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Autore: NightWatcher96    24/03/2015    10 recensioni
Talvolta la vita è ingiusta e il dolore più grande è la perdita di un fratellino, un amico e un figlio. Tutto in soli quattro giorni di agonia...
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Michelangelo Hamato era un bambino felice di solo tredici anni. Era il nostro sole, la pallina adorabile che completava la nostra famiglia. Forte, sano, veloce e con una mania di fare scherzi per alleggerire sempre e comunque la situazione.
Che è stato portato via da noi troppo in fretta…
Era cominciato così banalmente che ancora oggi, a due anni dalla sua scomparsa, mi chiedo come possa essere accaduto. Ed io che sono il leader non riesco a essere forte per gli altri. Il suo ricordo è intenso...
 
***
 
2 anni prima...
 
Mikey starnutiva. Consumava in media quasi cinque pacchetti di fazzoletti al giorno ma nonostante tutto, ci faceva ridere lo stesso.
-Altro che Blizzard, la renna di Babbo Natale...- commentava al suo naso arrossato. -Io sono la nona renna, adesso!-.
-Suvvia, Mikey. Non farla così tragica- replicava Donnie, al suo banco da lavoro nel salotto.
Michelangelo, allora, ne approfittava per rumoreggiare nelle sue orecchie con una soffiatina esagerata del naso gocciolante.
-Mikey!- scattava Don. -Non sul mio lavoro, per favore! Questi calcoli sono molto importanti!-.
Il mio fratellino, più giovane di quattro anni, correva per la tana, felice di aver prevalso nuovamente su Donnie.
-Attento a dove vai, pulce. Dovresti essere al caldo- riprese Raph, in un giorno come un altro.
Mikey, per sfuggire a una lezione di Donnie che per aprire la porta del laboratorio gli si era rovesciato un secchio d'acqua sulla testa, si era scontrato sulle scale con Raphael. Indietreggiò, con una mano pallida sul naso chiuso e diede un'occhiata a Donnie che lo aspettava giù per le scale, con la metà superiore del corpo zuppa.
-Ti nascondi, eh?- imprecò con una nota di divertimento. -Ah! Mikey!-.
-Non è colpa mia se ci caschi sempre!- si difese l'altro, celato dietro Raph. -E poi, ammettilo! Ti piacciono proprio questi scherzi perché ti distraggono dal troppo pensare-.
Donatello si ammorbidì, abbassando i pugni umidi lungo i fianchi. Il suo fratellino aveva un punto in questione. Sbuffò una leggera risatina, colpito al cuore da tali parole buone. Mikey fece capolino da dietro il braccio del focoso per analizzare il silenzio del genio, poi fece una linguaccia. Improvvisamente, starnutì per tre volte esatte.
Raphael esibì un volto disgustato e in parte anche terrorizzato di essere contagiato dai suoi germi; lo spintonò e trotterellò giù per le scale. Donnie rimase al gioco, allontanandosi poco più in là mentre Raph si stringeva la gola come se stesse morendo.
-Sto morendo! Sto morendo!- esclamò con voce roca.
-Ehi! Non ho mica un virus, io!- protestò Mikey, ormai libero dalla tosse.
-Meglio metterti in quarantena- mormorò solenne Donatello.
In quel momento, sopraggiunsi io. Avevo terminato i miei consueti allenamenti, visionato dal maestro Splinter e volevo semplicemente ricongiungermi ai miei fratelli.
-Si può sapere che cosa sta succedendo qui?- chiesi con una nota di divertimento.
-Leo! Dillo anche tu che non sono contagioso!- esclamò Michelangelo, saltellando sul posto.
Mi venne da ridere e scossi il capo in diniego. Il mio fratellino alzò i pugni al cielo con aria trionfante e fece della ringhiera della scala una sorta di scivolo.
