla coscia. E' caldo e i suoi jeans sono troppo sottili per un contatto simile.
La canzone che sta passando adesso è Another's Arms, la riconosce perché non gli piace particolarmente.
«Ti sei addormentato, spero non avessi niente da fare» dice Harry, levando la mano dalla sua gamba. La porta allo stereo e lo spegne. «Come ci arrivo a casa tua?»
Louis non capisce cosa intenda dire con quel “spero non avessi niente da fare” finché non si rende conto che sono le nove meno due minuti. «Non mi hai svegliato.»
«Dormivi così bene.»
«Posso sapere cos'hai fatto per due ore con uno morto accanto?»
Harry sorride e si stringe nelle spalle. «Ho guidato.»
Nel frattempo ha spiovuto ed il cielo si è fatto chiaro. La luna è a tre quarti, ma non si vedono molte stelle. È buio. «Dico sul serio, perché non mi hai svegliato?»
«Avrei guidato comunque senza una meta, avevo bisogno di pensare. Farlo con te morto accanto è stato meno deprimente.»
Osservandolo meglio, Harry ha i capelli leggermente sporchi e i vestiti stropicciati. Come se non tornasse a casa da giorni. «Stai bene?»
Gli occhi del ragazzo, contornati da profonde occhiaie si socchiudono stanchi un solo istante, prima di tornare vigili sulla strada. «Se mi dici dove devo andare faccio a meno di tenerti fuori fino alle due.»
C'è qualcosa dentro di lui che gli dice che se solo Harry glielo chiedesse acconsentirebbe a stare seduto su quel sedile anche fino alle quattro a girare a zonzo per Londra, ma preferisce mettere tutto a tacere prima che faccia troppo male. Perché farà male. Lo sa.
«D'accordo» acconsente, dandogli le giuste indicazioni.
Dopo vari gira a destra, a sinistra, dritto e prosegui arrivano sotto il palazzo color pesca così familiare ai suoi occhi celesti. Fa una strana sensazione sapere che adesso anche Harry sa dove abita.
«Sei sicuro di stare bene?» chiede, mordendosi mentalmente la lingua. Ha una mano sulla cintura e l'altra ancorata al sedile. La tentazione di portarla tra i capelli lunghi dell'altro è così forte che deve graffiare la pelle nera per non farlo.
«Vuoi una bugia o la verità?»
«La verità.»
«Allora non sto bene, ma domani sarà come al solito. Devo solo guidare un po'.»
«E se ti addormenti mentre guidi?»
Louis sa cosa sta per dire Harry nel momento in cui le sue spalle si alzano e no, non si fida. Prende le chiavi dal cruscotto e le porta dietro la schiena. Si sente un bambino di cinque anni, ma tant'è. «Non ti lascio guidare.»
Le sopracciglia del riccio si alzano. E' confuso. Forse pensa di aver appena fatto male a dirgli la verità, o ad averlo accompagnato a casa.
«Louis» dice solo, lasciando il volante.
Lo pronuncia male, ma gli piace. È bello.
«Possiamo stare seduti qui tutta la notte a guardare il cielo, se vuoi, ma non ti lascio guidare.»
Cerca di ignorare il fatto che abbia appena detto una cosa da livello diabete duemila.
«Ho bisogno di fare qualcosa e stare fermo non mi aiuta.»
La prima volta che Louis ha fatto una cosa di cui si è pentito il mattino dopo aveva sei anni e pensava che saltare da un albero potesse fargli sviluppare la sua propensione al volo. Naturalmente lui non era Peter Pan e l'unica cosa che ha sviluppato è stato un gesso, attorno al braccio rotto. La seconda e la terza riguardano delle scelte di vita sbagliate, quali il suo lavoro e il lasciare la sua città. E le altre, quasi tutte, del sesso discutibile all'uscita dalla discoteca.
Questa, be', questa che sta per fare è assolutamente una di quelle cose da pentimento delle sei di mattina, ma lo fa perché Harry non è spocchioso. O stronzo.
E gli piace.
Merda.
«Sali da me.»
Forse Harry se lo immaginava, perché sul suo viso non appare alcuna sfumatura di sorpresa. Annuisce e si leva la cintura di sicurezza.

 

E' in questi momenti che ringrazia di essere cresciuto in una famiglia numerosa perché ha avuto modo di imparare a cucinare, fare la lavatrice e passare l'aspirapolvere.
Quindi il suo appartamento è pulito, ordinato e nel momento in cui apre la porta non deve premurarsi di correre in giro per sistemare o nascondere cose sparse e sporche.
