Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: xfrancix    24/03/2015    1 recensioni
Una ragazza che non ha mai amato farsi notare.
Il 10% di possibilità di sopravvivere.
Sei amici.
Una stanza in fondo a un corridoio azzurro.
Mettiamo insieme tutti questi particolari e ne esce una storia intricata e delicata, che mira alla sensibilità.
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Mi dispiace” sento queste parole uscire dall’uomo davanti a me, il quale mi guarda dritta negli occhi.
Non distolgo lo sguardo da lui nemmeno un attimo, ma sento gli occhi che iniziano a bruciare e comincio a vedere tutto ciò che mi circonda sfuocato, come immerso nell’acqua.
“Dai, stai tranquilla, ci sono possibilità che tu sopravviva” mi dice il dottore cercando di tranquillizzarmi, ma inutilmente.
“Quante possibilità ho di vita?” chiedo asciugandomi gli occhi senza togliere lo sguardo da lui.
L’uomo guarda il foglio che ha in mano e deglutisce rumorosamente la saliva, per poi mordersi un labbro.
“Quante possibilità ho?” ripeto. Nelle mie parole c’è un filo di paura, ma le parole risultano dure e serie, perché voglio davvero capire cosa sta succedendo all’interno del mio corpo.
“10%” dice l’uomo abbassando lo sguardo. “Ma non è detto che morirai, con le cure giuste potresti anche sopravvivere” dice cercando di sdrammatizzare la cosa.
Lo guardo e scuoto la testa, con faccia schifata. “Il 10%?” chiedo sospirando. “Non voglio parole di conforto. Dimmi che morirò. Dimmelo e facciamola finita.” Non voglio davvero parole di conforto, risultano totalmente vane e prive di realtà.
Non ci posso credere, ho vissuto diciassette anni per cosa? Per sentirmi dire che un tumore mi ha colpito il cervello.
Esco dallo studio medico sbattendo la porta e corro nella mia stanza, quella dove ho alloggiato in questi giorni mentre facevo le analisi.
Sono arrivata in quest’ospedale pensando che ne sarei uscita presto, invece no, non ne uscirò. Non pensavo che quel leggero fastidio che avevo potesse trattarsi di qualcosa di così grave, non lo avrei mai immaginato.
Esco dalla stanza e percorro tutto il corridoio fino ad una grande porta-finestra, la apro ed esco sul terrazzo, dove ci sono altre tre persone.
Mi metto in un angolino e appoggio i gomiti alla ringhiera, guardando al di là della strada un parco.
Noto un  uomo, dall’altra parte del terrazzo che parla al telefono e presto attenzione alle sue parole:”Hanno trovato una donna con il sangue compatibile! Domani le fanno il trapianto! Sì, sopravvive. Esatto, starà bene!” lo vedo sorridere e sorrido anche io, spostando poi lo sguardo in basso, sulla strada grigia. Se solo anche per me ci fosse qualche possibilità.
Mi si avvicina un ragazzo che, probabilmente, è sul terrazzo già da un po’, e si mette in una posizione simile alla mia, guardando gli alberi del parco davanti a noi.
“Come mai qui? Qualche parente che sta male?” chiede sospirando.
“No” rispondo secca.
“E allora perché sei qui?” mi chiede togliendo un gomito dalla ringhiera per poi portarlo nella tasca dei pantaloni, e posando lo sguardo su di me. Io, per risposta, alzo la mano.
Il ragazzo mi guarda e abbassa subito lo sguardo. “Oh, non lo sapevo.. Scusami” nella sua voce traspare un filo di dispiacere.
“Tranquillo” sorrido “Tu invece?”
“Uguale” risponde sorridendo. Il fatto che sorrida mi colpisce particolarmente, in fondo è lui il ricoverato.
“Perché sorridi?” gli chiedo guardandolo con occhi incuriositi.
Il ragazzo mi guarda e mi fa un sorriso:”Perché ho imparato a conviverci, con il tumore intendo. Non che ne sia felice, ma fa parte di me, ormai, e non posso farci quasi nulla.” Sorride.
