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Autore: Il_Capitano    23/03/2015    2 recensioni
Amare da adolescenti è la cosa più bella di questo mondo, leggete e ditemi se condividete queste emozioni che solo di recente ho imparato ad apprezzare.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Otto mesi…
Otto mesi di pura agonia mi hanno separato da lei, a cui vanno aggiunti trecento chilometri di distanza ed una situazione non proprio chiara da affrontare.
Mentre aspettavo di rivedere quelle iridi marroni come nocciole e intense come solo la perfezione può essere ho dovuto affrontare molti problemi.
All’inizio abbiamo provato a continuare a sentirci, la cosa è durata un paio di mesi ma poi l’eccessiva distanza e i bisogni “fisiologici” si sono fatti troppo duri da sostenere.
-Rimaniamo amici- ci dicevamo, -Non sparire nel nulla- questo era il nostro motto.
E così facemmo, non resistevamo più di una settimana senza sentirci e nonostante i ripetuti tentativi i nostri discorsi virtuali finivano sempre su noi due, su quanto ci mancavamo e su quanto avremmo voluto essere l’uno al fianco dell’altra.
Certo, ci sono stati anche molti problemi, entrambi sentivamo il bisogno di un corpo da stringere, di avere delle labbra da baciare, ma alla fine i nostri pensieri finivano sempre con il riportarci all’altra persona, alle sue mani, al suo volto, al suo profumo che con tanta insistenza di appiccicava ai nostri vestiti e che ci faceva girare la testa ogni qual volta ne sentivamo l’aroma.
Un esempio?
Tempo fa, quasi un mese fa per la precisione, uscii con una ragazza molto attraente, alta con un bel fisico sportivo ed uno di quei caratteri capaci di suscitare la tenerezza anche in un essere apatico e inflessibile.
Era la prima ragazza con cui uscivo da quando avevo discusso con il mio “amore”, se mi passate il termine, i miei amici erano tutti felicissimi per me, finalmente avevo trovato una ragazza della mia stessa città e che era pure molto attraente; io stesso ero fiero di quella “conquista”…
Non mi ci volle molto per capre che non era ciò che volevo, le belle gambe slanciate e il seno prosperoso (per essere una sedicenne) non erano necessariamente ciò di cui necessitavo.
Io volevo lei, il mio amore, la mia donna, la prima ragazza per cui avevo provato un vero sentimento di amore che ancora mi accompagna nel cuore. 
Non resistetti, di ritorno dalla gita scolastica spiegai alla mia nuova “fiamma” come stavano le cose nel modo più umano possibile e poi scrissi a la ragazza che avrei dovuto scegliere molto prima.
Ora mancano meno di dieci giorni al nostro prossimo incontro, non posso sapere se il destino ha in serbo qualche scherzo crudele ma ormai sono pronto ad affrontare tutto per rivederla.
Ho aspettato otto mesi, cioè duecentoquaranta giorni, cinquemilasettecentosessanta ore, troppi minuti e tantomeno secondi per contarli…
In questa attesa si sono frapposte molte cose, per usare un termine scientifico molte “variabili”, mio padre è stato male, lei ha dovuto saltare uno dei nostri incontri per raggiungere la madre fra le montagne e un ragazzo, forse un po’ troppo grande, si è frapposto fra noi cercando di abbindolarla con sorrisini e stupidaggini simili.
In tutto questo solo una cosa è rimasta costante, come un chiodo fissato in un muro che nessuno può togliere…
Ciò che provo per lei, cosa comporta nel mio organismo la sua vicinanza, il tocco delle sue mani di fanciulla che mi rassicurano facendomi capire quale è il mio posto in questo pazzo mondo; al suo fianco!
Conosciuta per caso, servendo in una sagra di paese, l’ho subito ammirata, il suo fascino nascosto dietro a quell’aria da dura e forse un po’ a maschiaccio.
Per avvicinarmi ho dovuto faticare, in amore come in guerra nulla è dato e per tutto bisogna sudare.
Una settimana di servizio alla sagra, circa cinque giorni di approcci sempre più eclatanti e tanta pazienza…
Pazienza nel sentirle dire quanto è bello quel modello o quel ragazzo che è passato prima senza poterle dire che volevo essere io l’unico ragazzo per lei.
Pazienza nel dover rimanere in silenzio quando le rideva alla battute di un altro ragazzo degnando me di un semplice sorriso di accondiscendeza quando dicevo qualcosa.
Pazienza che però ha trovato sfogo e libertà quando, stanco di aspettare, ho allungato la mia mano verso la sua durante la visione di un film.
Pazienza che scorreva implacabile come l’acqua del più grande dei fiumi quando l’ho baciata per la prima volta provando una sensazione di adrenalina che mai avevo provato.
Il solo tocco, la sua pelle a contatto con la mia era in grado di destarmi dal sonno facendo crescere in me il desiderio di averla sempre vicina, di poterla abbracciare in ogni momento, di poterla amare.
Amore, diciasette anni sono pochi per usare questa parola, ma come si fa quando essa è l’unica che spiega in maniera razionale ciò che si prova?