Harry a un passo dall'uscio si guarda intorno e sorride, ma non dice niente. Che è meglio. Louis non ha mai sopportato i complimenti forzati sulla mobilia o la casa in generale.
Il suo è un monolocale piccolo e sobrio, la cucina è bianca e prende quasi completamente una parete. Sul resto dei muri bianchi ci sono varie mensole, una tv da cinquantacinque pollici e un grande quadro colorato intitolato Midnight Memories. Glielo ha regalato Zayn per i suoi vent'anni. Non gli manca niente e a lui va benissimo così com'è. E' contento di essersi costruito e guadagnato un piccolo posto nel mondo che può definire casa. Anche se è piccola e a volte la caldaia perde e i rumori della strada disturbano il suo sonno, gli appartiene. Gli è affezionato.
«Vuoi qualcosa da bere o da mangiare?» chiede gentilmente facendo segno ad Harry di accomodarsi sul divano a tre posti. È latteo come quasi tutto il resto dell'arredamento. Le uniche cose che hanno un colore differente oltre al quadro e le piante sono l'armadio e le credenze che hanno mantenuto la tonalità naturale del legno.
«No, sono a posto così. Grazie.»
Louis annuisce e va ad aprire la porta del bagno. «Hai per caso bisogno?»
«No, al momento no.»
«Okay, allora mi faccio una doccia veloce. Se vuoi accendere la tv o bere qualcosa fai pure.»
Harry piega le labbra e afferra il telecomando mentre lui recupera dal cesto della biancheria pulita un paio di boxer e una maglietta a maniche corte. Quando si chiude in bagno le voci di Finn e Jake hanno già fatto capolino attraverso le casse.
Se solo glielo avessero detto una settimana prima non ci avrebbe mai creduto. Lui ed Harry nel suo appartamento, per di più nello stesso momento. Incredibile.
Apre il getto dell'acqua e ci si tuffa sotto con un sospiro, ha bisogno di lasciar scivolare via la tensione e la stanchezza della giornata. Si insapona velocemente i capelli con lo shampoo alla camomilla che usa Niall quando rimane da lui – il suo è finito e si è dimenticato di comprarlo – e poi passa al corpo. La sua spugna è rosa. La cosa lo fa sorridere perché gli ricorda il grembiule di Harry o la cover del suo iPhone sei.
Dio quanto è ricco.
Louis vorrebbe pensare a qualsiasi altra cosa, ma come un vortice ogni suo pensiero è risucchiato verso l'immagine di Harry seduto sul suo divano che guarda Adventure Time mentre lui è nudo, sotto la doccia. E la cosa non può fare a meno di eccitarlo e fargli salire un'erezione.
Non sa cosa sta facendo finché una mano non scende ad accarezzarne piano la punta. Con l'altra si regge al manico della doccia, instabile. Sale a stuzzicare la base e di nuovo in basso, verso i testicoli. Si sfiora piano, con devozione, per poi stringersi e muoversi con lentezza disarmante. Immagina Harry piegato tra le sue cosce e l'idea lo fa tremare forte.
Lascia che la pelle si frizioni su altra pelle lasciandosi prendere da un ritmo svelto e impaziente. Pompa con un braccio chiuso tra i denti e la tempia premuta contro le piastrelle appannate.
Il vapore si è condensato tutt'intorno e non gli permette di vedere bene.
Va avanti per un tempo che gli sembra infinito e quando viene ingoia un gemito troppo forte succhiandosi le labbra. Si chiede che sapore abbiano quelle di Harry e si odia per esserselo domandato.
Esce dal box doccia con un'espressione mezza sconvolta e si sente colpevole, anche se alla fine quella è casa sua e ha ogni libertà di fare ciò che gli pare. Più o meno.
Si infila gli abiti e esce dal bagno con i capelli appena umidi grazie alla frizione con la salvietta.
Harry non appena lo sente tornare si volta dalla sua parte. Ha le guance color porpora e gli occhi lucidi.
Per un momento ha paura sia a causa dei rumori molesti che ha fatto nel bagno, ma poi si rasserena perché non ne ha fatti. O almeno crede.
«Tutto okay?»
Il riccio annuisce, tornando a guardare la televisione. È sintonizzata su un film adolescenziale. Probabilmente è quello.
«Mh mh.»
«Cosa guardi?»
«Love Actually.»
Louis non sa cosa sia, ma annuisce e «mi metto i pantaloni e arrivo. Tu hai bisogno di un pigiama?» domanda, frugando già nell'armadio. Per sé opta per un pigiama rosso e per Harry una tuta grigia della Adidas che a lui sta leggermente lunga.
Quando si siede sul divano Harry ha la testa penzoloni e un occhio chiuso.
