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Autore: adler_kudo    24/03/2015    6 recensioni
Sera di festa alla magione Phantomhive. Il piccolo conte pare non gradire, come al solito, ma si sa che non c'è niente di meglio di un bicchiere di frizzante alcolico per far decollare la serata. Il fido maggiordomo riuscirà a gestire anche questo?
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno a tutti. È da un secolo che non pubblico qualcosa, spero di non essermi arrugginita... È una semplice commediola tra questi due personaggi che trovo estremamente affascinati, dalle mille sfaccettature. Spero dunque che questa mia piccola creazione sia di vostro gradimento; bando agli indugi e buona lettura. -AK


Ciel Phantomhive odiava le feste. Si annoiava a morte, per qualunque occasione fossero; non era solo per il futile motivo di non sapere ballare decentemente, cosa peraltro non vera anche se conosceva meglio i passi femminili, ma non riusciva proprio a instaurare una conversazione cordiale con chi reputava inferiore, anche se di rango superiore al suo talvolta. Le feste alla villa non erano molto frequenti; generalmente Ciel prediligeva al massimo pochi invitati con i quali intrattenersi appena qualche ora, il tempo di una cena preparata e servita dal maggiordomo, qualche elogio, discussione di affari e basta. Raramente si presentavano ospiti in villa che rimanevano anche per la notte e, se lo facevano, erano o stretti conoscenti o ospiti molto importanti che venivano da lontano. Le feste vere e proprie erano più uniche che rare. Il conte aveva qualche vago ricordo di quando era il suo predecessore a darle, rammentava appena il salone pieno, il vociare della gente, il frusciare dei vestiti; da quando il suo passato non c'era più aveva smesso di interessarsi definitivamente a quello che definiva mero spreco di tempo e denaro per inutili eventi mondani.
-Signorino, non può fare da tappezzeria anche oggi.- gli sussurrò Sebastian avvicinandosi al ragazzino con un flutt colmo di liquido giallo. 
-Sta zitto. Non ho chiesto la tua opinione.- rispose Ciel acidamente appoggiandosi meglio alla parete rossa dietro a sé. 
-Ma è il suo compleanno. La sua fidanzata ha faticato molto per organizzarle questa festa. Ne resterebbe delusa se la scoprisse nascosto dietro una tenda.-
Ciel odiava anche quando il suo maggiordomo aveva ragione. Sospirò pesantemente e tentò di ribattere -In casa mia? Che io sappia le feste si organizzano a casa propria...-
Ciel si accorse che l'altro stava ridacchiando e, irritato gli strappò il bicchiere dalle mani. 
-I servi non bevono alle feste.- lo rimproverò portando il calice alla bocca. Purtroppo si rese conto al primo sorso che non era ciò che credeva.
-L'avevo preso per lei, signorino. È semplice limonata, ma si confonde bene con lo champagne.- si giustificò il maggiordomo con uno smagliante sorriso che fece irritare a dismisura l'altro.
