Film > Lorax - Il guardiano della foresta
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Autore: Alex_Beilschmidt    23/03/2015    1 recensioni
Ora Thneedville, ormai chiamata Greenville, è tornata com'era in origine: gli alberi veri invece di quelli di plastica, il cielo di nuovo blu e cristallino... La foresta è tornata. Ted ha davvero dato il meglio di sé, riportando alla città un bene di cui era stata da tempo privata; ha compiuto la sua missione, ed Audrey ora è sempre al suo fianco, e lui non può che esserne felice. C'è però qualcosa che lui non sa ancora. Toccherà a voi scoprire in quale avventura si lanceranno Ted, Audrey ed Once Ler. Con la compagnia di Gru, Lucy e le bambine da Cattivissimo Me (2), vi auguro una buona lettura e di divertirvi ;) Alex
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Audrey, Lorax, Once-ler, Ted, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~~''Ah...'' si portò una mano alla fronte dolorante, scottava; nella sua mente, solo confusione e domande: perché mi sento così male? Come mai non ricordo più niente di cosa ho fatto ieri? Cos'è successo? Era sdraiato, quando si accorse di avere un lieve peso sulle gambe, e si mise seduto per poi gridare ''Ah!! Che.. Che cosa ci fai qui!?''; ''Ti faccio compagnia'' rispose ridendo la piccola Agnes, che era seduta sul bacino del ragazzo. Questo non disse niente, ma stette in silenzio, a guardarsi attorno, cercando di capire cosa stava succedendo: ''Ok... Sono in camera mia...'' disse poi ad un certo punto ''Tu sai dirmi cosa è successo ieri da quando me ne sono andato?''. ''Sì! Allora, la mamma ha portato me, Edith e Margo a lezione di danza, perché tra pochi giorni facciamo il saggio!'' raccontò la bambina, prima di essere interrotta ''Scusa... Non era quello che intendevo. La mamma dov'è?''; ''In cucina'' lei indicò la porta come per indicare la posizione dell'oggetto della discussione, liberando le gambe di Once Ler ''Vuoi che ti accompagno?''. L'altro cercò di scendere dal letto, ma le energie sembrarono abbandonarlo come cercò di mettersi in piedi, e cadde sul pavimento, attirando l'attenzione della bambinetta: ''Ti sei fatto male?''. ''Non preoccuparti,'' si rimise in piedi ''non è niente. Sono solo stanco'', dopo di che scese lentamente e a fatica le scale, una volta uscito dalla sua camera, seguito da Agnes fino ad arrivare alla cucina. Fu allora che, non appena si accorse della loro presenza, Lucy li salutò, restando voltata verso i fornelli sui quali il pranzo era già a cuocere in pentola, ed ironicamente chiese  ''Sveglio di buon'ora oggi, eh?''; questa poi gli si avvicinò e si preoccupò non appena notò come il ragazzo si reggeva in piedi a fatica,  tremando e traballando un po', con gli occhi stanchi e lucidi, evidentemente forzati a rimanere aperti, e il viso che era un contrasto fra le guancie ed il naso arrossati e la fronte pallidissima: ''Once Ler, ti senti bene?'' chiese mettendogli una mano sulla fronte, scostando i capelli che sembravano unti ''Oh dio, sei bollente! Tu torna in camera, io ti raggiungo subito''. Lui, senza riferire alcuna parola, fece come gli venne ordinato; non ci volle molto, da quando si rimise sotto le coperte del suo letto, che si vide arrivare la donna nella stanza portando con sé un termometro: ''Apri la bocca...'' disse, prima di infilarvi lo strumento e di ritirarlo non appena sentì un beep ''39 e cinque...'' lesse sul piccolo schermo dell'oggetto ''Credo che oggi tu non possa andare da nessuna parte. Faresti meglio a rimanere qui a letto, se non vuoi che la tua febbre peggiori. Tu cerca di riposarti, se poi c'è qualche problema basta che mi chiami'', poi lo lasciò e se ne tornò in cucina. Lui però non ce la faceva proprio ad addormentarsi. La testa gli faceva troppo male. Si guardò attorno per cercare qualcosa con cui intrattenersi, ma non trovò null'altro che mobili di legno vuoti (ad eccezione di un piccolo armadio nel quale aveva riposto tutti