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Autore: Papillon_    26/03/2015    3 recensioni
Blaine è un ragazzo con gli occhiali troppo grandi che arriva a malapena a fine mese con lo stipendio di un lavoro part-time - non lo fa apposta, ma non crede in nulla di particolare, se non in se stesso.
Almeno fino al giorno in cui un vero e proprio supereroe inciampa nella sua vita e comincia stranamente a tenerlo d'occhio - e Blaine imparerà che è proprio nei momenti in cui non ci si aspetta niente che tutto può cambiare.
[Au Klaine - Superhero!Kurt]
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questa cosa nasce da un sogno che ho fatto.
E dalle ragazze della Sevensome che mi hanno detto, testuali parole: “Che cosa stai facendo ancora lì? Scrivi.”
Quindi, uhm. La colpa non è completamente mia.

 

 

Save me

(like I saved you)

 

Blaine aveva sempre pensato che al mondo ognuno di noi trovava il modo di essere speciale.

Certo, c'erano i funzionari politici, quelle persone che con poche parole smuovono il mondo; o ancora gli attori, che con un semplice sguardo sapevano emozionare un pubblico immenso. C'erano anche le persone comuni, però – e quelle, anche se a volte non sembrava, spesso erano chi c'era di più speciale.

Blaine non si era mai sentito diverso, non si era mai sentito un passo sopra gli altri. Non aveva mai salvato qualcuno o né possedeva un talento che lo differenziasse dal resto del mondo. Era una persona comune. Un ragazzo pieno di sogni e con il cuore grande, che cercava grazie al lavoretto al giornale vicino alla propria università di arrivare a fine mese. Blaine era un ragazzo con gli occhiali da vista enormi e i ricci scompigliati che gli ricadevano in modo disordinato sulla fronte – indomabili, proprio come ogni tanto gli diceva sua madre al telefono.

Blaine era piccolo, una minuscola botte di sogni impossibili da realizzare ed energia mischiata a quella tenacia che fa fare cose stupide. Blaine era questo e molto altro – era il ragazzo che aveva lasciato la propria famiglia, gli Anderson, per cavarsela da solo e cercare una vita in cui non avrebbe avuto il costante bisogno di ricordare il nome di suo padre per essere qualcuno. Blaine era anche un fratello minore – di Cooper, un attore di poco conto che cercava di sfondare sul grande schermo.

Blaine era semplicemente Blaine, e in qualche modo gli andava bene così, perché non credeva che in quel mondo piccolo e bigotto potessero succedere grandi cose.

Almeno fino al giorno in cui cambiò tutto.

 

***

 

Sebastian rilesse distrattamente le ultime righe della bozza dell'articolo, gli occhiali fini lasciati alla radice del naso e i capelli elegantemente acconciati in un'onda alta. Blaine gli era seduto di fronte, mentre si tormentava le mani sopra le ginocchia e mordicchiava in continuazione il labbro inferiore, il caffè davanti a lui che ormai era diventato freddo e imbevibile.

Sebastian sbuffò appena. “Beh, funziona, Anderson.”, disse con tono di sufficienza, senza nemmeno guardarlo negli occhi. “Però sono convinto che potresti fare di meglio.”

Blaine avrebbe tanto voluto dirgli che i suoi pezzi avrebbero sicuramente funzionato di più se Sebastian come argomento non gli avesse dato la comparazione tra la crisi del '29 e quella attuale, con un particolare riguardo al problema dei mutui che dovevano affrontare le famiglie e le piccole imprese. Quando Blaine aveva accettato il lavoro di giornalista nella rivista locale in cui Sebastian Smythe era il capo indiscusso, non si sarebbe mai aspettato di capitare nella sezione dedicata all'economia. Ma scrivere era tutto ciò che Blaine era sempre stato in grado di fare – era capace di analizzare gli avvenimenti e dare loro un taglio critico se gli veniva richiesto, ma economia – dio, era decisamente una delle materie più noiose al mondo. Comunque, in mancanza di altro, Blaine era stato disposto a dire di sì anche in quel caso – tutto, pur di ottenere un lavoro. Arrotondava di tanto in tanto con delle foto che scattava qua e là – ma quella era la sua passione, non il suo lavoro. E, come diceva sempre suo padre, Le passioni nutrono l'anima, Blaine, ma non ti pagano di certo il cibo che ti riempie la pancia, o l'affitto della casa.

“...beh.”, borbottò Blaine deglutendo, sistemandosi il papillon che aveva legato attorno al collo perché per un attimo si era sentito soffocare, “Potrei ancora integrare con delle informazioni che ho trovato su un sito.”

“Perchè non lo hai fatto subito?”, sbottò Sebastian, estraendo dalla tasca un pacchetto di sigarette. Blaine odiava il fatto che fosse primavera e fosse preferibile sedersi all'esterno, perché quello lasciava a Sebastian la totale libertà di fumare ogni volta che voleva. “Ti do un giorno per riscrivere l'articolo. Mettici più animo, Anderson, e che cavolo- ricordami perché ti ho assunto.”

Blaine si chiedeva spesso perché Sebastian semplicemente non lo avesse sostituito con qualcuno di più brillante – o di più carino, perché no – e ogni volta era giunto alla conclusione che molto probabilmente quello che la sua migliore amica Rachel gli ripeteva ogni due per tre, era che molto probabilmente Sebastian aveva sviluppato una sorta di cotta impossibile per lui, ma era troppo orgoglioso e troppo in voga per abbassarsi ai livelli di Blaine e chiedergli di uscire. Così non lo licenziava ma anzi, lo stimolava a migliorare nel suo lavoro, ma al contempo si comportava come una donna mestruata per la maggior parte del tempo.

Non che Blaine non volesse un ragazzo - ma era molto più che consapevole del fatto che Sebastian volesse solo una cosa dai ragazzi con cui usciva. E Blaine – beh, non che gli facesse tanto piacere ammetterlo, ma a vent'anni aveva dato sì e no due baci e aveva l'esperienza amorosa di un cucciolo di pinguino nato da poco. Aveva frequentato un liceo privato di Westerville in cui ogni singolo giorno era circondato da ragazzi bellissimi in divisa, ma è difficile vivere storie d'amore epiche quando la maggior parte di questi ragazzi è etero e l'altra è troppo grande o già impegnata per notarti minimamente. A New York, da quando frequentava l'università, le cose non erano cambiate poi così tanto: certo, due ragazzi abbastanza carini lo avevano notato e gli avevano chiesto di uscire; si erano presi i suoi due primi baci in assoluto, ma nessuno dei due aveva voluto continuare qualsiasi cosa stesse nascendo. Blaine era consapevole del fatto che gran parte della colpa fosse sua: era sempre di corsa, e poteva apparire trasandato con quei vestiti dai mille colori e i capelli disordinati. I ragazzi con lui smettevano di provarci in partenza. Peccato che Blaine in fondo fosse un inguaribile romantico: nonostante ormai quasi nessuno credesse in quelle cose, Blaine sognava ancora un amore impossibile, di quelli nati per scarnificare e scaldare l'anima; sognava ancora un ragazzo che combattesse per lui, che lo proteggesse e che ci fosse in qualsiasi momento.

I sogni rimanevano una meravigliosa utopia, e forse era un po' per quello che Blaine a vent'anni non sapeva nemmeno cosa fosse l'amore.

Comunque, Sebastian stava blaterando qualcosa su quanto volesse ardentemente andare a un ballo che la sua famiglia avrebbe tenuto la settimana successiva, ma non voleva naturalmente presentarsi senza accompagnatore. Disse che alcuni ragazzi con cui si “sentiva” erano impegnati, mentre il suo ex non avrebbe mai accettato per questione di principio. Blane azzardò bere un sorso di quella bevanda che chiamavano convenzionalmente caffè, prima di notare che il suo capo si era fatto incredibilmente nervoso.

“B-Blaine, senti.”, ecco, già partiva male. Sebastian non lo chiamava mai per nome. “Mi stavo chiedendo, sai, se a questo ballo...”

Blaine non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi cosa stava succedendo.

Un momento prima stava parlando con Sebastian, e un secondo dopo delle urla gli riempirono le orecchie e si ritrovò scaraventato sul pavimento, il tavolino di legno con i caffè che caddero a poca distanza da lui. Sbattè forte il fianco sinistro, e il colpo gli fece perdere un po' di fiato. Strinse le palpebre con forza ma si fece coraggio per riaprire gli occhi e cercare di capire cosa stesse succedendo.

“B-Blaine?”, lo chiamò Sebastian, mentre si reggeva la testa con una mano. “S-stai bene?”

Blaine guardò l'altro ragazzo disteso vicino a lui, poi i suoi occhi scivolarono attorno a loro, e notò tutto il caos che si era creato. C'erano molte altre persone cadute a terra, i vetri della bellissima caffetteria che Blaine amava tanto erano ormai disintegrati; le macchine delle strade di New York erano ferme, alcune che erano andate addosso ad altre nel processo.

“S-sì.”, borbottò Blaine in qualche modo, cercando di capire cosa fosse successo. Si mise a sedere, sentendo nelle urla l'eco delle persone che stava scappando da una parte all'altra del marciapiede. Fece per alzarsi, ma un potente capogiro lo costrinse a rimanere seduto. Si rimise apposto gli occhiali che erano scivolati di lato, e solo allora mise a fuoco ciò che poco prima non aveva notato.

C'era qualcosa – qualcuno, molto probabilmente, anche se Blaine non poteva esserne certo, che si muoveva attraverso le macchine. Aveva le stesse dimensioni di un uomo e si muoveva come un uomo, ma il suo aspetto era completamente diverso – la sua pelle era a formata da piccole squame scure, liscia e bagnata, proprio come se fosse appena uscito dall'acqua. Si spostava su due enormi zampe e dietro il suo corpo spiccava una lunga coda – per non parlare del volto. Non era un viso umano. Era la riproduzione di un'enorme lucertola – una lucertola gigante che viaggiava a New York in pieno giorno.

“Che cazzo...”, Blaine sentì dire a Sebastian, mentre quella cosa camminava sempre più velocemente tra le macchine. Blaine capì finalmente che poco prima quel mostro ne aveva lanciata una nella direzione della caffetteria – il che era assurdo, visto che nessuno poteva seriamente lanciare una macchina. Vero?

Blaine tentò di alzarsi di nuovo e questa volta riuscì a raggiungere Sebastian. Lo aiutò ad alzarsi e lasciò che il suo capo si aggrappasse al suo corpo, e poi cominciarono a camminare verso la parte del marciapiede più affollata, un punto in cui altre persone si stavano riparando.

“Ti prego, dimmi che siamo finiti sul set di qualche film d'azione o altro.”, sbottò Sebastian, passandosi una mano tra i capelli. “Non possono essere seri, quella è una cazzo di lucertola gigante.”

Blaine si rese conto per la prima volta che stava tremando.

“N-non lo so, Sebastian.”, ammise con voce flebile.

Quella specie di lucertola gigante continuò a camminare tra le automobili – e Blaine si rese conto con un certo ritardo che molto probabilmente non puntava alla caffetteria, ma alla banca che c'era proprio lì all'angolo. Sperò che non avesse intenzione di fare del male a nessuno – ma proprio quando quel pensiero gli attraversò la mente, vide una bambina scendere cautamente da una macchina proprio a qualche metro da quel mostro. Stava piangendo, molto probabilmente perché sua madre o suo padre in macchina dovevano aver sbattuto la testa e lei era rimasta a piangere da sola. Il cuore di Blaine precipitò quando vide quella- quella cosa avvicinarsi alla piccola bimba.

“No!”, gridò, allontanandosi dagli altri per avvicinarsi alla bambina. “S-stai lontano da lei, non farle del male.”, disse con cautela. La lucertola, o qualsiasi cosa in realtà fosse, lo guardò producendo un ringhio. E fece un'ulteriore passo verso di lei.

“No- è solo una bambina, stronzo!”, gridò, attirando l'attenzione di quel mostro. Blaine si morse le labbra nel momento in cui capì in che disastro si era cacciato. Il mostro naturalmente lasciò perdere la bambina e fece alcuni passi verso di lui, un suono basso e gutturale che gli lasciava la gola.

Inciampò sui suoi stessi passi, indietreggiando – Blaine era anche quello, in effetti. Un ragazzo impacciato. Nel farlo perse gli occhiali, e con essi la possibilità di salvarsi.

Il primo colpo arrivò alla spalla, e fu così forte da togliergli il respiro. Non usò le unghie, fortunatamente, ma la coda, che ebbe la forza di strappargli comunque i vestiti. Piccole lacrime cominciarono a nascere dai suoi occhi – li teneva aperti, ma non vedeva praticamente nulla. Si portò entrambe le mani sulla testa, aspettando di sentire il secondo colpo in qualsiasi altro punto del corpo, ma non arrivò mai.

Blaine ci mise un attimo a mettere a fuoco quello che stava succedendo. C'era – c'era una macchia, adesso, una macchia nera che stava legando con un cordoncino il corpo di quell'enorme lucertola – si muoveva con sinuosità e precisione, e Blaine non potè fare altro che rimanerne incantato. Schivò con abilità qualche colpo di coda di quella cosa, e riuscì con facilità a immobilizzarlo.

Blaine non aveva mai visto niente muoversi con quella velocità – non aveva mai visto nessun essere umano muoversi così, con tale grazia.

La spalla pulsava ancora. Tenne a malapena gli occhi aperti per vedere quella macchia nera che prendeva in braccio la bambina e la consegnava con delicatezza alle autorità – e poi la stessa macchia si fece sempre più vicina, sempre più vicina, fino a che si inginocchiò di fronte a Blaine.

Sentì una mano fresca tra i capelli, e tra i minuscoli puntini colorati che senza occhiali Blaine riusciva a vedere, distinse due distese d'oceano contornate di giallo. Poi sbattè le palpebre, e i suoi occhiali tornarono al loro posto.

La macchia nera in realtà era un ragazzo.

“Eccolo qui, il nostro coraggioso eroe.”, sussurrò, tirandogli via dalla fronte un ricciolo ribelle. “Fai piano, okay? Sei ferito.”

Blaine grugnì qualcosa di indistinto in risposta, e tentò di alzarsi, ma naturalmente ricadde all'indietro.

“Però, quanto sei testardo, dolcezza.”, Blaine sentì che quel ragazzo diceva. Un istante dopo il pavimento sotto di lui perse consistenza, e un paio di braccia forti lo stavano sostenendo saldamente. Sentì la voce melodiosa di quel ragazzo come un'eco, dopo. “Stai tranquillo. Sei al sicuro adesso, nessuno ti farà del male.”

Blaine volle crederci, quando poi chiuse gli occhi e si lasciò trascinare via dal buio.

 

***

 

Attorno a lui c'era un semplice bip continuo e regolare. La spalla pulsava leggermente di dolore e sentiva pizzicare al livello dell'avambraccio sinistro – e sì, Blaine aveva visto abbastanza film da rendersi conto razionalmente che si trovava in una stanza di ospedale. Era debole, ma appena riuscì sbattè le palpebre per trovarsi costretto a ridurle a due semplici fessure, per via della luce fioca che entrava dalla finestra.

Le tempie gli facevano un po' male, ma si era aspettato di peggio. Si rese conto che accanto al letto Sebastian lo stava osservando con un sopracciglio alzato e gli occhi leggermente lucidi – possibile che avesse davvero pianto per quello che era successo?

“E-ehy, Anderson.”, borbottò velocemente, tirando su con il naso. “E' bello che ti sei ripreso.”

Blaine gli concesse un sorriso sbilenco. C'era un vuoto al livello del suo cuore che non riusciva per nulla a spiegarsi: non poteva di certo aspettarsi che al suo risveglio quel ragazzo misterioso fosse rimasto, vero? E allora perché ci era rimasto così male?

“C-ciao, Bas.”, borbottò, cercando di muoversi con cautela per mettersi meglio a sedere. Gemette per il dolore alla spalla, ma era molto meno grave di quanto avesse temuto quando aveva ricevuto il colpo.

“S-so che penserai che sia da pazzi, ma-”, cominciò Sebastian, passandosi una mano tra i capelli. “Quella- quella cosa ti ha ferito a una spalla. Non c'è niente di rotto, era solo superficiale.”

Blaine fece un debole sì con la testa.

“Stanno cercando di capire cosa diavolo fosse.”, spiegò poi, sembrando decisamente a disagio. “N-non riesco a crederci che sia successo davvero.”

Blaine era tremendamente stanco, e aveva solo voglia di chiudere gli occhi e dormire fin quando non sarebbe stato stanco di nuovo.

“Bas?”

“Dimmi.”

“Come- come ci sono arrivato qui?”

Sebastian sembrò irrigidirsi. “Oh, uhm-”, borbottò, “C'era questo- questo tizio vestito di nero. Non l'ho visto in faccia. Ti ha preso con sé e ti ha portato qui, io- io l'ho perso di vista, ma devono avermi trovato grazie al tuo cellulare. Ero tra i contatti preferiti.”

Beh, certo, avrebbe voluto dirgli Blaine, visto che se non gli rispondeva rischiava di essere licenziato. Gli offrì un piccolo sorriso – era titubante se ringraziarlo di essere lì, ma Blaine si sentiva troppo emozionato per aver saputo che quel ragazzo gli aveva praticamente salvato la vita e lo aveva lasciato in ospedale.

Si chiese se l'avrebbe più rivisto.

“Beh io credo che- ti lascerò riposare, sarai stanco.”, borbottò Sebastian, stringendogli la mano distrattamente per poi alzarsi. “Cerca di rimetterti in fretta, ho bisogno del mio economista più bravo.”

Blaine avrebbe tanto voluto borbottargli un Vaffanculo – ma sapeva che quella era la maniera più aggraziata di Sebastian di dirgli che era contento che fosse vivo, e che sperava sarebbe guarito presto.

 

***

 

Tre giorni dopo l'incidente, Blaine fu di nuovo libero di vivere la sua vita. Uscì dall'ospedale con una benda che avrebbe dovuto tenere ancora per qualche giorno.

Una cosa che a Blaine non piaceva dire di sé stesso, era che nel lungo processo delle giornate, in quell'aggrovigliarsi di secondi, minuti ed ore, si sentiva molto – solo.