-Mi hai preso per un moccioso? Non mi occorre la limonata, posso bere lo champagne quando voglio!- 
Detto questo, Ciel gli piazzo in mano il flutt ora vuoto e si recò a passo di carica tra la folla che tanto odiava, obiettivo: tavolo degli alcolici. Sentì dietro di sé un appena mormorato "oh, cielo" di Sebastian, ma il tono decisamente divertito con cui venne pronunciato, non lo fece assolutamente desistere e anzi ebbe l'effetto opposto. Dopo aver schivato la massa di persone che conosceva di sfuggita e aver liquidato in fretta un paio di uomini che gli avevano augurato di passare un buon compleanno, Ciel si ritrovò di fronte ad un tavolo colmo di ogni sorta di alcolico esistente; individuò i calici da champagne e ne afferrò uno. Se ne andò di lì in fretta, prima che qualcuno lo potesse fermare, e prese a fissare il liquido frizzante e profumato all'interno del bicchiere. Una domanda attraversò la sua mente: voleva davvero fare l'idiota e comportarsi in modo infantile? Lanciò un fugace sguardo alla sala antistante e individuò Sebastian intento a servire delle nobildonne che tentavano di fare le amabili per accaparrasserlo ed eliminò ogni remora dalla sua mente. Gli avrebbe fatto vedere che non era più un bambino, non gli occorreva la limonata. Portò il bordo del calice di cristallo alle labbra e ne bevve un sorso. Pizzicava, era più amaro di come se lo aspettava e un senso di bruciore gli invase la bocca, ma passò in un attimo. Fissò il flutt indeciso e scrollò le spalle sorseggiandone ancora: aveva pensato peggio. Quando terminò la bevanda la voglia di averne ancora lo pervase e ne agguantò un altro proprio dal vassoio di Sebastian, al quale il gesto non sfuggì di certo. Un paio di occhi di fuoco lo seguirono per un po', ma Ciel li ignorò incominciando presto a provare piacere per quella gente che gli invadeva il salone; così quando giunse un ricco uomo d'affari per fare conversazione lo accolse con un calore mai visto prima, invitandolo persino a bere qualcosa con lui. Per la prima volta in vita sua, Ciel si sentiva a suo agio in società; non sapeva cosa fosse stato, ma si sentiva eccitato per ogni idiozia che gli si presentava di fronte, ridacchiava e soprattutto chiacchierava apertamente con gli invitati. Si sentiva leggero. 
Ad un tratto, Elisabeth lo agguantò per un braccio e lo trascinò sulle scale strillando -Ciel! Devi fare il discorso!-
L'intera assemblea si rivolse verso di lui in totale silenzio in attesa delle sue illuminanti parole di ringraziamento. Normalmente Ciel si sarebbe sentito non imbarazzato, di più, di sicuro avrebbe voluto scappare, lasciar fare a Sebastian, scavarsi una buca... Tutto pur di non ringraziare quello stuolo di approfittatori. Tuttavia quella sera, chissà mai perché, si sentiva talmente leggero che fare una cosa del genere era semplicissimo. Per prima cosa si scrollò di dosso la fidanzata sbuffando con fastidio. Come poteva parlare apertamente con una attaccata al braccio in quella maniera? Sorrise a tutti e sollevò un calice in aria dando fiato alla bocca... Peccato che non fosse collegata al cervello in quel momento. La sua parte razionale percepì qualcosa di sbagliato in quel discorso, ma era difficile riconoscere cosa. Sentiva la mente offuscata... Forse era il caso di fermarsi? Ma come poteva con la musica che lo trascinava, le luci che sfavillavano, la gente che parlava e i fiumi di pregiato champagne? Sorbì un altro sorso. Vide un sorriso. Afferrò un braccio. Di nuovo un sorso.

-Signorino... Signorino, è sveglio?- 
Con la testa che doleva, Ciel alzò il capo dal cuscino, subito accecato dalla fioca luce che filtrava dalle tende.
-Sebastian...- mormorò con la voce roca. Sentiva la gola bruciare e faticava a tenere aperti gli occhi.
-Come si sente stamane?- domandò il maggiordomo a bassa voce, chinato su di lui.
-Perché ho mal di testa?- domandò Ciel con un mugolio.
-Non ricorda nulla di ieri sera?-
-Cosa dovrei..?- si bloccò subito; un flash della sera prima lo attraversò. Era piuttosto sbiadito, ricordava qualcosa di vago, troppo vago... Una persona... Una bocca... Occhi rossi.