«Va' a cambiarti, intanto io preparo il letto per dormire.»
Il minore non protesta, afferra la tuta e fila in bagno.
Intanto Louis apre il divano e ci sistema su un cuscino e delle coperte. Solitamente lo prepara per sé, ma adesso ci dormiranno in due e la cosa lo fa trepidare come un adolescente.
Certo, non è la prima volta che lascia dormire a casa sua un uomo, ma Harry non è uno qualunque. E poi non è detto che finiranno per fare qualcosa. Anzi è certo di no. 
Sta andando a prendere un altro cuscino quando il ragazzo si ripresenta in sala.
La sua tuta gli va bene e, come c'era da aspettarsi, gli sta meglio che a lui. «Grazie Lou» dice, avvicinandosi al materasso.
«Ti dispiace se lo dividiamo?»
«Oh, non ti preoccupare. Posso anche dormire per terra. Non voglio disturbarti oltre.»
Louis sta per dire che non sono in una commedia romantica di dubbio gusto, ma lascia perdere. «Dormiremo tutt'e due nel letto, siamo adulti e poi non riuscirei a chiudere occhio pensandoti sul pavimento.»
Harry sorride. Chiude la cerniera della felpa e si infila sotto le coperte come non avesse aspettato altro che quella frase. «Be' grazie.»
«Figurati.»
«Non ti sdrai?»
Si rende conto di stare fissando il suo cuscino come se volesse incenerirlo e si sente un coglione. «No, cioè sì. Vado a prendere- ho voglia di una birra. Ne vuoi una?»
«Sì, grazie.»
Harry Styles ripete troppo spesso grazie e la cosa dovrebbe quantomeno innervosirlo, invece lo fa sgonfiare come un soufflè infornato male. Prende due lattine di birra e torna a letto, sdraiandosi al suo fianco come fossero novelli sposi. La televisione sta mandando la pubblicità di un cibo per cuccioli di gatto ed il minore è così preso che neanche lo sente accomodarsi.
«Hazza?»
«Mh? Oh, scusa.» Afferra la birra sovrappensiero e ridacchia alla vista di un piccolo batuffolo bianco che corre. «Non ti piacciono gli animali?»
«Vivo in un monolocale» risponde, a mo' di risposta.
«Un gatto ci starebbe, non hanno bisogno di troppo spazio.»
Louis non è sicuro di trovare simpatici i felini. Potrebbe optare per un criceto, ma puzzano. E i pesci non gli sopravvivono per più di una settimana. «Tu ne hai?»
«Sì, parecchi. Ho diversi gatti che scorrazzano per casa e per il giardino. Il più vecchio ha sedici anni.»
Harry è l'impersonificazione dell'amabilità e ogni cosa che dice o che fa gli fa venir voglia di prenderlo e baciarlo. Non sa nemmeno per quale esatto motivo. E sono così vicini che se solo allungasse il collo potrebbe farlo. In un certo senso gli sembra anche giusto. Allora lo fa.
Si spinge verso il corpo di Harry e quando il ragazzo non si scosta – sebbene lui abbia platealmente scoperto le sue carte – lo bacia. Appoggia la sua bocca su quella del minore e sorride, perché Harry gli sta sfiorando con le dita lunghe una guancia.
Potrebbe non muoversi, restare in quella posizione scomoda per ore, baciarlo a bocca chiusa sentendo appena il suo sapore zuccherino, ma non vuole. Con la lingua traccia il solco tra le labbra e la punta di quella di Harry lo incontra a metà strada, dandogli pieno accesso.
Si baciano facendo cozzare i denti e i sorrisi, inspirando forte col naso e incastrando le proprie dita tra i capelli scombinati dell'altro.
Louis pensa a come deve essere stato baciare Harry per la prima volta, inesperto e innocente. Vorrebbe tornare indietro nel tempo e conoscerlo a sedici anni, per caso. Rubargli il primo bacio e il primo battito irregolare di cuore al posto di chissà chi. Chissà dove.
Ma adesso sono qui, sono due uomini e la cosa sembra sempre meno giusta. Perché qualcosa gli dice che Harry l'ha rifiutato e forse lo sta baciando solo per riconoscenza.
Non gli sta bene.
Si stacca con uno schiocco e si asciuga il mento con il pollice. I suoi capelli devono essere un disastro, ma non si prende la premura di sistemarli.
Harry ha le labbra tumide e il respiro affannato. Le ciglia lunghe sfarfallano sugli occhi verdi prima di scendere del tutto. «Dormiamo?» chiede, la voce un groviglio di emozioni.
Louis annuisce e si gira di spalle.