Certo, aveva Rachel. Una pazza, dolcissima ragazza che gli voleva davvero tanto bene e che lo veniva a trovare spesso, ma lei era a lavorare a Broadway adesso, e non aveva molto tempo da dedicargli – e naturalmente Blaine la capiva. Ogni tanto gli capitava di sentire i suoi vecchi amici di liceo, ma avevano le loro vite ora, lontani da lui e tutte molto impegnate – e quindi Blaine sapeva perfettamente di non poterne fare parte.

Quando dopo il lavoro ogni sera tornava casa in quel piccolo appartamentino buio a quattro isolati dal centro di New York, a volte gli sembrava davvero di soffocare. Non che la solitudine di per sé lo ferisse – no, quello mai, ma a volte desiderava solo tornare in un ambiente dove ci fosse qualcuno ad aspettarlo. Qualcuno che lo avvolgesse con una coperta calda e lo tenesse al sicuro dal mondo.

I suoi genitori erano quasi dimenticati e sempre più lontani, ormai. E ogni notte Blaine si addormentava in quel letto da solo, gli occhi umidi di speranze e il cuore che batteva a metà.

 

***

 

“Voglio offrirti un nuovo lavoro, Blaine.”, esordì un mattino Sebastian, quando Blaine si presentò nel suo studio come ordinatagli con un caffè bollente in mano. Caffè che quasi cadde per terra, quando Sebastian aprì bocca.

“U-un nuovo lavoro?”

Sebastian annuì. “L'ultimo articolo mi è piaciuto parecchio, sai? E non parlavi di economia.”

“N-no.”, si concesse di dire Blaine. L'ultimo articolo che aveva preparato per il Daily Reporter era interamente dedicato alla Macchia, o almeno così Blaine lo aveva ingenuamente chiamato. Sebastian aveva insistito tanto affinchè fosse lui a scrivere il pezzo visto che era presente quando tutto quello era successo – e Blaine non era mai stato più entusiasta. Si era documentato come mai prima di allora, cercando video su youtube e pagando addirittura adolescenti curiosi che quel pomeriggio avevano scattato foto, e aveva usato la propria esperienza per scrivere un pezzo di una pagina intera – spazio che non gli era mai stato concesso prima di quel momento.

“Era così- tuo, credo.”, sorrise Sebastian. “C'era un pezzo di te dentro quell'articolo, Blaine. Il modo in cui ti sei documentato, le foto che hai recuperato...mi è piaciuto molto il modo in cui hai organizzato tutto.”, disse con fermezza Sebastian, appoggiando il mento sulle proprie mani. “Per questo ti sto offrendo di aprire una rubrica interamente dedicata a questa Macchia.”

Il cuore di Blaine sussultò. “Cos- davvero?”

“Perchè no?”, gli chiese Sebastian, aprendo le braccia con fare eloquente. “La gente è attirata dal mistero, Blaine. Questa Macchia potrebbe diventare il nuovo Superman, ci hai pensato?”

Blaine si morse le labbra. “Io credo- sì, sarebbe fantastico.”

“Naturalmente sarà gestita da te in tutto e per tutto.”, gli disse Sebastian, concedendogli un enorme sorriso. “Gli scatterai le foto, cercherai di scoprire il mistero che lo avvolge...ogni settimana ti darò a disposizione una pagina del mio giornale, e tu la riempirai con le notizie che raccoglierai su di lui.”

Blaine non riusciva seriamente a credere che Sebastian gli stesse dando tutta quella fiducia.

“Io solo- g-grazie, Bas.”

Sebastian annuì semplicemente. “Chi lo sa, magari scopriamo che è un criminale.”

Blaine sentì il proprio cuore scivolare nel petto.

“M-mi ha salvato la vita, Bas.”

Il suo capo si limitò ad alzare gli occhi al cielo. “Certo, certo. Hai campo libero, Anderson- vedi di non deludermi.”

Blaine gli strinse una mano e si limitò a sgattaiolare fuori, il cuore che batteva forte nel petto. Non solo finalmente il suo lavoro era appena migliorato, ma adesso poteva seguire quel ragazzo che gli aveva praticamente salvato la vita in modo legale – beh, quasi legale, immaginava.

Non vedeva l'ora di scoprire tutto su di lui.

 

***

 

Nelle settimane successive, Blaine diventò quasi pazzo per scoprire ogni piccola cosa su quel misterioso ragazzo che gli aveva salvato la vita. Divenne una sorta di ossessione: dovunque andasse, Blaine portava con sé la sua macchina fotografica e un pezzetto di carta, con la speranza di rivedere quella tanto famigerata Macchia e dare lei una storia vera, con un inizio e una fine.

Lo vide intervenire molte altre volte, dall'incidente di quel giorno con quella strana lucertola gigante. Interveniva durante furti, piccole rapine sia in casa che in banche famose o supermercati – a volte anche in spacci di droghe e persino incendi.

New York era sempre più affascinata da quel misterioso ragazzo vestito di nero con una maschera sul volto – sì, Blaine aveva finalmente scoperto che in realtà la Macchia non era altro che quello. Un ragazzo con una tuta scura affusolata che non lasciava proprio niente all'immaginazione.

A parte quel piccolo particolare, Blaine diventava ogni giorno più frustrato perché non riusciva più a trovare l'occasione di trovarsi faccia a faccia con quel ragazzo. Arrivava nel luogo in cui stava succedendo qualcosa d'importante in tempo, ma un secondo dopo quel ragazzo scompariva arrampicandosi lungo le pareti dei grattacieli come un gatto elegante e troppo aggraziato per quel mondo.

Alla seconda settimana Blaine aveva sì e no scattato qualche foto, e cominciava seriamente a preoccuparsi per il suo nuovo lavoro.

 

***

 

“Per l'amor del cielo, Blaine.”, borbottò Sebastian. “Queste foto le sa scattare anche una dodicenne.”

“M-mi dispiace, Bas.”, sussurrò Blaine, sistemandosi gli occhiali goffamente. “E' solo- ci ho provato. Non si lascia avvicinare, è davvero- sfuggente.”, disse con calma, calcando la parola sfuggente. Non riusciva a trovare aggettivo più adatto.

“Beh, trova il modo di non fartelo scappare, Blaine.”, gli disse Sebastian, firmando distrattamente alcune carte con una penna costosissima all'apparenza. “Ti pago per qualcosa, giusto?”

“Ti giuro che mi sto impegnando, Bas.”, gli mormorò Blaine. Era vero: Blaine era il primo che voleva avvicinare quel ragazzo per scoprire di più su di lui. Gli aveva salvato la vita, in più quel giorno quando lo aveva preso tra le braccia Blaine aveva sentito qualcosa di magnetico: una sensazione nuova e mai provata che lo spingeva verso quel ragazzo, nonostante era quasi sicuro di non averlo mai incontrato prima. Voleva conoscerlo. Voleva vederlo, parlargli magari, chiedergli perché era così, e magari ringraziarlo per ciò che faceva ogni giorno.

Sebastian lo guardò di sfuggita. “Lo so.”, disse, e sembrava davvero sincero. “Ma non è abbastanza.”

Blaine lasciò l'ufficio di Sebastian con il labbro inferiore incastrato tra i denti e la frustrazione che gli pulsava nelle vene.

 

***

 

Quello stesso pomeriggio, Blaine decise di staccare e bersi un caffè in un posticino che c'era all'angolo che portava allo stradone principale, vicino a Times Square. Non si prendeva mai molto tempo per sé stesso: alla famosa domanda Cosa fai nel tempo libero, a Blaine piaceva scrollare le spalle e dire che faceva fotografie e passeggiava osservando il mondo. Perché era una persona fatta così. Non aveva bisogno di feste rumorose o di grandi viaggi: gli bastava un obbiettivo e l'aria di New York a fargli compagnia, il profumo di caffè nelle narici.

Passeggiò per quarantacinque minuti, e quando notò che il sole si stava facendo basso nel cielo decise di tornare verso casa. Quando svoltò l'angolo della strada in cui si trovava il suo appartamento, si rese conto che lo stabile proprio lì accanto stava andando a fuoco. Corse verso le persone radunate vicino ai furgoni dei pompieri, vedendo alcune ragazze rannicchiate per terra mentre piangevano, bambini che si aggrappavano alle madri e pompieri in movimento. Alzò lo sguardo verso uno degli ultimi piani, notando che era da lì probabilmente che era partito l'incendio. Vicino a lui, una donna sembrava disperata.

“C'è la mia bambina lassù!”, continuava a gridare tra le lacrime. Nessuno sembrava prestarle attenzione, tutti troppo concentrati a salvare gli altri o dare conforto a chi era riuscito a salvarsi. “V-vi prego, fate qualcosa, è così piccola-”

Blaine si morse le labbra e osservò lo stabile davanti a sé. Molto probabilmente era strutturato esattamente come il suo, con una scala centrale e le piccole stanze nei corridoi laterali. Se fosse entrato ce l'avrebbe fatta a trovare la bambina.

Continuò a ripetersi quello in testa, quando corse verso l'entrata di quell'edificio. Udì delle urla dietro di sé ma non osò fermarsi, il pensiero di quella bambina che gli annebbiava la mente.

C'era tremendamente caldo e l'entrata era inondata di fumo. Blaine si portò una mano sulla bocca per coprire questa e il naso in parte, ma tossì qualche volta comunque, completamente destabilizzato da quella nuova aria pesante. Percorse le scale con cautela cercando di ascoltare attentamente ogni minimo rumore: più saliva più la temperatura aumentava ed era difficile respirare, ma qualcosa gridava a Blaine che la bambina doveva essere lassù.

Proprio quando Blaine intravide le fiamme, udì anche il pianto disperato di quella piccola bambina. Si precipitò in uno dei corridoi, continuando a coprirsi la bocca come poteva e tossendo di tanto in tanto. Doveva fare in fretta, perché non sapeva quanto lui e quella bimba potessero resistere.

La trovò al di là di una coltre di fumo, e non appena la riconobbe urlò per attirare la sua attenzione.

“Ehy, piccola!”, gridò, allungando una mano verso di lei. “Avanti, puoi farcela, dammi la mano.”, disse dolcemente. La bambina spalancò gli occhi e gli corse in contro, gettandosi tra le sue braccia. “V-va tutto bene.”, gli promise Blaine, accarezzandogli la testa piena di boccoli biondi. “Ti porto al sicuro, va bene? Ti porto dalla tua mamma.”, gli disse lentamente, come se la stesse cullando. Continuò a ripeterle parole di conforto mentre la prendeva in braccio e ripercorreva gli stessi passi per tornare fuori.

Le fiamme erano aumentate, ora, e Blaine faticava a capire dove si trovasse. Camminò alla cieca con la bambina aggrovigliata vicino al suo petto, la testolina incastrata nella spalla mentre singhiozzava ormai senza fiato. Dio, doveva farcela. Quella bambina era così piccola, doveva per lo meno salvare lei, almeno lei-

Urlarono entrambi quando alcune travi sopra di loro cedettero. Blaine scivolò di lato e cadde sulle scale, ritrovandosi a contatto con il legno bruciato. Tossì un paio di volte e chiamò la bambina accanto a sé, che allungò le dita e le posò su quelle di Blaine.

“T-ti tirerò fuori di qui.”, sussurrò Blaine, cercando di rimettersi in piedi. “T-te lo giuro, piccola.”

Blaine non si era aspettato che potessero cedere anche le scale, ma di fatto fu quello che successe. Un momento prima quella bambina gli stava tenendo le dita, un momento dopo il pavimento sotto Blaine si incrinò e si ritrovò a cercare di aggrapparsi a qualsiasi cosa trovasse per non cadere nel vuoto.

Urlò, naturalmente. Più e più volte. Urlarono insieme, la bimba che si sporse al massimo per cercare di recuperare la sua mano. Blaine guardò in alto e le offrì un piccolo sorriso di conforto, mentre una lacrima gli solcava una guancia. Non avrebbe mai davvero creduto che potesse andarsene così. C'erano ancora così tante cose che doveva fare. Non mai dedicato una canzone a qualcuno, non si era mai innamorato, non era mai stato sull'Empire State Building-

Fu con quell'ultimo pensiero che si lasciò andare, stringendo forte le palpebre. Sperò che l'impatto fosse forte, così forse non avrebbe sofferto troppo – ma non ci fu nessun impatto, alla fine.

Atterrò su qualcosa di morbido, e poi si sentì avvolgere da due braccia calde e rassicuranti e vagamente familiari.

Aprì gli occhi per riconoscere quel ragazzo, la Macchia, gli stessi occhi azzurri oceano contornati da una bellissima maschera nera che impediva a Blaine di vederlo interamente. Gli offrì un sorriso enigmatico.

“Ciao, dolcezza.”, gli disse lentamente, guardandolo negli occhi. “Sei incline a metterti nei guai, vedo.”

Blaine si aggrappò più saldamente al suo corpo, rendendosi conto che il profumo di quel ragazzo gli ricordava i prati di primavera, la vaniglia e qualcosa di fresco e selvatico al contempo.

“C-c'è quella bambina-”, rantolò Blaine, per poi tossire forte, “T-ti prego, salva quella bambina-”

“Shhh, dolcezza. Non parlare.”, gli disse lui in tono roco. Si stavano muovendo, notò Blaine, ma non riusciva a capire né dove se stessero camminando o semplicemente scivolando sulle pareti, né dove fossero diretti. “Andrà bene, lo prometto.”

Blaine non era una persona che tendeva a fidarsi con facilità degli sconosciuti, ma per qualche strana ragione fu quello che fece nel momento in cui chiuse gli occhi e si lasciò trascinare da quel ragazzo ovunque volesse.

Perse gli occhiali, a un certo punto. Non se ne accorse dal vero e proprio atto del perderli, ma semplicemente perché da un certo punto in poi quando apriva gli occhi vedeva solo piccole macchie. Vide quando Kurt raccolse tra le braccia la bambina e la portò velocemente al piano di sotto, e lo rivide più tardi, quando tornò al terzo piano per recuperare Blaine.

Vide altre mille minuscole macchie quando tornarono all'esterno, e la madre di quella bambina si precipitò verso di loro per prenderla tra le braccia. Immediatamente dopo, un tremendo capogiro costrinse Blaine a piegarsi in due. Era pronto a sentire la consistenza compatta del pavimento sotto il proprio corpo, ma di nuovo le braccia di quel ragazzo furono attorno a lui, il suo profumo che lo avvolgeva tutto.

“Ti tengo.”, gli disse vicino al viso, sollevandolo con facilità. “Non ti lascio cadere.”

Blaine incastrò il volto nell'incavo della spalla di quel ragazzo e chiuse gli occhi per l'ennesima volta, lasciandosi trascinare lontano, ovunque lui volesse.

 

***

 

C'erano i rumori della città attorno a lui, una brezza piacevole e, se si concentrava un po' di più i vocii di alcune persone che passeggiavano. Blaine aprì gli occhi molto lentamente questa volta, ormai consapevole di dover muoversi piano – era imbarazzante che continuasse a svenire in quel modo. I polmoni protestarono facendolo tossire un po', ora che finalmente erano a contatta con l'aria più limpida della città.

“Fai piano, dolcezza.”, disse una voce accanto a lui. Blaine sentì una mano calda tra i capelli, e solo dopo ruotò delicatamente il capo per trovarsi di fronte a quel ragazzo. I suoi occhi blu oceano erano quasi scomparsi – al loro posto una sottile linea argentea contornava l'enorme pupilla dilatata per via della notte. Blaine deglutì, cercando di concentrarsi su quello che avrebbe dovuto dire.

“M-mi hai salvato.”, constatò semplicemente Blaine, probabilmente rendendosi ridicolo a livelli colossali. “P-per la seconda volta.”

Le labbra di quel ragazzo si curvarono in un sorriso docile e divertito. “Sono bravo a salvarti, a quanto pare.”, sussurrò, accentuando le carezze tra i suoi ricci. “Potrei diventare il tuo angelo custode. Se tu ne hai voglia, ovvio.”

Blaine a quel punto si fece forza sulle braccia per alzarsi, sentendo ogni fibra del suo corpo bruciare per il dolore e gli sforzi di prima – si ritrovò a tossire forte, i polmoni che pulsavano di dolore per tutto il fumo che aveva respirato.

“Ehy, ehy – piano.”, gli disse dolcemente il ragazzo, passandogli con delicatezza le dita sulla schiena. “Sei decisamente carino quando cerchi di fare l'eroe, dolcezza, ma stai ancora male. Hai respirato un sacco di fumo.”

Blaine finalmente poteva vedere dove si trovava, e per poco non urlò. Erano in cima ad un grattacielo – all'ultimo piano, rannicchiato su un cornicione in modo che quel ragazzo vestito nero sporgesse dalla parte in cui cominciava il vuoto, mentre Blaine si trovava sulla parte interna. Blaine si portò una mano sullo stomaco e cominciò a boccheggiare.

“Ehy, dolcezza-”, lo chiamò lui con calma, “Non ti piacciono le altezze?”

“N-no, è solo-”, Blaine chiuse forte gli occhi, cercando di concentrarsi sulla consistenza del proprio corpo. Non era mai stato un amante delle grandi altezze. “S-siamo tanto in alto.”

Quel ragazzo ridacchiò.

“C-come abbiamo fatto ad arrivare qui?”

Un brillio di pura eccitazione attraversò gli occhi scuri della Macchia. “Uhm- ho i miei metodi.”, sussurrò, scrollando le spalle. Si passò la lingua sulle labbra e poi cominciò a stiracchiarsi – era incredibile che ogni suo piccolo movimento ricordasse a Blaine le movenze di un gatto. Il modo sinuoso in cui camminava, la facilità con cui prima aveva saltato e si era arrampicato sulle pareti – ma era impossibile.

Blaine si passò una mano tra i capelli, e si rese conto con un certo ritardo che i propri occhiali erano tornati al loro posto d'origine. C'era una piccola crepa sulla parte inferiore della lente destra, ma tutto sommato avrebbero funzionato per un altro paio di giorni. Li sfiorò con le dita.

“Li ho recuperati prima di portarti qui.”, gli spiegò la Macchia, alzando un angolino della bocca in un sorriso sghembo. “Mi ricordavo che li portavi.”

“G-grazie.”, borbottò Blaine, cercando i suoi occhi per un attimo.