Si tirò immediatamente a sedere scoprendo solo il quell'istante di essere completamente nudo e, non solo, di non essere in camera sua, ma nella stanza di Sebastian, avvolto tra le sue lenzuola candide. La luce tenue del primo mattino che filtrava dalle fini tendine illuminava l'intera e scarna stanza; sul pavimento facevano bella mostra di sé i vestiti sgualciti e spiegazzati che il conte indossava la sera prima: pantaloni e giacca azzurri erano vicino alla porta, il cravattino legato al pomello, la benda sulla scrivania, le calze e i rispettivi reggicalze avevano tutta l'aria di essere stati lanciati a caso e di essere finiti uno sul lampadario e l'altro sulla finestra, il corsetto a mezzo busto che era stato costretto ad indossare giaceva inerme appeso alla maniglia dell'armadio e la camicia bianca con i volant  intrigata sotto la sedia. Tutto questo insieme a cravatta e giacca dell'altro. Si rese quindi conto solo in quel momento che il maggiordomo non era vestito al solito, ma che indossava solo la camicia bianca mezza sbottonata e il panciotto aperto, le maniche erano arrotolate fino al gomito e non portava i guanti. Osservò il suo corpo svestito e notò un paio di marchi rossi non meglio identificabili. Un pensiero terrificante folgorò la mente del ragazzino che sbiancò e arrossì violentemente allo stesso tempo.
Esordì balbettando -Se-Sebastian... Tu... Credi... Cioè tu ed io... Noi...-
-Cosa signorino?- domandò il maggiorando in una maschera di impassibilità.
-Ecco... Siamo... Abbiamo dormito... Insieme?- il volto di Ciel assunse tutte le colorazioni di rosso possibili. Sebastian sorrise con fare enigmatico, pessimo segnale.
-Sono stato con lei fino a cinque minuti fa.-
-Vuoi... Vuoi dire che sei stato con me? Nel mio stesso letto, per tutta la notte... Così?-
-Certo signorino; come ha ordinato lei.- assentì Sebastian con un lieve inchino.
-Io non ho mai ordinato cose del genere!- sbottò Ciel alzandosi in piedi di scatto sul letto. Peccato solo fosse nudo... 
-Non guardarmi!- urlò coprendosi.
Sebastian rise di gusto non distogliendo lo sguardo per un attimo -Non è nulla che lei non mi abbia già mostrato... Ieri sera l'ultima volta, se non erro.-
-Ieri... Ieri sera?-
Ciel temeva l'ovvia domanda che stava per porre, ma doveva conoscere la verità a tutti i costi o non sarebbe più riuscito a guardare in faccia il maggiordomo.
-Cosa ho fatto ieri sera?- esalò buttandosi a sedere sul letto. Non voleva dar a vedere che gli importasse, non poteva darlo a vedere ad ogni costo! Si coprì alla bella e meglio con le lenzuola e lasciò parola al servo che, con lo sguardo illuminato di rosso rubino, si morse le labbra ammiccante.
-È proprio sicuro di volerlo sapere?-
-Sì.- Il terrore lo stava uccidendo, così come la curiosità. Se davvero aveva fatto ciò che pensava tutto da quel momento sarebbe stato diverso, doveva sapere per forza; eppure la piccola finestra in alto sembrava una prospettiva tanto allettante anche se era nudo...
-Molto bene, signorino.- esordì Sebastian mettendosi stranamente a sedere sul letto -Non sono responsabile io di ciò che le dirò.-
-Parla.-
-Allora, c'è stato il suo discorso di compleanno...- iniziò, ma subito Ciel lo fermò scioccato.
-Ho acconsentito a una cosa del genere?!-
-Sì, signorino, ed era anche piuttosto ispirato. Ho dovuto faticare per portarla via dalla folla prima che rovinasse tutto.-
Il giovane conte trasalì: cosa diavolo aveva fatto!
-Racconta per filo e per segno. E non... Tralasciare dettagli.- Odiava non ricordare nulla di quella sera, era una pessima sensazione e ancora di più lo era il pensiero che, con ogni probabilità, aveva... Oh, non riusciva nemmeno a pensarlo senza arrossire e desiderare la morte!
-D'accordo. Dunque...