i suoi possedimenti) ed alcune coperte colorate piegate su una sedia;. Allora non fece altro che guardare il soffitto, cercando di ricordare finché, un paio d'ore dopo, non sentì qualcuno arrivare: ''Permesso...'' Margo aprì la porta con una spalla, prima di entrare nella stanza e poggiare alcuni libri sulla sedia libera che si trovava proprio di fianco al letto. Il ragazzo, incuriosito, si mise a sedere allargandosi il fastidioso colletto della camicia bianca ''Che cosa sono?''; ''Sono i romanzi preferiti della mamma, mi ha detto di portarteli'' lei li prese in mano, poi si sedette vicino ad Once Ler, ed uno ad uno li analizzò ''Viaggio al centro della Terra... L'isola del tesoro... E I viaggi di Gulliver'' per poi riporli nuovamente sulla seggiola di legno scuro. ''Hai bisogno di qualcosa?'' chiese lei, prima che lui le facesse segno di allontanarsi ''Faresti meglio a starmi lontano... Non vorrei infettarti''; ''Ok'' Margo si alzò e si diresse verso l'uscita della stanza, quando l'altro la fermò: ''Aspetta!'' mentre la ragazzina fece per voltarsi, lui sentiva il viso che iniziava ad arrossire ''Non è che... Avreste dei ferri e della lana?''. ''Come?'' ella chiese di ripetere, convinta di aver capito male la domanda, e le guance del ragazzo avvamparono ancor di più come questo chiese nuovamente se in casa avessero il necessario per lavorare la maglia; lei allora fece una smorfia, stranita, ma senza volerci pensare più di tanto uscì dalla stanza, per poi tornarci un paio di minuti più tardi, dopo aver parlato con Lucy, a dare una risposta negativa ed abbandonare nuovamente la camera. A questo punto, il ragazzo non potè fare altro che prendere uno dei tre libri ed iniziare a leggerlo. A lui non erano mai piaciuti i romanzi d'avventura, comunque, specialmente ora che è adulto. Gli ricordavano della sua terribile infanzia. Gli ricordavano di quando, da piccolo, uno dei suoi più grandi desideri era quello di esplorare il mondo, che era reso impossibile dalla povera situazione economica della sua famiglia. A dire il vero, i soldi per viaggiare c'erano, ma la madre non avrebbe mai accontentato la sua piccola ma grande richiesta. No, lei i soldi li voleva tutti per sé e, dal momento che il padre dei ragazzi li aveva tristemente abbandonati al loro destino, non aveva nessuno che glielo impedisse. In più, ogni volta che ci pensava, nella sua mente affioravano anche i mille ricordi di quanto i suoi fratelli lo avessero picchiato, ridicolizzato, preso in giro... Ma nonostante questo, gli mancavano comunque. Non sapeva spiegarsene il motivo, e questo lo faceva quasi impazzire. Non voleva pensarci. Davvero non ce la faceva più. Chiuse il romanzo e lo ripose insieme agli altri, poi si tolse i guanti e la giacca, prima di sciogliere il nodo della cravatta che, sdraiandosi sul letto, si era stretta attorno al suo collo lasciando nuomerosi segni porporei, che si aggiunsero a quelli già presenti dalla notte passata, e posizionò il tutto sulla stessa sedia sulla quale si trovavano le novelle; anche le braccia erano piene di segni quasi viola, talmente scuri che Once Ler riuscì a notarli nonostante ci fossero le lunghe maniche bianche della sua camicia a coprirli. Poi si distese e cercò di rilassarsi. Avrebbe voluto dormire, ma era ormai quasi un mese che non ce la faceva. Sentiva e vedeva i suoi occhi circondati da occhiaie che diventavano via via più marcate, come il tempo passava. Era la paura. Non passava, non era mai passata. Ma cercava di tranquillizarsi: ''Non succederà niente... Non finché io terrò segreti ed al sicuro gli alberi di truffula'' pensava, cercava di convincersi con quelle sue parole ''Davvero non capisco perché mi preoccupo così tanto per qualcosa che non potrà mai accadere. In fondo, sono sicuro che il sig. O'Hare non sarebbe mai capace di strapparmi ciò che vuole, almeno non senza il mio consenso. Non accadrà una seconda volta; mi sto creando problemi che non esistono''. Intanto, a differenza di ciò di cui era convinto Once Ler, quell'avido uomo d'affari qual era O'Hare, era già pronto a mandare tutte le sue braccia da lavoro nella foresta di truffula al di fuori di Greenville, con i furgoni della sua industria, ad abbattere gli alberi e a portarli nella fabbrica dove sarebbero presto stati sottoposti a migliaia di piccoli trattamenti e lavorazioni per poi diventare null'altro che un Thneed; ''Colui o colei che contribuirà maggiormente ai rifornimenti del materiale,'' li persuadeva O'Hare ''otterrà una magnifica promozione a fine mese!''