“Posso chiederti una cosa, dolcezza?”, domandò quel ragazzo immediatamente dopo. Blaine distolse lo sguardo, perché si sentiva a disagio per il modo in cui la Macchia lo guardava – insistentemente, quasi come se lo volesse studiare. Non riusciva a capire perché continuasse a chiamarlo dolcezza – e nemmeno capiva perché quel nomignolo lo lusingasse così tanto. Probabilmente lo stava solo prendendo in giro, o forse chiamava dolcezza ogni bel ragazzo del quartiere a cui salvava la vita. Però era così – così bello, e Blaine fino a quel momento non si era concesso di pensarlo perché non poteva, non voleva – però effettivamente era bello, in quel modo distaccato e misterioso che lascia nel cuore una voglia irrefrenabile di sapere ogni piccola cosa su qualcuno.

“Perchè mi hai chiamato Macchia?”, sussurrò con voce roca, e Blaine fu costretto a deglutire. Si toccò la punta degli occhiali con le dita, e cercò appena i suoi occhi quando rispose.

“L-la prima volta che ti ho visto, io- uhm-”, borbottò, il cuore che batteva come mille cuori, “Non avevo gli occhiali. Tu ti muovevi così velocemente e io- io vedevo solo questa macchia, capisci?”

L'altro ragazzo si limitò a sorridergli dolcemente.

“S-se non ti piace posso- posso cambiare.”, offrì Blaine, passandosi nervosamente la mano tra i capelli. “Non è per nulla originale, e posso- posso capire se ti dà fastidio-”

“Ehy, dolcezza, shhh.”, soffiò la Macchia, allungando due dita sotto il mento di Blaine. “In realtà mi piace. È originale. E poi mi piace il fatto che in qualche modo sia legato a te.”

Blaine respirò a fondo. Le dita di quel ragazzo mandavano piccole scosse elettriche in tutto il suo corpo, facendolo rabbrividire impercettibilmente.

“C-cosa ti è successo?”, domandò di getto Blaine, senza alcuna inibizione. Si morse la lingua immediatamente dopo perché no, non poteva perdere quel ragazzo solo perché era stupido e troppo curioso – ma lui non gli sembrò arrabbiato. Si avvicinò con cautela a Blaine, e questo trattenne bruscamente il respiro quando vide che l'altro aveva fermato il proprio viso a pochi centimetri dal suo.

“Sei troppo innocente per far parte del casino che è la mia vita, dolcezza.”, gli sussurrò con lentezza, infilando le dita tra i suoi ricci per spostarne uno dietro il suo orecchio. Blaine si mordicchiò il labbro inferiore.

“N-ne faccio già un po' parte, però.”, disse ingenuamente, scaturendo un puro brillio negli occhi dell'altro.

“Per questo devo proteggerti dal resto.”, mormorò l'altro, con quel sorrisetto furbo e protettivo al contempo che faceva perdere a Blaine mille battiti di cuore. Fu costretto a distogliere lo sguardo per non fargli vedere che con molta probabilità era diventato rosso fino all'inverosimile – e per qualche inspiegabile ragione il suo corpo lo tradì di nuovo, la testa che vorticava lasciandolo senza fiato. Le braccia della Macchia lo avvolsero dolcemente subito, la testa di Blaine che poggiava ora sulla sua spalla.

“Ti porto a casa.”, gli disse piano, stringendolo più forte a sé. “Hai bisogno di riposare.”

Blaine tentò di protestare. “F-fammi camminare.”, borbottò, cercando di scivolare via dalla sua presa. “N-non sono un bambino, né un invalido-”

“Non ho mai detto che tu sia un bambino.”, mormorò la Macchia guardandolo intensamente, e per qualche strana ragione Blaine si trovò a rabbrividire sotto quello sguardo. “Ma non credo tu sia in grado camminare, dolcezza.”

Il semplice suono di quella parola fu ciò che lo cullò nel viaggio fino a casa.

 

***

 

Più tardi, quando quella notte Blaine si alzò per andare a bere, il suo cuore perse diversi battiti quando si rese conto che sul tavolino vicino alla finestra del salotto c'era un biglietto – e un cellulare che non aveva mai visto. Passò delicatamente le dita su quella scrittura raffinata, e naturalmente gli scappò un sorriso.

 

Sul telefono troverai alcune fotografie dell'incidente di questa sera – so quanto sia difficile farle. Non fare domande, ho i miei agganci.

P.S. Cerca di non cacciarti nei guai, dolcezza, o potrei prenderci gusto ad essere il tuo angelo custode.

P.P.S. ...so che dovrei starti alla larga, ma per qualche ragione non ci riesco.

 

Blaine strinse forte le palpebre e si portò il biglietto sul petto, il cuore che batteva all'impazzata.

Si poteva provare qualcosa di così forte per una persona di cui Blaine non aveva visto nemmeno il volto?

 

***

 

“Beh, questo è decisamente ciò che volevo, Blaine.”, si congratulò Sebastian, osservando le foto che Blaine aveva fatto sviluppare dal cellulare che la Macchia in persona gli aveva consegnato. Sorrise appena, ripensando al biglietto che gli aveva scritto qualche sera prima.

“A questo punto direi che puoi finalmente pubblicare il famigerato articolo.”, gli disse poi, riconsegnandoli tutte le foto i bozzetti degli articoli che Blaine aveva preparato. Fece per alzarsi, ma Sebastian lo bloccò chiamandolo.

“M-mi dispiace che tu abbia quasi rischiato di soffocare per ottenere queste foto.”, mormorò, sembrando davvero molto dispiaciuto. Blaine scrollò le spalle.

“Te l'ho detto, Bas. C'era quella bambina...”

“Ti ammiro.”, gli disse lui di getto, facendo aggrottare a Blaine le sopracciglia. Ci fu un pesante silenzio, poi Sebastian continuò a parlare. “E non solo come collega, Blaine, ma anche come- persona.”, disse piano. Blaine si limitò a sorridergli di rimando.

“Vorrei potermi sdebitare con te e invitarti a cena, Blaine.”, disse di getto Sebastian a un certo punto, lasciando Blaine senza parole. Rachel aveva avuto ragione per tutto quel tempo, dunque? Sebastian si comportava di merda con lui semplicemente perché in fondo Blaine gli...piaceva?

Blaine non ebbe idea del perché, ma l'immagine nitida e chiara della Macchia comparve nella sua testa e si sentì così sbagliato ad essere lì, così sporco – e sapeva che era stupido avere una cotta per una persona che nemmeno conosceva, ma era lui il suo primo pensiero il mattino, o l'ultimo che lo cullava durante la notte. Non aveva mai pensato che lui e Sebastian avrebbero potuto funzionare – tuttavia, Blaine doveva tenere conto che era il suo capo, e non poteva nemmeno permettersi di essere troppo brusco.

“P-posso pensarci?”, riuscì a dire infine, stringendo la busta con le foto con più decisione.

“Tutto il tempo che vuoi, Blaine.”, disse Sebastian docilmente. Che cosa ne aveva fatto del ragazzo cinico ed egoista che aveva il mondo in pugno?

Quando quel pomeriggio Blaine chiamò Rachel per dirle di Sebastian, lei gli diede dello stupido un milione di volte per non esserci arrivato prima – e poi di nuovo, lo insultò per non avere accettato subito. Blaine avrebbe tanto voluto dirle della Macchia – ma sapeva perfettamente che Rachel lo avrebbe preso per pazzo, così alla fine non disse nulla, tenendosi tutto dentro.

Quando spense il telefono e si distese sul letto, dopo tanto tempo Blaine aveva voglia di piangere.

 

***

 

Blaine cominciava ad avere la sensazione che la Macchia si impegnasse per farsi trovare da lui – o forse Blaine stava diventando semplicemente molto più bravo a cogliere i suoi movimenti e seguirlo ovunque.

Ormai la sua rubrica interamente dedicata alla Macchia era famosa in tutta New York – la città era letteralmente affascinata da quel ragazzo interamente vestito di nero e misterioso che compariva quando tutto sembrava perduto. Blaine era diventato il suo fotografo ufficiale, e spesso, al telegiornale, veniva intervistato da molte persone che intendevano far luce su quel mistero. Blaine naturalmente non diceva nulla – quel poco che sapeva se lo teneva per sé, anche se doveva ammettere che la verità era che lui e la Macchia non avevano condiviso molto, dopo quella notte sul tetto di quel grattacielo. Nonostante non sapesse quasi niente di lui, Blaine doveva ammettere che gli mancava. Passava notti intere a pensare a lui, al modo in cui lo aveva tenuto stretto quando lo aveva salvato, a quello stupido ma adorabile dolcezza che scivolava fuori dalle sue labbra – e voleva tanto poterlo incontrare di nuovo.

Per questo una sera tarda, all'avviso di Sebastian che c'era un grave incidente ferroviario sulla via per raggiungere il confine est della città, Blaine raccolse macchina fotografica e blocchetto degli appunti e si diresse esattamente verso quel luogo. Prese un taxi e si fece portare fino a qualche isolato di distanza – voleva arrivare nel modo più semplice possibile, in modo da non attirare l'attenzione.

Forse il suo errore fu quello di farsi lasciare giù vicino a un vicolo buio. Forse l'errore più grande di tutti era credere che quella storia non stesse cambiando totalmente ogni piccola cosa nella vita di Blaine. Ma appena cominciò a incamminarsi verso il punto che Sebastian gli aveva indicato nel messaggio, Blaine capì che c'era qualcosa che non andava. Dalle sue spalle provenivano schiamazzi soffocati e voci di uomini che non riusciva a riconoscere. Anni di esperienza al liceo gli avevano insegnato che era meglio non fare niente di brusco o avventato quando qualcuno ti inseguiva, così preferì mantenere la calma e continuò a camminare, facendo finta di scrivere a qualcuno e controllando distrattamente la batteria della macchina fotografica.

Quando alzò lo sguardo per vedere dove si trovasse rispetto all'incidente ferroviario, si rese conto che davanti a sé c'erano tre ragazzi. Blaine si bloccò di colpo, notando che due di loro in mano avevano dei coltelli, mentre quello in mezzo lo osservava con un ghigno malizioso – aveva una benda sull'occhio, e Blaine si chiese chi cavolo andasse in giro con una benda sull'occhio.

Ben presto furono raggiunti da altri due ragazzi, che erano evidentemente quelli che stavano inseguendo Blaine. Deglutì quando si rese conto della loro vicinanza, e non riuscì a controllare il proprio corpo che cominciò a tremare.

“Ma guardate un po', una puttanella tutta sola.”, ringhiò qualcuno. Blaine si morse le labbra talmente forte da farle sanguinare. Provò a scappare di lato, ma ben presto fu bloccato dalle braccia di uno di quei ragazzi, che lo tennero fermo per la vita, mentre una mano era scattata tra i capelli, a stringere così forte i suoi ricci che Blaine temeva si strappassero.

“Non andrai proprio da nessuna parte.”, borbottò quello con la benda, avvicinandoglisi cautamente. Stava fumando una sigaretta che era metà. “Roger, tienilo fermo. Per ora non coprirgli la bocca, voglio sentire quanto urla.”

Blaine sentì gli occhi riempirglisi di lacrime. “P-per favore, non-”, borbottò, cercando gli occhi degli altri ragazzi. “Posso darvi quello che volete, ma non-”

“A me non ne frega un cazzo dei tuoi soldi, frocio.”, ringhiò l'uomo con la benda. Si passò una la lingua sulle labbra e produsse un suono gutturale che fece venire voglia a Blaine di scappare da lì e rannicchiarsi in un letto per smettere di vivere per sempre. “Voglio qualcos'altro.”

“No no no no- ti prego-”, cercò di dire Blaine, muovendo le braccia per liberarsi. “Per favore, per favore-”

Il colpo che arrivò dopo fu forte, dritto sulla guancia sinistra. Blaine sentì la pelle cominciare a bruciare e qualche calda lacrima rotolare giù, fino a cadere sull'asfalto. Dopo il colpo, qualcuno gli sfilò dal collo dal macchina fotografica borbottando che vendendola su e-bay ci avrebbe guadagnato una fortuna.

Blaine non aveva nemmeno la forza di protestare o dire qualcosa. Sentì le dita fredde di quel ragazzo premere sulla mascella, e ben presto si trovò costretto a guardarlo negli occhi.

“Ma guarda-”, sussurrò in un ringhio, “Sta piangendo. Vedremo cosa farai dopo quando avrò finito con te, puttanella.”

Il secondo colpo arrivò al livello delle costole, e questa volta Blaine gemette. Iniziò a piangere più forte, senza suoni: il suo corpo tremava soltanto, in netta conseguenza alla realizzazione di ciò che stava succedendo. Strinse forte gli occhi e si morse forte le labbra.

“Tienilo fermo, Roger.”

“Vedi di fare piano, Shane. L'altra volta abbiamo rischiato di ucciderlo-”

“Chiudi quella cazzo di bocca.”, lo ammonì Shane. “Faccio quello che mi pare e ti pago, quindi stai zitto e basta.”

Blaine si era ripromesso di non fiatare, ma fu quasi impossibile quando il suo corpo venne sbattuto contro un muro. Non riusciva a controllarsi; semplicemente il suo corpo si dimenava e sentiva delle urla riempire lo spaventoso silenzio attorno a lui, ma solo in un secondo momento si rese conto che era proprio lui ad urlare, proprio lui ad impazzire. Arrivarono altri colpi, probabilmente. Quando Blaine sentì le dita callose di quel ragazzo scendere sui suoi jeans il suo sangue si gelò completamente nelle vene. Spegni il cervello, Blaine. Sentì in qualche modo la cintura che veniva aperta, la zip dei pantaloni abbassata. Dio, avrebbe fatto tanto male. Spegni il cervello, Blaine. I suoi pantaloni scivolarono fino a metà gamba. A Blaine sembrava di potersi soffocare con le proprie lacrime. Spegni il cervello. Spegni il cervello. Spegni il cervello, Blaine-

“Non toccarlo.”

Ci furono dei bruschi movimenti nell'aria, poi. Blaine sussultò quando sentì dei colpi sordi e delle urla, e si voltò appena in tempo per vedere la Macchia che graffiava in pieno viso il ragazzo di nome Roger, quello che poco prima stava tenendo fermo Blaine. Le lacrime gli impedivano di vedere tutto nitidamente, e il suo cervello a un certo punto doveva essersi spento davvero, perché non era possibile che la Macchia stesse per uccidere Shane, il ragazzo con la benda-

Sentì chiaramente il rumore di ossa spezzarsi, e – dei soffi, forse, che assomigliavano tremendamente ai suoni che producono i gatti quando devono difendersi. Blaine era praticamente aggrappato al muro di fronte a sé, una nebbia fitta che gli offuscava la mente e le gambe che tremavano.

Quando la Macchia ebbe finito, si voltò bruscamente verso di lui – ma il suo volto era completamente diverso da come Blaine lo ricordava. I suoi canini sporgevano leggermente dalla porzione di labbro superiore, e i suoi occhi – dio, i suoi occhi – erano cambiati completamente, la pupilla al loro interno che si era fatta estremamente sottile, un filo nero in mezzo al blu, che Blaine faticò a cogliere.

Blaine non riusciva nemmeno a guardarlo in faccia – si vergognava così tanto, tutto ciò che era appena successo lo faceva sentire così sporco e sbagliato, così piccolo e inutile – così appoggiò la fronte al muro di fronte a sé e scoppiò a piangere ancora più forte, le nocche che diventarono bianche per quanto forte si stesse aggrappando a quel pezzo di parete.

Scivolò verso il basso, ma si trovò ad essere avvolto per l'ennesima volta da quelle braccia familiari. La Macchia non gli chiese il permesso, lo avvolse e basta, facendo passare le braccia attorno il suo petto e una tra i capelli, mentre glieli trascinava delicatamente all'indietro, insieme agli altri.

“Sei al sicuro.”, gli disse una, dieci, mille volte, lì vicino alla guancia. “Sei al sicuro adesso, sei salvo.”, e Blaine piangeva, piangeva come non credeva nemmeno fosse possibile fare. La luce perlacea della luna gettava un alone chiaro sui loro corpi aggrovigliati – e probabilmente rimasero così per interi minuti, almeno finchè il pianto lacerante di Blaine lo lasciò inerme e senza forze.

Si ritrovò ad essere una bambola nelle mani di quel ragazzo che gli aveva salvato la vita così tante volte. Sentì le sue dita lavorare con i pantaloni e la cintura per sistemarglieli con delicatezza; sentì quelle stesse dita morbide scacciare via con grazia ogni lacrima. Gli spostò i capelli dalla fronte, poi gli pulì con lentezza gli occhiali, prima di sistemarglieli sul naso.

Blaine vedeva ogni cosa attraverso un velo ovattato. Lasciò che la Macchia lo prendesse tre le braccia, e come gli capitava ormai spesso di fare, lì si addormentò.

 

***

 

“Svegliati, dolcezza.”, sentì dire Blaine, la voce che andava e veniva, “Avanti, è solo un brutto sogno. Solo un brutto sogno- svegliati.”

Blaine aprì gli occhi e si alzò bruscamente, il fiato corto e il cuore che batteva forte per via del brutto sogno che aveva appena fatto. Accanto a lui, seduto sul bordo di un letto che non conosceva, la Macchia lo osservava con attenzione e una vena di premura.

“Ehy.”, gli disse dolcemente, raccogliendo le sue dita in una stretta salda. “Sei con me? E' la quarta volta che cerco di svegliarti da un brutto sogno, ma ti riaddormenti sempre.”

Blaine si bagnò le labbra e accennò un piccolo “sì” con la testa. Portò le ginocchia al petto e avvolse il proprio corpo con le braccia, mordendosi forte il labbro inferiore.

“D-dove sono?”, chiese con un filo di voce. Non sembrava nemmeno la sua. Molto probabilmente era ciò che era rimasto da ore di pianto.

“A casa mia.”, gli disse quasi immediatamente la Macchia. Blaine spalancò gli occhi nella sua direzione. “Il tuo appartamento era davvero molto lontano, e volevo- volevo essere certo che rimanessi al sicuro. Mi dispiace se ho sbagliato.”

“N-no, io- ti ringrazio.”, balbettò Blaine, stringendo il proprio corpo più saldamente. “E n-non solo per avermi portato qui. I-io...io credo che sarei morto, stasera, se tu non...”