Domani si pentirà di tante cose, ma di questo bacio non crede.


***

Molte ore dopo, durante la mattina, Louis guardando il suo BlackBerry si rende conto che Harry non è del tutto stronzo come ha pensato non appena ha aperto occhio.
Sì, ovvio, se n'è andato prima dell'alba senza avvisarlo e non ha lasciato nessun biglietto con dei ringraziamenti per l'ospitalità – Cristo, non sono in un film –, ma almeno si è degnato di prendere il suo cellulare e chiamarsi per scambiare i loro numeri di telefono.
Così Louis adesso ha un nuovo numero nominato “Harry :)” e un messaggio nella segreteria telefonica.
Lo ascolta con le sopracciglia aggrottate e il cuore a fare da sottofondo alla voce rauca del riccio.
«Buongiorno Louis! Ti lascio questo messaggio perché- sì insomma, non è stato carino andarmene da casa tua come un ladro, ma non volevo svegliarti così presto. Grazie a te sono riuscito a tornare a casa e non so, non credo ci sarei riuscito se mi avessi lasciato guidare tutta la notte. Sei stato gentile e vorrei tanto sdebitarmi, ma non so in che modo. Magari ci penso e appena ho un'idea te la faccio sapere. Ora ho lezione, scusa ma devo andare. Sono anche in ritardo. E ah, Louis, ti ho lasciato la colazione sul tavolo. Buona giornata!»
La comunicazione cade e Louis si ritrova ad arrossire contro il cuscino. Harry è come il protagonista principe di una stupida serie tv grossolana e lo odia, ma no, non è vero. Gli piace. E odia se stesso, per questo.
Sulla superficie liscia del tavolo c'è un muffin bianco e un tè caldo in tazza grande di Starbucks. Sul bicchierone di carta c'è scritto Harold con un cuoricino, probabilmente il riccio conosce il cassiere del cafè all'angolo della strada.
Harry Styles, quello che fino a qualche settimana prima pensava fosse solo un modello spocchioso e snob, ha dormito nel suo stesso letto e gli ha comprato la colazione proprio come piace a lui.
E si sono baciati, per Dio, hanno condiviso la saliva.
La cosa dovrebbe farlo rabbrividire, ma lo fa sorridere come un idiota.
Sente che non farà altro per tutta la giornata.

 

Dopo il lavoro, verso le sei, ha deciso di passare da Zayn per parlargli un po'.
Quando arriva al negozio, che in realtà è una grande sala nel quale l'amico esibisce le proprie opere d'arte, lo trova che sta dipingendo una tela grande quasi quanto mezza parete.
Sta usando una mascherina e dei guanti, quindi resta a debita distanza.
La carnagione scura del ragazzo spicca incredibilmente contro le luci bianche della stanza. Vorrebbe scattargli una foto e mandarla a Liam, ma non lo fa perché gli occhi scuri del pakistano lo scorgono appena tenta di prendere il telefono. Le sue mani tatuate smettono di lavorare e si gira, contento.
«Hey» esordisce, spostando la maschera bianca dal volto. Prende la bottiglietta d'acqua che ha lasciato sul pavimento e ne beve un lungo sorso. Non si aspettava di vederlo. «Come mai qui?»
«Un giro. Vedo che ti stai dando da fare.»
«Già, ho in mente di finirlo entro la settimana prossima. Voglio esporlo alla prossima mostra, a Liverpool.»
Quando il mulatto parla del suo lavoro è sempre più felice di quanto vorrebbe mostrare e questa cosa è tremendamente importante. È dai tempi delle superiori che lottano per arrivare a coronare i loro sogni ed è felice che almeno uno dei due sia sulla buona strada.
«Con Liam tutto a posto?» chiede, andando a sedersi sul divanetto di pelle nero.
Zayn lo imita e gli si accomoda accanto. Ha le braccia magre scoperte dalla canottiera nera e i jeans cadenti, ma non sembrano dargli fastidio. Per un momento che pesa all'infinito su entrambi stringe la mandibola quadrata come se volesse dire qualcosa ma non avesse il coraggio di dirlo, ma poi si decide.
«Vuole adottare un bambino» la voce gli esce insicura, bassissima perfino per il suo solito tono.
Louis è sicuro non stia scherzando, perché non lo farebbe mai. Non su una cosa del genere. Si passa una mano tra i capelli cercando di pensare a cosa rispondere, ma non gli viene in mente niente. Hanno già tre cani e una casa che lui potrebbe solo sognarsi. Stanno bene, sono felici. Si sposeranno l'estate dell'anno prossimo e forse quello è l'unico passo mancante: avere un bambino.