Dal momento che ero il più vicino, aprii semplicemente le braccia per accoglierlo, terminando così la sua discesa veloce. La sua risata cristallina era musica per le mie orecchie e anche per gli altri. Questi ultimi si aggregarono a noi con un sorriso genuino sulle labbra. Raphael accarezzò la testa di Mikey mentre Donnie gli stringeva meglio il nodo della maschera sulla nuca. Fu in quel preciso momento che Raphael si accigliò; la sua espressione radiosa si modificò in una preoccupata.
-Mi sembri un po' troppo caldo per me, Mikey. Però, non eccessivamente-.
-Fammi controllare- aggiunse Donatello. Premette la mano contro la fronte del piccolo e la ritirò dopo pochi secondi. -Sì. Questa è proprio febbricola. Su, coraggio, Otouto. Subito a letto-.
Mikey che era in braccio a me, come un bambino piccolo, esclamò un "uffa!" esageratamente drammatico per poi incrociare le braccia. Aveva un broncio davvero simpatico sulle labbra che sottolineava quanto fanciullesco fosse ancora, nonostante i tredici anni suonati.
Lo portammo dunque nella sua cameretta disordinata per infilarlo a letto. Mikey sbadigliò e si rannicchiò sotto la sua coperta, cercando il suo Orsetto. Il suo adorato pupazzetto era finito sotto il cuscino e glielo avvicinai semplicemente.
-Non eri stanco, eh?- derise Raphael. -E poi, quante volte ti dobbiamo ricordare di pulire la tua camera?-.
-Questa volta concordo con Raph. Mikey, una stanza in disordine è un perfetto covo di batteri che di conseguenza attaccano una piccola anima innocente apportando malattie ed influenze. Appena starai meglio, ti consiglio una ripulita coi fiocchi- seguitò Donnie, nel frattempo andato nel laboratorio per prendere un termometro.
Mikey fece una linguaccia e aprì da bravo la bocca, richiudendola sul gelido termometro.
Rimanemmo tutti in silenzio per qualche attimo, fino a quando non mi venne in mente un particolare. Il sensei non era qui con noi bensì in Giappone, per un viaggio spirituale come accadeva in media ogni sei mesi.
-Dovremmo avvisarlo?- chiesi, mentre mi appoggiavo col guscio al muro ed incrociavo le braccia pensierosamente.
-Leo, è solo febbricola...- borbottò Mikey, con le labbra mezze serrate sul termometro.
-Beh, non mi sembra il caso di scomodarlo- concordò anche Don, riprendendo l'arnese ancora al mercurio. Ne lesse il risultato e negò debolmente. -Guarda che con un trentasette e mezzo non c'è pericolo di morte. E' superfluo farlo allarmare per nulla-.
Abbassai leggermente gli occhi non proprio d'accordo. Il maestro Splinter teneva a tutti noi ma Mikey rappresentava il suo bambino eterno e anche in passato, con un leggero tossire, si era sempre preoccupato e solo quando il malessere fosse passato si sarebbe sollevato.
Forse era un errore. Chissà.
-Mikey, vuoi qualcosa da mangiare?- domandò dolcemente Donnie, rimboccandogli le coperte sul piccolo corpo magro.
-Pizza?-.
Raph scoppiò a ridere e contagiò perfino me. Per un attimo, mi sembrò mettere da parte un leggero brivido freddo lungo la mia schiena, inglobato da quell'atmosfera calda e familiare.
-Qualcosa di sano, intende, testone!- sogghignò, dandogli un noogie sul capo.
Mikey si lamentò giocosamente e tuffò la testa sotto la coperta senza intenzione di sbucare ma così avrebbe rischiato di soffocare!
-Vedremo più tardi, dai- ridacchiai. -Per ora riposati-.
-Ma sto bene!- fu la sua risposta ovattata.
Lasciammo tutti la stanza ed io fui l'ultimo. Prima di socchiudergli la porta, gli diedi un'occhiatina preoccupata; speravo davvero che nulla di male sarebbe accaduto più avanti.
Però mai avrei pensato che il brivido gelido lungo la corazza avrebbe significato un campanello d'allarme...
 
