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Autore: IrethTulcakelume    26/03/2015    1 recensioni
I One Direction sono una boy band di origini anglo-irlandesi formata da Niall Horan, Liam Payne, Harry Styles e Louis Tomlinson.
[…]
Il 25 marzo 2015 Zayn Malik ha lasciato ufficialmente il gruppo causa il forte stress che provava e "volendo vivere come un normale 22enne".
[…]
Malik ha lasciato ufficialmente il gruppo per "il troppo stress" il 25 marzo 2015, ufficializzando così le voci che giravano già da tempo. Malik ha inoltre aggiunto durante un'intervista data al tabloid inglese Daily Mail: "La mia esperienza con i One Direction è stata più di quanto avessi mai potuto immaginare. Dopo cinque anni, però, sento che è arrivato il momento di lasciare il gruppo. Mi scuso con i fan se ho deluso qualcuno, ma devo fare quello che penso sia giusto".
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PICCOLA PREMESSA: Io so che avete capito perché ho scritto questa OS, e... non-non riesco neanche a scrivere. Non so cosa sia uscito fuori, perché non ho riletto molto bene, non ne ho avuto il coraggio, maledizione. L'ho scritta ascoltando "Over again", e vi consiglio di leggerla ascoltandola anche voi, perché... non so, fatelo e basta, non fatevi domande.
Volevo dedicare questa OS a Erica, Giulia, Oleksandra, Giorgia e Chiara, che oggi hanno condiviso il dolore di questo giorno insieme a me.


 
25th MARCH 2015





I One Direction sono una boy band di origini anglo-irlandesi formata da Niall Horan, Liam Payne, Harry Styles e Louis Tomlinson.
[…]
Il 25 marzo 2015 Zayn Malik ha lasciato ufficialmente il gruppo causa il forte stress che provava e "volendo vivere come un normale 22enne".
[…]
Malik ha lasciato ufficialmente il gruppo per "il troppo stress" il 25 marzo 2015, ufficializzando così le voci che giravano già da tempo. Malik ha inoltre aggiunto durante un'intervista data al tabloid inglese Daily Mail: "La mia esperienza con i One Direction è stata più di quanto avessi mai potuto immaginare. Dopo cinque anni, però, sento che è arrivato il momento di lasciare il gruppo. Mi scuso con i fan se ho deluso qualcuno, ma devo fare quello che penso sia giusto".
 