Il signorino aveva iniziato a prendere un po' troppo gusto in quel gioco che era cominciato solo per mero orgoglio. Nonostante fosse impegnato a servire dame e cavalieri non gli era certo sfuggito lo sgattaiolare del giovane conte a sorseggiare raffinato champagne solo per dimostrare di essere adulto. Sebastian sospirò alla vista dell'ennesimo calice vuotato tra le mani di quel bambino che si sforzava tanto per essere accettato nel crudele mondo della maturità; una maturità che almeno dal punto di vista fisico non era assolutamente pronto ad accettare. Porgendo il vassoio colmo di vol au vent ad una bella signora mora che gli girava attorno da un po' di tempo, scorse il suo padrone intrattenere amabilmente una conversazione con due giovani uomini che parevano piacevolmente sorpresi dal cambiamento d'umore del cupo ragazzino; pareva dunque che in fin dei conti fosse una buona cosa quel poco d'alcol che aveva ingerito, se serviva a fargli distendere un po' i nervi altrimenti tesissimi; dopotutto bastava lui a controllare la situazione. Tale pensiero però si rivelò palesemente errato nel momento in cui vide il signorino salire sulle scale barcollante per fare quello che doveva essere il discorso di ringraziamento. Lo osservò intensamente per cercare di valutare se riusciva a reggersi ancora in piedi, ma fu quando spinse via di malagrazia la sua fidanzata che Sebastian capì che sarebbe dovuto intervenire presto.
Con gesto pomposamente solenne alzò il calice in aria e iniziò un discorso strascicato che fece ammutolire tutti i presenti.
-Graditi ospiti! E anche non graditi, ma tanto siete qui dunque tanto vale... Dicevo, graditi ospiti e non, grazie per essere venuti qui a ricordarmi perché odio tanto le feste. No, dai. In realtà è divertente... Abbastanza. Insomma, che cosa pensereste voi se qualcuno a quest'ora entrasse in casa vostra e bruc...- 
Non fece in tempo a concludere la frase perché il maggiordomo, avendo capito l'antifona, lo interruppe scusandosi con fare desolato.
-Il padroncino ha proprio ragione.- fece con un inchino -Perdonateci, ma per un bambino è passata da un po' l'ora della nanna. Venga, padroncino.- 
Si voltò verso il ragazzino trascinandolo lontano da lì nonostante le proteste sconclusionate. Dietro di sé, complice anche la marchesa Middford che pareva essere più umana del solito quella sera, la sala ricominciò ad animarsi come se nulla fosse accaduto. Sebastian tirò un sospiro di sollievo: aveva giocato bene la carta del piccolo bambino stanco per la giornata troppo lunga che tanto piaceva agli umani. 
Il suo giovane padrone intanto continuava a dimenarsi tra le sue braccia e per poco non gli scivolò, così una volta fuori dalla portata di occhi indiscreti se lo caricò in spalla e lo portò il più lontano possibile dalla gente; la cucina, in quel momento deserta, poteva andare più che bene.
Lo posò sul tavolo e si sedette sbuffando sulla sedia di fronte a lui con aria di rimprovero: aveva davvero passato il limite.
-Che c'è, Sebastian? Perché mi guardi così?- domandò il conte con un broncio che l'altro non poté che giudicare adorabile.
-Ho fatto qualcosa che non va?- Il tono della domanda era volutamente innocente, mentre l'occhio azzurro era idratato continuamente da un poco casto battito di ciglia.
-Sì, signorino, è stato un bambino cattivo.- rispose il maggiordomo ignorandolo. Doveva essere adulto, vero? Pareva più un bambino che si divertiva a far bravate per imitarlo. 
-Oh, mi spiace. E adesso mi vorrai sculacciare?- chiese il signorino ammiccante e senza attendere risposta si stese sopra il tavolo ridacchiando.
-È quindi questo il tuo regno? Il demone delle cucine?-
Sebastian scosse la testa e incrociò le mani di fronte agli occhi; sarebbe stata dura metterlo a letto quella sera. Ciel gattonò sul tavolo fino a giungere di nuovo di fronte al maggiordomo e gli prese il viso tra le mani costringendolo a storpiarlo in una buffa smorfia con le labbra a pesce.
-Uh, quanto sei carino.- ridacchiò imitando l'espressione del servo -No, anzi sei proprio bello!-
Sebastian, spazientito, gli prese le mani e se le levò delicatamente dal viso -Padroncino, non sa cosa dice.- Si alzò dalla sedia e fece per prenderlo in braccio, ma l'altro sgusciò via prima e iniziò a canticchiare saltellando per la cucina.