Quella notte non riuscivo a chiudere occhio.
Mi giravo e rigiravo nel letto, senza capire cosa mi preoccupasse così tanto. Avevo uno strano presentimento e non sapevo trovarne la causa. Girando le gambe oltre il bordo del letto, mi alzai per un bicchiere d'acqua fresca.
Il corridoio era buio ma non così silenzioso da percepire il rombo dell'assoluta mancanza di rumori. Vari ronzii arrivavano dalla porta socchiusa del laboratorio in fondo e vari led bluastri irradiavano la mia ombra in terra o sul muro, più corvina che mai.
Più avanzavo verso le stanze dei miei fratelli e le scale per il piano inferiore, il mio cuore batteva con impeto nel mio petto. Adesso il terrore puro per l'ignoto cominciava a crescere dentro il mio corpo sempre più pesante.
Mi aggrappai alla cornice di metallo della porta per non inciampare nel rialzo di una mattonella e quando alzai lo sguardo al simpatico micio arancione appeso, compresi che ero proprio davanti alla cameretta del mio fratellino più piccolo.
Infilai la testa dentro per controllarlo ma qualcosa mi allarmò.
Mikey aveva il respiro affannoso e colpi di tosse mucosa gli strappavano dalle labbra dei gemiti addolorati.
Senza indugiare, accesi il suo piccolo lume sul comodino e lo guardai attentamente. Era sudaticcio e la sofferenza gravava sul suo volto bambino arrossato. Quando gli palpai la fronte appiccicosa, emisi un respiro tagliente.
-Mikey...- chiamai istintivamente.
Il mio Otouto aveva la febbre alta e da come soffriva doveva schiacciargli lo spirito frastagliato. Lo percepivo chiaramente dalla forte aura che faceva vibrare il mio corpo.
Non ci pensai su due volte a chiamare mio fratello Donnie. Quest'ultimo, per la prima volta davvero, non era chino su una delle sue tastiere davanti al pc; anzi, dormiva pacificamente nel letto della sua camera da genio. Quasi mi dispiacque di svegliarlo ma era necessario.
Lo scossi piano.
-Mmh...- emise mio fratello, strofinandosi nelle coperte. -Lasciami dormire, chiunque tu sia... sto giocando a scacchi con Einstein...-.
Roteai gli occhi nell'esasperazione e mi avvicinai al suo orecchio.
-Mikey sta male. Alzati, genio! La febbre è alta-.
-Chi? Cosa? Dove?- esclamò, balzando seduto. Mi guardò stralunato. -Quando? E perché?-.
-Chi fa il giornalista a quest'ora...- borbottò assonato Raph, alle mie spalle. Doveva essersi svegliato dalla fretta dei miei passi. -Qualcuno la pagherà...-.
-Lascia perdere, Raphael- intervenni. -Mikey è peggiorato-.
Appena entrammo nella stanza del nostro piccolo angioletto, Donatello gli infilò subito il termometro sotto l'ascella e lo guardò attentamente. Gli tastò il battito accelerato del cuore con un dito al collo, gli accarezzò la fronte e riprese, infine, il termometro.
-Non è esattamente ciò che mi aspettavo. La febbre si è alzata a 39,5 gradi e in poche ore...- borbottò perplesso Donnie. Prese posto sul bordo del lettino di Mikey e ci guardò con occhi ampi. -Raph, per favore, riempi una bacinella d'acqua e portami una pezzuola. La useremo per abbassare la febbre-.
Nostro fratello obbedì e nell'arco di una manciata di secondi tornò dal bagno con quanto chiesto. Donatello ringraziò con un debole sorriso e appoggiò la pezzolina di spugna sulla fronte di Mikey.
Il nostro piccolo fratellino schiuse debolmente gli occhi vitrei per osservarci con una nota confusione. Il suo corpicino caldo tremava e dalla sua bocca semi-aperta uscivano dei rauchi colpetti di tosse. Improvvisamente, girò la testa dall'altra parte, gemendo sonoramente.
-Mikey...!- esclamai, impotente.
-Mikey, che cosa fa male?- chiese immediatamente Donnie, mentre gli teneva la mano.
Nostro fratello non rispose ma indicò con un dito debole e tremante il petto. Il genio socchiuse gli occhi stanchi con aria pensierosa.
-La cosa non mi piace neanche un po'- borbottò sottovoce. -Leo, Raph. Prendete la bacinella, i cuscini e le coperte. Mikey deve andare in laboratorio-.
Raphael spalancò gli occhi con aria spaventata. Era risaputo che l'ausilio del laboratorio avveniva quando la salute era piuttosto grave. Obbedimmo, veloci e scattanti come soldati; mentre Donnie raccoglieva in braccio Mikey, la cui testa ciondolava sul petto tanto era debole, noi ci preoccupammo di allestire al meglio il lettino grigio del laboratorio.
Una volta messo lì dentro, infilai anche Orsetto nella piegatura del suo collo perché sapevo che si sentiva protetto durante la notte.
-Possiamo chiamare il sensei, adesso?- pregò Raph, con voce debole e spaventata.
Donatello deglutì amaramente e diede finalmente il suo consenso. In fretta, composi il numero del maestro Splinter e lo chiamai...
 