E così, anche lui ha un tumore, ma mi sembra molto più tranquillo di me. Mi piacerebbe tanto sapere come si sentì quando scoprì di averlo, ma non faccio altre domande per non essere invadente.
“Comunque il mio nome è Harry, piacere” mi porge la mano destra sorridendo e io gliela stringo. Mi piace questa cosa del sorridere in continuazione. “Bethany, piacere mio” faccio un sorriso sforzato e poi lascio la mano del ragazzo. Entrambi torniamo a guardare il paesaggio e i miei pensieri tornano sul cancro. La cosa che mi fa stare peggio è il solo pensiero che non potrò più fare le cose che fanno tutti i ragazzi della mia età fanno: non potrò più uscire la sera e andare a divertirmi con gli amici, non potrò avere un ragazzo, non potrò andare a scuola.. La scuola, mi mancherà persino quella. Dovrò vivere i miei giorni in queste mura.
“Bello lì fuori, vero?” dice il ragazzo sospirando. Io mi guardo intorno e annuisco.
“Molto” rispondo “E’ davvero bellissimo. E noi una volta eravamo lì.” Abbasso lo sguardo e torno a guardare la strada grigia sotto i nostri piedi, che rappresenta perfettamente il mio stato d’animo in questo momento.
“E dai, smettila di vedere tutto dal lato negativo! La vita è bella anche qui dentro, te lo assicuro” sorride e mi riporta dentro. Camminiamo per tutto il corridoio e vedo che saluta quasi tutti i medici e le infermiere che incontriamo e da questo riesco a capire che, probabilmente, si trova qui da molto tempo.
“Quando inizierai a farti gli amici e a prendere confidenza con i medici vedrai che sarà tutto più bello.” Sorride continuando a camminare.
Mi fa vedere grande parte dell’ospedale, il quale risulta il posto più triste del mondo ai miei occhi, anche se mi sembra che a Harry piaccia davvero questo luogo.
“Da quanto sei qui?” gli chiedo improvvisamente, senza rendermi conto della terribile domanda che gli ho appena posto.
Il ragazzo mi guarda e, tranquillamente, mi risponde che si trova qui da cinque anni, senza accennare un minimo di tristezza o di imbarazzo.
Mi chiedo come possa avere una personalità così forte e, soprattutto, mi chiedo come possa essersi abituato a vivere qui dentro.
Ad un certo punto ci raggiunge un ragazzo sulla sedia a rotelle, che saluta Harry e gli dice che si vedranno questa sera, insieme agli altri ragazzi. Io lo guardo andare via senza dirgli nulla e osservo la sua grande capacità di muoversi con quell’aggeggio.
 “Chi era?” chiedo al ragazzo di fianco a me e più alto di me, come fa un bambino alla propria mamma quando si ferma a parlare con un’amica.
“Si chiama Zayn, ha avuto un incidente circa un anno fa” mi risponde il ragazzo continuando a guardare dritto a sé mentre continuiamo a camminare.
Mi mordo un labbro per il dispiacere e mi guardo le scarpe mentre cammino.
“Stasera vuoi venire anche tu?” mi chiede improvvisamente.
Ne rimango sorpresa, molto sorpresa.
“Non mi conosci nemmeno e mi inviti a uscire con i tuoi amici?” chiedo facendo segno delle virgolette con le mani sulla parola ‘uscire’.
Il ragazzo alza le spalle e lo vedo fare un mezzo sorriso.
“Qui alla fine diventiamo tutti amici, o quasi. Quindi meglio farteli conoscere subito i miei amici” noto il suo occhio che mi guarda di striscio.
Sorrido e annuisco con la testa:”Ci sarò”.
Mi accompagna davanti alla mia stanza e ci congediamo, dandoci appuntamento a questa sera.
Entro in camera e mi butto sul letto, distrutta mentalmente. La notizia di oggi mi ha distrutta, non so nemmeno più cosa pensare.
