Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: FiammaBlu    25/03/2015    7 recensioni
L' ebook è scaricabile dal mio profilo autore. Revisione ultimata! Grazie a tutti coloro che continuano a leggerla! :)
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Cosa sarebbe accaduto se nel numero 28 Masumi Hayami fosse riuscito a confessare a Maya di essere l'ammiratore delle rose scarlatte? Leggete la mia versione di questo "what...if" ^_^
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ultima revisione: marzo 2016

 

39. La maschera caduta

 

Il trillo del telefono suonò prepotente nella stanza, incrinando irrimediabilmente l’atmosfera. Masumi ritirò di scatto la mano che aveva sollevato, sentendo il suo cuore smettere di battere per un istante, e Maya si chinò, imbarazzata ed emozionata, a raccogliere il foglio che aveva lasciato cadere.

Che succede?! Sono senza fiato! Sento il volto che brucia e lui… perché mi guardava in quel modo? Perché la sua voce era così dolce? All’improvviso ogni cosa è cambiata…

- Hayami - rispose girando intorno alla scrivania e alzando nervosamente la cornetta. Come nella valle, quella sera nel tempio… era immobile e mi guardava con quegli occhi brillanti e pieni d’emozione… e io… io cosa stavo per fare?

- Ho capito, no, la ringrazio, ho finito - e mise giù il telefono.

Maya si rialzò e posò il foglio sulla scrivania, sollevò titubante lo sguardo su di lui e si rese conto che la stava già fissando. Sussultò e rimase impietrita.

- Inseriscono l’allarme sui piani, dobbiamo andare - le comunicò con voce neutra, tutta l’atmosfera carica di aspettativa che li aveva circondati fino a poco prima era completamente svanita.

Lei annuì restando in silenzio e cercando di placare le sue emozioni mentre Masumi raccolse i documenti, li chiuse nella cartellina nera e li mise nella cassaforte, appoggiando il quadro alla parete. Lasciò la mano qualche attimo sul metallo freddo dello sportello, cercando di riacquisire il pieno controllo delle sue facoltà. Cosa ho visto nei suoi occhi? E quella sensazione di appartenenza… che fosse la cosa giusta da fare...

Riordinò rapidamente la scrivania raggruppando alcuni fogli e ignorò completamente una cartellina gialla appoggiata a sinistra. Si rimise la cravatta, la giacca e prese il cappotto nero dall’attaccapanni.

Maya l’aveva seguito in ogni movimento, restando in silenzio e domandandosi quante volte gli capitasse di restare in ufficio fino a così tardi. Mi tremano ancora le mani… aveva alzato una mano verso di me? Cosa voleva fare? Cosa ho visto nei suoi occhi?

- Prego - le disse con un sorriso lieve aprendo la porta dell’ufficio. Lei si riscosse, uscì tenendo la testa bassa, lui spense la luce, chiuse la porta e raggiunsero gli ascensori laterali.

- Le capita spesso di restare qui fino a tardi? - gli chiese quando le porte dell’ascensore si chiusero cercando di non pensare alla sua vicinanza e sperando di scacciare quell’emozione dirompente che l’aveva conquistata.

- Sì - rispose Masumi evitando di guardarla e fissando le porte davanti a sé.

- C’è così tanto lavoro? - chiese ancora Maya incuriosita. Si era sempre domandata come facesse a lavorare così tanto e a sembrare sempre così tranquillo.

- No - un’altra sillaba atona e lei si girò sollevando lo sguardo.

- Allora perché resta qui? Non ha altre cose da fare? - lo interrogò senza rendersi conto di quanto lui fosse teso.

Masumi voltò lentamente la testa e incrociò il suo sguardo limpido e sincero. Nessuna menzogna… sei spontanea come sempre… io non ho realmente mai conosciuto nessuno come te, ragazzina…

Maya trattenne il fiato quando si ritrovò a guardare quegli occhi indagatori che la scrutavano.

- Resto qui perché lavorare mi distrae - le rispose pacatamente dopo qualche attimo di silenzio.

- Tramare sempre nell’ombra deve essere stancante - alluse Maya indurendo lo sguardo, ma continuando a sostenere il suo. Masumi scoppiò a ridere, davvero felice che, nonostante ciò che succedeva fra loro, lei gli riservasse sempre lo stesso trattamento. Quei battibecchi e le rose erano l’unica cosa che li aveva legati negli anni.

Le rose scarlatte...

- Lei non cambia proprio mai, ragazzina! - esclamò facendola irritare - E poi a casa non avrei niente da fare - aggiunse facendosi serio improvvisamente.

Maya avrebbe voluto chiedergli come fosse possibile, ma le porte dell’ascensore si aprirono. Ricordava la sua casa da quella volta che si era svegliata nel suo letto, con un suo pigiama, quando si era ammalata e lui l’aveva portata lì. Era enorme e bellissima, lo stile era misto, fra Giappone e occidente, alcuni mobili erano europei e c’era una grande scalinata che saliva al piano superiore. Quella volta voleva che non mi arrendessi… che continuassi a recitare...

Attraversarono parte dell’atrio e Masumi fece un cenno con la mano alla guardia notturna che aveva aperto la porta a Maya poco prima, la quale ricambiò con un sorriso.

- Non deve preoccuparsi per l’articolo - disse all’improvviso e lei si girò a guardarlo - Non è accaduto niente - abbassò gli occhi fino a incontrare i suoi e le sorrise, cercando di rassicurarla.

- Ma… stamani… le azioni… - balbettò lei sentendo tutto il peso della responsabilità gravarle sul cuore. Masumi scoppiò a ridere di nuovo, un suono cristallino che si sparse per tutto l’atrio deserto e Maya aggrottò la fronte sentendosi presa in giro per l’ennesima volta.

- Da quando si interessa di finanza? - le chiese mettendole una mano sulla testa e spingendola in avanti in modo canzonatorio.

- La smetta! - ringhiò Maya fermandosi davanti a lui e irrigidendosi.

- Ragazzina, sono anni che fronteggio emergenze come questa, non dia troppo peso a qualcosa che non ne ha - aggiunse serio, poi, chinandosi in avanti, le puntò un indice contro - È bastato un comunicato stampa e tutto è tornato a posto, è stata solo una flessione. La prossima volta però, farò scrivere a lei le parole con cui riguadagnare la fiducia del mercato! - e rise di nuovo.

Maya arrossì e abbassò lo sguardo ascoltando la sua risata pulita e schietta. Trova sempre il modo di rassicurarmi… l’ha sempre fatto, da quando lo conosco…

Proseguirono verso l’uscita, le doppie porte scorrevoli si aprirono, a quanto pare erano chiuse solo per chi arrivava dall’esterno, e scesero le scale senza poter immaginare ciò a cui sarebbero andati incontro.



Mentre Maya e Masumi Hayami avevano il loro alterco nell’ufficio della Daito, Sakurakoji rientrava a casa, nell’appartamento che aveva affittato da quando aveva lasciato la casa dei suoi genitori. Le prove erano sempre più serrate, ormai lo spettacolo dimostrativo era vicino e i loro due personaggi stavano uscendo sempre più nitidi e distinti.

Appoggiò sul tavolo il ramen che aveva comprato e si lavò rapidamente sotto la doccia. Ne uscì rinfrancato, le giornate di prova erano davvero estenuanti. Accese il suo portatile e si sedette alla scrivania.