L’atmosfera nella stanza d’albergo di Liam era irrespirabile, l’aria immobile, quasi stagnante. Era rimasto tutto il giorno chiuso in quella stanza, le finestre chiuse, le tapparelle abbassate, la luce dell’unica lampada, al centro del soffitto, spenta.
Era rannicchiato nelle lenzuola, le mani strette convulsamente al tessuto che non volevano saperne di smettere di tremare. E le lacrime, quelle maledette lacrime che continuavano a scendere imperterrite sul suo viso, bagnando il cuscino. Prima o poi finiranno, no?, pensava. E intanto continuava a piangere. I minuti, le ore, si susseguivano tutti uguali. Non era uscito, non aveva mangiato né bevuto, non aveva voluto vedere nessuno – si sentiva svuotato di ogni forza, di ogni volontà.
Ad un certo punto, quella monotonia quasi insopportabile venne spazzata: al rumore sommesso dei singhiozzi di Liam si aggiunse un lieve bussare, quasi inesistente, eppure udibile in quegli istanti in cui il silenzio era sovrano e ammantava quel luogo come una cappa, una coperta di lana troppo calda che finisce per divenire soffocante.
Liam fece finta di non sentire, iniziando a tremare più forte – no, non era per il freddo che tremava. Non ricevendo risposta, la persona fuori dalla porta iniziò a bussare con più forza, quasi con disperazione.
- Vai via! – urlò Liam da sotto le coperte, la voce spezzata dal pianto. – Non voglio ascoltarti, non abbiamo nulla da dirci!
Un colpo più forte, poi più niente. Solo altri singhiozzi, anche dall’altra parte della porta, e un sussurro. – Ti prego, Liam… aprimi… voglio solo parlarti…
- Io no, non più, e ora vai via, non voglio mai più sentire la tua voce, ti odio! – Liam serrò gli occhi e si tappò le orecchie con le mani, riprendendo a piangere più forte. Ci fu un lieve tonfo, ma questa volta Liam non lo sentì – non voleva, e non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. E lui si sentiva proprio così in quel momento: sordo. L’unico suono che riusciva a percepire era quello dei suoi singhiozzi, il suono del suo dolore.
Dopo un po’ – non seppe dire quanto tempo fosse passato – lacrime smisero di scendere dalle sue ciglia. Aveva gli occhi asciutti, rossi e infiammati per quanto li aveva sfregati, le occhiaie pronunciate.
Stese le gambe, girandosi a pancia in su sul letto e passandosi le mani, prima strette alle lenzuola, sul suo viso, quasi come se potessero scacciare quella voglia malsana di riprendere a piangere, nonostante avesse ormai terminato tutte le lacrime.
Si alzò lentamente, ogni movimento gli costava una fatica immane: aveva tutti i muscoli intorpiditi per essere rimasto tutto il giorno nella stessa posizione. Avrebbe dovuto farsi una doccia, ma non ne aveva la forza: sentiva che se ci avesse provato, sarebbe annegato nella vasca – non che la prospettiva gli dispiacesse troppo. Si sentiva svuotato, non c’era più nemmeno spazio per il dolore: solo un’enorme voragine nel petto.
Camminò lentamente verso la porta e la aprì senza entusiasmo, e quello che vide lo lasciò basito: Zayn, i capelli scompigliati, seduto con la schiena appoggiata al muro, lo fissava con gli occhi rossi e gonfi per il pianto, le lacrime che ancora gli rigavano le guance. Subito si alzò, e guardò Liam spalancando quei due pozzi neri come il cielo nella più scura delle notti. Il ragazzo, però, non fece niente: rimase impassibile, troppo stanco anche per gridargli addosso tutto il suo dolore o per tirargli un pugno in faccia. Distolse lo sguardo dal suo viso e si voltò, per tornare in camera sua, chiudendosi la porta dietro la schiena. All’ultimo momento, però, Zayn infilò un piede tra la porta e il muro, bloccandola prima che si chiudesse completamente. – A-aspetta, Liam…
Quello gli lanciò uno sguardo vacuo, stanco, e mollò la maniglia, lasciando che Zayn entrasse, troppo distrutto e stufo di combattere contro la sofferenza. Si diresse verso il letto, sedendosi e appoggiando i gomiti sulle ginocchia, incurvando la schiena. Puntò lo sguardo in un punto imprecisato del pavimento, sentendo le tempie pulsare dolorosamente. L’altro ragazzo lo seguì esitante, accostando la porta e appoggiandosi con la schiena al muro, lasciandosi scivolare e stringendosi le ginocchia al petto, seduto sul pavimento.
Restarono in quelle posizione per alcuni minuti, senza guardarsi, senza badare a cosa faceva l’altro, la mente completamente svuotata. Poi, Liam sollevò lo sguardo su Zayn, gli occhi che minacciavano di riempirsi nuovamente di lacrime, ma lui le ricacciò indietro. In quello stesso istante, l’altro fece lo stesso, ed entrambi si alzarono in piedi lanciandosi l’uno contro l’altro, abbracciandosi come se fossero l’uno l’ancora dell’altro. Liam non riuscì più a trattenersi dal far scorrere liberamente le lacrime lungo il suo viso, maledicendo se stesso, e andando a inzuppare la maglietta di Zayn, che non se ne curò minimante, iniziando a fare lo stesso. Liam seppellì la faccia nell’incavo del suo collo, dicendo poi con voce roca e spezzata: - Ti prego, Zayn… non te ne andare… resta qui con noi… con me… - nel dirlo prese tra le mani sua maglietta, quasi strattonandola per impedirsi di piangere più forte.
- Non posso Liam… io non ce la faccio più a vivere questa vita…
A quelle parole, il castano si staccò dall’altro in un moto rabbia, stringendo i pugni. – Pensi che per noi altri sia facile, eh? Non pensi che sia difficile anche per noi essere continuamente pressati dalla Modest? – gli urlò addosso, la voce che gli usciva rotta dalla gola. Poi, con un tono più sommesso, continuò: - Non pensi che per me sia difficile? Hai idea di come mi sia sentito quando ci hai detto di volertene andare, eh? Mi sono sentito svuotato dentro, come se mi avessi scavato una ferita profonda proprio qui – si toccò petto – dentro il cuore.
 