Giorno Due...
 
Il mattino seguente fui il primo a raggiungere il laboratorio. Per poco, il mio cuore non si fermò. Mikey non era nel suo lettino! Feci per chiamare aiuto ma intravidi una chiazza verde acqua sbucare sotto il groviglio di coperte afflosciate sul pavimento.
Quando le tirai via, dalle mie labbra fuoriuscì la brutta copia di una richiesta d'aiuto. Mikey era lì sotto e chissà da quanto tempo, poi.
-Mio Dio, quanto scotta!- imprecai sbigottito, al momento in cui lo issai tra le mie braccia.
Le sue gote erano rosse e l'intero corpo brillante di sudore.
-Ehi, Le... Mikey! Oh, no!- esclamò anche Donnie. Entrato proprio in quel momento, mi aiutò a rimboccare le coperte al piccolo; poi afferrò il termometro e aspettò pazientemente il risultato. Quando lo lesse, il suo viso si rabbuiò. -40,5! Leo, è troppo alta!-.
Tremai in risposta, guardai il povero Mikey in un sonno del tutto innaturale e premetti le mani contro le mie labbra. Come poteva un semplice raffreddore mutarsi in ciò?
Il sensei fece capolino seguito da Raphael nel laboratorio. Era ritornato durante la notte dopo l'avviso che gli avevamo dato e in qualità di padre non aveva esitato a tornare il più velocemente possibile.
-Come sta?- domandò con un fil di voce.
Donnie scosse leggermente il capo. -Purtroppo non bene, maestro Splinter. Inoltre, non riesco a capacitarmi come possa essersi alzata tanto in poche ore-.
-Ragazzi!- gridò, improvvisamente Raphael.
L'attenzione passò dal suo dito puntato a Mikey. Il nostro piccolo aveva la bocca semi-aperta e la cosa peggiore erano i rivoli cremisi mischiati alla sua saliva.
Non avevo mai visto Donatello sbiancare in quel modo. Probabilmente intuì subito il problema per avvampare di paura bruciante.
-La sua pelle è cianotica: il suo respiro irregolare e appena percettibile!- sussurrò. -Questa è un'emergenza! Per favore, uscite da qui! Ora si fa sul serio!-.
Il maestro Splinter s’irrigidì nell'assimilare un'altra terribile frase ma non combatté contro il genio e ci spinse fuori, con una pacchetta sul guscio sia a me sia a Raph. Quest'ultimo era talmente scosso e incredulo che non si capacitava di come ciò che stessimo vivendo si definisse realtà.
Dietro quella porta candida che Don chiuse con un brusco scatto, iniziò un primo tentativo di ossigenazione. Mio fratello appoggiò una mascherina d'ossigeno sul viso cianotico e sudato di Michelangelo, nel tentativo di aiutarlo a respirare meglio.
Ero quasi sicuramente certo che i nervi di Donnie fossero a fior di pelle. Affrontare una situazione del genere completamente affidandosi alle sue capacità mediche sarebbe stato uno stress perfino per il più in gamba dei dottori.
E noi, la sua famiglia, non potevamo aiutarlo in alcun modo. Ci aveva spediti fuori dal laboratorio proprio per non essere intralciato; sicuramente, più che aiutare, avremmo apportato più disagio che mai.
-Sensei, come può essere che un raffreddore si sia trasformato in questa?- chiese Raphael, con uno sguardo ampio e lucido.
Nostro padre, l'ex-Yoshi, si lisciò la barbetta per scegliere con cura la risposta più adatta e non fu affatto difficile. Chi più di lui conosceva meglio i nostri punti forti e deboli anche a livello fisico, oltre che spirituale e combattivo?
-Perché il sistema immunitario di Michelangelo è sempre stato molto debole. Da bambino si ammalava con maggior frequenza rispetto a voi altri e più delle volte mi chiedevo se davvero non fosse stato il caso di cercare una tana più pulita. Le fogne erano e sono tutt'ora un covo di germi e batteri che spaventa perfino noi-.
Raph strinse i pugni lungo i fianchi e annuì molto lentamente.
-Allora avremmo dovuto prestare attenzione ai suoi starnuti. Probabilmente, Mikey ha sempre sminuito per non farci preoccupare- borbottai colpevolmente.
-Appena starà meglio, gli comprerò il fumetto che voleva- pronunciò Raphael, con un sorriso tirato. -Il piccolo jokester è stato meno pestifero del solito-.
-Parla per te- ridacchiai. -Ti ricordo che ha infarinato il mio letto e sorpreso per ben tre volte Donnie con un secchio d'acqua sulla testa-.
Raph fece le spallucce con noncuranza. -Beh, a me non ha tirato alcun tipo di scherzo. Quindi è promosso-.
Una risatina divertita sfuggì dalle labbra del maestro Splinter. Ci stupimmo davvero.
-Abbiamo fiducia in Donatello. Sono sicuro che riuscirà a sconfiggere il male che affligge il nostro Michelangelo-.
Le sue parole ci animarono di speranza; dubitare sarebbe stato inutile oltre che controproducente. Quindi, guardando un'ultima volta il laboratorio, ci ritirammo in cucina per assaporare un po' di tè caldo...
 