Blaine non seppe controllarsi quando gli scappò un singhiozzo involontario. Ricordava vagamente le mani di quell'uomo cercare la sua cintura, la punta del pollice che gli aveva sfiorato la pelle nuda del fianco, l'aria di marzo che lo avvolgeva e tutte quelle urla, tutte quelle dannate urla-

“Shhh, ehy, shhh, non-”, provò a confortarlo l'altro ragazzo, avvicinandosi leggermente. “E' finita. Ti prometto che è tutto finito, sei al sicuro adesso.”, gli ripeté per l'ennesima volta la Macchia, avvolgendogli una guancia con una mano. “Ti prego, non piangere.”

Blaine annuì impercettibilmente, cercando di impedirsi di continuare. Le sue spalle praticamente vibravano ad ogni singhiozzo e sentiva le dita delle mani tremare leggermente.

“Dio, non dovevano farti questo.”, ringhiò la Macchia, allungando anche un'altra mano per avvolgere interamente il volto di Blaine. “Non dovevano nemmeno azzardarsi a toccarti, quei bastardi-”

Blaine deglutì. “L-le tue pupille.”, sussurrò, notando per la seconda volta che erano diventate quasi invisibili. Non appena lo disse, l'altro ragazzo si staccò da lui bruscamente.

“Sì, uhm- mi succede quando...quando sto provando qualcosa di- di intenso.”, spiegò, passandosi una mano tra i capelli castani. “Rabbia, odio, desiderio. Amore. Non posso controllarlo. Scusami, non lo faccio apposta.”, disse velocemente, passandosi una mano sulla fronte. Blaine prese un respiro profondo.

“N-non mi fai paura.”, sussurrò dolcemente, asciugandosi goffamente le lacrime. “N-non devi scusarti.”

L'altro ragazzo lo guardò con dolcezza, e piano piano le sue pupille tornarono ad essere normali, allargandosi e riempiendo il blu attorno a loro. Allungò una mano per immergerla nei suoi ricci, e Blaine perse almeno un milione di battiti di cuore.

“Sei sfinito, dolcezza.”, disse piano, studiandolo a fondo. “Dormi ancora un po'. Veglio io su di te.”

In genere, Blaine avrebbe protestato, perché non era una persona che amava approfittare degli altri. Ma per qualche strana ragione ascoltò quel ragazzo e si distese su quel letto, perché francamente non aveva nessuna voglia di tornare nel suo appartamento piccolo e buio a chilometri e chilometri di distanza da lì.

“C-comunque.”, borbottò a un certo punto, subito dopo che la Macchia ebbe finito di sistemargli le coperte, “Ce l'ho un nome, sai?”

Lui ridacchiò. “Che c'è, non ti piace che ti chiami dolcezza?”, gli chiede con un ghignetto malizioso. Blaine sapeva di essere arrossito a livelli indicibili, in quel momento.

“N-no, non è quello. E' solo che, beh- immagino che forse per te...non lo so. Forse mi sbagliavo- ma non è che mi da fastidio che tu mi chiami d-d-dolcezza. D-davvero, ma magari...”

“Come ti chiami?”, gli chiese la Macchia di getto, passandogli di nuovo una mano tra i capelli e prendendolo in contropiede.

“Blaine.”, sussurrò l'altro, passandosi poi la lingua sulle labbra. “Il mio nome è Blaine.”

Le pupille di quel ragazzo si assottigliarono leggermente. “Blaine.”, ripetè, facendo rotolare il nome lentamente sulla propria lingua. “Hai un bel nome, Blaine.”

Blaine annuì appena. La Macchia fece per alzarsi, ma Blaine senza pensarci allungò una mano per avvolgere il suo polso.

“E tu?”, chiese, il cuore che batteva come mille cuori. Il ragazzo ruotò il capo leggermente, sicuramente perplesso da quella domanda.

“S-so che forse non vuoi dirmelo perché...perchè non ti fidi di me, e per via di quello che sei.”, gli disse Blaine. “Ma vorrei che tu sapessi che con me il tuo segreto sarebbe al sicuro, e-”

“Kurt.”, lo interruppe la Macchia, un piccolo sorriso dolce sul volto. “Mi chiamo Kurt.”

Il volto di Blaine si distese in un sorriso. “Oh-”, borbottò, sbattendo più volte le palpebre. “Beh, grazie.”

Non sapeva nemmeno perché lo stesse ringraziando in verità. Forse perché non si aspettava che la Macchia – Kurt, idiota, si chiama Kurt – condividesse con lui una cosa di così intima e speciale. Blaine si rannicchiò meglio sotto le coperte, lasciando andare così la mano di Kurt.

“Ora dormi, dolcezza.”, sussurrò piano lui. “Io sarò proprio qui.”

 

***

 

Quando Blaine si svegliò, la prima cosa che percepì fu una mano calda tra i propri capelli – e il gesto che fece di conseguenza fu chiudere gli occhi e bearsi di quel tocco. Respirò a fondo, cercando di muoversi il meno possibile per non far capire a Kurt che si era svegliato.

Era incredibilmente dolce il modo in cui quel ragazzo si comportava con lui – gli aveva salvato la vita così tante volte ed era così protettivo, così tutto. Avrebbe davvero tanto voluto ringraziarlo con qualcosa di speciale, ma la verità era che Blaine non sapeva proprio niente di quelle cose, e non aveva la minima idea di come comportarsi.

A un certo punto la mano di Kurt scivolò via dai capelli di Blaine, e con la coda dell'occhio il riccio lo vide raggiungere l'unica finestra che c'era in quella piccola stanza. Dava su tutta New York, ed era l'unica fonte di luce: gettava una leggera illuminazione sulle coperte avvolte attorno al corpo di Blaine e a mobili essenziali che si trovavano in quel piccolo ambiente. Kurt indossava ancora il suo – costume, Blaine pensò che lo potesse chiamare così. Pelle nera aderente su tutto il corpo con una maschera che gli contornava il viso. Era – molto più che bellissimo, in un modo che toglieva a Blaine il fiato.

“Lo so che sei sveglio, Blaine.”, sussurrò Kurt, mentre continuava ad osservare la città ai suoi piedi. “Il tuo respiro è cambiato.”

Blaine deglutì. Si mise a sedere con calma, trascinando le coperte che si erano spostate sopra il suo corpo e rabbrividendo appena. Non aveva idea del perché, ma continuava ad avere freddo. Era una sensazione che non lo lasciava andare da quando quel ragazzo-

Strinse forte gli occhi per tentare di non pensarci.

“Posso portarti a casa, se è quello che vuoi.”, disse dolcemente Kurt, ruotando il capo verso di lui. “Se qui ti senti a disagio, o qualsiasi cosa...”

Blaine strinse forte con le dita le lenzuola sotto di sé. Non voleva tornare al suo appartamento. Lì non c'era proprio nessuno pronto ad aspettarlo – senza contare che adesso aveva paura della solitudine. Aveva paura che non appena si fosse ritrovato da solo e avvolto dal buio, quelle mani fredde e callose sarebbero ritornate e- Blaine non voleva pensarci, ma era più forte di lui, ed era quasi soffocante-

“Blaine.”, lo chiamò Kurt allarmato, facendo dei passi veloci verso il letto e sedendosi accanto a lui. “Blaine, coraggio- respira.”

Blaine strinse forte gli occhi e lo fece, semplicemente respirò. Sentì le mani di Kurt appoggiarsi alle proprie guance, e quando riaprì gli occhi trovò quelle due pozze oceano intente a fissarlo.

“E' solo che-”, balbettò Blaine, la voce che era un sussurro roco fatto di singhiozzi, “N-non so se voglio- tornare. A- a volte mi sento così- così solo e-”

“Shhhh, è tutto okay. Va tutto bene, Blaine.”, disse piano Kurt, trascinando via con decisione le sue lacrime. “Non piangere. Lo capisco. Davvero dolcezza- lo capisco.”

Blaine non seppe capire come successe – ma Kurt in qualche modo lo avvolse, poi, permettendogli di appoggiare la testa alla sua spalla, e lì continuò a tremare e piangere un pochino, almeno finchè non ebbe più la forza di farlo. Le braccia di Kurt erano calde e – dio, sembrava proprio che sapesse come stringerlo, che sapesse come tenere insieme i suoi pezzi.

“Sai, Blaine, ti dirò un segreto.”, gli disse dopo un po' Kurt, vicino all'orecchio. “Anch'io a volte mi sento solo.”, ammise, accarezzandogli la schiena con un singolo dito. “Non devi vergognartene.”

Blaine tirò su con il naso. “T-ti giuro che non sono uno che piange sempre.”

Kurt ridacchiò. “Blaine.”, lo ammonì con voce grave. “Chiunque avrebbe avuto un crollo dopo quello che ti è successo stanotte. In realtà io penso-”, Kurt si bloccò solo per scostarsi e poterlo guardare negli occhi. “Penso che tu sia davvero coraggioso, dolcezza. Il modo in cui hai lottato prima, contro quei ragazzi, o quando ti sei precipitato nell'incendio a salvare quella bambina...sei pazzo, certo. Ma tremendamente forte.”

Blaine abbozzò un sorriso, mordendosi poi il labbro inferiore.

“Anche tu lo sei.”, soffiò. Kurt spalancò gli occhi. Era strano, Blaine si immaginava che un sacco di persone glielo dicessero continuamente, ma evidentemente Kurt non aveva mentito prima. Era solo, proprio come Blaine. “T-tutto quello che fai, sai. E' importante. N-non so se te lo dicono spesso. Ma sei- sei davvero coraggioso anche tu.”

Kurt a quel punto si avvicinò cautamente a Blaine, sollevando una mano per toglierli un ciuffetto di capelli neri dalla fronte. “No, non me lo dicono spesso.”, ammise. Blaine commise l'errore di guardargli le labbra, e una prepotente scossa pervase ogni piccolo nervo del suo corpo.

“P-puoi restare qui, se ne hai voglia.”, gli disse Kurt, distogliendo lo sguardo. “Ho dei vestiti nell'armadio che mi vanno un po' larghi e- potrebbero andarti.”, borbottò, passandosi poi una mano tra i capelli castani. “P-puoi restare tutto il tempo che vuoi.”

Blaine sorrise leggermente. “Stai attento, allora.”, soffiò appena. “Potresti non essere in grado di liberarti di me.”

Kurt a quel punto si avvicinò cautamente, facendo scontrare le loro fronti. Dalla sua gola provenne un suono basso e gutturale, un suono che di umano aveva ben poco. Sembrava quasi un miagolio soddisfatto.

“Non tentarmi, dolcezza.”, sussurrò Kurt, passandosi poi la lingua sulle labbra. “E adesso vai a farti una doccia, da bravo. Ti farà sentire meglio.”

Nessuno dei due si mosse, però. Ci fu quel bellissimo gioco di sguardi – labbra occhi labbra occhi labbra occhi – e Blaine a un certo punto pensò che Kurt fosse sul punto di cedere e baciarlo, ma non successe. A un certo punto semplicemente si alzò e gli preparò dei vestiti che recuperò dall'armadio – e Blaine rimase lì a fissarlo per tutto il tempo, le labbra che pizzicavano per il contatto mancato e il desiderio bruciante di colmare quella dannata distanza.

 

***

 

Una volta che Blaine uscì dalla doccia – i pantaloni che Kurt gli aveva prestato arrotolati in qualche modo attorno alle caviglie e le maniche della felpa così lunghe che gli scavalcavano le mani – trovò Kurt rannicchiato vicino al letto, la luce della luna che lo illuminava leggermente e rendeva poca pelle che si vedeva attraverso il vestito perlacea, quasi traslucida. Ridacchiò quando vide Blaine, e lui arrossì pensando che effettivamente quei vestiti lo facevano sembrare ridicolo.

Sgattaiolò sul letto di Kurt – aveva appurato che fosse il suo letto, almeno, visto che l'appartamento era formato da quella semplice stanza e un piccolo corridoio che portava alla cucina e il salotto da una parte e il piccolo bagno dall'altra. Si mordicchiò le labbra distrattamente e disegnò dei cerchi sulla coperta con la punta delle dita.

“Cosa c'è?”, chiese in un soffio Kurt. Blaine percepiva la preoccupazione nella sua voce, ma non alzò lo sguardo.

“Stavo solo pensando.”, borbottò Blaine scrollando le spalle, bloccando le dita improvvisamente.

“A volte vorrei che una delle mia tante abilità fosse leggere nel pensiero.”, ammise Kurt, passandosi la lingua sulle labbra distrattamente. “In questo momento, per esempio. Darei ogni piccola cosa per sapere a cosa stai pensando.”

Fu in quel momento che Blaine alzò lo sguardo e lo immerse in quello di Kurt.

“Non hai risposto alla domanda che ti ho fatto quel giorno.”, disse piano. Kurt aggrottò la fronte.

“Quale domanda?”

Blaine prese un respiro profondo. “Cosa ti hanno fatto, Kurt?”, sussurrò poi, rabbrividendo leggermente. “Perchè- perché sei così?”

Kurt a quel punto sorrise – un sorriso amaro, un sorriso che voleva dire Non l'ho scelto io, è successo e basta.

“N-non devi dirmelo se non vuoi, non sentirti costretto-”

“Non mi sento costretto.”, lo interruppe Kurt, ruotando il capo per poter stirare il collo. Blaine sentì chiaramente il suono di alcune ossa che si spostavano. “Ma sarebbe la prima volta che ne parlo con qualcuno, e non è- non è per niente facile, Blaine.”

Blaine si mosse cautamente fino ad arrivare sul bordo del letto. Kurt gli era di fronte, ormai.

“Puoi prenderti tutto il tempo che vuoi.”, gli disse dolcemente. Kurt lo studiò per qualche istante che sembrò interminabile, poi si mordicchiò le labbra.

“Ero un ragazzino pieno di sogni, Blaine.”, cominciò lui, passando un singolo dito sulla propria gamba distesa, come se sentisse il bisogno di un gesto così semplice per mantenere la calma. “Già dal primo anno di liceo avevo deciso che il mio futuro sarebbe stato New York. Ero bravo a cantare e me la cavavo anche a recitare, e venni preso, sai? Alla NYADA. Ero- così felice, non puoi nemmeno immaginare. Sarei scappato dalla piccola città in cui ero nato, e finalmente avrei potuto essere qualcuno.”, a quel punto Kurt distolse lo sguardo. “Ero all'ultimo anno di liceo, era Aprile. Ad Aprile si fanno le gite, no? Il mio professore di biochimica ci portò qui, a New York, a visitare una sottospecie di laboratorio in cui facevano degli strani esperimenti sugli animali. Durante una pausa io mi- allontanai. Beh, non fu proprio una cosa volontaria: dei bulli continuavano a darmi fastidio, e io per scappare mi chiusi dentro una stanza in cui stavano facendo degli strani progetti sul DNA umano. Uhm- ci fu in incidente, dopo. Non ricordo bene cosa successe, ma dalla foga devo essere inciampato e per sbaglio mi sono tagliato con un materiale infetto e- non lo so. Non me lo sono mai spiegato. Le prime settimane non accadde nulla di rilevante, tornai a casa ed era tutto normale. Poi un giorno-”, Kurt a quel punto si passò una mano tra i capelli. “A scuola m-mi arrabbiai molto con un mio compagno, e improvvisamente i miei occhi...beh, lo hai visto. Mi crebbero anche i canini, e le unghie delle mani. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Ho preso il primo aereo e sono tornato qui per avere delle spiegazioni, e quel laboratorio mi ha tenuto come...cavia, immagino, per un po'. Per qualche strano motivo, sembra che il mio DNA ora come ora combaci perfettamente con quello di un gatto. Per cui Blaine- non sono una specie di supereroe. Sono un mutante, o- beh, puoi chiamarmi come preferisci.”

Blaine portò le proprie ginocchia al petto e le strinse forte con le braccia.

“Ha fatto tanto male?”, chiese poi. “Trasformarsi, intendo.”

Kurt deglutì, perché non gli era mai stata posta quella come domanda. Blaine continuava a stupirlo. “Uhm, no. Non ho sentito nulla. Rinunciare alla mia famiglia e ai miei sogni- quello ha fatto male.”

Blaine annuì lentamente. “Quella lucertola-”, esordì. “Uhm, anche lei fa parte degli esperimenti di quel laboratorio?”

“Un esperimento decisamente malriuscito.”, borbottò Kurt. “Ma sì. Penso che fosse libera per cercare me.”

Blaine si irrigidì. “P-per cercare te?”

“Sono scappato, Blaine.”, sussurrò Kurt. “Ero stanco di vivere come una cavia, e sono scappato da quel laboratorio. La gente che c'era lì dentro non mi trattava minimamente come un essere umano- e anche se a volte mi capita di miagolare o di grattarmi l'orecchio prima che piova, non sono un animale.”

Blaine ridacchiò. “Lo so.”, disse semplicemente. “T-ti danno la caccia, quindi?”

“Presumo di sì.”, borbottò Kurt. “Ma non tornerò mai in quel posto solo perché loro facciano i loro stupidi esperimenti su di me.”

Blaine si passò una mano tra i capelli. “In che cosa sei diverso?”

Kurt ridacchiò. “Però, sei curioso, dolcezza.”, disse piano. Blaine arrossì e distolse lo sguardo. “Uhm- vedo meglio al buio, e riesco a sentire suoni che umani non sentirebbero. Gli occhi e le unghie cambiano solo quando provo emozioni- intense, ma sto cercando di imparare a controllarmi. E no, in caso te lo stessi chiedendo, non faccio le fusa. E non ho una coda.”

Blaine gli sorrise con calore. “E' un vero peccato per la coda.”

Kurt ridacchiò e mormorò uno “stupido”, con voce dolce e trascinata.

“Hai mai paura, Kurt?”

Kurt lo guardò con gli occhi color dell'oceano deliberatamente spalancati.

“In che senso?”

“Quando sei là fuori e salvi le vite, non hai mai paura?”, chiese piano Blaine, mordendosi poi il labbro inferiore. Kurt prese un respiro profondo, come se dovesse raccogliere la giusta quantità di coraggio per dare la risposta che voleva dare.