. Once Ler tornò a lavoro solo una settimana dopo; quel giorno fu chiamato ancora una volta nell'ufficio dell'uomo: ''La prego di perdonarmi se non ho potuto avvertirla!'' cercò di giustificarsi agitatamente il ragazzo ''L-Le giuro che non era mia intenzione mancare a lavoro!''. ''Non è per questo che ti ho chiamato, ragazzo, tranquillati. Volevo parlarti del tuo Thneed'' volle rassicurarlo l'uomo, provocando però l'effetto contrario ''Sai, la mia azienda non può rimanere ferma, se non si vuol fallire. È per questo che ho dato il via alla produzione: dal momento che non vuoi dirmi qual è il materiale da usare, abbiamo deciso di utilizzare un tipo molto particolare di tessuto, estratto dai fili di lana'' egli notò subito che Once Ler assunse un'espressione molto meno preoccupata ''Però, devo chiederti di non accedere ai sotterranei''. L'altro allora chiese il motivo di tale divieto, così lui rispose che ''Ora che gli impianti per la fabbricazione del Thneed sono in azione, i sotterranei sono diventati un posto al quanto pericoloso, e non voglio che tu ti faccia del male!''; detto ciò, lo congedò e gli ordinò di tornare alla sua postazione di lavoro. Di lì a pochi mesi, il Thneed diventò un successone a Gainesville: i negozi della città richiedevano rifornimenti in continuazione, tutti gli abitanti ne volevano uno, le vendite erano alle stelle. Ogni giorno venivano prodotti Thneed in quantità tanto grandi, che la parola 'enormi' non basta a rendere l'idea; e, come crescevano le vendite, lo stesso facevano i guadagni. Ma, mentre il reddito del ragazzo aumentava progressivamente, le sue energie sembravano lasciarlo sempre di più, come se qualcosa o qualcuno gliele stesse prosciugando, e la cosa che lo spaventava di più era che non ne conosceva nemmeno il motivo. Lui però non volle parlarne con nessuno, ed il tempo passava. Il suo reddito ora era abbastanza alto da permettergli finalmente di 'comprarsi una vita tutta sua': già da tempo era andato nella migliore agenzia immobiliare ed investì ben metà del suo immenso capitale nella costruzione di una meravigliosa villa al di fuori della città. ''Vi ringrazio moltissimo per la vostra ospitalità'' disse Once Ler, una mattina, nell'ingresso della casa di Lucy e Gru mentre prese in una mano una valigia, più grande di quella con cui era arrivato la prima volta, che si trovava ai suoi piedi, mentre con l'altra reggeva il suo cappello nero ''Senza il vostro aiuto davvero non ce l'avrei mai fatta ad arrivare fino a questo punto... Grazie ancora di tutto!'' li salutò ''Prometto che verrò a farvi visita, qualche volta'' ed abbandonò l'abitazione per poi mettersi il cilindro in testa ed iniziare a camminare verso la sua nuova casa, approfittando dell'occasione per fare una veloce passeggiata attraverso l'intera città fino a giungere al confine di questa e trovarsi di fronte al suo obbiettivo. Era una cosa immensa e meravigliosa: da fuori, le mura erano rivestite di una vernice lucida e coprente che faceva quasi riflettere la luce del sole, dando una sensazione di divina brillantezza. La casa, che aveva tre piani, era largamente circondata da una bassa recinzione di pietra, che per qualche motivo ricordava ad Once Ler quei rari momenti felici della sua infanzia, all'interno delle quali si trovava anche un gradevole giardino decorato sfarzosamente con con panchine di metallo dal colore argenteo, un