Giorno Tre...
 
La bianca luce della speranza si era spenta, inghiottita dalle tenebre più crude e violente della realtà infame. Durante la notte, Mikey era peggiorato ancora di più. La sua febbre aveva sfiorato quasi i 42 e Donnie era stato costretto ad intubarlo, avendo smesso di respirare numerose volte.
Ognuno di noi si limitava ad assistere l'agonia prolungata senza poter fare nulla, nemmeno spendere una parola di conforto tra di noi. Il dolore di quell'immagine spettrale ci distruggeva pezzo per pezzo.
Mikey era intubato.
Cianotico.
Il suo petto si muoveva con irregolarità e dolore.
Non si era svegliato.
I suoi colpi di tosse erano misti al sangue.
E cosa peggiore, Donatello aveva capito che tipo di male avesse fatto di Mikey la sua preda.
Quella mattina piovosa in superficie, dopo una notte in bianco, ci fece riunire nel suo laboratorio trasformato in una stanza d'ospedale con vari fogli nelle mani tremanti. Il suo volto cupo era pallido e nei suoi occhi cresceva l'abisso di disperazione.
-Inizialmente avevo pensato a un qualche tipo di malattia che avesse come sintomi ciò che Mikey ha dimostrato chiaramente in questi tre giorni ma ho fallito- introdusse, agitando un po' i fogli. -Alla fine, mi sono imbattuto in un link e mi sono documentato in modo corretto. Ragazzi, quella di Michelangelo è una battaglia difficilissima-.
-Parla!- ruggì Raphael. Tratteneva a fatica le lacrime.
-Polmonite Fulminante. Ecco perché ha avuto un calo veloce in queste 72 ore-.
-E... e non puoi fare nulla?- chiesi, con la morte nel cuore.
Mio fratello avvampò di rabbia, sbatté i fogli in terra e mi strinse i bicipiti nella collera più bruciante.
-Hai idea di quanto ce la stia mettendo tutta? Mi vieni a dire "E non puoi fare proprio nulla?" come se non stessi facendo già abbastanza? Non ho a disposizione antibiotici che potrebbero risolvere la situazione e non possiamo affidarci a nessuno e sai perché? Perché non possiamo accedere al Battle Nexus né contattare il Daimyo a causa di una tempesta solare che interferisce con portali e magia!- urlò. Le sue ginocchia cedettero e scivolò ai miei piedi, premendo la testa nel mio stomaco. -Non ha migliorato in alcun modo... e non hai idea di quanto mi spaventi tutto questo...-.
Chiusi gli occhi e lo tirai in un abbraccio. Le lacrime bruciavano fra le mie palpebre ma riuscii a trattenerle affinché mi dimostrassi ancora una volta forte. Però, nel mio petto il dolore di quelle parole mi stava divorando.
-Donnie- chiamò Raphael, accanto a Mikey. -Che cosa sta fuoriuscendo dal suo naso?-.
Mio fratello aveva applicato alcune flebo nel braccio del nostro Otouto per aiutarlo a nutrirsi in questo tempo. Quando sfiorò la sostanza lattiginosa colata sulle labbra di Mikey, indietreggiò spaventato.
-Sta rigettando i nutrienti dal naso... questo significa che la situazione è ancora più grave del previsto...- sussurrò. Affondò il viso nelle mani e crollò sulle ginocchia, singhiozzando liberamente. -E io non riesco a fare nulla...-.
Raphael premette le labbra sulla fronte di Mikey, diteggiandogli una guancia bollente.
"Mikey... ti prego, combatti e vivi..." fu il suo pensiero...
 
