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Autore: Adeia Di Elferas    25/03/2015    11 recensioni
Un incontro alla fermata del bus può cambiarti la giornata, o forse la vita o forse solo il pomeriggio... Di cosa si può parlare con un tipo strano vestito come d'inverno in un pomeriggio di pieno agosto? ((Ho scritto questa fanfiction per un contest, è un genere che non conosco... siate clementi!!!))
Genere: Demenziale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~ Ero alla fermata del bus, l'altro pomeriggio, quando un uomo si avvicinò.
 Faceva veramente un gran caldo e forse anche per quel motivo la visione del nuovo arrivato mi incuriosì più del dovuto.
 Indossava, infatti, un impermeabile elegante, visibilmente costoso, ma che lo faceva apparire come un vecchio clochard che si fosse rifornito in un qualche negozio di una qualche via per ricconi.
 Si avvicinò, stavo dicendo, e guardandomi con occhio fisso mi chiese: "Oggi o domani?"
 "Oggi o domani cosa, mi scusi?” chiesi con gentilezza, per non risultare irrivirente di fronte a quel ricco clochard.
 “Lei risponda e basta. Oggi o domani?” richiese.
 Temendo di non liberarmi di lui in altro modo, risposi: “Non saprei... Diciamo domani...”
 “Oh, dunque lei è un procrastinatore.” mi disse, sedendosi accanto a me sotto la pensilina.
 Sporse in fuori il labbro sormontato dai baffi grigi e sospirò, sussurrando tra sé: “Non è una prova sufficiente...”
 Finsi di non sentire, perchè cominciavo ad avere nella testa l'idea che quello fosse un pazzo e che io fossi in qualche modo la sua 'vittima'.
 “Ieri o domani?” mi chiese poi, stringendo gli occhi, come ad indagarmi nel profondo.
 Già stufo di questo giochino, ma al contempo insicuro su come gestire la situazione, mi affrettai a rispondere: “Ieri.” Visto che alla domanda precedente avevo risposto 'domani' suscitando la sua delusione, stavolta ero certo di aver fatto la cosa giusta.
 Invece le spalle del vecchio scesero in picchiata di qualche centimentro, mentre commentava mesto: “Un nostalgico...”
 Mi accigliai e guardai un momento la strada, per vedere se il mio bus stesse arrivando.
 “E mi dica...” riprese il vecchio, appoggiandosi i palmi delle mani sulle ginocchia: “Ieri od oggi?”
 Tornai a guardarlo e mi parve che la sua attenzione fosse tale da farlo vibrare, come una bestia selvatica che osserva il suo avversario per decidere quando e se attaccare.
 Mi schiarii la voce e tentai: “Non so... Oggi?” buttai lì, nella speranza, almeno quella volta, di non contrariarlo.
 Il vecchio inspirò a fondo e poi soffiò: “Vive alla giornata.”
 “Mi scusi – dissi allora – vorrei sapere il vero motivo per cui mi sta facendo tutte queste strane domande.”
 Il vecchio cercò nella tasca dell'impermeabile una pipa e, senza accenderla se la portò alle labbra ed inspirò, come se la stesse fumando: “Che interrogativi curiosi che pone...”
 Inarcai le sopracciglia: “Io?!”
 “Sì, sì, lei...” annuì: “Io le sto solo facendo tutte le domande necessarie, mentre lei se ne esce con queste cose...”
 Non capivo se mi stesse prendendo in giro o se fosse veramente pazzo, così incrociai le braccia sul petto e mi chiusi in un silenzio che, giurai, sarebbe durato fino all'arrivo del bus.
 “Comunque – riprese il vecchio – le risponderò, visto che mi sta simpatico.”
 Restai in ascolto, sinceramente incuriosito da tutto quello strano atteggiamento e quando sentii quel che il vecchio aveva da dire, restai ancora più confuso.
 Il ricco clochard inspirò ancora dalla pipa spenta e disse, con gravità: “Hanno ucciso Bunbury e io sto cercando l'assassino.”
 “E chi sarebbe questo Bunbury?” domandai, spiazzato, infrangendo il giuramento che avevo appena fatto a me stesso.
 “Come chi è?!” esclamò il vecchio: “Certo che lei è proprio un tipo strano! Bunbury era un mio amico.” spiegò con tono d'ovvietà: “Vecchio, malaticcio... Non di grande compagnia, in effetti.”
 “Ah, mi spiace per il suo amico...” feci io, vagamente imbarazzato.
 “Oh, non si preoccupi... In effetti non era più un uomo molto utile... Anzi, direi che era un intralcio, arrivati a questo punto...” disse il vecchio, con un sorriso improvviso.
 Cominciavo ad inquietarmi, perchè non era normale starsene lì a fare certi discorsi con quel tipo che se ne stava tutto intabarrato a fumare una pipa spenta in pieno agosto.
 “Io sto cercando l'assassino, le dicevo – riprese, imperterrito – e quindi sto cercando. E per cercare bisogna saper fare le domande giuste.”
 Ormai ero certo di aver perso il filo del discorso e la mia faccia doveva essere lo specchio della mia confusione interiore, perchè il vecchio disse, improvvisamente: “La vedo confuso. No, l'assassino che cerco non è un uomo confuso... Mi spiace, non è lei il colpevole.”
 Non sapevo se fosse il caso di ringraziare o meno, così mi limitai ad un sorriso tirato che suscitò in modo evidente la commiserazione del ricco clochard.
 “Sarà meglio che vada.” fece il vecchio, alzandosi e rimettendo la pipa nella tasca.
 “Le auguro di trovare l'assassino del suo amico...” dissi io, nell'intento di essere gentile.
 Il vecchio fece un'espressione affranta: “Non sarà facile, amico mio... Sa qual è il problema maggiore?”
 Io scossi il capo, completamente senza la forza di inventarmi una risposta.
 “Il problema maggiore è che il mio amico Bunbury è ancora vivo...!” spiegò il vecchio, alzando gli occhi al cielo, come se avesse appena detto una cosa orribile.
 “Bene, ora vado davvero...” riprese il vecchio: “Ah, quasi dimenticavo... Mi presento.” allungò una mano anziana, ma forte.
 Non vedendo alternative, la strinsi titubante, mentre egli diceva: “Mi chiamo Godot, piacere.”
 Non fui nemmeno in grado di rispondere dicendo il mio nome, tanto la mia mente era rimasta frastornata dalla conversazione precendente.
 Il vecchio sorrise affabile, ritirando la mano e disse: “Oh, dieci minuti fa.”
 “Dieci minuti fa cosa?!” chiesi, arrendendomi una volta per tutte all'amara verità, ovvero che non avrei mai capito al volo nemmeno mezza frase detta da quell'uomo.
 “Dieci minuti fa...!” mi ripetè, spazientito: “È quando è passato il suo bus, no? Dieci minuti fa!”
 Non ebbi nemmeno il tempo di arrabbiarmi per aver perso l'autobus, che il vecchio chiamato Godot mi saluto agitando una bombetta che fino a quel momento non aveva e con un breve inchinò disse addio: “Non credo che ci rivedremo mai. Ora devo andare. Mi aspettano...”
 Battei le palpebre, e quando le riaprii, Godot era scomparso...
   
 
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