Zayn li aveva chiamati tutti e quattro nella sua stanza quella sera. Erano già parecchi giorni che sembrava strano, quasi scostante con loro, perfino con Liam, e aveva un brutto presentimento. Appena entrarono, capì immediatamente ciò che stava per succedere: la valigia già chiusa appoggiata contro il muro, il letto rifatto, tutto era innaturalmente in ordine.
- No – disse solo, appena mise piede nella stanza. Zayn li guardò tutti, soffermandosi poi su di lui, ma pochi secondi dopo fu costretto ad abbassare il viso, non riuscendo a reggere il suo sguardo ferito e smarrito.
- Io… io non sto bene, ragazzi, questa vita mi sta distruggendo. Mi sento soffocare. Voi siete davvero fantastici, ma… ma io non riesco più a sopportare di non avere una vita mia, privata, senza che il mondo venga sapere immediatamente dove sono, con chi sono e cosa sto facendo. È diventato davvero insostenibile, non riesco davvero più a sopportarlo. Mi dispiace… voglio lasciare il gruppo.
Non riuscì nemmeno a guardarli in faccia mentre parlava. Il primo a reagire a quelle parole fu Harry, che gli si avvicinò rassicurante. – L’avevamo già capito, se è quello che ti stai chiedendo. Beh, se pensi che questo sia il meglio per te, noi-noi non abbiamo il diritto di fermarti – Fu in quel momento che non riuscì più a trattenere le lacrime, che iniziarono a scendere lentamente lungo il suo viso. - Soffriremo molto per questo, e lo sai, ma-ma se questo è quello che vuoi…

Zayn sollevò lo sguardo, e vide che tutti stavano piangendo. Niall e Louis gli si gettarono addosso, abbracciandolo.
- Cazzo, Zayn, ci mancherai… - disse con fatica Louis, soffocandolo in un abbraccio, al quale l’altro rispose quasi con disperazione.
- Anche voi, maledizione, anche voi mi mancherete… ma io non ce la faccio davvero più. Perdonatemi, se potete…
- Certo, certo…
- Non ti dimenticheremo, lo sai, vero?
- Lo so, ragazzi. Siete stati la cosa più bella che mi sia capitata in questi cinque anni, ma sento che è giunta l’ora di andarsene…
Gli altri tre lo guardarono, gli occhi ancora velati di lacrime, e annuirono, allontanandosi da lui lentamente, per poi uscire dalla stanza.

Liam, durante tutto quel tempo, era rimasto immobile, davanti alla porta ancora aperta, a fissare Zayn senza neanche vederlo davvero. Colse solo alcuni brandelli della conversazione, che presero a rimbombargli nella testa. –Mi sento soffocare… Insostenibile… Voglio lasciare il gruppo… Perdonatemi…
Quando tutti furono usciti, Liam disse solo una parola, la stessa che aveva pronunciato appena entrato nella stanza. – No.
- No cosa, Liam? – gli chiese Zayn, confuso.
- Gli altri forse possono, ma io no.
- Non capisco.
- Io non ti perdono, Zayn. Non puoi pretendere che io lo faccia.
- Ma…
- No, non ti perdonerò.
Zayn si alzò dal letto dirigendosi verso Liam, ma quello indietreggiò. – Non-non osare avvicinarti… non…
Zayn però continuò ad avvicinarsi, Liam, in un moto di rabbia, gli mollò un pugno nello stomaco, facendolo piegare per il dolore – Ora capisci come mi sento adesso. Anzi, no, è cento volte peggio, perché il male per un cazzotto passa, ma quando sei ferito dentro… oh… quello non passa facilmente.
Zayn lo guardò implorante. – Ti prego, cerca di capire…
- Cosa devo capire, Zayn? Non c’è nulla da capire, solo che sei dannatamente egoista. – Indietreggiò ancora verso la porta. – Adesso è il caso che me ne vada. – Così dicendo, uscì dalla stanza, lasciandolo da solo.