Giorno 4...
 
Il mattino seguente fu la medesima cosa ma con una novità. Donnie era stato il primo ad entrare nel laboratorio, sperando in miglioramenti effettivi o anche minimi; invece, notò un accenno debolissimo d'azzurro fra il pallido verde mare delle palpebre violacee infossate.
-Mikey?- sussurrò speranzoso.
Il suo respiro era debole, superficiale e nel monitor cardiaco i battiti venivano registrati con lento declino. Anche se i suoi occhi erano schiusi, dopo quattro interi giorni di supplizio, questo non era che un riflesso. Era in profonda confusione, infatti e mai avrebbe potuto rispondere a Donatello.
-Piccolo...- mormorò, baciandogli la tempia.
Gli fece una carezza alla mano e Mikey contrasse debolmente il pollice. Non era stata tutta la mano, come nei precedenti giorni.
Donnie deglutì, combattendo ferocemente le lacrime. Doveva essere forte, nonostante tutto, soprattutto ora che aveva capito che ormai avremmo dovuto attendere l'angelo mietitore.
La morte.
-Donatello?-.
Mio fratello trasse un respiro tremante, senza voltarsi verso il maestro Splinter, appena entrato nel laboratorio. Era tutto così silenzioso da raccapricciare.
-Sensei, chiama gli altri...- pregò con voce piatta.
Nostro padre annuì piano. Aveva capito il messaggio dietro a quella banale frase e obbedì. In pochi istanti, eravamo tutti nel laboratorio.
-Ha riaperto gli occhi!- esclamò speranzoso Raphael.
-No. Non significa nulla. Mikey non si sveglierà davvero. Non lo farà più- spiegò Donnie, intento ad accarezzare il nostro Otouto moribondo.
La sua febbre era meno persistente ma ciò che ci faceva più terrore era il colorito bluastro della punta delle sue mani, delle occhiaie e il pallore cadaverico sull'intero corpicino.
Guardai improvvisamente la sveglia a led appesa al muro.
Erano solo le 08:31 e mi sembrava così tardi.
Mi sentivo schiacciato dalla lotta che stavo attuando contro un fiume di lacrime a me così estraneo. Inghiottivo continuamente il magone in gola e mi concentravo sul mio respiro tremolante. Non volevo guardare Michelangelo così.
Se proprio doveva finire, io avrei voluto ricordarmelo come un'allegra pallina di sole.
-Io...- espirò Donnie. -... avrei solo voluto fare di più ma non sono un dottore. Ragazzi, vi prego, non fatemi dire quella parola. L'avete già capita-.
Morte.
Maledetta, bastarda, dannata, fottuta morte.
Così sadica per aver scelto la più pura ed innocente delle anime.
Per aver deciso di terminare la vita di un bambino nel modo più sofferente possibile.
Oh, Mikey...
 
Ore 11.20...
 