“A volte sì.”, mormorò. “Quando certe situazioni mi sfuggono di mano, ho paura. Come quando ho visto quella bambina tra le fiamme. O quando ho visto quei ragazzi che ti circondavano e tu che piangevi.”, sussurrò appena, e Blaine percepì il proprio cuore scivolare lontano. “Ma la paura aiuta, Blaine. Avevo due scelte quando mi sono reso conto di essere diverso: potevo rimanere bloccato in quel laboratorio e farmi usare come cavia tutta la vita, o potevo continuare a vivere e aiutare le persone. Quando sei diverso, quando sei speciale, quando hai un dono, devi in qualche modo usarlo per fare del bene alle persone. È quello che sto cercando di fare io. N-non so se ci riesco. Però ce la sto mettendo tutta, e-”

“Ci riesci.”, lo interruppe Blaine, guardandolo intensamente negli occhi. “Credimi Kurt, ci riesci.”

A quel punto Kurt fece qualcosa di totalmente inaspettato – con un movimento fluido scattò in avanti e premette le mani ai lati del corpo di Blaine, il suo viso a pochi centimetri da quello del ragazzo riccio.

“Smettila di guardarmi così, dolcezza.”, gli sussurrò. “Te l'ho detto, non sono un eroe.”

Blaine deglutì, piegando la schiena e scivolando sempre di più verso il basso. “Sei tutto ciò che più ci assomiglia.”

Kurt roteò gli occhi al cielo e salì sul letto, mettendosi a carponi sul corpo di Blaine. Tenne le loro fronti a contatto e si morse le labbra, passando un singolo dito sul tuo petto.

“Sei così dannatamente dolce e innocente, Blaine.”, mormorò piano Kurt, chiudendo gli occhi. “E tu non- non puoi nemmeno immaginare quanto esattamente abbia voglia di baciarti- ma non lo farò.”

Blaine schiuse di poco le labbra, praticamente a un soffio di quelle di Kurt.

“P-perchè no?”

“Perchè non vuoi far parte del disastro che è la mia vita, Blaine. Te lo garantisco.”

“Mettimi alla prova.”, soffiò Blaine, sporgendosi per sfiorare appena le labbra di Kurt, senza mai baciarlo. Rabbrividirono entrambi nello stesso momento, e chiusero gli occhi proprio quando da fuori arrivò chiaramente il suono di un'ambulanza.

Quello che Kurt produsse fu un chiaro e netto ringhio di frustrazione.

“Devo andare.”, sussurrò, sollevandosi dal corpo di Blaine. “Se non ti troverò più qui, capirò perché sei voluto andare via.”

Blaine si morse le labbra distrattamente. “Ma tu vorresti che rimanessi, vero?”

Kurt corse verso la finestra, ma prima di saltare fuori gettò verso Blaine un'ultima fugace occhiata.

“Sì.”, disse, con voce appena udibile. “Vorrei che rimanessi.”

E dopo quelle parole, semplicemente scomparve.

Allora resto.

 

***

 

Blaine aspettò Kurt tutto il resto della notte, cercando la sua figura ogni cinque minuti al di là della finestra. A un certo punto lasciò la sua stanza da letto ed andò in cucina, e in modo da tenersi occupato preparò la colazione. Kurt arrivò quando i raggi di sole cominciavano a colorare le stanza di una luce pallida, e trovò Blaine con i ricci scompigliati, le guance sporche di farina e un mestolo tra le mani.

"Ti sto preparando la colazione.", esordì Blaine, morendosi il labbro nervosamente. Kurt aveva i capelli che erano un completo disastro, le guance rosse e la tuta nera coperta di fuliggine - probabilmente era intervenuto in un incidente d'auto o in un incendio. Il cuore di Blaine si strinse al pensiero che quel ragazzo rischiasse la vita ogni singolo giorno, ma nessuno era mai stato ad aspettarlo e dire lui quanto fosse importante quello che faceva.

"N-non arrabbiarti.", sussurrò poi Blaine con un sorriso sghembo. "M-mi dispiace se ho usato la cucina senza il tuo permesso."

Kurt scrollò le spalle continuando a guardarlo intensamente, e sembrava come - rapito. Blaine rabbrividì sotto quello sguardo, ma non cercò di guardare altrove. "S-spero ti piacciano i pancakes.", borbottò a un certo punto. Kurt annuì soltanto e gli si mise di fronte. Sapeva di città, di segreti sussurrati e un po' di menta e tabacco - e Blaine chiuse gli occhi, perché quello era troppo da sopportare.

Inaspettatamente, Kurt lo baciò sulla fronte, poi. Non lievemente, ma rimanendo lì a lungo, come se volesse imparare la sagoma della sua testa, come se volesse imprimersi il tocco sulla pelle, e anche dentro. Tenne le labbra vicino alla sua fronte anche quando parlò.

"Sono io che rischio di non lasciarti andare.", sussurrò appena, prima di scostarsi e prendere dalla padella un po' di pancakes.

"Nessuno mi aveva mai preparato la colazione.", disse a un certo punto Kurt, ed era - quasi timido, mentre prendeva una forchettata di quei dolci. A Blaine venne voglia di stringerlo e portarlo via da tutte la bruttezza che ogni giorno era costretto a vedere e semplicemente - proteggerlo.

"E io non l'ho mai preparata a nessuno.", soffiò Blaine. E quello - beh, quello era già un inizio.

 

***

 

Blaine non se ne andò, esattamente come aveva promesso. Imparò ad aspettare Kurt ogni notte, mentre durante il giorno faceva finta di avere una vita normale e tornava al lavoro, fornendo a Sebastian sempre più informazioni e sempre più foto, mentendo spudoratamente sulla loro provenienza, mantenendo la promessa fatta a Kurt di non parlare mai di lui, di loro, di quello che piano e inesorabilmente stava nascendo. Blaine imparò il significato di avere una persona da aspettare e che a volte - ti aspettava. Anche se per la maggior parte dei casi lui e Kurt si vedevano pochissimo, giusto quell'ora alla mattina prima che Blaine uscisse al lavoro e Kurt si mettesse a riposare. C'erano sguardi imbarazzati e guance rosse - ma era bello perché non erano più soli, avevano finalmente qualcuno su cui contare.

"Sii prudente.", lo salutava ogni notte Blaine, prima di vederlo scomparire tra i grattacieli con veloci balzi. Kurt sorrideva appena, solo sollevando un angolo della bocca.

"Lo sono sempre.", diceva di rimando, e spesso gli baciava una guancia, o un pezzetto di sopracciglio. Una tempia. Qualsiasi punto in cui arrivasse, perché era leggermente più alto di Blaine - e Blaine chiudeva gli occhi e faceva finta che quel tocco durasse per sempre. Una notte Kurt tornò prima dell'alba, e nel mettersi nel letto in cui c'era già Blaine lo svegliò. Il riccio si voltò verso di lui, rigirandosi tra le coperte; sollevò una mano e accarezzò via dei capelli che erano caduti sulla sua maschera nera e la fronte bianca - e per l'ennesima volta si chiese se avrebbe mai visto il suo volto.

"Che c'è?", gli chiese dolcemente Kurt, vedendo i suoi occhi preoccupati. Blaine inspirò forte e chiuse gli occhi quando Kurt circondò i suoi fianchi con un braccio - Ti tengo qui, ti tengo vicino, non ti lascio andare. "È solo che ho paura.", soffiò appena Blaine, distogliendo lo sguardo. Kurt non disse nulla, per cui Blaine lo prese come un invito a continuare a spiegarsi. "Ho paura che tu possa non tornare.", ammise con un filo di voce. "Ho paura che ti succeda qualcosa e di non- non poter fare nulla per evitarlo."

Gli occhi di Kurt si fecero più chiari, quasi trasparenti, e quando Blaine tornò a fissarli colse con precisione ogni loro sfumatura, dall'azzurro cielo al giallo dei raggi di sole del mattino.

"Non posso impedire che tu abbia paura.", sussurrò Kurt, stringendolo appena più forte. "Ma posso promettere che tornerò. Tornerò sempre."

Blaine a quel punto sorrise - e la sua tenerezza smosse qualcosa nel petto di Kurt. Si avvicinò a Blaine per raccoglierlo tra le braccia e permettergli di diventare piccolo piccolo contro il suo corpo.

"Solo se mi prometti che tornerai sempre anche tu, Blaine." Blaine strinse forte gli occhi.

"Okay. Promesso."

"Io di sicuro tornerò per le colazioni."

Blaine a quel punto scoppiò a ridere - ma non si mosse da quelle braccia. Si aggrappò al corpo di Kurt come se lasciarlo significasse cadere nel buio e rimanere senza fiato.

Quando furono costretti a separarsi, Blaine ebbe la sensazione di essere caduto comunque.

 

***

 

A volte capitava che Kurt tornasse all'alba e trovasse Blaine addormentato nel suo stesso letto, le coperte sfatte e le labbra separate e gli occhiali in bilico sul naso, che di sicuro avrebbero fatto in tempo a lasciargli dei segni. A quel punto si avvicinava con cautela per non svegliarlo, allungava una mano verso di lui e gli accarezzava quei bellissimi ricci - sto annegando, Blaine, ed è buffo che tu sia la ragione per cui lo sto facendo ma al contempo la mia ancora. Blaine a volte rimaneva addormentato, come se non avesse alcuna ragione al mondo per aprire gli occhi - quella sera però lo fece, si svegliò, e Kurt gli sorrise dolcemente. Si sedette accanto a lui e allungò le dita per potergli sfilare gli occhiali.

"Sono sempre sporchi questi occhiali, Blaine.", sussurrò Kurt a quel punto, il suo sorriso che andava sbiadendo. "Dobbiamo pulirli."

Blaine arricciò il naso e Kurt si ritrovò con il cuore in gola per quella piccola smorfia.

"È che mentre ti aspetto e leggo mi fanno un po' - un po' male gli occhi e...lo so, sono un disastro.", ridacchiò Blaine, e Kurt voleva baciarlo, dio, baciarlo fino a fargli mancare il fiato perché Fa lo stesso perché tu sei il mio di disastro e io molto probabilmente sono il tuo e va bene così, ci salveremo a vicenda.

Ma non lo fece.

Gli ripulì gli occhiali con calma e li mise sul comodino, poi afferrò le coperte e le sistemò sopra il corpo di Blaine in modo che stesse al caldo. Si chinò per lasciargli un impercettibile, quasi sfiorato bacio sulla tempia. "È strano vedere tutto sfocato.", borbottò Blaine reprimendo uno sbadiglio. "Hai una visione distorta del mondo, e a volte ti senti...così vulnerabile."

Kurt gli sorrise. "Vedere così è okay se poi hai gli occhiali. O qualcuno che ti protegga e che veda al posto tuo."

Blaine si mordicchio' il labbro inferiore. "Tu lo faresti? Sai- vedere al posto mio."

"Lo farei. Lo faccio, Blaine.", soffiò Kurt, appoggiando la testa sul cuscino, vicino a quella di Blaine. "E ti proteggerò. Lo farò sempre, dolcezza."

 

***

 

Una notte, Kurt era appena tornato dalla sua supervisione notturna, ma invece di farsi immediatamente una doccia rimase a fissare la città dalla finestra, mentre Blaine faceva finta di dormire rannicchiato sotto le coperte.

A un certo punto aprì gli occhi e rimase a guardarlo – il modo in cui sembrava concentrato sulla città e i suoi occhi si illuminavano, e il fatto che sembrasse terribilmente triste.

A un certo punto Kurt si voltò e immerse il proprio sguardo nel suo, e Blaine non riuscì più a trattenersi.

“Ti vedrò mai senza maschera?”, chiese in un soffio. Si mise a sedere e lasciò che le coperte scivolassero via dal suo corpo, mentre Kurt si avvicinava al letto lentamente, un piccolo sorriso che giocava con le sue labbra.

Kurt si sedette vicino a Blaine tenendo lo sguardo basso, il labbro inferiore tra i denti.

“Puoi toglierla, se vuoi.”, sussurrò a un certo punto, la voce appena udibile. Il cuore di Blaine ebbe un sussulto. “Ma devi farlo tu, Blaine. Devi volerlo tu.”

Blaine sollevò le mani con cautela, e le percorse con estrema calma il profilo del mento di Kurt, le sue guance, gli zigomi – fino ad arrivare ai bordi della maschera. Toccava Kurt con la punta delle dita perché aveva paura che si potesse spezzare – strano dirlo di una persona che andava là fuori a salvare mille e mille vite.

Con una grazia che pensava di non avere, Blaine gli sfilò via la maschera, e Kurt rimase solo Kurt. Aveva gli occhi bassi, le lunghe ciglia che gettavano una piccola ombra sulle sue guance, e la pelle pallida si arrossava nel punto in cui cominciavano le guance.

Era meraviglioso. Tutto ciò che più assomigliava al concetto di meraviglioso.

“Guardami.”, disse piano Blaine, avvicinando il volto a quello di Kurt per far scontrare le loro fronti. Kurt lo fece, sollevò lo sguardo verso di lui e gli sorrise appena, e oh – era quello, il vero Kurt. Quello che tendeva a celare sotto la maschera. Un ragazzo ferito in mille modi diversi che tentava di tenere a posto i propri pezzi.

“Bellissimo.”, sussurrò Blaine senza avere nemmeno la forza di impedirselo. “S-sei bellissimo, Kurt.”, ripeté, appoggiando le labbra sull'angolo della bocca di Kurt. Stava per baciarlo, stava per farlo davvero, infatti schiuse le labbra per permettere a Kurt di baciarlo di rimando, ma – non successe niente. Kurt scivolò via dalla sua presa.

“Non avevo mai detto niente a nessuno, Blaine.”, sussurrò Kurt, e sembrava molto più che spaventato. “Tu sei il primo, io- non capisco cosa mi succede quando sto con te. Tu mi rendi così- così vulnerabile, e ho la sensazione di perdere il controllo quando ti sto vicino-”

“Va bene così, Kurt.”, sussurrò Blaine interrompendolo, alzandosi dal letto. “Davvero, va bene così-”

“No, Blaine.”, soffiò Kurt, facendo un passo indietro. “Non- non ti trascinerò nell'inferno che è la mia vita. Non posso. M-mi odierei.”, balbettò, passandosi una mano tra i capelli. “D-devi starmi lontano, Blaine. Come devo starti lontano io. Nonostante abbia questo- bisogno di starti vicino, devo cercare di tenerti al sicuro. P-per favore, okay?”

Blaine avrebbe tanto voluto stringerlo fino a fargli mancare il respiro. Ma Kurt se ne andò di nuovo, e Blaine non potè fare niente.

Si rannicchiò di nuovo sul letto, aspettando che i primi raggi di sole annunciassero una nuova alba. E forse perché finalmente lo aveva visto, forse perché era da troppo tempo che cercava di negarlo a sé stesso – Blaine capì qualcosa di importante.

Era innamorato di Kurt – con ogni piccola e insignificante fibra del suo essere.

 

***

 

Blaine in qualche modo avrebbe dovuto immaginare che Sebastian si sarebbe comportato in quel modo, dopo, e sarebbe inevitabilmente diventato sospettoso.

"Dimmi la verità, Blaine.", mormorò a un certo punto, mentre uscivano dalla caffetteria in cui avevano preso al volo la loro colazione. Si erano incontrati casualmente mentre andavano al lavoro, e Blaine non se l'era proprio sentita di dire di no a un caffè.

"Hai pagato una ragazzina che è tipo ossessionata da quel tipo vestito di pelle per pedinarlo e fargli delle interviste.", borbottò, sorseggiando poi il proprio caffè. "Se è così Blaine, lasciati dire che sei un vero bastardo- insomma, approfittare di una ragazzina-"

"Non sto approfittando di nessuno, Sebastian.", disse Blaine alzando gli occhi al cielo.

"Sul serio, Blaine.", mormorò Sebastian, dandogli una spallata giocosa. "Dimmi qual'è il tuo segreto. Hai venduto l'anima al diavolo? Questo uomo dalle preferenze sadomaso ha un debole per gli hobbit con un casco di ricci in testa-"

"Piantala, Bas.", sputò Blaine, scrollando le spalle con noncuranza. "Semplicemente, per una volta ti scoccia ammettere che sto facendo bene il mio lavoro e non riesci nemmeno a farmi un fottuto complimento-"

"Ehi, non scaldarti.", gli disse Sebastian, la voce leggermente incrinata. "Non volevo insinuare nulla, era uno scherzo innocuo. Ti chiedo scusa."

Beh, Sebastian Smythe che chiedeva scusa era una novità per chiunque, quindi alla fine Blaine si convinse a non dire nulla. Continuarono a camminare bevendo i loro caffè, finchè a un certo punto le dita di Sebastian si scontrarono con le sue, facendolo sussultare di sorpresa.

"Blaine.", esordì l'altro ragazzo. "Mi stavo chiedendo se tu, insomma...se hai preso una decisione riguardo a- quella cena."

Blaine deglutì, sentendo qualcosa di sbagliato crescergli alla base dello stomaco. Come succedeva ogni volta, l'immagine di Kurt gli comparve chiara nella mente, come un promemoria di quello che provava per lui e che non riusciva a cancellare – o controllare.

"Bas, i-io...", borbottò Blaine, non sapendo bene cosa dire. Si morse le labbra e cominciò a muovere le mani in tutta fretta, passando quella libera tra i capelli e sulla fronte. Sapeva di non poter dirgli di sì, perché non avrebbe fatto altro che prendere in giro sé stesso.

"C'è-", un'altra persona, avrebbe voluto dirgli, ma non riuscì mai a finire la frase, perché il suo corpo sbatté contro qualcosa - qualcuno, in verità. Del caffè schizzò fuori dal bicchiere di plastica sporcando entrambi - e oh dio, tutte a Blaine capitavano.

"Oddio, mi scusi.", balbettò Blaine, concentrandosi sul vestito elegante del ragazzo con cui si era scontrato. "Sono mortificato-"

Probabilmente l'errore di quello di alzare lo sguardo. C'erano due occhi oceano fermi a fissarlo, dei capelli castani scompigliati - e nessuna maschera. Il cuore di Blaine si fermò.

"Kurt.", soffiò appena.

 

Blaine ebbe bisogno di qualche secondo per riprendersi, perché non si sarebbe mai aspettato di trovare Kurt lì, a passeggiare per le strade di New York con addosso un completo elegante e la giacca adatta a quella stagione appesa al braccio. Rimasero a guardarsi senza dire nulla per un momento che parve infinito, almeno finchè Sebastian non si schiarì la voce.

“Ehy. N-non mi aspettavo di trovarti qui.”, sussurrò appena Blaine, allungando una mano per posarla delicatamente sul braccio di Kurt. Lui gli sorrise di rimando.