Presto saremo perfetti, Maya! La tua Akoya e il mio Isshin avranno la meglio su quelli di Ayumi e Akame! Le tue battute sono sempre più convinte e profonde, ogni volta fanno vibrare la mia anima… sento una grande tenerezza verso di te Maya, proprio come Isshin doveva provarla per Akoya! Kuronuma non ci fa neanche respirare… ma sabato e domenica prossimi non ci sono prove per noi… vorrei tanto portarti da qualche parte e passare un po’ di tempo insieme senza dover pensare alla Dea Scarlatta…

Digitò rapidamente alcune informazioni di cui aveva bisogno ed era così assorto nella ricerca da non accorgersi del trascorrere del tempo, inconsapevole che, a pochi chilometri di distanza, Maya stava per affrontare il suo destino.



La notte avvolgeva completamente la città e i lampioni rischiaravano l’area pavimentata davanti al palazzo Daito. Maya scese tutte le scale sospirando. Era andata lì per scusarsi, l’aveva fatto e il signor Hayami come al solito l’aveva presa in giro, ma anche rassicurata. Era consapevole che ora l’avrebbe salutata, magari con qualche battutina pungente che l’avrebbe fatta arrabbiare, così lo precedette, fece qualche passo avanti e si fermò, voltandosi.

- Mi dispiace per tutto il trambusto che ho creato, farò più attenzione. Buonanotte, signor Hayami - gli disse facendo un lieve inchino. Masumi la fissò immobile, un lieve sorriso increspava la sua bocca.

- Dove pensa di andare a quest’ora, ragazzina? - domandò freddamente alzando un sopracciglio. Maya lo guardò meravigliata, facendo un passo indietro.

Ti spavento così tanto?

- Io… andavo… a casa… - balbettò lei insicura ma lui la ignorò.

- So bene che lei mi crede un uomo senza cuore, ma ritiene davvero che io potrei lasciarla tornare a casa da sola? E se le accadesse qualcosa? Fra poco dovrà affrontare lo spettacolo dimostrativo... - le spiegò come se stesse parlando ad un bambino.

Signor Hayami… protegge così l’attrice Maya Kitajima? Ma io…

- Adesso basta! - una voce dura e profonda li fece voltare di scatto.

Maya trattenne il respiro vedendo tre uomini armati di spranghe e bastoni farsi avanti sotto la luce del lampione. Senza rendersene conto, arretrò fino a trovarsi a fianco del signor Hayami. Lui rimase immobile, fissando il trio di delinquenti.

- Esci tardi dal lavoro, eh, giovane rampollo Hayami? - gracchiò lo stesso uomo, vestito in jeans e giubbotto di pelle nera - Difficile la vita dei figli di papà come te, eh? - aggiunse avanzando ancora, spalleggiato dagli altri due che picchiavano ritmicamente i bastoni sui palmi delle mani.

- Chi siete voi? - domandò Masumi con tono freddo e controllato mentre avvertì la mano di Maya che si aggrappava alla sua giacca.

- Dei nostri amici ci hanno detto che sei stato piuttosto prepotente con loro! - spiegò ironicamente il solito tizio - Sai, noi siamo degli altruisti. Siamo venuti da te perché non sopportiamo chi maltratta i deboli! - aggiunse, mentre i due compari si allargavano alla destra e alla sinistra del loro capo.

- Vi manda la Hokuto Production? - li interrogò ancora Masumi ignorando le provocazioni inutili del delinquente. Sentì Maya strattonargli la giacca, sapeva che era spaventata e non avrebbe voluto che restasse lì.

- Se ne vada da qui, ragazzina! - sibilò, tenendo lo sguardo sul malvivente che aveva di fronte e scostandola lentamente da sé con il braccio. Maya sollevò lo sguardo, tremando, sul suo profilo immobile e teso, ma non riuscì a replicare sentendosi afferrare rudemente per un braccio.

- Ma no! - esclamò il secondo uomo dalla strana capigliatura viola - La signorina può restare! Non sia mai che vada a chiamare qualcuno! - tirò Maya versò di sé e lei gridò divincolandosi.

Masumi si girò di scatto verso di loro con il cuore che si fermò per un attimo appena vide la mano dell’uomo ghermire il polso di Maya.

- Ohh! Ma è una faccia nota! - ridacchiò il terzo, il più robusto di tutti, guardando bene Maya - Vuoi vedere che anche lei è un articolo della Daito Art? - aggiunse con un sorriso malevolo.

Masumi fece un passo avanti cercando di tenere d’occhio anche gli altri due che lo stavano circondando.

- Fermati! Lei non c’entra! Lasciala stare! - urlò fissando il delinquente. Maya lo osservò con gli occhi spalancati e il terrore nel cuore, la mente svuotata e incapace di fronteggiare quella terribile situazione. Signor Hayami...

- Non posso lasciarla andare! - ridacchiò l’uomo coi capelli viola stringendo ancor più la presa - Visto che tu hai rubato il prodotto di un’altra azienda, ti faccio vedere cosa si prova quando qualcosa di importante ti viene portato via! - lasciò cadere la sbarra di ferro e tirò fuori un coltello a serramanico. Lo aprì in un istante con un suono inquietante, avvicinandolo al volto di Maya, che gridò sconvolta.

- Maya! - urlò Masumi accecato dall’ira scattando avanti e colpendo al volto quello robusto. Poi si girò abilmente e piantò una gomitata nella schiena del capo per poi avventarsi sull’uomo che tratteneva Maya. Sotto lo sguardo allibito e spaventato della ragazza, sferrò un pugno preciso con forza sul volto del delinquente che brandiva il coltello senza dargli tempo neanche di capire cosa stesse accadendo. Afferrò Maya per un braccio e la tirò verso di sé, allontanandosi di qualche passo verso la strada.

- Non azzardatevi a toccarla nemmeno con un dito! - gridò ai malviventi senza alcuna paura e Maya sentì le sue braccia stringersi intorno a lei. Lo sentiva respirare rapidamente e non l’aveva mai visto con quell’espressione determinata sul volto.

Signor Hayami…

- Lei non ha nulla a che fare con la Daito Art Production! - aggiunse stringendola ancora di più.

I tre si rialzarono raccogliendo le loro armi e si fecero lentamente avanti.

- Caspita che Presidente ammirevole! - ridacchiò con cattiveria quello grosso - Questa ragazzina dev’essere un articolo di prima scelta! -

- Allora - mormorò minacciosamente il capo brandendo una mazza da baseball - Stai bene attento che non si rovini! -

Masumi costrinse Maya a voltarsi verso di lui stringendola fra le sue braccia. Dietro di loro c’era un’auto parcheggiata ed era consapevole di ciò che avrebbe dovuto fare, sperava solo di riuscire a proteggerla.

- Tranquilla - le sussurrò. Maya si aggrappò alla sua giacca, appoggiando la testa al suo petto e chiudendo gli occhi con il cuore che batteva furiosamente per la paura. Cosa vuole fare...?

Quello grosso calò la sua spranga e Masumi si girò tenendo Maya fra sé e l’auto e proteggendola con tutto il suo corpo. Il colpo arrivò, potente e doloroso, sulla sua schiena.

Maya gridò e si divincolò quando comprese ciò che avrebbe fatto, ma lui serrò le braccia e la guardò.

- Non si muova! - le gridò sperando che per una volta gli desse ascolto e non facesse di testa sua - Non deve ferirsi! Non dimentichi lo spettacolo dimostrativo! -

- Prendi questo! - esclamò con foga il capo calando la mazza da baseball sulla schiena del loro bersaglio.