-Nessuno può spegnere... La cosa... Ardente... La fiamma che arde nei nostri cuori... Noi siamo... La fenice!- recitò e infine imitò il gesto che avevano usato tempo addietro per quel caso sulla Campania. 
Sebastian si posò una mano sul capo ed esalò sconsolato -Signorino...-
Sentendosi chiamare, Ciel si voltò e sorrise enigmatico, si avvicinò al servo e lo afferrò per la manica trascinandolo con sé. 
-Signorino, dove..?-
Sebastian non fece in tempo a dire nulla che già si trovò nella sua stanza spoglia e intonsa; sentì un click dietro di sé e, scioccato, vide il suo padrone legare al pomello della porta il cravattino a cui era attaccata la chiave della stanza.
-Padroncino.- disse con voce ferma il demone -Cosa intende fare?- 
Aveva capito il gioco a cui il ragazzino voleva giocare, ma non aveva certo intenzione di approfittarsi di lui, soprattutto se ubriaco qual era. Tuttavia dovette ammettere che non era semplice sottrarsi alle attenzioni che il giovane conte gli stava rivolgendo con molto ardore.
Per prima cosa, Ciel si sbottonò la giacca e la lasciò scivolare giù per le spalle; stranamente senza difficoltà particolari, eliminò anche i pantaloni e si avvicinò al servo ancora in piedi al centro della stanza che lo guardava confuso.
-Mio signore, non intendo...- cercò di dire l'altro, ma un imperioso ordine di tacere lo fece desistere dal proseguire; tuttavia, davvero non voleva dare attenzioni di quel tipo al padrone in quello stato. La sua ferma convinzione di non fare assolutamente nulla parve vacillare però quando il ragazzino prese a sbottonarsi lussuriosamente la camicia.
-Siediti, Sebastian.- ordinò spingendolo sul letto ben fatto.
Ruotò attorno al perimetro fino a giungere in fondo dove appoggiò prima una gamba poi l'altra e si sfilò le calze, lanciandole dove capitava. Salì sul letto e gattonò fino a dove il maggiordomo era seduto stoicamente; guardava dall'altro lato: era un demone, non poteva cedere, era lui il tentatore! 
-Sebastian...- mugolò Ciel strusciando la testa contro il suo braccio -Mi aiuti con il corsetto?- 
La richiesta a bassa voce, quasi dolce miagolio, non poté nulla contro la ferrea forza di volontà del demone, seppur sulla via del cedere. Sebastian non aveva intenzione di fidarsi o di dare corda al padrone, nonostante... Nonostante quei candidi miagolii e quelle calde fusa lo attirassero non poco. Fu però quando vide la benda nera passare davanti ai suoi occhi per posarsi sulla scrivania che si lasciò sfuggire un lasciva occhiata all'innocente quanto voluttuoso spettacolo e lì il suo istinto iniziò a prendere il sopravvento. Posò le mani sui fianchi del ragazzino e, attirandolo a sé, slacciò lo scomodo indumento che strizzava le delicate membra del suo padrone; una volta eliminato lo lanciò a caso senza vedere il luogo di destinazione. Cercò di convincersi di avere il totale controllo della situazione: lo stava assecondando solo un po', nulla di più, sapeva esattamente quando e dove fermarsi.
Ciel però non era dello stesso avviso e, dopo avergli passato le mani attorno al collo, gli sfilò la cravatta spedendola lontano.
-È un ordine. Togliti la giacca.- mormorò mentre già stava iniziando a tirarla giù. Sebastian non ebbe altra scelta che obbedire, ma prima che il padrone proseguisse con i suoi piani gli comunicò -Signorino, qualsiasi ordine mi darà, mi prendo la libertà di decidere se seguirlo o meno. Mi punirà domani, se vorrà.-
Le fragili parole di dissuasione però ebbero scarso successo dato che l'altro lo zittì con un lungo e affatto casto bacio alla francese. Sebastian assecondò, anche se stupito, le voglie del conte e prese a scendere verso il basso mentre eliminava anche gli ultimi indumenti rimasti su quel piccolo e niveo corpo. Ciel, già in estasi, sbottonò il panciotto dell'altro e stava già per toglierlo quando gli sfuggì dalle labbra un gemito che riportò il demone alla realtà. Il maggiordomo si tirò su di scatto e allontanò il padrone che con fare contrariato cercò di riavvicinarsi.
