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Autore: arabel993    24/03/2015    1 recensioni
"La casa che doveva raggiungere era lontana. Ma vedeva già un bagliore, in lontananza. Un piccolo fuoco, esile."
Cassia non è un'eroina.
Cassia non è nemmeno un villain, un cattivo.
Cassia non genera sentimenti, Cassia non prova sentimenti.
Cassia è essa stessa un incubo.
(Personale rielaborazione della fiaba 'Cappuccetto Rosso')
Genere: Introspettivo, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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L'oscurità della densa distesa d'acqua era più infernale di quanto avesse immaginato.

Ora Cassia si trovava sola, su un mare di ghiaccio nero, coperto da un sottile ed umido strato di neve.

Era sola, Cassia.

Aveva paura, dove stava andando?

Era un viaggio lungo, vestita solo della sua camicia da notte consunta, rattoppata e ingiallita dal tempo, umida anch'essa.

La casa che doveva raggiungere era lontana. Ma vedeva già un bagliore, in lontananza. Un piccolo fuoco, esile. Ma già sapeva che si sarebbe ingrandito. Sarebbe stato grande, maestoso.

Ma lei era sola ora, e faceva freddo.

I suoi piedi stavano diventando insensibili, nudi su quella distesa invernale.

Uno scricchiolio.

La pelle le si rizzò, dalle natiche fino alla nuca.

In un'istante l'aria si squarciò e cadde nelle acque nere e gelide sopra cui, fino a pochi istanti fa, si stava muovendo quasi a tentoni.

L'acqua le invase le narici, i polmoni pian piano si riempirono.

Cassia vide, con gli occhi brucianti, la lastra di ghiaccio allontanarsi da lei, mentre scivolava sul fondo di quel mare.

Tutto si faceva più buio.

Cassia scomparve, i polmoni sempre più pesanti.

Ma poi...

Un respiro smorzato.

Si sedette sul letto.

Anche se quello non si poteva definire tale.

Era un cencio, come la sua camicia.

In un angolo, nella sua casetta, vicino al focolare spento. C'era solo qualche piccola brace rossa. Ma tutt'intorno era cenere.

Cassia si mise a carponi e le mani si inumidirono subito.

Le guance divennero paonazze.

La vergogna era nuovamente troppa, nonostante ormai non ci fosse più nessuno a deriderla o a punirla.

Cassia se l'era fatta sotto, ancora.

A tredici anni.
Era terribile.

La quinta volta in cinque notti.

Era peggiorata, nell'ultimo mese. All'inizio le scappava solo una volta ogni tanto. Adesso era un fatto quotidiano.

Faceva molto freddo; la neve ondeggiava nella stanza, entrando dal vetro della finestra rotto.

Aveva anche fame.

Era ora di alzarsi. Sapeva di dover raggiungere l'altro ramo della sua famiglia.

Dopo la morte della madre era rimasta sola.

Ma nessuno lo sapeva.

Nessuno lo immaginava.

Avrebbe chiesto ospitalità, avrebbe generato pena.

Le avrebbero dato sicuramente di che vivere.

Si alzò, buttò la sua logora camicia in un angolo e si vestì del sol indumento rimatole dalla madre: una mantellina. Era il suo primo bene.

“Meglio questa che nulla”. Sospirò e la indossò.

Fuori da quella casetta in rovina era buio, sicuramente le temperature non sarebbero arrivate a superare gli zero gradi.

Un vecchio paniere di vimini era l'aspettava, fuori dalla porta.

Era stato dimenticato da qualche viandante sul sentiero a ovest.

Cassia l'aveva trovato e da allora era il suo secondo bene.

In esso c'era un panino con formaggio -già sbocconcellato- ed un taglierino. Questo era il terzo bene.

Oltre ai denti forti ed al suo coraggio, ella possedeva solo tre oggetti.

Cassia si era tagliata i capelli, quel giorno.

Ormai le erano arrivavate alle natiche ed erano d'intralcio.

Ma adesso la punte le sfioravano il collo.

Erano rossi.

Come quelli della madre.

Esile sgualdrina uccisa da uno dei suoi tanti amanti violenti e viscidi.

“Ben l'è stato". Pensò Cassia.

Cassia odiava quella donna. Era debole. Malaticcia.

Era il suo opposto, in tutto.

Ma la derideva, non passava giorno in cui non le ricordasse d'esser una poveraccia, figlia di nessuno. Una bastarda.

Era sul sentiero che la portava nel fitto del bosco.

'Quella' le aveva sempre detto che, per arrivare dalla famiglia da cui era fuggita tanti anni fa, le sarebbe servito coraggio e determinazione. E avrebbe prima dovuto perdersi nel fitto della vegetazione, seguendo il sentiero seminascosto da erba incolta, alberi caduti.

Nessuno più lo percorreva. La madre era stata l'ultima.

Eppure, quel giorno di metà inverno, Cassia si era decisa.
Sola, con la mantellina, il paniere ed il coltellino.

La ragazzina camminò fino a giorno inoltrato.

Sotto un sasso trovò alcuni insetti e pure sul tronco di un albero, sotto ad un pezzo di corteccia rigonfia, stavano alcune larve.

Se ne riempì la bocca ed il cestino.

Questo fu il suo pasto.

Viscido, ma nutriente.

Continuò il suo cammino fino al pomeriggio.

Si trovò, ad un tratto, a costeggiare un rigagnolo d'acqua ghiacciato, come nel suo sogno.

Cadde Cassia.

Non ce la faceva più.

Era stanca, aveva freddo.

Le si erano formate delle vesciche sotto ai piedi.

Le mani sanguinavano dal gelo. Il naso era rosso, come le sue nocche.

Cassia cedette e cominciò a tremare.

Le caddero grosse lacrime dagli occhi. Lacrime mai viste su quelle guance. Stonavano, quasi.

Un rumore sordo, un legnetto che si spezzava, le fece voltar lo sguardo.

Era un lupo.

Vecchio, scarno.

Il pelo ormai più bianco che grigio.

Gli occhi gialli, come la sua vecchia camicia da notte.

Dalla bocca colava saliva, i denti gialli e smussati scintillavano al pallido sole di fine pomeriggio.

L'aveva annusata da lontano.

Cassia lo guardò.

Lui ricambiò il suo sguardo.

Si osservarono entrambi.

Poi scattò, veloce, imprevedibile.

Trovò quell'energia nascosta chissà dove.

E lacerò, ruppe, fece colare sangue, sbranò, infilò i denti in quelle carni calde.

Alla fine, esanime, si fermò.

Vide il suo operato, un misto tra orgoglio e ripugnanza le punzecchiò lo stomaco.

Le mani ancora più rosse.

Le viscere del lupo sparse a terra. La mantellina fino a poco prima lucida, ora era imbrattata del suo vitale, denso e scuro liquido vitale.

Cassia si ripulì meglio che poté.

Prese il coltellino, ancora infilato tra le carni del lupo.

E riprese il cammino.

Aveva un piano in mente, e nulla l'avrebbe fermata.

*****

Nota dell'autrice: Mi sono ispirata alla fiaba 'Cappuccetto rosso' ma ho inserito un particolare: la Triade di MacDonald. Cio' fa si che la Cappuccetto Rosso della mia storia (chiamata in questo caso Cassia) sia una psicopatica in erba.

  
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