Maya sentiva arrivare ogni colpo, ma il signor Hayami rimase stoicamente in quella posizione, chino su di lei, le sue braccia che la tenevano stretta.

- Ma quanta resistenza! Presidente di una casa di produzione di prima categoria! - urlò quello coi capelli viola abbassando il bastone e colpendolo alla testa.

- Difendi a costo della vita i tuoi prodotti migliori, eh? - lo canzonò quello grosso e poi calò la spranga - Da ammirare sul serio! -

- Questo sì, che è divertente! - il capo lasciò la mazza e iniziò a tempestarlo di pugni - Molto meglio che colpire i sacchi di sabbia! -

I tre continuavano a picchiarlo e Maya teneva gli occhi sbarrati e terrorizzati sul suo volto. Masumi continuò a proteggerla senza fiatare, accusando ogni ferita e incassando ogni colpo. Signor Hayami… perché sta facendo questo per difendermi? Non posso credere che lei, che ora mi protegge così, possa avermi sostenuto per tutti questi anni solo per ottenere i diritti! Ho recitato Beth a tredici anni e ricevetti allora il primo mazzo di rose del mio ammiratore! No! Non può averlo fatto in previsione della Dea Scarlatta! Non può! Forse… quella sera… fu costretto a rispondere a suo padre in quel modo, forse… anche allora… lei mi ha protetto!

Sentiva il cuore scoppiare, le lacrime presero a scendere, brucianti e dolorose, mentre i tre malviventi continuavano a picchiare il signor Hayami senza alcuna pietà. Inspirò e gridò con quanto fiato aveva in gola, sfruttando tutte le sue capacità di attrice, gridò e gridò ancora chiedendo aiuto finché la guardia notturna la sentì e uscì di corsa, prestando soccorso.

I tre scapparono immediatamente e Maya sentì farsi più debole la stretta dell’abbraccio in cui era racchiusa.

- Stai bene, Maya? - mormorò Masumi tenendo gli occhi socchiusi e trattenendo dietro una smorfia il dolore acuto che sentiva dovunque. Lei lo fissò piangendo con occhi sbarrati, c’era sangue dappertutto, sul suo viso, sui loro vestiti, fra i capelli biondi. Quel tono confidenziale e la sua voce così debole, quando di solito era chiara a carica di ironia, fecero scendere altre lacrime di dolore e sgomento per ciò che aveva appena fatto.

- Sì… - sussurrò annuendo debolmente.

- Ti sei fatta niente? - le chiese ancora, il tono pieno di preoccupazione.

- No - Maya scosse la testa trattenendo i singhiozzi che le laceravano il cuore.

- Meno male… - aggiunse lui con un debole sorriso.

- Presidente! - gridò la guardia notturna quando si rese conto chi aveva davanti. Masumi girò lentamente la testa stringendo i denti per non urlare dal dolore.

- Non chiamare la polizia… evitiamo clamori - gli ordinò - Non voglio coinvolgere lei… -

Maya lo sentì aggrapparsi alle sue spalle e scivolare lentamente a terra, svenuto. Rimase in piedi, terrorizzata, con le gambe che tremavano come foglie al vento e un’angoscia come mai aveva provato prima a serrarle lo stomaco.

- Signor Hayami! - urlò, mentre la guardia cercava di sollevarlo. D’impulso lei si avvicinò e aiutò l’uomo che le stava dicendo qualcosa che Maya non comprese, troppo concentrata a guardare il suo volto rigato di sangue.

- … nel suo ufficio - terminò la guardia mentre risalivano le scale, trascinandolo.

- Sì - rispose lei senza essere sicura di aver capito, ciò che le importava in quel momento era portarlo via da lì e aiutarlo.

Lo adagiarono su uno dei due divanetti nel suo ufficio, che avevano lasciato da poco, e la guardia si premurò di togliergli la giacca, che lei usò per coprirlo, e di prendere uno dei cuscini dell’altro divano, che Maya gli mise sotto la testa.

Fece ogni cosa meccanicamente, fissandolo con sguardo vacuo, come se non fosse realmente lì. Ogni cosa sembrava essere sparita, l’unico colore che vedeva era il rosso del sangue che scorreva dalla sua fronte.

La guardia le disse qualcos’altro che lei non comprese, si girò verso di lui e istintivamente disse - Chiami la signorina Mizuki, la prego -

L’uomo, grato per aver ricevuto un ordine, non badò al fatto che la ragazzina da cui l’aveva ricevuto fosse poco meno che ventenne né si interrogò sul motivo per il quale fosse andata a trovare il loro Presidente a così tarda ora. Uscì dall’ufficio e raggiunse la sua postazione al piano terra facendo ciò che aveva chiesto.

Maya si inginocchiò accanto a lui e lo guardò con nuovi occhi.

Guardi come si è ridotto per proteggermi… per me! È questo il suo vero volto che tiene nascosto sotto la maschera? Finora non me n’ero resa conto… mi perdoni se può…

Le lacrime scesero lentamente, scaturite dal dolore, dalla sofferenza, dalla tensione, dal senso di colpa e da quel sentimento non corrisposto che teneva dentro di sé da troppo tempo. Si avvicinò posandogli un bacio sulla fronte e le gocce tiepide colpirono il suo volto come tante piccole scosse.

Masumi, pur essendo incosciente, avvertì quell’angoscia così pronunciata, i singhiozzi di qualcuno accanto a lui, le lacrime che si posavano dolcemente sul suo volto. Maya… stai piangendo?

Lei si alzò, disperata si diresse alla sua scrivania e aprì un cassetto, poi l’altro, cercando qualcosa per poter asciugare il sangue che usciva incessante, si sentiva le dita appiccicose e quell’odore ferroso l’avvolgeva in modo raccapricciante. Aprì anche il cassetto centrale, poi quelli a sinistra, appoggiandosi freneticamente alla superficie fece cadere quella cartellina gialla che era lì anche poco prima. Il contenuto si sparse e vide la foto di una donna bellissima. Pelle bianca come alabastro, profondi occhi neri come i capelli, lunghi e lucenti. Sussultò e si chinò immediatamente. Sembra una principessa…

Spostò la fotografia e il foglio sottostante la lasciò senza fiato. Gli occhi si posarono su un’unica serie di ideogrammi che riportavano “matrimonio combinato”. Richiuse immediatamente la cartellina rimettendoci dentro i documenti, senza accorgersi delle piccole impronte insanguinate che vi aveva lasciato sopra né della scossa che le aveva infranto il cuore, e la rimise sulla scrivania. Si chiama Shiori Takamiya… è bellissima, signor Hayami… bellissima!

Tornò a inginocchiarsi accanto a lui, svuotò la sua borsetta sul tappeto cercando freneticamente il fazzoletto che di solito portava con sé, lo afferrò e prontamente tamponò il sangue che usciva da un taglio sulla fronte. Si soffermò sul suo volto come mai aveva fatto prima, seguendo la linea degli occhi, quella diritta del naso, gli zigomi, il profilo deciso della mascella, le labbra, ora distese, le ciglia che poggiavano dolcemente sulle guance. Quando il sangue smise di scendere, gli prese una mano fra le sue stringendola. Era calda ma inerte e guardandola ricordò le volte in cui aveva stretto la sua.

Signor Hayami… lei è il mio Isshin! La mia anima gemella!

- Cosa sono nome e passato rispetto al poter vivere con me ora che mi hai incontrata? - le battute della Dea uscirono spontaneamente, era ciò che aveva nel cuore e quelle le uniche parole d’amore che erano capaci di spiegare ciò che provava in quel momento.