In un certo senso capisce il desiderio di Liam, ma d'altro canto riesce a sentirsi più vicino alla paura del suo migliore amico.
Un figlio è una responsabilità enorme, il più grande gesto d'amore e dovere che si possa compiere nella vita. E' una scelta da ponderare.
«Stavamo tornando da casa dei miei e me lo ha detto, così, come se parlasse della spesa. Voglio un bambino. Gli ho chiesto di accostare la macchina e ci siamo guardati per forse un'ora senza dire niente. Alla fine mi ha chiesto scusa e ha detto che ne avremmo parlato a tempo debito, ma so che lui ne è già sicuro. Vuole un bambino ed io non lo so.»
Louis sbuffa una risata asciutta. «In realtà saresti un buon padre, lo sai. Con le mie sorelle sei sempre stato eccezionale. Cosa ti spaventa?»
«Tutto?»
«Deve esserci qualcosa che ti blocca.»
Gli occhi di Zayn ruotano a vuoto per un po', prima di fermarsi sul suo volto. «La mia carriera. Io non sono sicuro di poterci rinunciare adesso, è strano, quasi egoista, ma adesso che sto per cavalcare la mia onda ho paura, non posso permettermi distrazioni.»
«Un bambino non è una distrazione.»
«Sai benissimo cosa intendo.»
E sì, lo sa. Per questo si alza e gli offre una mano. «Puoi chiedergli di aspettare un anno solo, fin tanto che non arrivi all'esposizione di Parigi. Poi iniziate le pratiche. Lo sai benissimo che vi amate e che troverete una soluzione, non ti abbattere.»
Zayn gli stringe le dita e si arrampica sul suo petto come un ragno. Lo abbraccia forte e sospira. «Grazie Tommo.»
«Sono qui per questo.» Quando si staccano gli sorride e gli dà una pacca sulla schiena magra. «Ora tocca a me, ho una domanda.»
«Spara.»
«Pensi davvero che io abbia qualche possibilità con Harry?»
Se non fosse che Zayn Malik è l'uomo d'acciaio, sarebbe già scoppiato a ridergli in faccia. Lo sa. Invece l'amico si limita a chiudere gli occhi e sorridere con un angolo della bocca. «Dovresti vedere come ti guarda quando non sei tu a mangiartelo con gli occhi» ribatte solo, alzando le spalle.
Louis sbuffa perché, dannazione, lui non si mangia Harry Styles con gli occhi. «Se ti dicessi che ha dormito da me stanotte?»
«Risponderei che ci hai anche messo fin troppo. Stai perdendo colpi, amico mio.»

 

***

Quella mattina è uscito di casa alle sei e venti in punto con addosso la sua maglietta migliore.
Ha deciso di agire perché se aspetta Harry è sicuro di invecchiare altri vent'anni prima di poterlo baciare di nuovo.
Al One Direction alle sette di mattina c'è un solo cliente, sulla cinquantina, che se ne sta seduto da solo in un tavolino appartato. Legge il giornale e di quando in quando lancia occhiatine al bancone dietro al quale Harry sta preparando un cappuccino con tanta schiuma.
Louis si siede al solito posto e senza guardare il menù sa già cosa ordinare.
Il cameriere porta la bevanda fumante al signore e poi si ferma davanti a lui con un cipiglio sorpreso. «E' prestissimo» dice, incolore.
«Non riuscivo a dormire.»
«Stai bene?»
«Sì, tu?»
Il riccio non è per niente convinto. «Sì, sto bene. Vuoi ordinare?»
«Già. Vorrei due caffè. Uno macchiato con cannella e l'altro come vuoi tu.»
Harry fa un movimento impercettibile con le sopracciglia, ma non chiede altro e torna al bancone. Prepara le ordinazioni come gli è stato detto e quando gliele porta si siede dall'altro lato del tavolo.
«E' successo qualcosa?»
Il caffè è buonissimo, è forte e caldo come piace a lui. Non ha preso il tè perché è troppo presto e altrimenti non sarebbe riuscito a parlare senza incespicare ogni tre parole.
«No, niente.»
Harry è sempre più allibito, ma non si sposta. Sorseggia la propria bevanda e si guarda intorno tamburellando le dita lunghe contro la ceramica bianca. Quella deve essere la sua tazza personale, perché quelle del cafè sono nere con i bordi rossi.
«Hai ascoltato il mio messaggio?»
Louis fa sì con il mento. «La colazione era buonissima, ma per colpa tua questo posto ha perso quasi cinque sterline.»
L'espressione seriosa di Harry non vacilla. «Vuoi chiedermi di uscire?»