“Sto andando al lavoro.”, disse con la voce appena incrinata. “Uhm- e non preoccuparti per il caffè. Può succedere.”

Di nuovo, furono avvolti dal più totale silenzio mentre si guardavano, Blaine con le guance arrossate e Kurt con gli occhi più limpidi.

“Uhm, Blaine?”, lo chiamò Sebastian a un certo punto, mettendogli una mano sulla spalla. Kurt osservò quel gesto con attenzione. “Avresti voglia di fare le presentazioni?”

“Oh- certo. Certo- scusa. Bas, questo è Kurt, noi-”, ecco, quello era un bel problema. Come avrebbe spiegato a Sebastian cosa c'era tra di loro?

“...andavamo nello stesso liceo.”, borbottò Kurt, allungando una mano per afferrare quella di Sebastian. Lui annuì alzando un angolino della bocca e studiando Kurt per un breve attimo. Blaine si prese del tempo per continuare. “Kurt, lui invece è il mio datore di lavoro, Sebastian Smythe.”

“Quanto sei formale, Blaine.”, mormorò Sebastian, rimettendo entrambe le mani nelle tasche dei suoi jeans. “Puoi dire benissimo che siamo amici.”

“Uhm- certo.”, disse Blaine distrattamente, passandosi una mano tra i capelli. Cercò gli occhi di Kurt, poi. “Non sapevo lavorassi...da queste parti.”

“Lavoro part-time a Vogue.com, per Isabelle Wright.”, spiegò Kurt, ravvivandosi il ciuffo di capelli con le dita. “Ho cominciato come stagista, ma adesso le cose stanno andando un po' meglio, per cui...”

“Amante della moda, eh?”, chiese Sebastian. “Si nota dal vestito. Davvero molto di classe.”

“Ti ringrazio.”, borbottò Kurt, mordendosi poi distrattamente le labbra. “Beh, se non vi dispiace io dovrei...andare, sì. Isabelle mi aspetta.”

Blaine fece per dire qualcosa, ma Sebastian lo interruppe. “Non vorremmo mai arrivassi in ritardo, allora. Buona giornata, Kurt, è stato un piacere.”

Kurt gli strinse la mano con foga. “Anche per me. Passa una buona giornata, Blaine.”

Blaine vide Kurt allontanarsi velocemente e rimase a guardarlo, il cuore che batteva forte nel petto e il sangue che scorreva veloce nelle vene. Era quello ciò che Kurt gli faceva – gli portava via tutto, ma con la stessa semplicità e naturalezza glielo restituiva.

“D-devo andare, Bas.”, borbottò, incamminandosi verso Kurt. “Arrivo appena posso, scusami.”

“Ma Blaine-”, cercò di interromperlo Sebastian. “Dobbiamo lavorare agli articoli della prossima settimana-”

Ma Blaine non lo stava più ascoltando, perché ora correva verso Kurt. Lo raggiunse dopo pochi istanti, cominciando a camminare di fianco a lui come se non fosse successo niente.

“E' strano vederti senza maschera.”, esordì, facendo sussultare Kurt. Il ragazzo dagli occhi celesti lo guardò di sbieco.

“Blaine, che diamine- mi hai spaventato.”

“Certo. Come se fosse possibile spaventare qualcuno come te.”, borbottò Blaine, sorridendo di sbieco.

“Non dovresti essere al lavoro?”

Blaine ridacchiò. “Il lavoro per una volta può aspettare.”, disse piano. C'erano molte persone che camminavano al loro fianco, completamente ignare che quello fosse proprio la Macchia. “A proposito di lavoro, perché non mi hai mai parlato del tuo?”

Kurt scrollò le spalle. “N-non lo so, non mi sembrava qualcosa di cui poterti parlare. S-sono una persona anch'io, Blaine. In qualche modo devo pagare quel piccolo appartamento dove sto vivendo.”

Dove stiamo vivendo insieme, praticamente.

“Non avrei detto nulla, infatti.”, sussurrò Blaine. “Mi sarebbe tanto piaciuto saperlo.”

Kurt a quel punto si bloccò, e Blaine si sentì costretto a smettere di camminare a sua volta. Si voltò verso Kurt, notando che lo stava fissando con insistenza – c'era qualcosa di triste nei suoi lineamenti, ma era così lieve da essere quasi invisibile.

“Blaine, io- io non sono completamente umano.”

Blaine deglutì. “L-lo so. Perchè me lo stai dicendo?”

“Non- non ne ho idea. Forse perchè- sei ancora qui. Non te ne sei ancora andato, e non capisco perché.”, sussurrò Kurt. “Io sono diverso dalle altre persone. Sono sbagliato-”

“Non c'è nulla di sbagliato, in te.”, mormorò appena Blaine, avvicinandosi cautamente a lui. “Io non vedo niente di sbagliato in te, Kurt.”

Kurt a quel punto si morse parte del labbro inferiore, Blaine che gli si avvicinava con cautela.

“Ci sono un milione di modi in cui potresti essere felice, Blaine.”, soffiò appena Kurt lì, vicino alle labbra di Blaine. “Guarda quel ragazzo, Sebastian. Non fa altro che fissarti- sarebbe praticamente perfetto per te.”

Blaine sbattè le palpebre un paio di volte, lasciandosi scappare un piccolo sorriso. “Io non sto cercando qualcuno come Sebastian.”, disse con sicurezza, alzando entrambe le mani per metterle sul collo di Kurt e avvicinarsi a lui. Chiuse gli occhi senza pensarci e respirò le labbra di Kurt, prima che il chiaro suono della sirena di un'ambulanza fecero staccare Kurt da lui.

“L-lo vedi, Blaine? Questo è quello che ci aspetta. Questo è ciò che sono io.”, gli sussurrò Kurt, prima di accarezzargli piano una guancia. “E non sono sicuro di volere che tu faccia parte di questo disastro.”, concluse, prima di baciarlo di sfioro sulla guancia.

Blaine lo vide correre lontano, poi – e come sempre, pregò che trovasse il modo di tornare da lui.

 

***

 

Quella notte dei rumori distolsero l'attenzione di Blaine dal libro che stava leggendo. Sollevò lo sguardo dalle pagine, rendendosi conto che dalla finestra Kurt stava rientrando – ma c'era qualcosa che non andava. Il suo respiro era affannoso, e con una mano sollevata stringeva forte una sua spalla. E c'era rosso, rosso ovunque sui suoi vestiti e sulle dita e parte del suo collo, e Blaine soffocò un grido.

“K-Kurt-”, rantolò, precipitandosi verso di lui. “Kurt mio dio, sei ferito-”

“B-Blaine-”, soffiò Kurt appena, una volta entrato nel loro appartamento. Stava quasi per cadere per terra, ma Blaine fu abbastanza veloce da prenderlo tra le braccia e aiutarlo a raggiungere per lo meno il letto. Era estremamente pallido, i capelli bagnati di sudore e residui di sangue – e Kurt sperò vivamente che non fosse il suo.

“M-mio dio, K-Kurt-”, balbettò Blaine, accarezzandogli via i capelli dalla fronte. “D-devo portarti in ospedale, o f-fare qualcosa, qualsiasi cosa-”

“No, Blaine.”, lo bloccò fermamente Kurt, mordendosi le labbra per impedirsi di sibilare per il dolore. “Come spiego una ferita del genere? N-niente ospedale.”

“Ma Kurt-”

“Shhh, Blaine. Niente ospedale.”, ribadì Kurt, sistemandosi meglio sul letto. “I-in cucina, ci sono delle bende e degli antidolorifici. Me la so cavare, dolcezza.”

Blaine si sentiva un semplice stupido mentre preparava tutto l'occorrente per pulire le ferite di Kurt. Avrebbe dovuto fare di testa sua e portarlo all'ospedale di peso, visto che non si fidava minimamente di se stesso – ma per qualche ragione, cinque minuti più tardi, si trovò inginocchiato di fronte a Kurt con un panno bagnato in mano a pulirgli via tutto il sangue ormai secco. Kurt tenne gli occhi chiusi tutto il tempo – e sembrava sfinito, molto più che distrutto.

“I-il mio nemico questa volta era un po' più forte.”, soffiò appena a un certo punto. Blaine trascinò giù la tuta di Kurt al livello della spalla, scoprendogliela, e sfiorandogli così con le dita la pelle nuda. Sussultarono appena entrambi. “S-sembrava sapesse esattamente come colpirmi, ed è molto più forte di me.”, continuò Kurt. “S-sono dovuto scappare, perché non credo che ce l'avrei fatta stavolta.”

Blaine strinse forte il panno nelle proprie mani. “Saresti potuto non tornare.”

“Ma sono qui adesso, no?”, mormorò Kurt, facendo una piccola smorfia di dolore. “S-sono tornato. Ti ho fatto una promessa, Blaine.”

Blaine si morse il labbro e fece di sì con la testa, accettando quella verità. “D-dovresti usare la testa.”, soffiò poi, quasi impercettibilmente. “Di solito, quelli molto molto forti non sono tanto intelligenti. Me lo hanno insegnato quattro anni di liceo.”

Kurt gli passò una mano tra i capelli. “Vedrò cosa fare, dolcezza. Grazie.”, soffiò appena, prima di baciargli piano una tempia. Dopodichè fece per alzarsi, ma Blaine gli afferrò un polso saldamente e si alzò insieme a lui, mettendoglisi di fronte.

Kurt guardò prima il pavimento e poi Blaine, trovandosi bloccato in una morsa.

“Non so se sarò mai abbastanza per te.”, mormorò Blaine, accarezzando con la punta delle dita i fianchi di Kurt.

“B-Blaine-”

“Tu rischi la tua vita ogni giorno, e sei così- così forte, così tutto, io- io la maggior parte delle volte non sono proprio niente, ma...p-posso cercare di guarire le tue ferite, Kurt. Quello posso farlo.”, soffiò appena, mettendosi sulle punte dei piedi per baciare l'angolo della bocca di Kurt. “L-lascia che ti guarisca, Kurt.”

Non seppero fermarsi, dopo.

Kurt inglobò il corpo di Blaine con le braccia e si avventò sulle sue labbra come se baciarlo fosse la ragione della sua vita – come se le labbra di Blaine fossero acqua da bere, e lui qualcuno che stava cercando l'ultima goccia disperatamente. Blaine spalancò le labbra e si lasciò baciare, lasciò che Kurt gli portasse via tutto, tutto, tutto, ogni piccola cosa, e si aggrappò al suo viso tenendolo saldamente, i loro cuori che battevano alla stessa altezza.

Blaine allungò una mano sulla schiena di Kurt per slacciare la sua tuta, facendo scorrere la cerniera lentamente verso il basso, e avventandosi poi sulla carne della sua spalla scoperta con le labbra – Kurt era ferito, così Blaine passò le labbra estremamente piano vicino ai punti in cui poteva provare dolore, succhiò la pelle per lasciargli i segni, e Kurt lasciò che succedesse.

Lasciò che Blaine lo spogliasse con le sue mani calde e callose, si lasciò toccare e trascinare lontano, in un mondo che nemmeno sapeva esistesse. E a sua volta gli tolse i vestiti, il papillon, gli occhiali enormi, baciandolo sul naso e sorridendo leggermente.

Lo preparò con una cura che credeva di non conoscere, imparando ad ascoltare il corpo di Blaine e a riconoscere ogni sua piccola smorfia, ogni sfumatura del suo respiro, e baciandolo quando tutto diventava troppo. Le consapevolezze, il dolore, il piacere – tutto.

Blaine gli sussurrò in un orecchio che era la sua prima volta, e Kurt trascinò all'indietro un suo riccio nero baciandolo sulle labbra schiuse, e giurò a sé stesso che non gli avrebbe fatto mai del male.

Blaine lo amò nonostante Kurt certe volte fosse troppo irruento – ma non perché voleva ferirlo, ma perché lo voleva, lo desiderava, lo aveva desiderato sempre, e la sua natura non lo aiutava affatto. Lo amò anche se i suoi occhi si assottigliarono fino all'inverosimile, la pupilla quasi scomparsa. Lo amò anche se Kurt si aggrappò ai fianchi di Blaine lasciandogli dei segni rossi – Sono stato qui, proprio qui, e ti ho avuto.

E quando tutto finì e Kurt permise a Blaine di appoggiare la testa al proprio petto e sentì dire un groviglio di parole – Sei tu ciò che stavo cercando – rabbrividì, lasciando che una lacrima scivolasse via.

Perché non poteva fare quello proprio a Blaine.

 

“Devi andartene, Blaine.”

Kurt era appena uscito dalla doccia, ogni residuo di sangue era scomparso e i suoi capelli erano appiattiti contro la fronte. Blaine si era appena rivestito e lo stava aspettando sul letto sfogliando le solite pagine di quel libro, ma si bloccò di colpo.

“C-cosa?”

“Voglio che tu te ne vada.”, ripetè Kurt. Era così diverso e così bello, in quel frangente. Indossava una tuta da casa, era senza maschera, solo Kurt. Solo un ragazzo come tanti.

“M-ma Kurt-”, sussurrò Blaine, le labbra che tremavano, “...abbiamo fatto l'amore.”

Kurt deglutì e distolse lo sguardo. “E' stato un errore.”

“No.”, disse fermamente Blaine, alzandosi dal letto. “No tu- stai mentendo, e lo vedo. E' stato importante per entrambi, l'ho sentito- non puoi fingere.”

Blaine vide Kurt mordersi le labbra. “N-non c'è niente per te qui, Blaine. Devi andartene e cercare la vita che ti meriti.”

“Non ti credo.”, disse semplicemente Blaine, scrollando le spalle. “Non mi stai nemmeno guardando in faccia. N-non ti credo, Kurt.”

Kurt a quel punto allargò le braccia. “Pensa quello che vuoi. I-io non ti voglio più qui.”

Blaine fece una fatica immensa a deglutire, un enorme groppo in gola che quasi gli impediva di respirare. Si avvicinò a Kurt con cautela, le braccia attorno al petto per tenere saldamente tutti i suoi pezzi.

“Io ti amo, Kurt.”

Blaine vide Kurt chiudere gli occhi.

“E sì, forse non è il momento adatto per dirtelo, ma non credo ci sia mai stato nulla di normale tra di noi. Quindi sì- ti amo.”, soffiò, quasi senza fiato. “S-sei l'unica persona in questo schifo di mondo che mi faccia provare qualcosa, che mi faccia sentire unico, e speciale, e- mi fai emozionare. La mia vita non è stata vita finchè non sei arrivato tu. Questi mesi sono stati- sono stati tutto, Kurt, mi hanno fatto respirare, e so che hanno significato qualcosa anche per te. N-non mandarmi via adesso, okay? C-cerchiamo di farla funzionare.”, sussurrò appena. Allungò le mani per avvolgere il volto di Kurt, che ancora non lo guardava negli occhi. “Ti amo. Ti amo Kurt, ti amo-”

“Io no.”, soffiò Kurt appena. Il cuore di Blaine si congelò. Kurt sollevò le mani per togliere quelle di Blaine dal proprio viso. “M-mi dispiace, Blaine. Ma io no.”

Blaine fece un passo indietro, gli occhi spalancati e feriti e quelle sue belle labbra che di solito sorridevano piegate in una smorfia di dolore. Kurt si passò una mano tra i capelli, e fece un piccolo passo verso di lui.

“P-posso portarti a casa, se vuoi-”

“Non mi toccare.”, sibilò Blaine, alzando un braccio per impedire a Kurt di avvicinarsi. “S-solo- stammi lontano. Ce la faccio benissimo da solo a tornare a casa mia.”

E con quelle parole, Blaine finì di vestirsi e lasciò Kurt solo nel suo appartamento, le labbra che tremavano e il cuore completamente disintegrato – ma era stata la cosa giusta da fare. Doveva esserlo.

 

***

 

Blaine non respirava più.

Dormiva a malapena e mangiava quel poco che gli serviva.

Chiese a Sebastian di poter scrivere di nuovo articoli di economia, e le notti le passava rannicchiato in quel piccolo letto freddo del suo appartamento buio.

Gli sembrava di essere spezzato a metà – ma non era possibile, perché la sua metà mancante nemmeno lo amava, no?

 

***

 

Kurt non respirava più.

Smise di apparire come la Macchia, lasciando che le cose succedessero davanti ai suoi occhi.

Nascose le lacrime a Isabelle e finse di stare bene, perché fingere era ciò che ultimamente riusciva a fare meglio.

E sognò Blaine almeno ogni notte. Sognò il suo sorriso, il suo modo di vivere così coraggioso, quei suoi occhi meravigliosi dal colore indefinito.

E si spezzò a metà.

 

***

 

“Per quella cena.”, borbottò Blaine una volta entrato nell'ufficio di Sebastian. Lui alzò lo sguardo immediatamente. “La risposta è sì.”

Ci aveva pensato a lungo, ed era giunto alla conclusione che non poteva vivere una vita aspettando qualcosa che non sarebbe mai arrivato. Sebastian non era la sua strada, ma era un'alternativa, e faceva meno male del rimanere soli.

Sebastian gli sorrise con dolcezza. “Stai bene, Blaine?”

“Sto benissimo.”, gli assicurò Blaine. “Allora, va bene per stasera?”

Sebastian sembrò arrendersi. “Ti passo a prendere io.”

 

***

 

La cena fu – piacevole, Blaine dovette ammettere. Lo fu davvero. Sebastian si comportò davvero bene, lo passò a prendere puntuale e gli aprì lo sportello della macchina, gli spostò la sedia al ristorante e cercò di fare meno battutine possibili, e insisté per offrire.

Blaine sorrideva, per lo più, e lasciava che le cose accadessero. Come lasciò che Sebastian lo prendesse per mano una volta usciti dal ristorante, e non fece assolutamente nulla per spostarsi.

Sebastian gli propose di andare in un locale a bere qualcosa e magari ballare, e Blaine disse di sì, perfettamente consapevole che in quel modo si stava praticamente gettando tra le sue braccia e arrendendo. Ma non aveva scelta, no? Non aveva nient'altro in cui sperare. Ignorò la protesta del suo cuore, quando le sue labbra pronunciarono un piccolo .

Da qualche parte, sopra un alto grattacielo, Kurt li stava guardando, morendo ad ogni respiro un po' di più.

