Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: Dark_Flame    25/03/2015    5 recensioni
April si risveglia in un luogo buio, lontano da tutto il resto del mondo. Assieme a lei ci sono delle voci provenienti da ovunque e da nessun luogo.
All'inizio la bambina crede si tratti di un sogno. Un terribile incubo.
Ma è davvero così?
Genere: Fantasy, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Si udivano dei lamenti, come dei sussurri, voci lontane, e comprenderne le parole era praticamente impossibile.
Sotto il cielo dalle tinte rosso sangue, che andava via via a schiarirsi, seppur di poco, oltre l'orizzonte, c'era una bambina. Quando riprese conoscenza, April scoprì di essere seduta in quel posto desolato, sola. La sua schiena era poggiata contro qualcosa di duro e freddo, tanto che la sensazione passò anche attraverso il suo maglione bianco. Prima di voltarsi a vedere di cosa si trattasse, si guardò attorno: non c'era niente in quel luogo, era solo un'immensa distesa di terra, senza né erba né foglie. Alcuni spuntoni di roccia però sbucavano dal terreno per protrarsi verso l'alto, verso quel cielo dai colori così insoliti.
La bambina gemette per la sorpresa, quando sentì qualcosa salirle sulla mano. Subito si agitò, scattando in piedi. Soltanto allora i suoi occhi azzurri videro uno scarafaggio zampettare prima verso le sue scarpette rosse, poi, non appena lei sollevò un piede minacciandolo di morte, l'esserino scappò via.
April allora si lisciò la gonna, anch'essa rossa, tutta stropicciata. Quindi osservò lo spuntone di roccia a cui si era tenuta appoggiata fino a poco prima. La stupì che potesse essere tanto freddo.
Le voci che si sentivano in lontananza non sembravano volersi zittire.
La bambina girò la testa in ogni direzione, con le treccioline bionde tutte sfatte che si agitavano a ogni suo movimento.
Non c'era nessuno lì con lei.
Si portò le mani al petto, strinse il ciondolo a forma di stella che le aveva regalato la madre per il suo ultimo compleanno. Il ricordo della mamma non le infuse coraggio, poiché era piuttosto vago, non riusciva più nemmeno a mettere bene a fuoco il suo volto nella propria mente.
All'improvviso le venne un'illuminazione: quel luogo era così strano perché non era reale, era tutto quanto un sogno.
Con questa nuova consapevolezza, si rilassò, anche se poco.
Girò su se stessa ancora una volta, per poter osservare il posto per intero. Doveva decidere dove andare, restarsene lì con le mani in mano non l'avrebbe portata a niente. Tuttavia, quel posto era immenso, non sapeva che direzione scegliere.
Alla fine aggirò lo spuntone di roccia accanto al quale si era svegliata e si incamminò per quella strada. Avanzò per quelle che le parvero ore, sempre con quelle voci che, nonostante lei si stesse spostando, sembrava fossero sempre alla stessa distanza. Per un attimo, April si chiese se la stessero seguendo, così si voltò di scatto per prenderli di sorpresa.
Ma dietro di lei non c'era nessuno.
Riprese a camminare, finché arrivò alla fine.
La chiamò la Fine, nella sua testa, perché la terra all'improvviso spariva, così come il cielo, e tutto era inghiottito dal buio più totale.
Confusa, April decise di cambiare direzione, ma dopo parecchio tempo scoprì che ovunque andasse, prima o poi, tutto andava incontro alla Fine. Quel posto era isolato dal resto del mondo.
April tornò al punto di partenza. O almeno, credeva fosse il punto di partenza, in realtà non ne era molto sicura, in quel posto era tutto uguale.
A quel punto iniziò a tremare, talmente tanto da sbattere i denti. Insieme a quelle voci insistenti, era l'unico rumore in quel luogo sinistro.
«Arrenditi.»
Riuscì a comprendere una delle voci, sembrava quasi appartenere a una bambina, più o meno della sua stessa età.
Con le braccia strette attorno al petto, si voltò in ogni direzione, ma ancora una volta non trovò nessuno.
«Chi è stato?», chiese, con la vocina flebile e tremante.
«Arrenditi, non puoi più sfuggirgli.»
«No, non è vero!», intervenne un'altra voce, questa volta appartenente forse a un bambino. «Non hai ancora perso. Scappa!»
April sudò freddo. «Chi siete?», urlò, lottando per non lasciare che la disperazione prendesse il controllo e le sue ginocchia cedessero.
Le voci si zittirono. Per la prima volta da quando si trovava lì, poté sentire il vero suono del silenzio.
Tuttavia, non durò a lungo: una nuova voce, del tutto diversa da quelle che l'avevano accompagnata fino ad ora, riecheggiò ovunque, rendendo impossibile capire da che parte provenisse. Pareva quasi che chi aveva parlato si trovasse in cielo, proprio sopra di lei.
«April, non avere paura. Vengo a prenderti.»
Era una voce calda, soffice. April quasi si sentì rassicurata nel sentirla, nonostante non l'avesse mai sentita prima di allora. Eppure riuscì a far cessare il tremore della bambina.
Poco dopo sentì anche un rumore di passi pesanti venire verso di lei. Le parve provenissero da ovunque, proprio come la voce, perciò dedusse che appartenessero alla stessa persona.
«No, scappa!», urlò la voce del bambino.
All'improvviso, i suoi muscoli si tesero di nuovo. La paura la attanagliò di nuovo, le fece salire un groppo in gola che non riuscì a mandare giù, non importava quante volte deglutisse.
Provò a guardarsi intorno, per l'ennesima volta, ma non avrebbe saputo dire da che parte potesse fuggire. Così rimase immobile, a stringere fra le dita il ciondolo a forma di stella, con le lacrime che ormai le rigavano le guance rosse.
«Non farti prendere!», le intimò ancora il bambino.
L'altra voce, invece, la prima ad aver parlato, sospirò. «Lascia stare, è tutto inutile.»
April non sapeva cosa fare.
Voleva scappare, anche se non sapeva nemmeno da che cosa, ma non aveva idea di quale fosse la direzione migliore da scegliere. E se fosse corsa proprio fra le braccia di colui che la stava cercando? La paura la teneva incollata al terreno.
Poi però, per un attimo, la nebbia che aleggiava nei ricordi sulla madre sembrò diradarsi, e le tornò in mente una frase che le diceva sempre: “nei sogni puoi fare qualsiasi cosa.”
Questo significava che, se aveva ragione e quello che stava vivendo era soltanto un sogno, allora avrebbe potuto fare qualsiasi cosa.
Si mise a correre, senza più preoccuparsi di scegliere la direzione.