Louis è esterrefatto. Sta per blaterare che in realtà l'ha già fatto ed è pure stato rifiutato, quando si accorge che no. Non lo ha fatto. Lo ha fatto Niall e non è la stessa cosa. Affatto. «Cosa te lo fa pensare?»
«Non so, sembri agitato. Strano.»
Annuisce. Ha quasi finito il suo caffè e ne vorrebbe un altro. «Perché raccogli tutti i numeri di telefono della bacheca?» chiede invece, accontentandosi di uno solo. Ne comprerà uno alla macchinetta della carrozzeria.
«Scusa?»
«Non capisco cosa te ne può fregare di uno come me quando hai una bacheca di annunci completamente dedicata a te» il tono gli esce più severo di quanto gradiscano entrambi.
«Quella bacheca serve per altre cose. Quando l'ho affissa pensavo che le persone avrebbero iniziato a mandarsi messaggi carini in anonimo, che si sarebbero formate delle coppie, sai, come nei film. E invece le persone hanno cominciato a scrivere a me. E hanno continuato. Non era questo che volevo, te lo assicuro. Ma mi dispiacerebbe levarla.»
«Sei serio?»
I ricci di Harry rimbalzano quando si china per scoppiare a ridere. «Credevi davvero fosse una bacheca di annunci per me? Mio Dio, non sono così narcisista!»
«Ascolta tu sei, be', sei quel che sei e quindi ho pensato che- non lo so cos'ho pensato, ma. Resta il fatto che tu prendi tutti i bigliettini.»
Harry torna serio in un attimo. Sotto al grembiule indossa una maglietta nera con disegnati dei cuori bianchi, tuttavia sembra molto più mascolino del solito. «Li butto. Li prendo per liberare la bacheca e li butto.»
«Ah.»
«Quindi mi credi uno stronzo, narcisista e poi? Che altro?»
«Esibizionista. Ma questo prima, da quando mi hai dato quel passaggio ho cambiato idea.»
Evita di dire che ha cambiato idea su molte cose da quando ha dormito da lui.
Il ragazzo incassa senza fare una piega. Si passa una mano tra i capelli e sospira. «Okay, mi dispiace davvero di averti dato un'impressione così bassa di me.»
«Figurati.» Il suo orologio segna le sette e un quarto, il tempo passa in fretta e lui non vuole che la gente gli strappi via l'opportunità di parlare con Harry. Forse dovrebbe solo decidersi a chiedergli di uscire con lui, ma ha paura. Un altro no sarebbe quantomeno letale.
«Sembri avercela con me.»
Cristo, Louis riderebbe se non fosse che ha il cuore nelle Vans e non sa come ripescarlo. «Non ce l'ho con te, è solo che. Non lo so, davvero.»
«E' solo che?»
«Perché hai ricambiato il mio bacio?»
Harry arrossisce di botto e sposta lo sguardo sulla vetrina. Alle sette e ventotto le persone iniziano a svegliarsi e ad aprire le persiane delle finestre. «Mi andava.»
«Ti andava?»
Gli smeraldi del riccio sul suo viso scottano come carboni ardenti. «Perché tu mi hai baciato?»
«Volevo farlo dal primo giorno in cui sei entrato qui.» E' quasi certo al mille per mille che questa frase non gli sarebbe mai uscita dalle labbra se solo avesse bevuto due caffè, ma ormai è fatta. Ed è tardi per ordinarne un altro. Ha deciso che scapperà dal negozio senza neanche pagare.
Harry si guarda intorno rapidamente e «alzati» gli dice, prendendolo subito dopo per un polso. Lo trascina verso il bancone e lo sorpassa, facendo finire entrambi nel retro.
E' uno stanzino con due grossi frigoriferi, un tavolo per la preparazione dei dolci e due piccoli forni elettrici, più uno a microonde all'interno.
Louis è allibito e non sa neanche più dove posare lo sguardo. Quando Harry gli afferra le guance con le mani e lo immobilizza di fronte al suo naso sente il cuore pompare il sangue troppo velocemente.
«Ho sempre creduto tu mi odiassi, che pensassi fossi viziato e fastidioso, per questo ho risposto in quel modo a Niall. Ero convinto di toglierti da un impiccio, capisci? Ho pensato che se davvero fossi stato interessato me lo avresti chiesto direttamente tu, e che quindi doveva essere uno scherzo. Ma mi sbagliavo e mi dispiace.»
Lo bacia perché ne ha abbastanza dell'attesa. Di tutti questi ventiquattro anni senza poter baciare le sue labbra o sfiorare i suoi capelli.