 

***

 

“Te l'ho mai detto quanto tu sia- uhm- dannatamente sexy, B-Blaine?”, biascicò Sebastian, aggrappandosi alle sue braccia per ballare. Da quando erano entrati in quel locale, Blaine aveva perso il conto di quanto esattamente il suo datore di lavoro avesse bevuto. Blaine si limitava a ballare di tanto in tanto e ridere delle sue battute – non era mai stato un grande fan dell'alcool, e poi pensava che ci fosse qualcosa di magico nel restare sobri quando le difese del resto del mondo si abbassavano. Lo faceva sentire un po' più forte.

“Uhm, no? Ma fa lo stesso, Bas.”, borbottò vicino al suo orecchio.

“Cosa? Invece devi- devi saperlo, Blaine!”, si lamentò Sebastian. “Devi anche sapere che mi- mi piaci praticamente da quanto ti ho assunto, ed è per quello che facevo un po' lo stronzo.”

Chi lo avrebbe mai detto che Rachel aveva avuto ragione.

“Ma e-era solo perché volevo vedere come reagivi. Perchè volevo- volevo portarti a letto.”

Blaine aggottò la fronte e ridacchiò. “No grazie, Bas, ne ho abbastanza di uomini che mi usano solo per portarmi a letto.”

“No, ma non capisci-”, borbottò Sebastian, puntandogli un dito sul petto. “S-sarebbe stato solo l'inizio. P-poi magari sarei stato pronto a...mettermi in gioco. P-per te lo farei, credo.”

Blaine guardò i suoi occhi verdi, e desiderò ardentemente vederne un altro paio. Occhi cerulei, le pupille sottili e contornate da quel giallo meraviglioso.

“Lasciamoci andare, Blaine.”, sussurrò Sebastian, avvicinando la bocca al suo mento. Prese a lasciargli dei piccoli baci umidi, e Blaine serrò forte gli occhi. “F-farà bene a entrambi e- ti farò stare bene, promesso.”

Blaine deglutì, quando Sebastian si spinse più vicino a lui. Non voleva niente di tutto quello, eppure era così semplice immaginare che quella bocca appartenesse a qualcun altro, che a desiderarlo così fosse qualcun altro.

Blaine capì che quello era tutto un grande e patetico errore quando Sebastian posò le proprie labbra fruttate sulle sue. Si spostò quasi immediatamente, perché non era quello ciò che voleva. Non lo aveva mai voluto.

“Bas- no.”, sussurrò, spingendolo via. “Sei ubriaco, e io non voglio.”

“Ma io ho tanta voglia, B-Blaine.”, borbottò Sebastian, immergendo la testa nella sua spalla e dandogli dei piccoli baci dove arrivava. “Ti piacerà, te lo prometto-”

“Bas, smettila.”, insistè Blaine, cercando di spingerlo via. Sebastian però sembrava molto più che convinto a non lasciarlo andare, finchè qualcuno non lo spinse via con forza, mettendosi tra di loro.

“Sei sordo o cosa, per caso? Ha detto che non vuole.”

E no, non era possibile.

Non era possibile che quello fosse Kurt.

Blaine incontrò i suoi occhi cerulei e sentì il sangue cominciare a scorrere più veloce, il cuore fermarglisi nel petto e gli occhi pizzicare. Fece alcuni passi indietro.

“C-che diamine ci fai, qui?”, borbottò Blaine.

Kurt fece un passo verso di lui. “Ti stavo cercando, Blaine.”

“Non-”, sussurrò Blaine, alzando una mano verso di lui. “Non ti avvicinare.”

Dolcezza.”, soffiò Kurt, e sembrava davvero disperato mentre diceva quelle parole. “T-ti prego, fammi spiegare. Dammi cinque minuti del tuo tempo.”

“Ti ho dato molto più di cinque fottuti minuti del mio tempo, Kurt.”, ringhiò Blaine, mordendosi poi le labbra. “E tu- tu mi hai distrutto, hai rovinato tutto-”

“Devo parlarti, Blaine.”, disse Kurt, facendoglisi sempre più vicino. “Ho bisogno che tu ascolti quello che ho da dirti.”

“No. Sto con Sebastian, adesso.”, disse fermamente Blaine, cercando di superarlo. Kurt però allungò un braccio per afferrare i suoi fianchi e portarselo vicino.

“Dolcezza.”, soffiò di nuovo, le palpebre estremamente sottili. “Sappiamo entrambi che stai mentendo.”

Il labbro inferiore di Blaine tremò leggermente. “L-lasciami andare.”

Kurt sorrise di sbieco. “Perfetto. Si fa a modo mio, allora.”

Blaine soffocò un grido quando poi Kurt lo prese in braccio. Mosse le mani in modo da riuscire a sollevare Blaine e metterselo su una spalla, Blaine che protestava gridando e e picchiando con dei pugnetti sulla sua schiena.

“Kurt! Kurt- mettimi giù! È sequestro di persona, non puoi-”

“Se è l'unico modo per portarti via con me, questo e altro, Blaine.”

Blaine sbuffò. “C'è Sebastian, lì dentro. Non posso lasciarlo lì-”

“Ho chiamato un taxi perché lo venga a prendere, Blaine. Rilassati. È già tanto che non l'abbia lasciato tornare a casa a piedi.”

Kurt lo portò fuori dal locale, le persone che li vedevano che soffocavano risate e si lasciavano scappare sorrisetti divertiti. Quando furono lontani da sguardi indiscreti, Kurt lo issò meglio sulle proprie spalle per poter arrampicarsi su alti grattacieli, finchè non arrivò allo stesso della prima notte in cui si erano parlati, dopo quell'incendio in cui Kurt aveva salvato la vita di Blaine per la seconda volta.

Gli permise di scivolare giù dal suo corpo e rimase a guardarlo mentre Blaine si allontanava con le braccia incrociate, passeggiando avanti indietro probabilmente per sbollire la rabbia. A un certo punto Kurt gli si mise di fronte, un leggero sorriso che gli increspava le labbra, perché dio, Blaine era tutto ciò di più bello Kurt avesse mai avuto.

“Come facevi a sapere dov'ero?”, chiese a un certo punto Blaine, fermandosi di fronte a lui.

“Per tutti questi giorni che non ci siamo più visti, io...ti ho seguito. Ho vegliato su di te.”

Blaine alzò un sopracciglio. “E' inquietante.”

“Forse. Ma a quanto pare, ne è valsa la pena.”

“Ero decisamente in grado di impedire a Sebastian di portarmi a letto.”

“L'ho visto.”, borbottò Kurt, scrollando le spalle.

“S-senti, Kurt, tu- tu non hai alcun diritto di impedirmi di fare certe cose, okay? Sei tu che hai rovinato tutto, potresti almeno lasciarmi vivere la mia vita-”

“Quello che Sebastian voleva fare con te non è di certo una cosa che volevi vivere, Blaine.”, lo interruppe Kurt. “Non mentire a me.”

Blaine a quel punto si morse forte il labbro inferiore, e solo dopo fece un passo avanti per puntare entrambe le mani sul petto di Kurt e spingerlo via. “T-tu mi hai usato.”, soffiò, il petto che gli faceva male per quanto aveva sofferto. “P-pensavo fossi diverso, che fossi migliore, e invece- invece sei stato anche peggio, perché mi hai fatto arrivare a un punto in cui il mio respiro era praticamente dipendente da te e tu- tu mi hai scopato, e poi mi hai mandato via. Ecco cosa hai fatto con il mio amore, Kurt. Non hai alcun diritto di avere il mio cuore, non hai-”

Kurt cancellò la loro distanza e prese il volto di Blaine tra le mani, impedendogli di parlare ancora.

“Ti ho mentito.”, soffiò Kurt a quel punto, i suoi occhi che erano illuminati dalla notte, e le pupille piccole piccole, un striscia di terra in mezzo all'oceano. “Quando ho detto di non amarti. Ti ho mentito.”

Blaine aprì la bocca, ma non uscì proprio niente.

“E' ironico da dire, Blaine, ma quello che cominciavo a sentire per te mi spaventava a morte. E andiamo, vado là fuori a salvare vite ogni giorno, affronto mostri di ogni tipo e uomini armati e la maggior parte delle volte non ho paura – poi arrivi tu, e improvvisamente ne ho così tanta che mi soffoca.”, spiegò Kurt. “Tu mi rendi vulnerabile, Blaine. S-sei il mio punto debole. Ho cominciato a pensarci quando l'ultimo mio nemico ha cominciato a blaterare qualcosa sul fatto che ognuno di noi ne ha uno, e io non ci avevo mai pensato fino ad allora, ma poi l'ho capito. Tu sei il mio punto debole. E quella notte, quando abbiamo fatto l'amore e tu mi hai detto che stavi cercando qualcuno come me, ho capito che la cosa giusta da fare era lasciarti andare, perché non potevo permettermi di avere un punto debole. Perché se dovesse succederti qualcosa, Blaine, se qualcuno dei miei nemici ti- usasse per farmi del male, io smetterei di vivere. So che forse non puoi capirlo, ma mi sentirei tremendamente in colpa. Per cui- sì, è questo il motivo per cui ti ho lasciato andare.”

Blaine si aggrappò alle sue braccia. “E allora perchè- perché sei tornato?”

“Perchè non respiravo più.”, ammise Kurt, accarezzandogli i ricci. “Perchè ci ho pensato tanto, e sono giunto alla conclusione che preferisco avere un punto debole e combattere per tenerti al sicuro, piuttosto che perderti per delle stupide paure. Paura che tu scelga una vita più semplice, per esempio. Paura che trovi qualcuno che sia più normale di me. Paura che tu non possa amarmi nel modo in cui ti amo io: profondo, destabilizzante.

Una lacrima scese dall'occhio destro di Blaine, e Kurt la raccolse con il pollice.

“Ti amo, Blaine.”, mormorò Kurt, facendo scontrare le loro fronti. “E hai ragione: non si può fingere su questo.”

Blaine chiuse forte gli occhi e lo baciò, a quel punto, lo baciò al cospetto di milioni di stelle, su uno dei grattacieli più alti di quella città enorme e cosmopolita – e Kurt lo strinse forte tra le braccia, impedendogli di scivolare via.

“Penso che allora sarò il tuo punto debole.”, sussurrò Blaine sulle sue labbra, sorridendo appena. Kurt lo baciò di nuovo, più forte questa volta.

“Sei molto, molto più di questo, Blaine.”, gli disse con voce piccola, un segreto solo loro.

 

***

 

“Quindi, uhm- adesso mi porterai fuori a cena?”, sussurrò piano Blaine, mentre con le dita disegnava delle linee senza forma sul petto nudo di Kurt. Erano distesi a letto, fuori i primi raggi dell'alba cominciavano ad illuminare i loro corpi intrecciati coperti da un leggero lenzuolo dalle loro vite in giù. Kurt ridacchiò.

“Vuoi un appuntamento, dolcezza?”, chiese in un soffio Kurt, strofinando il naso contro il suo. “Perchè visto cosa abbiamo appena fatto, credo che siamo un po' in ritardo per quello.”

Blaine cominciò a punzecchiare i fianchi di Kurt con le dita, per fargliela pagare. “Stupido.”, borbottò giocosamente, prima di allungarsi per lasciargli un bacio sul mento. “Stavo solo pensando che se volessimo, potremmo comportarci come una coppia normale. Tutto qui.”

Kurt alzò un braccio per accarezzare con le dita un sopracciglio di Blaine. Lo colpì con estrema delicatezza, poi scese lungo la guancia, un sorriso perso che gli inondava il volto.

“Ti darò tutto quello che posso darti.”, sussurrò appena. “Questo te lo giuro, Blaine.”

Blaine gli sorrise di rimando. “Quindi, beh, anche un appuntamento?”

“Anche un appuntamento.”, borbottò Kurt prima di poggiare le proprie labbra su quelle di Blaine, in un bacio intenso e pigro allo stesso tempo.

“Se mi porti fuori, però-”, sussurrò Blaine, mentre Kurt si spostava dalla sua bocca al collo di Blaine, prendendo a mordere e succhiare punti precisi. “A-allora voglio la pizza.”

Kurt ridacchiò dolcemente, a quel punto. “E pizza sia.”

 

***

 

Stare insieme era magico e bizzarro allo stesso momento.

Blaine aspettava Kurt con il cuore tutte le notti, e quando ormai i raggi di sole cominciavano ad inondare la stanza e Kurt finalmente ritornava, Blaine ricominciava a respirare. C'erano dei giorni in cui Blaine aveva così tanta paura che aveva bisogno di fare l'amore con Kurt per sentirsi vivo – perché dentro di sé aveva tanto di quell'amore che da solo non riusciva a contenere, e aveva bisogno di un altro corpo che lo contenesse insieme a lui, e che così formassero un unico essere.

Certe notti si addormentava mentre lo aspettava, e Kurt per svegliarlo gli baciava i capelli e poi lo sollevava e lo portava a letto, tenendolo stretto addosso per quanto gli era possibile, così da dimostrare a Blaine che era proprio lì, che era reale e non se ne sarebbe andato.

C'erano delle volte in cui era difficile amarsi, e Blaine si ritrovava ad essere così preoccupato che scoppiava a piangere - e quelli erano i momenti che Kurt avrebbe volentieri cancellato, perché lui voleva solo il meglio per Blaine, voleva tutto, e a volte quel tutto non riusciva a darglielo e faceva immensamente male.

Ma c'erano anche i giorni degli appuntamenti, o dei baci rubati che sapevano di caffè e normalità, e quella era la vita vera – la vita alla quale entrambi si stavano abituando.

 

***

 

Ma è solo quando raggiungi il punto più alto che le cadute fanno più male.

Una notte come tante altre Kurt tornò a casa dopo ore insolitamente tranquille – difficile passare una nottata senza incidenti in una città grande come New York, eppure era esattamente ciò che era successo. Non era nemmeno l'alba, e Kurt era così contento perché forse sarebbe riuscito a dormire con Blaine un pochino prima che lui dovesse alzarsi per andare al lavoro – ma quando si tolse la maschera e si avvicinò al letto della loro stanza, si accorse che Blaine non c'era.

In un primo momento pensò potesse essere in bagno, o in cucina. Andò a controllare, notando che non era da nessuna parte. Cercò di mantenere la calma, ma ogni suo tentativo fallì miseramente quando si accorse che vicino alla finestra c'erano i suoi occhiali. Erano crepati su entrambe le lenti, e Kurt sentì tutto il fiato che aveva in corpo incastrarglisi nella gola.

Si accorse solo in un secondo momento che sopra il suo comodino c'era un biglietto di carta. La scrittura era grossolana e sghemba, di qualcuno che aveva fretta, e non apparteneva al suo Blaine.

Il cuore di Kurt si fermò e il sangue gli si ghiacciò nelle vene.

 

Ognuno di noi ha un punto debole.

Credo di aver appena trovato il tuo, Macchia.

 

Kurt rilesse almeno una decina di volte il biglietto prima di prenderlo in mano e accartocciarlo chiudendo forte il pugno. Strinse forte gli occhi, impedendosi di piangere, perché non era di certo quello ciò che ora doveva fare.

Si rimise la maschera e tornò fuori, al cospetto della città, alla ricerca del suo Blaine.

 

***

 

Stava davvero per perdere ogni speranza e letteralmente impazzire, quando vide qualcosa che attirò la sua attenzione sulla cima dell'Empire State Building. Da lontano sembrava un piccolo bozzolo, ma solo dopo qualche balzo Kurt lo riconobbe: era proprio Blaine. Avrebbe tanto voluto piangere anche solo per averlo ritrovato, ma si costrinse a mantenere il controllo e con passi veloci gli andò vicino, camminando con sinuosità sul cornicione di quel grattacielo.

Blaine aveva le mani legate dietro a una colonna, e alzò lo sguardo appena sentì dei piccoli passi.

“Kurt-”

“Sono qui.”, disse immediatamente Kurt, il cuore che si riempiva di sollievo. “Sono qui dolcezza, è tutto a posto.”

“No, Kurt.”, cominciò a dimenarsi Blaine, guardandolo con occhi enormi e lucidi. “D-devi andartene- è te che vuole, non me. È una trappola.”, disse velocemente, una lacrima che scivolò sulla sua guancia. “Ti prego vattene, non pensare a me-”

Kurt non lo voleva nemmeno stare a sentire. Continuò a camminare verso di lui fin quando gli fu praticamente di fronte, e stava per allungare le dita e cancellare tutte le lacrime di Blaine, prima di sentirlo e vederlo urlare.

Kurt-”

Il colpo arrivò dritto in mezzo alla schiena, e Kurt si ritrovò ad essere spinto di lato, un dolore acuto che si espanse in tutto il suo corpo. Spalancò gli occhi e la bocca e cercò di respirare, mentre attorno a lui solo le urla di Blaine riempivano il silenzio assordante della città. Riuscì a mettersi sui gomiti e riconoscere la figura che c'era a pochi metri da lui – un'altra mutante, il suo ultimo nemico. Quella che l'aveva quasi ucciso.

“E così ci rivediamo, Macchia.”, borbottò lei. La sua pelle era di un verde scuro, liscia e umida, i suoi occhi rotondi e gialli e senza contorno. Il particolare più inquietante era di certo la sua lingua tagliata esattamente a metà, in modo che fosse biforcuta. “Non sei spavaldo come ricordavo.”

Kurt non aveva ancora capito come quella donna si chiamasse, sapeva solo che era stata erroneamente mutata in un serpente. Piccole perle bianche fuoriuscivano dalle sue labbra: i suoi canini appuntiti, portatori di veleno.

“Non mi piace essere carino con la gente che non sa fare altro che sputare veleno.”, borbottò sarcasticamente, tirandosi su a sedere. Lei rise, una risata poco entusiastica.

“Il tuo umorismo è ciò che ti ha sempre salvato, piccolo illuso.”, disse con finta dolcezza. “Questa volta però non ti salverà. E non salverà nemmeno lui.”, mormorò, gettando un'occhiata a Blaine. Il cuore di Kurt precipitò.

“Lui non c'entra niente.”, ringhiò Kurt a quel punto. “Lascialo andare. Prendi me, è a me che vuoi farla pagare.”

“Esattamente.”, sibilò lei. Si voltò dalla parte di Blaine, rivolgendogli un sorriso finto. “Vedi, caro Blaine, il tuo caro ragazzo qui è stato così scortese da rifiutare l'invito ad unirsi a me. Non vuole diventare mio alleato.”, spiegò con cautela, avvicinandosi sempre di più. “E nessuno dice di no a me.”