-No, signorino. Domani se ne pentirebbe. Davvero, mi creda, lo sa che non mento.-
Gli occhi del ragazzino si velarono di un ombra scura, abbassò il capo e chiese -Tu te ne pentiresti?-
Con due dita, Sebastian gli fece alzare lo sguardo e gli sorrise languidamente -Io non mi pento mai di nulla.- rispose e lo attirò a sé sotto le coperte ancora mai usate. 
-Dorma, padroncino.- gli sussurrò all'orecchio.
-Resta con me. Tutta la notte, sempre. È un ordine.- fece Ciel e scelse come cuscino il suo petto, accoccolandovisi e sprofondando nel sonno non appena chiuse gli occhi.

-...E dunque ora è qui, signorino.-
Durante il fin troppo dettagliato racconto, Ciel aveva assunto sfumature che passavano dal bianco cadaverico al rosso acceso e nel preciso momento in cui era finita la narrazione rimase ammutolito. 
-Sebastian...- mormorò infine -Tu... Bastardo! Tu mi hai spaventato a morte! Pensavo davvero che... Insomma, che io e te...-
Il maggiordomo rise -Mi perdoni, ma la sua faccia era davvero troppo carina.-
-Stai zitto, pervertito! Se non fosse stato per te e le tue maniere...-
-Se non fosse stato per me e per le mie maniere lei ora non sarebbe nemmeno in grado di muoversi, glielo garantisco.- lo interruppe il demone con un sorriso ammiccante.
-Rivestimi.- ordinò il conte ignorandolo. 
-Certo. Spero che avrà imparato comunque che non occorre bere per farsi vedere grandi.-
Ciel continuò ad ignorarlo con un broncio stampato in faccia. 
-Sebastian- disse ad un tratto, era percepibile la sfumatura di imbarazzo nella sua voce -Ieri sera davvero ti sei fermato perché ero ubriaco?-
Il demone sorrise -Certo, padroncino.-
Il giovane restituì uno sguardo glaciale ed espresse tutto il suo disappunto con uno sbuffo arrogante; era ovvio che l'avesse protetto e non se ne fosse approfittato, dopotutto il contratto parlava chiaro. Non permise al dubbio di insinuarsi nella sua testa, semplicemente rigettò l'idea che avesse potuto accadere altro.
-Però, stasera possiamo replicare... Se non sarà di nuovo ubriaco.- gli sussurrò ammiccante all'orecchio Sebastian.
-Cosa?!- sbottò Ciel. Altro che protettore, diavolo di un approfittatore! Non avrebbe mai più potuto andare a letto sobrio da quel momento in poi; anche se forse i vaghi ricordi della sera prima che riaffioravano facendolo arrossire dal profondo dell'animo non erano poi così spiacevoli. Li cancellò dalla mente in fretta e, senza guardarlo, disse -Spero tu stia scherzando. Se così è, smettila subito. Non lo ritengo divertente.-
-Ma io non sto affatto scherzando.- asserì Sebastian serafico.
Ciel riuscì a trovare la freddezza necessaria per girarsi a guardarlo e per tutta risposta sorrise amabile -Se sono troppo... Giovane per bere allora non lo sono anche per ciò che mi stai proponendo, diavolo?-
-Dipende dai punti di vista, signorino.- ammiccò l'altro -È richiesta anche una maturità  emotiva per certe cose...-
Il giovane sbuffò arrogante per nascondere un sorrisetto che gli stava nascendo spontaneo sulle labbra. 
-Ci penserò.- fece volgendo di nuovo il capo dall'altro lato.
-Oh, mio signore...- ridacchiò tra sé e sé il demone mentre cominciava preparalo per la giornata.
  
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