- Diventa solo mio, della tua Akoya. Tu sei l’altra parte di me, io sono l’altra parte di te. Amore mio! Ormai non possiamo allontanarci! -

Ognuna di quelle parole ricalcava perfettamente il suo stato d’animo, la signora Tsukikage aveva ragione, così lasciò che il suo cuore si perdesse in quello strazio d’amore incapace di fermasi, incapace ancora di tenere quella maschera che aveva portato negli ultimi tempi, incapace di mentire ancora a se stessa.

- Caro amore mio, solo adesso mi sono accorta che la mia anima gemella sei tu! - sussurrò con voce accorata e piena d’amore.

Masumi, parzialmente incosciente, sentì una presenza accanto, una fonte di calore forte e luminosa che gli stava parlando. Questa voce… Maya?

- Quel giorno, quando ti incontrai per la prima volta nella valle compresi immediatamente che eri tu, come dice la nonna, la mia anima gemella - Maya riversò nelle battute di Akoya tutto l’amore che provava per lui tanto da fargli immaginare, in quel dormiveglia dovuto al trauma, la valle dei susini e la visione della Dea Scarlatta che aveva avuto davanti al ruscello. La valle dei susini…? Akoya?

- Non esistono età, aspetto, rango, quando si incontrano queste due anime si attraggono vicendevolmente. Abbandona, te ne prego, il tuo passato, diventa solo mio, della tua Akoya! - gli passò una mano tra i capelli, ora non aveva più dubbi su cosa fosse l’amore di Akoya per Isshin: era lo stesso che provava lei per Masumi Hayami.

- Nemmeno io posso credere veramente… una così straordinaria sensazione! - gli confidò entusiasta, la voce che tremava per l’emozione, completamente diversa da quella di Maya Kitajima - Solo se ti penso mi sento inebriata, solo se sento la tua voce mi emoziono! - rivelò senza alcun timore stringendogli la mano e sospirando.

- Lo sai… quanto sono felice quando ti tocco - e si portò la mano alle labbra sfiorando la sua pelle calda, cosciente che ognuna di quelle parole corrispondeva alla verità - Tu sei l’altra parte di me, io sono l’altra parte di te - ripeté quella battuta riversandoci tutta l’abilità nella recitazione di cui era capace, donando alla sua Akoya una voce soprannaturale da cui traspariva l’amore profondo per il suo Isshin.

Masumi ascoltò ognuno di quei versi, così sentitamente pronunciati da una meravigliosa Akoya, dal suo inconscio onirico senza sapere quanto di ciò fosse realtà o sogno. Maya…

- Mi sei più caro di chiunque altro, ora che ci siamo incontrati com’è possibile vivere separati? Originariamente noi eravamo un’unica anima, un’unica vita. Tu sei la mia vita stessa. Non potrò mai separarmi da te finché ci sarà la vita eterna! - Maya lo guardò, gli occhi colmi di quell’amore che aveva potuto finalmente trovare libero sfogo in quell’ammissione piena di sofferenza e dolore.

- Dimentica tutto e riposati con serenità, caro mio! Ci sarò io con te! - completamente avvolta dalla recitazione e da quel sentimento dirompente, Maya si chinò lentamente su di lui, chiuse gli occhi e posò le labbra sulle sue in un bacio silenzioso e prolungato che le mandò il cuore in pezzi dalla gioia e dalla disperazione per qualcosa che non avrebbe mai potuto avere.

Il buio del sogno di Masumi divenne sfolgorante di luce quando Akoya lo baciò, ogni dolore scomparve, ogni preoccupazione svanì, le due anime si erano finalmente ricongiunte. Poi lei si alzò, allontanandosi e lui la chiamò dalle tenebre che lo reclamarono nuovamente, mentre la disperazione per averla perduta ancora lo colmava di una profonda tristezza. Akoya? Dove vai? Dove vuoi andare senza di me? Non lasciarmi, Akoya!

Maya si lasciò scivolare tenendosi alla sua mano, scoppiò a piangere disperatamente mentre uno strazio incandescente le lacerava il petto. Appoggiò la testa su di lui restando inginocchiata e sfogò tutto quel tormento finché non si addormentò, sfinita.



Mizuki venne svegliata dallo squillo insistente del suo cellulare. Lo cercò a tentoni sul comodino spingendolo per terra. Sussultò svegliandosi completamente, si chinò, lo raccolse e rispose con voce assonnata.

- Sono Mizuki -

- Signorina! Sono la guardia notturna della Daito! - l’uomo parlò con voce tesa e piena d’urgenza tanto che Saeko si mise seduta sul letto - Deve venire qui, signorina, subito, è successo qualcosa di grave al signor Hayami! - si affrettò ad aggiungere la guardia.

- Al signor Hayami? - lo interrogò lei immaginando subito il peggio - Arrivo! - chiuse la comunicazione e corse in bagno a cambiarsi senza ulteriori indugi.



Akoya!

Sbatté le palpebre più volte, nel cuore ancora quell’amarezza devastante, quella sensazione di sentirsi incompleto che si sommò al dolore fisico che gli invase la mente, costringendolo all’immobilità più assoluta e a serrare i denti per soffocare un grido. Aprì gli occhi lentamente e si rese conto di essere nel suo ufficio. Una fitta lancinante alla fronte gli strappò un gemito e toccandosi con le dita sentì una piccola lacerazione. I ricordi riaffiorarono prepotenti facendosi spazio fra quelli del sogno che aveva vissuto e un terrore incontrollabile prese il sopravvento. Maya!

Avrebbe voluto alzarsi ma qualcosa di pesante lo teneva sul divano. Abbassò gli occhi e la vide. Dormiva, inginocchiata a terra, la testa abbandonata sul suo fianco, le mani dalle dita insanguinate aggrappate alla sua camicia. Una tenerezza come mai aveva provato prima riempì il suo cuore e, nonostante il dolore diffuso che avvertiva, fece apparire un sorriso sul suo volto.

Devi esserti spaventata… scusami… tutto questo è colpa mia, del mio modo di fare… se avessi trattato diversamente con quelli della Hokuto, tutto questo non sarebbe accaduto…

Osservò rapito il suo volto rilassato nel sonno, l’arco perfetto delle sopracciglia sottili, le lunghe ciglia scure appoggiate alle gote appena arrossate, il piccolo naso un po’ all’insù, le labbra appena dischiuse che l’avevano maledetto e ringraziato, che avevano baciato le sue rose, la sua guancia, le sue labbra. Sussultò.

Le mie? No, era solo un sogno quello, mentre ero senza conoscenza… le battute di Akoya che ho sentito dalla signora nella valle o da lei quando le ha recitate sul ruscello…

I suoi occhi si chiusero un istante per rievocare quel sogno che gli era parso così vero, eppure lei dormiva. Il suo cuore accelerò immediatamente per quell’accorata dichiarazione quando le due anime si erano finalmente unite e la luce sfolgorante aveva invaso le sue tenebre.

Quando li riaprì, lei era ancora lì, accanto a lui, aggrappata a lui, e non lo lasciava, neanche nel sonno. Allungò le dita, sfiorandole la guancia morbida e rabbrividendo al tocco fino a passarle fra i suoi capelli, spingendoli indietro. Lo fece lentamente, non voleva svegliarla e, egoisticamente, voleva approfittarne finché dormiva, così, una volta che i capelli scivolarono via, lo fece di nuovo, e ancora, e ancora, riempiendosi l’anima di quel tocco lieve.