Kurt strinse le dita delle mani a pugno. “Non distruggerò i laboratori insieme a te, razza di pazza psicopatica. Anche se lo facessimo, non potremmo mai tornare umani. Lo sai questo, vero?”

“Certo che lo so.”, borbottò lei con rabbia. “Ma hai mai sentito parlare di vendetta, mia cara Macchia? Immagino di no. D'altronde, a te cosa importa? Guardati, sei più che bellissimo nel tuo corpo umano. Invece guarda me. Guarda cosa hanno fatto a me. Chi potrebbe mai amarmi?”

Kurt cercò gli occhi di Blaine, annegando un attimo in quell'oceano d'ambra.

“Te lo chiederò ancora una volta, Macchia: unisciti a me.”, gli disse con cautela, un sorriso inquietante che sporcava le sue labbra da rettile.

Kurt le sorrise quasi dolcemente. “Mai.”, miagolò, i muscoli tesi della schiena e la testa alta. Lei iniziò a ridere.

“Molto bene.”, sibilò, sbattendo gli enormi occhi gialli. “Allora guarda la persona che ami di più morire.”

Kurt si mosse con un secondo di ritardo. Il Serpente – lo chiamava così per convenzione, e perché probabilmente quello sarebbe stato il nome che avrebbe usato Blaine – corse verso Blaine spezzando con le unghie delle mani le corde che lo tenevano legato e dopodichè allungò una mano per afferrarlo dal bavero della giacca, sporgendolo al di là del cornicione, Blaine che urlava rendendosi conto di quanto in alto fosse realmente.

“No- ti prego no-”, ringhiò Kurt, correndo verso di loro. “Non-”

“Mi chiedo quanto tu sia veloce.”, sussurrò il Serpente, roteando gli occhi. “Non lo so, magari abbastanza da salvare Blaine e contemporaneamente impedire che avveleni la città con una sostanza che ho preparato. Sai, questo è il palazzo più alto. Mi chiedo quanto ci metta ad agire.”

“K-Kurt-”, sussurrò Blaine senza fiato. “K-Kurt.”

Non ebbe il tempo di dire altro, perché poi il Serpente lasciò la presa, e Blaine e Kurt urlarono insieme, all'unisono, il nome dell'altro. E Kurt razionalmente non seppe nemmeno capire il perché, ma la città che ogni notte si faceva in quattro per difendere perse improvvisamente importanza nel momento in cui si precipitò verso il punto in cui Blaine era caduto, allungando le mani per prenderlo con sé.

Afferrò saldamente le sue dita, ma non riuscì a trovare nessun appiglio a cui aggrapparsi, così scivolarono entrambi sul tetto e rotolarono insieme, almeno finchè finalmente Kurt affondò le unghie su parte del muro, e poi trovò il modo di aggrapparsi a una colonna con un braccio, mentre con l'altro teneva in qualche modo Blaine. Urlò di dolore. Gli sembrava che ogni piccolo muscolo del suo corpo si stesse strappando, e non era sicuro di poter sostenere Blaine ancora per molto.

“N-non lasciare la presa, Blaine.”, disse, gli occhi che pizzicavano di lacrime. “Non ti azzardare a lasciare la presa, mi hai capito?”, gli ripetè. Vide Blaine annuire con quel suo casco di ricci indomabili che si muovevano per la brezza della notte, e avrebbe tanto voluto piangere per quanto naturale quel gesto sembrasse in mezzo a tutto quell'inferno.

“M-mi dispiace.”, sussurrò, mordendosi forte il labbro inferiore. “Dio amore mio, mi dispiace- non avrei mai voluto questo.”

“V-va tutto bene.”, singhiozzò Blaine, affondando la testa nella sua spalla. “Va tutto bene, c-ce la caveremo.”

“Certo che ce la caveremo, dolcezza, per chi mi hai preso?”, scherzò Kurt, lasciandogli un bacio tra i ricci. “Adesso ascoltami Blaine, okay? Devi arrampicarti fino a quella finestra. Ce la puoi fare.”

Blaine alzò lo sguardo, rendendosi conto che a pochi metri da lui c'era una finestra. Represse un singhiozzo.

“N-non ce la faccio.”, borbottò, facendo di no con la testa. “K-Kurt io- non ce la faccio, ho paura, così tanta paura, io-”

“Shhh, sì che ce la fai. Sì che ce la fai.”, ripeté Kurt, cercando i suoi occhi. Lo baciò di sfiorò, ma fu così veloce che non pressò le labbra sulla parte centrale della bocca di Blaine, ma solo su una parte. “Io credo in te, dolcezza. L'ho sempre fatto. Sei- sei così forte, va bene? Ce la puoi fare. Coraggio.”, gli disse con calma Kurt. Blaine fece un piccolo sì con la testa poco convinto, e si mosse per aggrapparsi a parte del muro che c'era accanto a sé, e solo dopo si diede uno slancio per lasciare il corpo di Kurt. Strinse forte gli occhi per non guardare giù, e con estrema calma cominciò a muoversi per raggiungere la finestra.

“Così dolcezza.”, borbottò Kurt, il cuore che praticamente gli scoppiava d'orgoglio. “Io adesso vado a spaccare qualche culo, okay?”

Blaine scoppiò a ridere in mezzo alle lacrime, poi si mordicchiò il labbro inferiore. Trasse un sospiro di sollievo quando raggiunse la finestra, e con qualche calciò riuscì ad aprirla, infilandosi dentro a quello che aveva tutta l'aria di essere un magazzino.

 

***

 

Kurt era stremato, ma continuava a lottare comunque. Schivava e affondava colpi, cadeva di lato ma si rialzava, perdeva sangue, lasciava scivolare lacrime. E lottava per Blaine.

Aveva cominciato a piovere, e l'acqua scivolava tra i suoi capelli e i vestiti, e in quel momento avrebbe tanto voluto farsi abbracciare da Blaine sotto calde coperte di fronte a un camino.

Graffiò il Serpente in pieno viso, lei cadde all'indietro e Kurt affondò un piede nel suo torace, provando il bruciante desiderio di schiacciarla.

“Non dovevi nemmeno pensare di poterlo toccare, mi hai capito?”, ringhiò, i canini che pungevano la pelle delle sue labbra. Lei scoppiò a ridere, una risata spenta, poi mosse la lingua come un serpente, scivolando fuori dalla sua presa e cominciando a correre, correre per il terrazzo e poi imboccò un lungo corridoio buio, senza mai smettere di sghignazzare. Kurt avrebbe tanto voluto chiederle perché rideva, ma lo capì quando la vide entrare in una stanza che aveva tutta l'aria di essere un magazzino – e lì, vicino alla finestra dove poco prima aveva rischiato di perdere tutto, il Serpente adesso stava tenendo saldamente il corpo di Blaine da dietro, i canini a poca distanza dal suo collo.

“Un passo e lo mordo.”, sibilò, ridacchiando. “E tu sai cosa fa il veleno dei serpenti.”

Kurt rabbrividì, cercando gli occhi di Blaine. “Ti prego non- lascialo andare. Prendi me, io- sarò tuo alleato, qualsiasi cosa. Ma lascia andare Blaine.”

Lei sorrise ampiamente. “Stai mentendo.”

“No, Cristo- non sto mentendo. Lascialo andare. Ti prego- non fargli del male.”

“Perchè?”, chiese lei, affondando il viso nella spalla di Blaine per strofinare il naso contro il suo collo. Kurt avrebbe tanto voluto stritolarle ogni singolo osso del suo corpo mutato.

“P-perchè è la cosa più preziosa che ho in questo mondo.”, sussurrò cercando i suoi occhi di miele. “P-perchè mi ha salvato la vita, anche se probabilmente non se ne rende conto, proprio come io ho salvato la sua, ma lui l'ha fatto in modo più radicale, perché mi ha salvato da me stesso e non dal mondo.”

Il Serpente scrollò le spalle. “...debole. Solo per questo? O c'è altro?”

“Perchè è l'unico che riesca ad amarmi per quello che sono diventato.”, sussurrò Kurt. “Perchè non gli importa e vede oltre, perché mi guarisce, perché porta luce in questo schifoso mondo buio- e perché non mi ha lasciato andare nonostante fosse la cosa più semplice.”

Lei sorrise, di nuovo. “Non mi stai convincendo ancora, Macchia.”

“Perchè lo amo.”, disse infine, perché era la verità, ed era liberatorio dirlo, anche se era la sua più grande debolezza. “Perchè è l'unica cosa che può distruggermi, ma anche l'unica che può salvarmi.”

“Lo ami.”, borbottò il Serpente. “Certo che lo ami.”, sibilò. “Beh, guarda cosa può fare l'amore, Macchia.”, mormorò lei, prima di aprire le labbra e avvicinarsi al collo di Blaine. Stava per morderlo – stava davvero per farlo senza che Kurt potesse fare niente – ma improvvisamente Blaine si mosse dando una forte gomitata al mutante, per poi rigirarsi tra le sue braccia e spingerlo giù, fuori dalla finestra.

Non si rese conto che lei aveva legato parte della coda alla sua caviglia, di fatto trascinandolo giù con lei. Kurt si mosse immediatamente, balzando fuori dalla finestra e gettandosi nel vuoto per recuperare il corpo di Blaine. Lo avvolse con entrambe le braccia, scontrandosi con le pareti dell'edificio e parti di cornicione, finchè finalmente incontrarono qualcosa di più solido e si fermarono, mentre il Serpente cadde nel vuoto della notte, giù, sempre più giù, fino a scomparire.

Kurt aprì gli occhi con cautela, mettendosi a sedere e portandosi Blaine in grembo, che aveva ancora gli occhi chiusi. Notò solo in quel momento che aveva una tempia bagnata di sangue, molto probabilmente perché aveva battuto la testa, e il suo cuore precipitò nello stomaco.

“Blaine?”, lo chiamò, scostandogli i ricci bagnati di pioggia dalla fronte. “B-Blaine ti prego, svegliati, forza.”, gli disse con dolcezza, scrollandolo gentilmente. Ma Blaine non si muoveva. “Blaine, avanti, apri gli occhi- devi aprire gli occhi.”, mormorò, accentando le carezze tra i capelli. “B-Blaine.”, sussurrò di nuovo. “Blaine Blaine Blaine Blaine- Blaine.”, un singhiozzo, e poi Kurt appoggiò la fronte alla sua. “Ti prego no.”, soffiò, scoppiando a piangere. “I-io ho- ho bisogno di te non- non andartene. Non ce la faccio senza di te, io- io non sono niente, non sono niente-”

Non trovava più le parole.

Ecco cosa aveva ottenuto. Tutti quegli sforzi per tenerlo lontano, tutto ciò che aveva fatto per evitare che si facesse del male: non era servito a niente. Blaine lo aveva appena lasciato, lui era- era-

Kurt appoggiò la fronte al petto di Blaine e si lasciò andare, stringendo forte la sua camicia e lasciando che la pioggia bagnasse i loro corpi insieme. Non seppe capire quanto tempo passò, ma abbastanza da permettere al pianto di stordirlo. Non sentiva niente, solo dolore, come mille lame affilate che gli squarciavano il petto, e poi-

“T-ti giuro che non sono uno che sviene sempre.”, sentì borbottare. Kurt alzò immediatamente la testa, e vide Blaine che si massaggiava una tempia, gli occhi che sbattevano lentamente. “Uhm- è come aver bevuto, più o meno. Gira tutta quanta la città.”

“Oh mio dio, Blaine.”, sussurrò Kurt, lasciandosi scappare un sospiro di sollievo. Fu come rinascere, ma più denso, come tornare a respirare dopo ore e ore di apnea. “Blaine- dio, pensavo fossi- non ti azzardare mai più a- oh mio dio. Stai bene.”, soffiò, prendendolo tra le braccia. “Sei vivo.”

“C-certo che sono vivo, per chi mi hai preso?”, scherzò Blaine. “Ho la testa dura.”

“Scemo.”, mormorò Kurt tra le lacrime. “Ho preso così paura, tu non hai idea, non mi rispondevi.”

Blaine gli sorrise cautamente. “Va tutto bene, piccolo.”, disse dolcemente. “S-sto bene. Non piangere.”, disse con dolcezza, raccogliendo con le labbra le lacrime di Kurt. “Sei stato bravissimo.”

“No, tu lo sei stato.”, gli disse di rimando Kurt, baciandogli la fronte. “Il più coraggioso del mondo.”

E poi Blaine rimase lì, rannicchiato tra le sue braccia, la pioggia che non cessava e che scivolava tra i loro corpi.

“Ti avevo promesso che sarei tornato sempre anch'io, Kurt.”, disse a un certo punto Blaine. “L'ho fatto. Ho mantenuto la mia promessa.”

 

***

 

Cinque mesi dopo

 

“Tieni gli occhi chiusi, Kurt.”, si raccomandò Blaine, tenendogli saldamente le mani. Kurt avrebbe tanto voluto alzare gli occhi al cielo, ma non poteva farlo, ed era estremamente frustrante.

“Se è uno scherzo non mi sta piacendo, Blaine.”

“Cerca di mantenere la calma.”, disse dolcemente Blaine, continuando a camminare con la mano nella sua.

“Ai gatti non piace non vedere. Credo che tu lo sappia bene.”

“Si tratta di qualche secondo, porta pazienza.”, sussurrò Blaine. “Eccoci arrivati.”, continuò poi. Kurt sentì il suono di una porta che veniva aperta, e poco dopo una leggera brezza lo colpì in pieno viso. “Ora puoi aprirli.”

Così Kurt lo fece, aprì gli occhi, trovandosi di fronte un piccolo studio interamente arredato in legno che dava sulla città di New York – e sulla porta, su una targhetta di colore dorato, spiccava una piccola scritta elegante.

 

Blaine Anderson

Vice direttore del “Daily Reporter”

 

“Oh mio dio.”, sussurrò Kurt, portandosi entrambe le mani alla bocca. “C-ce l'hai fatta, amore mio-”

“Ce l'ho fatta.”, disse subito Blaine, afferrando i fianchi di Kurt per farsi baciare piano e lentamente. Quando si staccarono, Blaine notò che Kurt sembrava più che emozionato.

“Sebastian ha detto che ho fatto grandi progressi e me lo merito. Tra le altre cose, con Jim le cose gli stanno andando più che bene in questo periodo, ed è di buon umore, per cui...beh, un miscuglio di cose credo, che mi hanno portato a questo.”

Kurt gli accarezzò i ricci con dolcezza. “Sono così fiero di te.”

“Lo spero. Voglio dire- voglio che tu lo sia.”, disse con calma Blaine, prima di baciarlo di nuovo. “E' grazie a te se sono arrivato qui, lo sai? Senza la Macchia non sarei stato nessuno.”

Kurt fece una piccola smorfia. “Non è vero, dolcezza. Saresti arrivato qui comunque, perché sei il ragazzo più coraggioso e con più talento che abbia mai incontrato, e sapevo che un giorno avresti avuto tutto questo.”

Blaine gli sorrise dolcemente, il cuore nel petto che si fermava e poi ripartiva più velocemente. Baciò Kurt di sfioro, rabbrividendo appena, poi le sue mani scivolarono sulla sua camicia per slacciare un bottone, mentre un piede si allungava per chiudere la porta dietro di loro.

“B-Blaine-”, borbottò Kurt, trovandosi a indietreggiare. “Che cosa- fai?”, chiese tra un bacio e l'altro. Blaine allungò le mani sulla sua schiena per portarselo più vicino, facendo aderire dolcemente i loro bacini.

“Uhm, niente, ho solo voglia di baciarti.”, soffiò, spingendo Kurt fino a farlo sedere sulla sua scrivania nuova. Afferrò il suo volto tra le mani e continuò a baciarlo languidamente, spingendo la lingua all'interno della sua bocca mentre con la mano cercava la sua pelle al livello dei fianchi, intrufolando le dita sotto la stoffa dei pantaloni.

“Inoltre-”, borbottò Blaine, prima di avventarsi sul suo collo, “Mi piace inaugurare le cose nuove.”

Kurt letteralmente miagolò. “M-ma Blaine- potrebbero entrare da un momento all'altro-”

“E' la cosa bella di avere un ufficio tutto mio, sai?”, soffiò Blaine sulla sua pelle. “Gli altri devono bussare se vogliono farmi visita.”

Kurt a quel punto cedette e si distese sulla scrivania sotto di lui, Blaine che continuava a baciarlo e lasciargli piccole carezze ovunque arrivasse. Blaine aveva finalmente slacciato l'ultimo bottone della camicia di Kurt con estrema calma, quando in lontananza sentirono il suono di una sirena.

“Oh no.”, borbottò Kurt. Blaine cominciò a ridacchiare, la bocca aperta schiacciata sul collo di Kurt. “Ti prego non adesso. Non adesso.”, ringhiò Kurt, passandosi una mano tra i capelli. “Mio dio, lo fanno apposta. Sono peggio dei bambini questi incidenti, sembra che sappiano esattamente in che momento capitare.”

Blaine si rialzò dalla scrivania e aiutò Kurt a fare lo stesso. Lo vide tirare fuori dalla tasca dei jeans la sua maschera, e lavorare con la camicia per toglierla definitivamente. Blaine si aggrappò alle sue spalle per lasciargli un bacio caldo e umido sulle labbra.

“Torna, okay?”, gli disse con dolcezza, proprio sulle labbra. Kurt sorrise appena.

“Io tornerò sempre dolcezza, lo sai. Ti ho fatto una promessa.”

Blaine lo baciò di nuovo, lasciandolo sulla soglia della finestra. Gli accarezzò una guancia.

“Falli secchi, tigre.”, soffiò Blaine vicino alle sue labbra. Kurt ridacchiò.

“Non so se te ne sei accorto, dolcezza-”, borbottò, prima di arrampicarsi sulla finestra dietro di lui. “Ma si dà il caso che io sia stato un gatto per tutto questo tempo.”

E detto quello, scomparve tra i grattacieli della città di New York.

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Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuta. Mi fa bene scrivere di Kurt e Blaine, perché so che sembra strano e non è passata nemmeno una settimana, ma già mi mancano immensamente :,(
Se avete voglia, fatemi sapere come avete trovato questa OS!
Un bacio,
 
Je <3
   
 
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