Non avere paura. Vengo a prenderti.

Sentì di nuovo quella voce calda, ma questa volta le risuonò nella testa, quasi come se fosse un suo pensiero.
Ancora fra le lacrime, accelerò l'andatura.
All'improvviso, di fronte a sé, vide una figura.
Camminava nel buio, era alta e, anche se lentamente, le si avvicinava. Nonostante la distanza, April riuscì a vedere il suo naso adunco, le sue braccia smisuratamente lunghe, con cui reggeva delle catene che penzolavano a terra, oltre i suoi piedi, come se quella figura stesse camminando sul vuoto.

Non avere paura. Vengo a prenderti.

Disse ancora una volta nella sua testa, questa volta tanto forte da farle male.
April si girò e iniziò a correre nella direzione opposta. Dentro di sé, continuò a ripetersi di poter fare qualsiasi cosa, ma per qualche strano motivo aveva cominciato a credere di essersi soltanto illusa.
Quello non era un sogno.
Il dolore che aveva provato era troppo reale per essere un sogno.
«Più veloce!», le disse la voce del bambino.
April allora accelerò ancora, ma le sue gambe erano troppo corte.
All'improvviso inciampò. Riuscì a distendere le mani in avanti per ripararsi la faccia, ma si ritrovò comunque lunga distesa per terra. I palmi le pulsavano per il dolore. La pelle si era stracciata a causa della botta.
La bambina fece il terribile errore di voltarsi.
La creatura adesso era vicinissima. Il suo ghigno era mostruoso. Non aveva occhi, la sua pelle era liscia sopra il naso. Le catene adesso strusciavano contro il terreno, e il rumore che provocavano faceva accapponare la pelle.
April urlò. Provò a rialzarsi con tutte le proprie forze, ma ormai era troppo tardi.

Non avere paura. Non sentirai niente.

Le catene le circondarono le caviglie, trascinandola verso la creatura.
Quella si chinò per sfiorare il volto della bambina con il naso oblungo. Il suo ghigno era diventato più largo adesso.
April ormai non poteva far altro che piangere.
La creatura le afferrò il volto con una mano, fece pressione sulle guance, costringendola ad aprire la bocca. Anche la sua si dischiuse.
Una nebbiolina bianca uscì dalle labbra di April, sì andò a espandere libera per quel luogo fuori dal mondo. Un'altra nebbiolina uscì anche dalla bocca della creatura, però si riversò dentro quella di April.
La bambina però non sentì niente. Non provò dolore come aveva creduto all'inizio.
Vide la scena da fuori, come se ormai quel corpo non le appartenesse più.
Quello della creatura si dissolse nel nulla, così come le sue catene, lasciando quello di April disteso per terra. Dopo quella che parve un'eternità, si alzò in piedi, e April ne fu sicura: quel corpo ormai non era più suo.
«Ci dispiace,» disse il bambino.
«Ormai dovrai restare qui con noi per sempre,» aggiunse la bambina.
April osservò il suo corpo allontanarsi, fino a scomparire nel buio della Fine.
Quella creatura glielo aveva rubato, e ormai la sua anima sarebbe rimasta a vagare in quel luogo per sempre.


Angolo autrice pazza:
Ciao a tutti!
Ho ritrovato questa storia nei meandri del mio pc qualche giorno fa. Era ridotta in condizioni davvero pietose, così ho dovuto darle una riaggiustata tutt'altro che veloce per renderla presentabile. E poi l'ho pubblicata.
So che è forse molto misteriosa, e in realtà non avevo in programma un eventuale seguito, quando l'ho scritta, però rileggendola ho pensato che potrebbe non essere male. Per spiegare magari come April sia arrivata lì, chi è quel mostro e... Non lo so. Dipende da come mi rigirerà! xD
Bene, ora vi saluto. Grazie per essere arrivati fin qui!

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: Dark_Flame