- Sai… non credo che questa ferita possa aggiustarsi, non se tu vuoi andartene via, lasciandoci – lasciandomi.
Zayn lo guardò, gli occhi scuri ancora arrossati. – Lo sai che questo non è un addio, vero? Ci vedremo ancora…
- Non me ne frega niente! Non sarà più come vivere insieme! Niente sarà più uguale, non senza di te… cazzo, perché è così difficile, perché fa così male…? – dicendolo si lasciò scivolare per terra, afferrandosi le ginocchia tra le mani.
Zayn cercò di avvicinarsi a lui, ma Liam gli lanciò un’occhiata piena di risentimento, quasi d’odio, sibilando: - Non osare toccarmi o avvicinarti di un passo, altrimenti ti arriva un altro pungo. Esci da quella porta, adesso, prima che cambi idea e ti prenda a cazzotti. – L’altro lo guardò ferito, ma acconsentì e uscì dalla stanza, lasciandolo di nuovo da solo, come aveva fatto lui la sera prima, preda del suo stesso dolore, che lo stava divorando da dentro, come un morbo, una malattia incurabile che peggiora ogni istante di più.
 
Zayn guardò il suo biglietto aereo: sola andata, direzione Londra, l’ora dell’imbarco era ormai vicinissima. Aveva chiesto che nessuno lo accompagnasse in aeroporto, non sapeva neanche bene per quale motivo. Mentre osservava ancora una volta il suo biglietto, sentì una voce in lontananza, una voce che conosceva fin troppo bene.
- Zayn! Zayn! – Quello alzò lo sguardo, e quando vide Liam correre verso di lui gli si illuminarono gli occhi. Forse era venuto in aeroporto solo per continuare a insultarlo, come la sera prima, ma non gli interessava – era venuto, e questo era l’importante.
Appena si ritrovarono l’uno di fronte all’altro, si abbracciarono, stringendosi come se non ci fosse nessuno in quel dannato aeroporto, e per un attimo tutto intorno a loro scomparve. Liam si avvicinò all’orecchio di Zayn: - Lo sai, vero, che non penso neanche una cosa di quelle che ti ho detto? Non-non è vero che ti odio, cazzo, Zayn… E-e ti perdono, anche se-se non voglio che tu parta perché fa male, maledizione, fa male vederti partire senza di noi – senza di me.
Zayn gli accarezzo dolcemente la schiena, e proprio in quel momento chiamarono il suo volo. Liam lo guardò spaventato, smarrito, ma l’altro restò con lui, continuò a carezzargli la schiena, come se nulla fosse. Per un attimo, la speranza nacque nel suo cuore: forse aveva cambiato idea, forse sarebbe davvero restato con lui.
Passarono alcuni minuti, e quando tutti passeggeri dell’aereo si furono imbarcati, Zayn si staccò lievemente, per osservare il ragazzo di fronte a lui. Portò una mano sulla sua guancia, e lui vi si appoggiò, cercandovi un conforto che però non arrivava. E, inaspettatamente, Zayn si sporse e posò le labbra sulle sue. Liam strabuzzò gli occhi, ma subito si abbandonò a quel dolce contatto. Si staccarono e sorrisero entrambi, guardandosi negli occhi.
- Devo andare, o perderò l’aereo… - disse con una punta, neanche troppo velata, di malinconia.
Liam continuò a sorridere debolmente, le lacrime che minacciavano nuovamente di scendere sul suo viso, ma questa volta era ben determinato a ricacciarle indietro, qualunque cosa fosse successa.
Si staccarono e Liam, guardando il ragazzo correre verso l’aereo che lo avrebbe portato a migliaia di chilometri da lui, sussurrò a mezza voce con un sorriso sghembo sulle labbra: - Ci si vede a Londra il 24 settembre, Zayn Malik.




Beh... io ho pianto mentre scrivevo, ok? E... e soffro a mettere una sua foto, ma devo farlo, perché è giusto così.


 



Zayn, ti rivogliamo indietro, torna da noi maledizione! Io, da oggi in avanti, conterò i giorni fino a quando non tornerai, perché io so che succederà. Datemi pure dell'illusa - probabilmente lo sono - ma io continuerò a sperare che cambi idea e che capisca che il suo vero posto è con i One Direction.
"I wish, I would, I want"
  
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