Otto mesi…
Otto mesi di pura agonia mi hanno separato da lei, a cui vanno aggiunti trecento chilometri di distanza ed una situazione non proprio chiara da affrontare.
Mentre aspettavo di rivedere quelle iridi marroni come nocciole e intense come solo la perfezione può essere ho dovuto affrontare molti problemi.
All’inizio abbiamo provato a continuare a sentirci, la cosa è durata un paio di mesi ma poi l’eccessiva distanza e i bisogni “fisiologici” si sono fatti troppo duri da sostenere.
-Rimaniamo amici- ci dicevamo, -Non sparire nel nulla- questo era il nostro motto.
E così facemmo, non resistevamo più di una settimana senza sentirci e nonostante i ripetuti tentativi i nostri discorsi virtuali finivano sempre su noi due, su quanto ci mancavamo e su quanto avremmo voluto essere l’uno al fianco dell’altra.
Certo, ci sono stati anche molti problemi, entrambi sentivamo il bisogno di un corpo da stringere, di avere delle labbra da baciare, ma alla fine i nostri pensieri finivano sempre con il riportarci all’altra persona, alle sue mani, al suo volto, al suo profumo che con tanta insistenza di appiccicava ai nostri vestiti e che ci faceva girare la testa ogni qual volta ne sentivamo l’aroma.
Un esempio?
Tempo fa, quasi un mese fa per la precisione, uscii con una ragazza molto attraente, alta con un bel fisico sportivo ed uno di quei caratteri capaci di suscitare la tenerezza anche in un essere apatico e inflessibile.
Era la prima ragazza con cui uscivo da quando avevo discusso con il mio “amore”, se mi passate il termine, i miei amici erano tutti felicissimi per me, finalmente avevo trovato una ragazza della mia stessa città e che era pure molto attraente; io stesso ero fiero di quella “conquista”…
Non mi ci volle molto per capre che non era ciò che volevo, le belle gambe slanciate e il seno prosperoso (per essere una sedicenne) non erano necessariamente ciò di cui necessitavo.
Io volevo lei, il mio amore, la mia donna, la prima ragazza per cui avevo provato un vero sentimento di amore che ancora mi accompagna nel cuore. 
Non resistetti, di ritorno dalla gita scolastica spiegai alla mia nuova “fiamma” come stavano le cose nel modo più umano possibile e poi scrissi a la ragazza che avrei dovuto scegliere molto prima.
Ora mancano meno di dieci giorni al nostro prossimo incontro, non posso sapere se il destino ha in serbo qualche scherzo crudele ma ormai sono pronto ad affrontare tutto per rivederla.
Ho aspettato otto mesi, cioè duecentoquaranta giorni, cinquemilasettecentosessanta ore, troppi minuti e tantomeno secondi per contarli…
In questa attesa si sono frapposte molte cose, per usare un termine scientifico molte “variabili”, mio padre è stato male, lei ha dovuto saltare uno dei nostri incontri per raggiungere la madre fra le montagne e un ragazzo, forse un po’ troppo grande, si è frapposto fra noi cercando di abbindolarla con sorrisini e stupidaggini simili.
In tutto questo solo una cosa è rimasta costante, come un chiodo fissato in un muro che nessuno può togliere…
Ciò che provo per lei, cosa comporta nel mio organismo la sua vicinanza, il tocco delle sue mani di fanciulla che mi rassicurano facendomi capire quale è il mio posto in questo pazzo mondo; al suo fianco!
Conosciuta per caso, servendo in una sagra di paese, l’ho subito ammirata, il suo fascino nascosto dietro a quell’aria da dura e forse un po’ a maschiaccio.
Per avvicinarmi ho dovuto faticare, in amore come in guerra nulla è dato e per tutto bisogna sudare.
Una settimana di servizio alla sagra, circa cinque giorni di approcci sempre più eclatanti e tanta pazienza…
Pazienza nel sentirle dire quanto è bello quel modello o quel ragazzo che è passato prima senza poterle dire che volevo essere io l’unico ragazzo per lei.
Pazienza nel dover rimanere in silenzio quando le rideva alla battute di un altro ragazzo degnando me di un semplice sorriso di accondiscendeza quando dicevo qualcosa.
Pazienza che però ha trovato sfogo e libertà quando, stanco di aspettare, ho allungato la mia mano verso la sua durante la visione di un film.
Pazienza che scorreva implacabile come l’acqua del più grande dei fiumi quando l’ho baciata per la prima volta provando una sensazione di adrenalina che mai avevo provato.
Il solo tocco, la sua pelle a contatto con la mia era in grado di destarmi dal sonno facendo crescere in me il desiderio di averla sempre vicina, di poterla abbracciare in ogni momento, di poterla amare.
Amore, diciasette anni sono pochi per usare questa parola, ma come si fa quando essa è l’unica che spiega in maniera razionale ciò che si prova?

 
   
 
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