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Autore: EmmaSofia    27/03/2015    2 recensioni
Era un momento morto al dodicesimo piano del centro d'addestramento, un'altra serata durante la quale Haymitch guardava vacuamente lo schermo che trasmetteva i giochi cercando di affogare le emozioni nell'alcool.
Poi arrivò Effie con la sua voce melodica e l'amarezza celata dietro ad un sorriso smagliante. Insieme però, forse, saranno capaci di lasciarsi alle spalle lo schifo del mondo nel quale vivono, almeno per quella sera .
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La mia prima fanfic het, nonché la prima nel fandom di Hunger Games
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sonni tranquilli

 
Tutto quel giorno era andato storto.
Come avrebbe potuto essere un buon giorno, in effetti? I ragazzi erano appena entrati nell’arena e già andava tutto a puttane. Il ragazzo, con evidenti inclinazioni suicide, era riuscito ad allearsi con i favoriti, mentre Miss Simpatia, da grande genio qual è, era riuscita a inimicarseli subito, forse addirittura con più energia rispetto a prima di entrare nell’arena. Ora era un momento morto e Haymitch guardava con aria vacua lo schermo ultrapiatto nel salotto del dodicesimo piano del centro d’addestramento, in mano una bottiglia di rum (o forse era brandy?) e una quantità indefinita di alcool nelle vene.
Niente aveva senso in quel momento: lo schermo trasmetteva solo piante e animalacci, ogni tanto qualche tributo dormiente; e lui era lì, impotente, a guardare quello che era il momento di tesa quiete prima di una tempesta, senza poter davvero fare niente per migliorare la situazione.
‹‹Come va qui?» cinguettò la voce melodica di Effie, che, apparsa nella stanza, cercava di ignorare la bottiglia e lo sguardo vuoto di Haymitch.
L’uomo si scosse e si girò verso di lei. Guardò dritto nei suoi occhi con uno sguardo misto di disgusto e ammirazione. ‘Come può essere sempre così allegra?’ si chiedeva ormai da tempo. ‘Com’è che riesce a non vedere tutta la merda che la circonda?’.
«Suppongo che la mia domanda sia destinata a non avere risposta» disse in tono pungente.
«Come potrebbe andare?» rispose Haymitch con voce roca «Dimmerda, come ieri, l’anno scorso e l’anno prima. Dimmerda, come sempre»
Effie lo guardò, in parte scandalizzata da quel linguaggio così volgare ma in parte felice che fosse ancora abbastanza cosciente da articolare pensieri basici. Stava diventando davvero ingestibile quell’uomo: ogni anno beveva di più e diventava sempre più simile a un bambino, non si lavava e non si cambiava, a malapena mangiava se non era costretto. E indovinate a chi toccava vestirlo e prepararlo per i pranzi e le cene alle quali erano invitati: sempre a lei, la povera Effie, paladina incompresa del buon gusto e della vita mondana.
«Avrei dovuto farmici uccidere, in quella cazzo di arena - continuò, strappando Effie dai suoi pensieri - per lo meno sarebbe finito tutto e ora ad aiutare i ragazzi ci sarebbe qualcuno più capace di me».
«Non dire sciocchezze, Haymitch. Ringrazia il cielo di essere vivo e di poter aiutare ogni anno i tributi. Se durante i giochi fossi morto ora qui non ci sarebbe nessuno a cercare sponsor e fare strategie per loro».
Lui la guardò, di nuovo, e stavolta lei arrossì un po’ sotto il pesante trucco.
Per la prima volta lei vide un qualcosa di nuovo negli occhi di lui, solitamente oscillanti tra la strafottenza e l’incoscienza, per la prima volta dopo un torpore emotivo durato anni vide un’emozione, un sentimento mai visto prima in lui: gratitudine. I suoi occhi sembravano dire: ‘Grazie per essere qui, grazie per cercare di farmi sentire un po’meno peggio tra tutta questa merda. Grazie Effie’.
Era incredibile quanto fossero belli quegli occhi quando non erano annebbiati dalla rabbia o dall’alcool.
«Ora sei tu quella incantata» Haymitch fece un’espressione quasi simile ad un sorriso.
Effie sembrava spaesata.
«Vuoi sederti? Non c’è nulla che un po’ di alcool non possa sistemare»
Non l’avrebbe mai ammesso, ma si sentiva in debito. È vero, spesso era davvero una rottura di coglioni stare con lei, sempre pronta a riprenderlo e, non sia mai, a levargli la bottiglia, ma in fono lo faceva per il suo bene.
«Grazie, ma no grazie, niente alcool per me, domani sarà un’altra giornata di duro lavoro. Mi accontenterò dell’invito a sedere» disse col suo solito contegno prima di sedersi anche lei sul divano, a una rispettosa distanza dall’ex tributo.
«L’hai detto tu, eh» l’avvertì «non te lo chiederò una seconda volta, sappilo» e bevve un altro lungo sorso dalla bottiglia di liquido ambrato, avvicinandosi poi al tavolino (e di conseguenza ad Effie) per poggiare la bottiglia.
Effie lo stava osservando, cosa faceva, come si muoveva, come se volesse capire cosa gli passava per la mente. Quando lui alzò la testa distolse lo sguardo, tornando a guardare disinteressatamente lo schermo.
«Effie?» la chiamò.
«Cosa c’è?» cominciò a rispondere, ma, prima ancora che potesse finire la frase, lui si girò verso di lei e, unì le loro labbra in un bacio dolce, appassionato ma non troppo, e sorprendentemente sobrio.
Lei si staccò un attimo e lo guardò con aria interrogativa, lui sorrise debolmente. Allora anche lei sorrise, imbarazzata, e restituì il bacio, aggiungendone poi un secondo, un terzo, e un quarto, e un quinto, e così andarono avanti e avanti. Continuarono fino a quando non furono sazi ed esausti, e allora, ancora sul divano, si abbracciarono e si abbandonarono a un sonno che fu, per loro, tranquillo, il primo tranquillo da molto tempo. 
 


Angolo dell'autrice:
Ciao a tutti!
Questa è la prima het che scrivo, nonchè la prima fanfic che pubblico nel fandom di Hunger Games. In realtà l'avevo cominciata e abbandonata incompiuta un sacco di tempo fa, poi l'altro giorno l'ho ritrovata e... beh, ora siamo qui. Cosa ve ne pare (ammesso che siate più di uno)? Sono ansiosa di sapere cosa ne pensate, che siano commenti positivi o negativi. Grazie per aver letto fino a qui,
Cose belle a tutti,
Emma
  
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