Attacca la sua bocca con impeto, spiazzando del tutto il minore che perde l’equilibrio e si attacca alle sue clavicole sporgenti. Se lo schiaccia addosso, mordendogli quei cuscinetti rossi e perfetti, mischiando le loro salive e gli ansiti. Sente il tessuto della maglietta – e del grembiule che ha bellamente slacciato – di Harry arricciarsi sotto i palmi delle sue mani, mentre la sua pelle non può far altro che cercare quella del ragazzo. Il petto del riccio è glabro e asciutto, ampio.
Vorrebbe avere più tempo, più mani e più bocche per poter fare tutto ciò che vuole ora, proprio qui. Ma non ha niente di tutto ciò e per questo si limita a spingerlo verso il tavolo finché il culo firmato YSL di Harry non ci si siede sopra. Allora Louis si incastra tra le sue cosce aperte, impaziente, e ricomincia a baciarlo, questa volta lungo il collo algido.
Se solo potesse lo prenderebbe qui, nel retro del One Direction con i clienti che forse si stanno chiedendo dove diavolo è finito il bel cameriere che la settimana prima era su Vogue e che spesso i paparazzi immortalano all'uscita del locale. Louis prenderebbe le macchine fotografiche, la caffettiera e la bacheca e ne farebbe un bel falò per l'inverno. Oppure prenderebbe ogni cosa e la spaccherebbe in testa ad ogni coglione che pensa di avere una possibilità con Harry solo perché non vede nient'altro che un bel ragazzo, quando la realtà è che la bellezza è l'ultimo dei suoi pregi.
Louis non sa nemmeno quando abbia iniziato a pensarla così – o se l'abbia mai davvero pensata diversamente – ma non ha tempo per rifletterci su perché Harry ha il palmo premuto contro la patta dei suoi jeans e l'universo capitombola giù come una partita a domino giocata da due neonati. Il punto è, non ha tempo. Per niente.
Neanche per un orgasmo.
«Harry, sono le otto meno dieci» smozzica, mentre il ragazzo cerca di ricomporsi.
«Esci prima tu.»
Louis annuisce e fa per uscire, ma poi piroetta su se stesso. Prende per la nuca Harry e lo bacia, smack, proprio sulla guancia.
Quando esce sente il riccio ridere. I suoi amici invece sono serissimi e seduti al solito posto lo osservano con gli occhi spalancati.
«Sei un cazzone» sbotta Niall, tirandogli una manata.
Vorrebbe davvero dissentire, ma non può. In ogni senso.

 

***

Sono passati quasi undici mesi dall'ultima volta che Niall è andato a trovarlo nel suo appartamento senza prima avvisarlo.
Per questo è rimasto sorpreso quando, poco prima di cena, il biondo si è presentato davanti alla sua porta con la scusa di aiutarlo a sistemare gli ultimi scatoloni.
Alla fine, comunque, non è cambiato niente. L'irlandese non è stato di benché minimo aiuto e si è stravaccato sul suo divano a guardare la partita. Si è perfino fatto offrire una diavola.
Adesso l'amico sta mangiando con calma cercando di non perdersi alcun passaggio di palla, mentre lui non riesce a concentrarsi. Ingolla la penultima fetta di prosciutto e funghi e sospira.
Il suo appartamento è mezzo vuoto e si sente senza terreno sotto ai piedi se pensa che di lì a due settimane la sua routine verrà completamente sconvolta.
Non riesce nemmeno a seguire il gioco e la cosa gli sta dando ai nervi. Il pallone schizza come da ormai tutta la partita tra gli attaccanti della sua squadra ai difensori dell'altra.
«Sei agitato?» gli domanda Niall senza staccare gli occhi blu dal campo. Tiene le mani chiuse a pugno sui jeans e le sopracciglia sottili corrucciate. E’ così teso che se solo gli punzecchiasse immotivatamente i fianchi salterebbe in aria strillando.
«Per cosa?»
«Perché ti trasferisci.» Lo sguardo malizioso del suo amico saetta su di lui un istante, per poi tornare sulla televisione. «E' da due giorni che sei pensieroso.»
Trasalgono entrambi quando il portiere della squadra avversaria afferra la palla con le mani appena prima che questa possa sfondare la rete.
Ma che cazzo.
«Allora?»
Louis annuisce, portandosi le mani al mento per sorreggerlo. «E' un bell'appartamento.»
«E quindi?»
«Quindi sì, sono agitato. Normale, insomma. Vado a vivere con Harry in centro e questa è una cosa fantastica, ma questo posto mi mancherà.»
«È vero che ha la piscina?» alla fine della frase la voce del biondo si trasforma in un grido lungo. Applaude ed ecco, Louis non ha visto il goal. Pur avendo perso l’azione salta in piedi come una molla e poi si rituffa sul materasso con un tonfo che fa sobbalzare il culo di entrambi.