Non permetterò mai a mio padre di spegnere il tuo sorriso Maya, anche se mi costringerà a sposarmi, anche se tu mi considererai sempre il tuo nemico, io continuerò a proteggerti e ad amarti nell’ombra… ora lo so… la signora ha detto che si può vivere felici anche senza rincontrare la propria anima gemella ma io, che ho ritrovato la mia, so che non potrò amare più nessun’altra…

Si distese di nuovo, adagiò il braccio lungo il fianco e racchiuse la sua piccola mano, che stringeva ancora la camicia, nella sua, chiudendo gli occhi per l’emozione mista ad angoscia che lo travolse.



Fuori la notte ammantava ancora Tokyo quando Mizuki spalancò la porta dell’ufficio del suo capo, ansimando per la corsa. C’era una sola luce accesa, nella penombra vide che c’era qualcuno sul divano, così si avvicinò spalancando gli occhi di fronte a ciò che vide.

Il signor Masumi giaceva disteso sul divano e sembrava dormire, parte del volto macchiata di sangue, come la camicia, i capelli e il cuscino. Inginocchiata accanto a lui, addormentata con la testa appoggiata al suo fianco, c’era Maya, una mano tratteneva la camicia sull’addome e l’altra era stretta in quella di Masumi. Per terra c’era un fazzoletto insanguinato e il contenuto della borsetta di Maya sparso sul tappeto.

Santo cielo… signor Masumi… Maya…!

La guardia notturna le aveva fatto un breve resoconto insistendo sul fatto che era stato proprio lui a non voler chiamare i soccorsi.

Ho capito perché l’ha fatto… ma è notte fonda… lei avrà bisogno di cure… non si deve sapere che Maya era qui… suo padre non deve sapere…

Chiuse immediatamente la porta, andò alla scrivania e vide ditate di sangue sui cassetti aperti, forse Maya aveva rovistato cercando qualcosa per tamponare il sangue. Prese il suo fazzoletto e iniziò a pulire finché non arrivò alla cartelletta gialla. C’era un’impronta nitida sul lembo esterno, se avesse provato a pulirla sarebbe stata ancora più evidente. Corrugò la fronte contrariata e l’aprì. Vide la foto di una bellissima ragazza con un’impronta parziale di sangue sul lato destro, così anche lei la spostò e lesse il foglio sottostante e anche tutti quelli seguenti stupendosi sempre più ad ogni parola.

Sembra che suo padre voglia fargli incontrare questa donna per un matrimonio combinato… Shiori Takamiya, nipote dell’Imperatore Takamiya, proprietario del gruppo Takatsu! E queste movimentazioni di conti… decine di milioni di yen spostati su conti esteri…

Alcuni fogli riportavano una sigla “HK” che sembrava una firma, forse qualcuno dei suoi uomini ombra che agivano per lui quando aveva bisogno di informazioni e non poteva raccoglierle in modi leciti. Sollevò gli occhi verso Maya che dormiva ancora e il suo sguardo si addolcì.

Maya… hai visto anche tu questi documenti? Cosa avrai pensato? Che per te non ci sarà mai posto nel suo cuore? Ti sarai disperata? Avrai pianto? Quanto vorrei dirti tutto ciò che so… ma cosa accadrebbe ora con la Dea Scarlatta così vicina? Se suo padre scoprisse l’amore che vi lega veramente… io credo che…

Abbassò la testa, afflitta da quei pensieri che da giorni la tormentavano. Chiuse la cartellina gialla e finì di pulire le impronte lasciate da Maya nella sua ricerca frenetica. Tornò ai divanetti, raccolse tutte le sue cose e le rimise nella borsetta. Prese il fazzoletto insanguinato, lo piegò e lo appoggiò sulla scrivania.

Rimase immobile a fissarli per un tempo indefinito. Avrebbe tanto voluto lasciarli così, mano nella mano, che si svegliassero insieme, magari parlassero e rivelassero i loro sentimenti reciproci, invece inspirò, espirò, e fece ciò che andava fatto.

Si chinò e, delicatamente ma con il cuore straziato dal dispiacere, separò le due mani. Il signor Masumi corrugò la fronte nel sonno e Maya protestò con un mugugno sommesso. Sorrise mestamente e scosse lievemente la giovane sperando che non si svegliasse gridando.

- Maya - sussurrò piano e lei sbatté le palpebre lentamente. Aprì gli occhi mettendola a fuoco e la segretaria sorrise cercando di rassicurarla. Lei scattò in piedi barcollando e Mizuki si alzò a sua volta.

In un attimo tutti i ricordi le piombarono addosso. Spalancò gli occhi, avvampando, e si voltò immediatamente verso il signor Hayami che dormiva sul divano, poi verso Mizuki, poi di nuovo su di lui.

- Sta bene, non preoccuparti - la rassicurò la segretaria - Sei stata molto coraggiosa, Maya - aggiunse in un mormorio lieve - Ma ora devi andare via da qui, mi occupo io di lui, adesso -

Maya spostò di nuovo lo sguardo da uno all’altra, titubante, conscia che quel suo atteggiamento avrebbe potuto destare dei sospetti nella segretaria. Poi le tornarono in mente tutti i suoi ammonimenti, l’articolo che era appena uscito e aveva provocato un disastro da una sua sola frase, la voce di suo padre, che gli intimava di prendere quei diritti e di usare le rose come scusa, e per ultima riaffiorò l’immagine di quella bellissima donna che aveva visto solo per un attimo. Si sposerà…

Strinse i denti e si erse diritta sulla persona, fissò Mizuki e annuì.

- Sì, signorina Mizuki - raccolse la sua borsetta, il soprabito che aveva gettato sull’altro divano, sebbene non ricordasse di averlo fatto, e la seguì fuori dall’ufficio senza mai voltarsi.

La segretaria notò lo sforzo a cui si costrinse e poteva immaginare come si sentisse dentro: incompresa, inadeguata, ignorata, sola. Le mise un braccio sulle spalle e la strinse a sé mentre l’accompagnava giù verso il taxi che aveva chiamato per lei. Maya accettò quel gesto di affetto in silenzio, se avesse aperto bocca si sarebbe sicuramente tradita, incapace di reggere ancora quella tensione straziante. Aveva già provocato fin troppi guai al signor Hayami e non voleva aggiungercene altri con la sua goffaggine.

- Grazie, signorina Mizuki - le disse solo, accennando un debole e stanco sorriso. La segretaria ricambiò e la fece salire seguendo l’auto che si allontanava nella notte.

Sospirò e rientrò per terminare ciò che aveva iniziato. Prese il cellulare e chiamò il medico personale della famiglia Hayami chiedendogli gentilmente di recarsi presso gli uffici della Daito senza fare domande. Soddisfatta della risposta, chiuse la chiamata e si diresse alla postazione della guardia notturna: anche lui doveva essere istruito in modo che niente di quella storia trapelasse.

L’uomo sembrò comprendere perfettamente e lei annuì compiaciuta. Riprese l’ascensore e tornò nell’ufficio. Si sedette sul divano e attese l’arrivo del dottore, tenendo lo sguardo sul signor Masumi che dormiva e preparandosi ad affrontare la giornata seguente.



Yu raggiunse il tetto degli studi dove sapeva l’avrebbe trovata. Quella mattina, anche durante le prove, Maya era apparsa, di nuovo, completamente diversa. In lei quegli stati d’animo variabili sembravano alternarsi con una frequenza insolita e se inizialmente aveva pensato che fosse per la “Dea Scarlatta”, ora era certo che le preoccupazioni per lo spettacolo fossero solo una parte del problema.