paio di statue di marmo, e soprattutto migliaia di piccoli ma meravigliosi fiori. Invece gli interni, a differenza dell'aspetto solidare e radiante di ciò che era all'esterno, esprimevano un gusto raffinato e superiore all'ordinario, con le pareti alte e vestite di verde, come il ragazzo, che presentavano enormi finestre, gli arredi che spesso e volentieri presentavano parti rivestite d'oro, e tantissimi quadri erano presenti in ogni dove. Il tutto, notò lui, era preaticamente uguale allo stile proposto per la sua prima vera villa, quella che si fece costruire vicino alla sua fabbrica, quando il Thneed era ancora un'invenzione tutta nuova e mai vista prima; specialmente il terzo piano, era quasi identico all'ufficio della prima casa: l'enorme scrivania circolare al centro della stanza occupava quasi tutto lo spazio presente, con la poltrona rossa dai contorni d'oro che per poco non arriva a toccare il soffitto, e la terrazza che si affacciava sulla città innevata, collegata alla stanza attraverso finestre che erano grandi quanto l'intera parete dell'ufficio a cui la terrazza era adiacente. Il che, all'inizio, faceva tornare nel cuore del ragazzo il timore che il terribile disastro che causò precedentemente si ripetesse, ma poi si convinse una volta per tutte che ''È impossibile... E poi, non c'è nulla di male in questo; in fondo, sto soltando creando la mia economia''; era quasi stanco di doversi ripetere queste parole ogni volta che c'era qualcosa a ricordargli di questo suo errore (e la cosa, ad essere sinceri, accadeva molto più spesso di quanto si possa pensare). Ad ogni modo, ora che aveva anche comprato un'auto lussuosa ed un telefono, volle invitare a casa sua Ted ed Audrey: ''Pronto, Ted? Ciao, sono io, Once Ler!'' lo chiamò lui. ''Once Ler? Oh, ciao! Finalmente ti sei deciso a prendere un telefono!'' - ''Come stai?'' - ''Bene, grazie, e tu?'' - ''Stupendamente, direi! Sai, ho fatto fortuna qui! Ora ho una casa tutta mia! Che ne dici se un giorno di questi mi veniste a fare visita, tu ed Audrey?'' - ''Sarebbe fantastico! È da tanto che non ci vediamo, e poi questo periodo sarebbe perfetto, dato che sia io che lei siamo a casa da scuola. C'è ancora un piccolo problema, però: mia mamma ha la macchina in riparazione dal meccanico...'' - ''Non ti preocchupare, se vuoi posso darvi un passaggio io: ho preso l'auto giusto qualche giorno fa'' - ''Oh, ok allora... Facciamo per domani?'' - ''Andata''. Quella giornata agli inizi di gennaio passò velocemente e fu così che, il pomeriggio seguente, non appena tornò da lavoro, Once Ler raggiunse la casa di Ted, in Greenville; intanto, nell'abitazione, il ragazzino stava aspettando con Audrey il suo arrivo finché, verso le due, non si sentì suonare il campanello. ''Vado io!'' annunciò Ted, prima di dirigersi verso l'entrata della casa, per poi aprire la porta mentre la ragazza lo raggiungeva; i due salutarono la figura snella e ben vestita, prima di lasciare l'abitazione per antrare nell'auto bianca di questa. ''Allora,'' disse Ted ridacchiando, mentre Once Ler guidava in modo piuttosto inesperto il veicolo ''tu non usi spesso l'auto, non è vero?'', prima che il ragazzo rispose sinceramente che ''Di solito è uno dei miei assistenti a guidare, a dire il vero... Ma oggi ho voluto guidare io. A proposito, come sta andando al liceo?''; ''Bene, grazie'' ''È più difficile del previsto, ma si può fare'' risposero Audrey e Ted. ''Come mai sei arrivato così tardi?'' domandò poi la ragazza, guardando l'orologio digitale dell'automobile; il ragazzo allora rispose ''Ho dovuto fare un turno di lavoro più lungo di quanto pensassi, mi dispiace''. Tra le loro chiacchiere, il tempo passava veloce, e presto i tre si trovarono davanti all'entrata della recinzione di pietra, prima di attraversare il ricco giardino con ammirazione, e di entrare nella casa. ''Wow'' fu l'unica parola che Ted ed Audrey riuscirono a dire, presi dal fascino che si trovava ovunque: nelle decorazioni, sui mobili, dietro ogni angolo... Come prima cosa, il ragazzo mostrò loro ogni singola stanza, dopo di che li fece accomodare nel suo lussuoso ufficio: mentre i due si spartivano l'enorme poltrona rossa, l'altro era seduto davanti a questi, sulla scrivania; e si raccontavano tutto ciò che non erano riusciti a raccontarsi fino a quel momento. ''Questo è per voi...'' ad un certo punto, Once Ler prese una scatola larga e schiacciata e la porse ad Audrey ''Non ho potuto festeggiare il Natale con voi, ma ho voluto farvi comunque un pensierino''; la ragazza tolse il coperchio e lo mise sul tavolo, per poi tirare fuori dal contenitore un Thneed ''Spero che vi piacciano... Ne ho preso uno per ciascuno''. Anche Ted ne prese uno, lasciando la scatola vuota, per poi guardare sospettoso il ragazzo di fronte a loro, quasi a fulminarlo con lo sguardo ''Ma... Questi non sono prodotti con la chioma degli alberi...?''. Once Ler allora ne approfittò per parlar loro del suo lavoro, per evitare che questi lo fraintendessero ''Sapete, fin da quando sono arrivato in questa città, ho puntato gli occhi sulla O'Hare Industries, dove attualmente lavoro, ma per entrare a far parte di questa compagnia avevo bisogno di portare un progetto all'altezza del capo dell'azienda, il sig. O'Hare'' riconoscendo il nome di O'Hare, Audrey e Ted si scambiarono un'occhiata d'intesa, preoccupati, ma non si azzardarono ad interrompere il discorso del giovane ''Però nessuno dei progetti che avevo l'intenzione di proporre è stato di suo gradimento, ed io avevo davvero bisogno di ottenere quel posto, quindi sono stato costretto a presentargli il mio Thneed e mi hanno assunto... Però non ho mai rivelato quale fosse in realtà il materiale con cui è fatto, così l'industria li sta fabbricando con un estratto di lana!''. I due non vollero dimostrare il disagio che in loro stava lentamente crescendo, così cercarono di nasconderlo avvolgendo al collo il loro regalo e fingendosi felici di essere di nuovo con Once Ler a parlare, come una volta (non che non lo fossero, comunque). ''Se fossi in te, Once Ler'' disse Ted, lanciandogli un'occhiata amichevole con l'intento di ispirargli fiducia ''terrei gli occhi fissi su quell'O'Hare... Non mi fiderei così tanto''; ''Once Ler, credimi,'' aggiunse poi l'altra ''lui è un uomo che non si fermerà davanti a nulla, pur di ottenere ciò che vuole''. La sera non si fece aspettare, ed al suo arrivo, i ragazzi si fecero riaccompagnare fino casa loro a Greenville. ''Guardati le spalle, Once Ler''.

 


ANGOLINO: Prego, da questa parte... Perfetto, eccoci qua. Questa, ragazzi, è quella palude cattiva, viscosa e piena di sorprese che a me piace chiamare 'punto bianco di una storia'. Sì, lo state leggendo proprio adesso... O meglio avete finito di leggere una parte di esso. Sapete, quando si inventa una fanfiction, è sempre la stessa storia: prima si fa il solito 'piano in cinque punti' e poi quando si scrive la bella copia si creano i collegamenti fra i punti (esatto, proprio come facevamo da piccoli con quei giochini che ci facevano fare alle elementari, quando dovevamo collegare i puntini numerati, scoprire di che disegno si tratta e colorarlo in modo da farlo sembrare un Michelangelo XD); spesso i collegamenti sono piuttosto immediati, ma ci sono volte in cui bisogna ragionarci su, facendo attenzione a mantenere sempre e comunque quel filo logico che fa sì che la storia funzioni. Questa cosa mi mette in crisi... E non è la prima volta. Nell'altra fic, mi ci sono ritrovata spesso, ma ancora devo farci l'abitudine... Ma poi dico, starete sicuramente pensando qualcosa come 'Ma sapessi quanto mi frega dei tuoi problemi da mezza disturbata mentale' o qualcosa del genere insomma XD Per questo, devo lasciarvi... Già, senza la domanda. Sono a corto di fantasia. (ce ne vuole più di quanto possiate pensare XD) Ok.. ciao. Baci, Alex <3

   
 
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