«Non mi hai risposto.»
«No, ma ha una televisione da novanta pollici.»
Niall scrolla il capo puntualizzando con un grugnito tutto il suo disappunto. «Davvero non sei preoccupato?» ritenta.
«Hai cambiato università e vuoi laurearti in psicologia?»
L'irlandese spalanca la bocca per protestare, ma i tre fischi dell’arbitro lo zittiscono. Louis si alza e va verso la cucina. È stata una partitaccia e ha di nuovo fame.
Nel frigorifero non c'è praticamente nulla e non ha voglia di uscire, così lo richiude e torna in sala.
Il telefono suona e quando risponde sorride perché è Harry. E anche se ha paura ed è agitato non può fare a meno di amarlo con tutto se stesso.
«Lou, ti va se passo?»
Louis guarda Niall e quello sbuffa facendo segno che okay, se ne va. «Certo, vieni» sta per mettere giù, poi ci ripensa. «Mi porti il gelato?»
Harry ridacchia e dice va bene come una mamma che cede alle insistenze del figlio di sette anni.
Prima di andarsene Niall gli ricorda di svegliarsi presto, l'indomani, per non perdere l'aereo.
Lui ride e «scherzi? Non me lo perderei per niente al mondo» dice, mentre l'irlandese corre giù dalle scale scontrandosi quasi con la nuova vicina.
L'orologio sul suo cellulare segna le dieci meno un quarto quando il riccio suona alla porta con un sacchetto marrone e una valigia di Louis Vuitton.
Gli bacia brevemente le labbra e entra passandogli il sacchetto. All'interno due confezioni di Ben&Jerry al caramello. «Scusa il ritardo, ma non trovavo nessun supermercato aperto.»
Louis sorride e lo segue sul divano. Poggia le gambe su quelle di Harry e inizia a scavare con un cucchiaino – comprato anche quello – sentendo già l'acquolina in bocca. Lo ama, Dio se lo ama.
I capelli di Harry hanno ormai superato le spalle e non hanno più una forma precisa, ma gli stanno benissimo e lo fanno sembrare più grande. Fortunatamente ha smesso di crescere.
«Ho pensato che posso dormire qui, così domani andiamo con una sola macchina all'aeroporto.»
Louis non ci aveva pensato, ma è una buona idea.
Non vede l'ora di vedere la mostra di Zayn. Ci ha lavorato per due anni ed era il suo sogno, quindi non può fare a meno di esserne entusiasta anche lui.
«Domani Zayn farà un annuncio a pochi intimi, dopo la dimostrazione.»
Gli occhi smeraldini di Harry seguono il cucchiaino durante il tragitto dalla vaschetta alla sua lingua. Si deve concentrare per non saltargli addosso, lo vede nella piccola ruga di espressione sulla sua fronte. «Che annuncio?»
«Lui e Liam vogliono adottare un bambino, dall'India.»
«Davvero?»
Louis annuisce e Harry sorride euforico, come se il bambino fosse suo.
«Tu vuoi dei figli?» Non lo sa perché lo chieda con un tono tanto greve, ma a volte vede Harry giocare con i suoi fratellini più piccoli e sente un piacere sordo sbocciargli in fondo al cuore. Anche se sono giovani e hanno ancora tanti altri sogni da realizzare, sente di voler creare una famiglia tutta sua insieme ad Harry. E pensa che per il suo ragazzo – fidanzato, fidanzato dannazione. A volte è strano rammentare che gli ha chiesto di sposarlo solo la settimana prima – valga lo stesso.
«Sì, assolutamente.»
Posa il gelato sul pavimento e scivola vicino ad Harry. Gli accarezza una guancia e con il pollice strofina i peli corti delle sue sopracciglia. «Potremmo pensarci, se ti va.»
«D'accordo, ma prima vieni qui.»
Louis è felice tra le braccia di Harry, anche se non è riuscito ad entrare nella squadra del suo cuore e porta comunque a casa uno stipendio più basso di quanto vorrebbe.
Sente che le cose possono andare bene così, che non è una questione di accontentarsi, ma di cambiare insieme direzione del cuore.



Note autore: Buonasera :) questa fan fiction nasce da un vecchio prompt che avevo lanciato per gioco su una piattaforma sociale. 
Ringrazio Sara per averla betata, la creazione del banner e avermi incoraggiata a pubblicarla. 
Spero vi sia piaciuta, un bacio. 
Per qualsiasi cosa mi potete trovare qui o sul mio profilo ask.

  
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