- Ciao, Maya - la salutò gentilmente appoggiando gli avambracci sul parapetto, nella stessa posizione in cui era lei.

- Ciao, Yu! - si voltò raggiante e gli sorrise.

- Vedo che stai meglio - la osservò e poi tornò a guardare la città.

- Sì! Scusami per averti fatto preoccupare! - gli disse con un sospiro - Sai, tempo fa ho ascoltato due persone dire qualcosa di spiacevole che mi ha fatto molto pensare, ma ora so che non c’era alcun problema! - aggiunse piena di entusiasmo, gli occhi che brillavano luminosi.

Yu la guardò stupito e le sorrise.

- Sono contento che tutto si sia risolto, qualunque fosse la tua preoccupazione - annuì, realmente felice che lei fosse più serena.

- Bene, Kitajima! - la voce del regista alle loro spalle li fece sussultare.

- Signor Kuronuma! - Maya si girò di scatto.

- Qualunque avvenimento, per quanto sgradevole, doloroso o triste, per un attore è un’esperienza preziosa! Custodiscilo nel cassetto del tuo cuore! Un giorno ti tornerà utile! - le consigliò.

- Sì! - annuì lei con vigore e Sakurakoji vide il suo sguardo appassionato, le mani strette al petto, la voce sicura e chiara.

Qualunque esperienza è preziosa… come mi disse la signora Tsukikage… Sì, i sentimenti che ho provato in quel momento, si sono espressi tramite le parole di Akoya… Quell’amore ardente che mi scaturiva dal cuore… Akoya vive dentro di me! Il suo sentimento è il mio! Terrò cara quest’esperienza!

- Recita, Kitajima! - aggiunse Kuronuma - Fa’ tesoro di ogni esperienza che vivi! Doneranno alla tua interpretazione un realismo impossibile da ottenere contando solo sull’immaginazione! Ognuna di esse sarà un arricchimento per la tua Dea Scarlatta! -

Maya lo guardò annuendo ancora, piena di speranza, ora era quasi certa di avere la sua Dea Scarlatta, bastava solo trovare la giusta equazione con l’Isshin di Sakurakoji. Si voltò verso il suo partner con espressione determinata e Yu la fissò stupito.

Maya, cosa significa questo sguardo pieno di aspettativa? Immagini già la nostra battaglia sul palco? So che dovrò di nuovo scontrarmi con te, far incontrare il mio Isshin alla tua Akoya che, ne sono certo, vedrò in una versione inedita!



Hijiri provò per la terza volta a chiamare il suo capo ma, come le due volte precedenti, il cellulare suonò a vuoto e lui non rispose. Corrugò la fronte preoccupato, non era mai accaduto prima, ma doveva comunicare con lui in tutti i modi perché era riuscito a rintracciare il giornalista che aveva scritto l’articolo. Era un ometto insignificante, che si guadagnava da vivere montando storie e spesso inventando notizie. Quella sera lo avrebbe incontrato con la scusa di potergli far avere del materiale piccante riguardo un attore molto famoso e lui aveva abboccato.

Lei vorrà partecipare, immagino… perché non risponde?

Sollevò lo sguardo all’ultimo piano del palazzo Daito che aveva di fronte. In tutti gli anni che aveva lavorato per lui non si era mai neanche avvicinato a quel posto, la sua persona non doveva essere in alcun modo associata a lui, ma la sua auto era ancora nel parcheggio sotterraneo e non rispondeva a telefono. Espirò nervosamente e scrisse un messaggio criptico che sperò fosse comunque comprensibile da lui. Distolse lo sguardo e risalì in macchina, raggiungendo i Kid Studio.

Alla fine il signor Masumi aveva ceduto e le aveva mandato le rose. Sorrise mentre parcheggiava l’auto, si sistemò il cappuccio della tuta, sembrava un uomo qualsiasi che facesse jogging, mise le cuffiette e collegò l’auricolare al cellulare.

Ancora mi domando cosa lo fermi dal dirle tutta la verità… però la rappresentazione è vicina… probabilmente la situazione sarebbe ancora più problematica…

Alzò lo sguardo sulle grandi doppie porte degli studio di prova, poi lo riabbassò sul display del cellulare. Ancora nessun segno dal signor Hayami. Aprì la galleria delle immagini e scorse lentamente le foto che aveva tenuto. Un timido sorriso gli illuminò il volto, ma sussultò quando sentì la sua voce cristallina dall’altro lato della strada. Spostò lo sguardo spegnendo il cellulare e la individuò immediatamente: stava attraversando il semaforo e presto ce l’avrebbe avuta davanti. Controllò l’orologio e si rese conto che era ora di pranzo, forse stava andando da qualche parte a comprare da mangiare.

Perché è da sola?

Cercò Sakurakoji ma non lo vide. La seguì con lo sguardo, mentre attraversava il passaggio pedonale e correva sul marciapiede. Era una giornata tiepida, anche lei indossava una felpa e quei pantaloni aderenti che utilizzava sempre nelle prove. Era lì solo in veste di osservatore, come faceva ogni giorno, e i secondi di esitazione per allontanarsi lo costrinsero a fronteggiarla.

Maya tenne lo sguardo sui pedoni che incontrava per evitarli quando incrociò un volto familiare. Si bloccò immediatamente, il respiro rapido, le mani strette al petto, quando si rese conto di chi stava guardando.

Signor Hijiri…

Indossava una tuta da jogging e stava ascoltando della musica. Non aveva avuto il coraggio quella mattina di chiamare l’ufficio della Daito e chiedere alla signorina Mizuki come stesse il signor Hayami, ma ora lui era lì, quell’uomo che le aveva sempre consegnato le rose, forse poteva chiederlo a lui. Lo raggiunse e gli sorrise con un lieve inchino.

- Buongiorno - lo salutò senza pronunciare il suo nome come le aveva chiesto in passato.

- Buongiorno, signorina - ricambiò lui togliendosi le cuffiette - Stavo raggiungendo il parco qui vicino - mentì osservando il suo volto radioso.

- Lei… voglio dire… - balbettò Maya imbarazzata e lui sollevò un sopracciglio perplesso - Se non avesse ancora pranzato… vorrebbe… - teneva lo sguardo basso e solo alla fine lo sollevò coprendosi la bocca con una mano stretta a pugno.

Hijiri la fissò un istante, quello sguardo celava una supplica e solo in quel momento notò gli aloni scuri sotto i suoi occhi, come se non avesse dormito molto.

- Volentieri, se non le reco disturbo - acconsentì lui avvertendo, per la prima volta, il palpito del suo cuore aumentare rapidamente.

- No! No! - Maya si affrettò a scuotere la testa - Le piacciono gli okonomiyaki? - gli domandò immediatamente dopo, facendosi avanti. Lui annuì e lei rise felice.

- Allora venga, andiamo in un posto qui vicino dove hanno la piastra sui tavoli! - e lo afferrò per la felpa grigia, sconcertandolo.

Lo raggiunsero in breve, era davvero nella strada accanto, e una volta preso posto, il cameriere portò le due ciotole con l’impasto principale e le ciotoline con le aggiunte che avevano ordinato. Entrambi mescolarono alcuni ingredienti all’impasto e lo rovesciarono sulla piastra bollente. Hijiri la osservò, era rimasta in silenzio da quando si erano seduti, come se fare quella frittata fosse la cosa più importante del mondo.