Pioveva in superficie. Soffiava il vento del vuoto fra le grigie nuvole nel cielo mattutino. Nessuno nella Big Apple sapeva che un valoroso guerriero era ormai libero dalla prigionia del corpo.
Il nostro fratellino era volato serenamente, in cielo. Senza nemmeno salutarci. Senza nemmeno sapere che noi non avremmo potuto seguirlo stavolta.
Il monitor cardiaco risuonava ancora nelle mie orecchie. Era stato così assordante ma aspettato che nessuno di noi era esploso in lacrime. Solo silenzio e tristi sorrisi.
Sì, perché per una pallina di sole le lacrime non servono.
Mikey non c'era più.
La sua agonia era terminata.
-E adesso cosa farai lassù?- mormorai al vuoto. Ero al buio nella mia stanza, nel dolore più terribile. -Giocherai con le nubi? Creerai pupazzi di nuvole e riderai nel tramonto che verrà?-.
Non avrei avuto risposte. Risi debolmente, aggiustando meglio le gambe incrociate con le quali mi ero seduto sul letto. Fra le mani stringevo la maschera di mio fratello.
La mia vista di annebbiò improvvisamente. La leggera luminescenza bluastra proveniente dal laboratorio di Don, di fronte alla mia camera divenne un colore tremolante e mi accorsi vagamente di un freddo solletico lungo le mie guance.
Stavo piangendo.
Mi asciugai subito quelle randagie gocce salate con il dorso della mano. Feci un sorriso sinistro per frenare le lacrime ma non ci riuscii. Però, non volevo piangere.
Era inutile. Mikey non sarebbe tornato indietro.
Lasciai la mia stanza, vagando nel corridoio. Intravidi Donnie seduto su una sedia, nella sua camera con il viso affondato nelle mani, anche lui al buio.
Raphael era seduto sul divano, a fissare la tv spenta con una striatura fresca sul volto.
Il sensei si era ritirato in camera sua.
C'era un silenzio profondo. Il calore di pochi giorni fa era scomparso come la nostra luce sicura. Mikey non era più tra noi e mai più lo sarebbe stato.
-Leo?- mi chiamò improvvisamente Donatello.
I suoi occhi erano rossi ma non aveva ancora ceduto alle lacrime.
-Piangi, Leo?- continuò con voce fanciullesca.
Sbattei le palpebre in risposta; non mi ero reso proprio conto che avevo perso la mia battaglia contro il pianto. Respiravo con la bocca semi-aperta, non potendo affidarmi al mio naso socchiuso.
Negai debolmente ma lui mi abbracciò. Alle mie spalle, altre due braccia smeraldo mi cinsero.
-Non trattenerti, Leo. Anche i leader piangono un eroe caduto...- sussurrarono all'unisono.
Davanti a me comparve il maestro Splinter e annuì lentamente. Compresi subito.
Le mie labbra umide si piegarono in un sorriso e cominciai a tirar fuori il mio dolore, trascinandomi quello di Donnie e anche di Raph.
-Mikey...- soffocai. -Addio, piccolino...-.
Sembrava che tutto fosse finito ma in effetti lo era.
Per noi, la vita non poteva proseguire.
Alzai lo sguardo grondante di lacrime alla maschera arancione nella mia mano. Sorrisi, parole, scherzi, grida radiose...
-Hai ragione...- sussurrai. -Tu continuerai a vivere. In noi. Perché porteremo avanti il tuo ricordo, vedrai-.
Il dolore nel cuore, però, pulsava ogni secondo di più...
 
The End


Angolo dell'Autrice

Ho scritto questa storia perché ho bisogno solo di sfogarmi un po'. Non posso piangere e nemmeno voglio farlo.
Forse starete pensando che è morto qualcuno ed è così, solo che si trattano di due cuccioli. Due micetti.
Li avevo trovati cinque giorni fa nel mio giardino, abbandonati dalla madre. Erano due femminucce e sarebbero state in tre, se la madre (l'ho visto io chiaramente) non si fosse divorata il terzo cuccioletto. Bianchi e neri, li ho portati in casa mia, con le migliori intenzioni. Avevo realizzato con uno scatolo e molti stracci morbidi un lettino. Li avevo avvolti in due calzini di lana e li avevo soprattutto messi insieme. Li ho nutriti con una siringa sterila piena di latte e li imboccavo goccia a goccia.
Gridavano con i loro piccoli versi ed erano simpatici quando strisciavano sul tavolo. Poi, di colpo, hanno cominciato ad essere sempre meno reattivi.
In quelle cinque mattine, dopo il risveglio, il mio primo pensiero era andare a controllarli.
Tre giorni fa, il primo era cianotico. Troppo viola e debole per resistere ed è morto verso le 20:30.
Il secondo ha resistito un altro giorno ma ugualmente non ce l'ha fatta e alle 11.20 ho dovuto chiudere la scatola, dopo averli avvolti in bianche pezzuole. Li avrei portati di corsa da un Veterinario ma non ce ne sono nella mia zona. Se li avessi lasciati lì, sulla ghiaia, alcuni che conosco io non avrebbero esitato a ucciderli calpestandoli o con un'ombrellata addosso. So che sono ugualmente morti e questo mi uccide ma almeno sono scampati a un'orribile morte come il freddo, la fame e la cattiveria umana.
Mentre racconto ciò, le lacrime continuano a gocciolare dai  miei occhi. Per alcuni può essere stupido piangere per dei gattini neonati ma io mi ci ero affezionata e in questo momento mi sento solo vuota.
Quindi, ecco il motivo di una fic tanto triste.
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