Sento il telefono squillare, è la mia migliore amica Lilith, faccio un profondo respiro e rispondo.
“Ciao Beth!” sento la voce squillante della ragazza dall’altra parte del telefono.
“Ciao Lil” dico accennando un sorriso, tra me e me.
“Allora? Quando esci? Inizi a mancarmi!” le avevo detto che sarei stata in ospedale qualche giorno per dei controlli, ma ora come faccio a dirle che non torno? Dovrei risponderle “mai”, ma no, non posso farlo.
“Presto” le rispondo, sforzando un sorriso, per cercare di autoconvincermi che uscirò da questo ospedale, presto.
“Menomale! Per intanto posso passare a trovarti uno di questi giorni?” mi chiede, entusiasta.
“Certo” le rispondo.
“Ma stai bene? I medici hanno rilevato qualcosa?” mi chiede facendo tornare il tono di voce serio. Dovrei dirle che sì, i medici hanno rilevato qualcosa, che il medico che mi segue mi ha chiamata nel suo studio per parlarmi. Dovrei dirle che ho il 10% di possibilità di vivere, che probabilmente morirò qui, in queste mura. Dovrei dirle che il mio cervello sta andando a farsi fottere, che tra un po’ non saprò nemmeno fare 2+2...
“Sto bene, tra qualche giorno mi mandano a casa, non ho nulla” rispondo mentre i miei occhi comincio a sentire gli occhi bruciare. La ragazza, alla mia notizia, pare felice e la sento ridere dicendo che ci eravamo tutti preoccupati per niente.
“Già” dico fingendo una piccola risata, anche se in realtà i miei occhi si stanno riempiendo di lacrime.
“Ora devo andare, ho ripetizioni di latino, ci vediamo! Ciao Beth, stammi bene” chiudo gli occhi cercando di rimandare indietro le lacrime e la saluto, per poi premere il tasto rosso. Guardo il telefono che ho tra le mani e  mi butto pesantemente sul letto, mentre i miei occhi cominciano a rilasciare lacrime che mi percorrono tutte le guance e io chiudo la bocca per non sentire il sapore di quella pioggia salata.
Sento bussare alla mia porta, cerco di togliere ogni traccia del pianto dal mio viso con le maniche della felpa che ho addosso, non voglio che qualche medico veda che ho preso così male la faccenda della malattia, voglio apparire forte ai loro occhi.
Mi siedo sul mio letto dando le spalle alla porta e sento la porta aprirsi.
“Siete qui per dirmi altre effimere parole di consolazione dall’alto della vostra esperienza medica?” chiedo sarcastica, continuando a passarmi le maniche della felpa sotto agli occhi.
“No, Bethany”.
Sento parlare una voce famigliare, mi giro di scatto e lì c’è lui, Harry. Guardo l’ora, sono già le sette, il tempo è volato.
“Oh scusa, io pensavo...” chiedo subito sentendomi in colpa, ma senza finire la frase.
Il ragazzo mi sorride e si siede di fianco a me.
“Stavi piangendo” mi dice guardandomi dolcemente.
“Non stavo piangendo” incrocio le braccia al petto e giro il viso da un’altra parte.
“Dai, vieni, i ragazzi ci aspettano” sorride e io gli guardo le fossette che gli si formano sulle guance, che rendono quel sorriso così confortante.
Mi alzo, cambio la felpa e vado verso il lavandino per sciacquarmi il viso.
Usciamo nel corridoio e chiudo la porta dietro di me, guardando poi Harry:”Andiamo?”
Il ragazzo, come risposta, inizia a camminare e io lo seguo a testa bassa.
“Ti abituerai a soffrire” dice rabbuiandosi di colpo. Questa frase mi fa riflettere molto e per tutto il tragitto penso a cosa volesse dire esattamente con quelle parole.
Poi ci fermiamo davanti ad una porta chiusa e lui la indica con una mano:”Di solito noi ci troviamo qua, alla sera” sorride.
“Allora tu ti sei semplicemente abituato a soffrire”.

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: xfrancix