Stava per girare l’okonomiyaki quando bloccò le due palette e arrossì. Hijiri sorrise e, con un colpo preciso, girò la sua frittata e Maya lo guardò con occhi spalancati.

- Posso aiutarla? - si offrì gentilmente. Allungò le mani e lei gli passò le palette arrossendo ancora di più. Squisita… è così spontanea che non si vergogna neanche di arrossire davanti a me…

Con un movimento preciso girò la frittata mentre lei lo osservava tenendo gli occhi bassi.

- Grazie… - mormorò senza avere il coraggio di guardarlo in volto, lui ridacchiò e completò il suo okonomiyaki. Maya lo imitò e iniziarono a mangiare.

- Non è venuto, quel giorno sul ponte, sa? - gli disse all’improvviso sempre tenendo gli occhi sul pranzo. Hijiri smise di mangiare e la fissò ma lei rimase con la testa bassa.

- Io… non mi aspettavo realmente che lo facesse - aggiunse subito dopo e anche a quella distanza Hijiri vide distintamente le sue guance arrossarsi.

- Le avevo detto che lui è sempre molto occupato… - constatò mestamente mentre un profondo dispiacere gli chiuse la gola. Gli aveva risposto con un ‘no’ secco, aveva immaginato che non ci sarebbe andato.

- Come sta? - domandò frettolosamente lei, sollevando lo sguardo. Hijiri rimase scioccato dall’espressione del suo volto. Era preoccupata e imbarazzata allo stesso tempo e lui davvero non riuscì a capire cosa stesse pensando. Perché mi sta facendo questa domanda?

- Bene - rispose pacato, sperando fosse la verità dato che non era riuscito a mettersi in contatto con lui. Lei corrugò la fronte e appoggiò le mani in grembo.

- Davvero? - domandò insicura. Magari lui non sa niente… lo metterei solo in difficoltà se gli chiedessi qualcosa…

- Va tutto bene? - gli era sembrato di aver visto delle lacrime luccicare agli angoli degli occhi e il suo istinto lo mise in allarme immediatamente. Lei scattò come se l’avesse punta uno scorpione.

- Sì! Cioè… non lo so… - ammise alla fine sospirando.

- Lo sa che può dirmi tutto ciò che vuole - la incoraggiò lui posando le palette. Era così abbattuta e scoraggiata, sembrava ancora più esile e indifesa.

Maya lo guardò per un attimo, il cuore che batteva per la paura e l’emozione di quella notte appena trascorsa. Da quando la signorina Mizuki l’aveva svegliata, il ricordo di ciò che aveva fatto mentre lui era incosciente aveva occupato tutti i suoi pensieri. Quella mattina, per riuscire a concentrarsi in sala prove, era stata costretta a fare uno sforzo enorme.

Hijiri la vide lentamente spalancare gli occhi e arrossire. La cosa avvenne in modo così graduale che gli sembrò di averla vista al rallentatore. Chissà a cosa sta pensando…

- Ecco… lei… ha visto l’articolo… - iniziò balbettando e torcendosi le mani in grembo - Io… mi sentivo così in colpa… allora… ieri sera sono andata a scusarmi - balbettò ancora fissando la frittata e Hijiri la guardò con occhi dilatati per la sorpresa. Era così imbarazzata che riusciva a parlare a stento.

È andata alla Daito Art ieri sera…

- Io… ce l’ho fatta! Sono riuscita a scusarmi! - e sollevò lo sguardo pieno di fiducia - Non volevo, signor Hijiri, davvero, io non credevo che delle parole potessero generare un simile danno! - afferrò con forza il bordo del tavolo, era tesa e dispiaciuta e lui si domandò con che sentimenti si fosse presentata davanti a Masumi.

- Poi… siamo usciti e fuori c’erano tre persone - la sua voce si abbassò terribilmente, il tono era pieno di sconforto e Hijiri aggrottò la fronte immaginando ciò che potesse essere accaduto - Hanno detto delle cose e il signor Hayami gli ha chiesto se fossero di una certa casa produttrice… - fece una pausa e si portò un dito fra i denti - Ora non ricordo il nome… mi scusi… - lui la fissò mentre lacrime sottili presero a scendere sulle sue guance. Maya… ecco perché non mi ha risposto!

- Ma loro hanno iniziato a picchiarlo! - singhiozzò mentre parlava concitatamente - E mi teneva contro una macchina… mi ha protetto! Ho gridato… sono scappati... è venuta la guardia e lo ha portato nel suo ufficio, ma lui non ha voluto che chiamassimo i soccorsi! - scoppiò a piangere e Hijiri la fissò gelido, il cuore stretto in una morsa angosciante.

L’ha fatto per me! Solo per me! Perché non venissi coinvolta dato che lo spettacolo è così vicino! Oh santo cielo! Che cosa ho fatto! Cosa ho fatto?! Come ho potuto pensare che le sue rose fossero un ricatto?

- Poi è arrivata la signorina Mizuki… ha chiamato un taxi per me e mi ha mandata a casa… Vorrei tanto sapere come sta ma… - si asciugò le lacrime ed esitò - Ma… non ho avuto il coraggio… Sembra che io possa procurargli solo guai… -

- Non deve pensare questo, signorina - riuscì a dirle Hijiri che era rimasto immobile ad ascoltare quel racconto così pieno di tristezza e angoscia - Lui crede veramente nel suo talento, i suoi sentimenti sono sinceri - aggiunse, come se le avesse letto nel pensiero.

- Lo crede davvero, signor Hijiri? - sussurrò in un soffio, gli occhi pieni di speranza, le labbra e le dita che tremavano leggermente.

- Sì - le sorrise dolcemente - Sono un testimone piuttosto attendibile - e Maya pensò all’istante alle rose scarlatte. In fondo è lui che me le ha sempre portate...

- Lei quindi non sapeva niente? - sussurrò, imbarazzata, spostando con la paletta la tazza del tè verde bollente.

- No, mi dispiace, ma se vuole posso provare a chiamarlo - si offrì, qualsiasi cosa pur di farla smettere di piangere.

- Davvero lo farebbe? - la sua espressione cambiò completamente, i suoi occhi divennero luminosi come stelle e la tristezza venne spazzata via in un istante. Hijiri infilò la mano nella felpa e prese il cellulare. Toccò l’icona sul display e il numero si compose in automatico mentre lei lo guardava piena di speranza. Una parte di me vorrebbe che tutto rimanesse com’era, ma un’altra gioisce di quello che sto vedendo ora… non mi ero sbagliato, non mi ero affatto sbagliato… È... innamorata… di lui…

- Per favore non gli dica che io… - bisbigliò Maya arrossendo e facendolo ridere. Le strizzò un occhio e sentì dall’altra parte la comunicazione che si apriva. Finalmente...

- Sono Hijiri - e lei trattenne il fiato sollevandosi un po’ dalla panca.

- Sei agli studi? -

- Sì - rispose, anche se Maya non avrebbe saputo dire a cosa era riferita la risposta.

- Lei dov’è? Sta bene? -

- Sì - rispose di nuovo e Maya continuò a fissarlo in attesa - Lei, signore, tutto bene? - indagò cercando di mantenere il tono più neutro possibile. Dall’altra parte ci fu un breve silenzio poi una risposta.

- Sì, tutto bene -

- Sono felice di sentirglielo dire - concordò, sorridendo a Maya e facendole capire che era quella la risposta che attendeva. Lei tornò a sedere, lentamente, gli occhi spalancati, il cuore che batteva all’impazzata, sollevata e felice come non era mai stata.

- Ha ricevuto il mio messaggio? - ne approfittò, tanto lei non avrebbe potuto immaginare.

- Sì, facciamo nel solito modo - e chiuse la comunicazione.

Hijiri scostò il telefono dall’orecchio e lo fissò per un istante con un lieve sorriso.

- Chiude sempre così le telefonate? - la voce, acre e sibilante, venne da Maya e quando si girò la trovò completamente diversa.

È questo, dunque, che il signor Masumi vede sempre in lei? Sembra archiviare le cose una volta che le risolve… e passa subito all’emozione successiva… e questa che vedo è sicuramente una difesa… è preoccupata ma non vuole che io lo sappia…

- A volte, sì - ammise lui sospirando, rimettendo il cellulare nella tasca.

- È veramente arrogante! - e incrociò le braccia al petto appoggiandosi alla spalliera. Hijiri sorrise mentre lei fissava con sguardo fiammeggiante l’okonomiyaki come se fosse il suo peggior nemico.

- Ha molto da fare - lo giustificò lui con un’alzata di spalle.

- Come può lavorare per lui? La ricatta, forse? - gli chiese con lo stesso cipiglio irritato. Lui scoppiò a ridere, poi divenne serio di colpo e la guardò.

- No - rispose, attirando completamente la sua attenzione - Gli devo tutto, per questo lavoro per lui - poi si alzò.

Signor Hijiri… gli deve tutto? Cosa vorrà dire?

- È stato davvero un piacere poter pranzare con lei - e fece un lieve inchino mentre anche Maya si alzava - Si riguardi, mi raccomando - aggiunse poi dolcemente, inoltrandosi nel marciapiede affollato.

Maya lo guardò sparire nella folla e si pentì di aver parlato.

Ho detto qualcosa di sbagliato? Non riesco mai a fare la cosa giusta… però… sembra che il signor Hayami stia bene! Io… non ho neanche un graffio… né un livido… mi sono solo spaventata… e poi… come ho potuto cedere così alle mie emozioni? Ma avevo così paura! E lui mi ha protetto fino alla fine!

Si coprì il volto con le mani per nascondere quel rossore diffuso che sentiva divampare, sentendo ancora il tocco con le sue labbra.

Sposerà davvero quella donna bellissima? Se così fosse, non potrò che congratularmi con lui! Chissà se continuerà ad apprezzare il mio talento e se… se mi manderà le sue rose…?



Hijiri chiuse lentamente la porta. A chiave.

L’uomo, ignaro del brutto quarto d’ora a cui sarebbe andato incontro, fumava una sigaretta, seduto scompostamente su una vecchia poltrona lacera. Muoveva languidamente gli occhi sui vecchi poster di donne nude appesi alle pareti finché li fermò sul giovane, in un perfetto abito da giorno, che gli si parò davanti.

- È venuto davvero… - gracchiò il giornalista senza alzarsi e squadrando il giovane alto e di bell’aspetto.

- Vogliamo iniziare? - lo interrogò con tono gelido Hijiri facendo un altro passo avanti e prendendo il cellulare in mano. Aveva utilizzato quella stanza squallida un’altra volta, in passato, e per un motivo molto simile a quello che l’aveva portato lì adesso. Con un’unica differenza: Maya Kitajima.

Non avresti dovuto… amico…

Il giornalista lo fissò in silenzio, forse voleva fargli vedere le fotografie di cui aveva parlato. Gettò la sigaretta sul pavimento sporco e si soffiò il naso in modo poco elegante. Hijiri lo ignorò e compose il numero del suo capo, appoggiò lentamente il telefono sul tavolo e si sistemò la giacca.

Masumi, comodamente seduto sulla poltrona nello studio buio e silenzioso, rispose alla chiamata portandosi il telefono all’orecchio. Ignorò la fitta che gli attraversò il collo, prima di dormire avrebbe preso un’altra di quelle pasticche che gli aveva lasciato il medico. Era riuscito a nascondere ogni cosa a suo padre, sebbene non fosse sicuro che i suoi collaboratori non gli avessero riportato ciò che era avvenuto fuori dalla Daito. La voce pacata e fredda di Hijiri, quella che preannunciava ciò che avrebbe fatto a breve, lo distolse dai suoi pensieri.

- Mi servono alcune informazioni - esordì l’uomo ombra, e udì anche un rumore sinistro.

- Ehi! Ma cosa…? - la voce gracchiante e meravigliata era sicuramente del giornalista e venne accompagnata dallo sfregare di una sedia sul pavimento. Masumi piegò la bocca in un sorriso malevolo e attese con pazienza.

- Sai cos’è, vero? - ancora la voce di Hijiri, glaciale e fredda come uno strale. Gli giunsero rumori di colluttazione finché tutto si placò.

- Possiamo proseguire, ora? - la voce del suo collaboratore mantenne quel tono basso e minaccioso e non sembrava affatto affaticato. Ci fu solo un borbottio indistinto e Masumi sorrise di nuovo.

- L’articolo che hai scritto, dove hai preso le informazioni? -

- La ragazza, quell’attrice, è stata lei! - si difese il giornalista con veemenza. Masumi trattenne il fiato e sentì un inquietante suono, poi un grido.

- Stai mentendo - proferì calmo Hijiri - Ricominciamo -

- Ok! Ok! - sibilò il giornalista - Era fuori dagli studi Kid, ho sentito solo qualche frase, lei parlava con un’amica - confessò l’uomo tossendo.

- Chi ti ha commissionato il lavoro? - domandò Hijiri dopo qualche secondo e Masumi udì di nuovo quel rumore sinistro.

- Nessuno… - tentò il giornalista, ma il suo collaboratore doveva aver fatto qualcosa perché l’uomo spaventato cambiò subito regime.

- No, aspetti! - ansimò - Ho ricevuto solo dei soldi da qualcuno che somigliava a lei… -

- A me? - indagò Hijiri e Masumi sentì il sangue gelarsi nelle vene. Mio padre…

- Sì, mi ha detto di scrivere un articolo che screditasse Maya Kitajima con qualcosa di torbido riguardo la sua vita personale e quelle frasi mi sono parse perfette… Ma lei chi è? -

- Questo non ha alcuna importanza - lo redarguì Hijiri - Dove vi siete incontrati? - indagò ancora. Masumi comprese che qualcosa doveva aver insospettito Karato perché per lui era evidente che fosse suo padre il mandante.

- In un vecchio magazzino teatrale dove ci sono gli studi di prova della Compagnia Ondine… - confessò con voce debole il giornalista.

Masumi si alzò in piedi lentamente ignorando il dolore acuto alla schiena. Onodera…!

Silenzio.

- Bene, abbiamo finito - lo liquidò il suo uomo ombra. Ci fu un trambusto, poi una porta che si apriva e si chiudeva. Hijiri riprese il telefono dalla scrivania e se lo accostò all’orecchio.

- È soddisfatto, signor Masumi? - il collaboratore si sistemò la giacca. Se il responsabile era davvero Onodera, erano stati dei dilettanti a gestire la situazione...

- Sì -

Hijiri chiuse la telefonata e tornò al suo appartamento. Non era il primo giornalista che minacciava e non sarebbe stato l’ultimo. L’unico dubbio che aveva mentre lasciava quell’edificio fatiscente riguardava proprio quell’uomo, facile alla corruzione. Spero che non gli venga qualche idea malsana in mente...


 

   
 
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