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Autore: Harryette    27/03/2015    3 recensioni
Zayn Malik è l’unica persona che mi fa essere, e non solo semplicemente sentire, debole. Mi piace, perché anche essere indistruttibili pesa e fa male qualche volta. Il fatto che Zayn sia stato sempre l’unico a vedere ed asciugare le mie lacrime mi fa sentire umana. Il fatto che sia l’unico a cui pensi ogni volta che sento di rompermi mi rimette insieme.
[MISSING MOMENT DI ''MORS OMNIA SOLVIT'', DA LEGGERE ANCHE SEPARATAMENTE]
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
- Questa storia fa parte della serie 'Gli inarrivabili del Bronx'
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AB ETERNO
 
A una vaghezza nera ne hai sostituita una colorata,
non so come hai fatto,
hai dipinto il buio e le ombre sono diventate onde.
- G. Carcasi
 
A Zayn Malik 

Zayn è dall’altro lato della stanza, indossa un giubbotto di pelle marrone ed ha ancora gli occhiali da sole aggrappati alla t-shirt giallo ocra. Gli è ricresciuta la barba e, stavolta, ha deciso di non tagliarla e lasciarla semplicemente così. Non so se l’abbia deciso per mancanza di tempo o perché si preferisce con il volto coperto, però mi piace lo stesso. Ha le braccia incrociate al petto ed un’espressione che non riesco a decifrare stampata sul volto.
E’ bellissimo, Zayn Malik, e questo l’ho capito sin dalla prima volta che l’ho visto. Sarà che ora è più vicino, sarà che ora è veramente mio, o sarà che è un ovvio dato di fatto, ma mi sembra ancora più irreale.
Che sia irraggiungibile non lo nego nemmeno dopo quasi tre anni, però, solamente che adesso conosco le strade giuste e segrete per arrivare a lui. So che ha una collezione vastissima di sguardi, che agli occhi di qualunque altro possono sembrare esattamente identici ma che non lo sono proprio per niente. So che aggrotta le sopracciglia e fa sì che gli si formi un cipiglio sulla fronte ogni volta che è contrito, so che spalanca impercettibilmente gli occhi ogni volta che è sorpreso o preso in contropiede e che alza di pochissimo il lato sinistro della bocca quando è felice ma non vuole ammetterlo. Sotto tanti strati di sfumature e barricate, riesco a riconoscere anche quando sorride – solitamente per poco più di un secondo – e poi ritorna serio.
Adesso ha il bacino poggiato sull’isolotto della cucina in marmo, quella che ho scelto io e che a lui non è mai piaciuta più di tanto, e le braccia incrociate al petto. L’espressione che ha tatuata sul volto, sorprendentemente anche per lui, non riesco né a riconoscerla né tantomeno a classificarla.
Sembra semplicemente, e di nuovo, inarrivabile.
Io prendo un respiro profondo, prima di staccare la schiena dal tavolo e fare due passi nella sua direzione, per raggiungerlo. So che non me lo impedirebbe, non ne avrebbe mai la forza, eppure non riesco a superare il muro invisibile che è nato fra di noi e toccarlo.
Nonostante sia passato quasi un anno da quando ci siamo sposati, nonostante lo conosca quasi meglio di quanto conosco me stessa e nonostante non ci sia centimetro della sua pelle che io non abbia imparato a memoria, ho paura – per la prima volta dopo anni – di dire qualcosa di sbagliato o di fare qualche sciocchezza.
‘’Cosa?’’
Mi domanda.
Sembra quasi sconvolto, ma non potrei dirlo con certezza perché lo sento su un altro universo. Vorrei farglielo presente, come mi aveva detto di fare tanto tempo prima ogni volta che lo sentivo allontanarsi, ma decido che – per il momento – è meglio così.
Ha bisogno di tempo per elaborare, ed io ho bisogno di tempo per studiarlo e cercare di capirlo (e mi sembra di essere ritornata all’inizio, nel Bronx). La verità, quella che ho ammesso a me stessa quando Zayn mi si è inginocchiato davanti e mi ha chiesto di sposarlo, è che è un’opera d’arte.
Forse è proprio questa la cosa che, inevitabilmente, mi blocca. Cosa potrei mai dirgli? La sua perfezione mi brucia gli occhi ed io non riesco semplicemente a reagire. I suoi zigomi poco pronunciati, i capelli ormai rasati ai lati e tenuti legati da una piccola crocchia fatta di fretta, la mano destra completamente ricoperta di inchiostro e i tatuaggi che si intravedono dal colletto della maglietta. Il suo profumo, che mi arriva sempre e subito alle narici (e lo farebbe anche se fossimo separati dall’oceano), mi inebetisce. Vorrei essere la stessa Diana Pearson di tre anni fa, quella che non si faceva mettere i piedi in testa nemmeno da suo padre e che era riuscita a vivere in un posto che era così lontano e diverso da casa sua. Quella che non si era fatta spaventare nemmeno quando l’avevano minacciata o violentata, che aveva avuto il coraggio di resistere e di lottare per le cose in cui credeva. Mi sento sfibrata da quando sono con Zayn, ed è una sensazione così bella che non avrei mai la forza di cambiarla.
Zayn Malik è l’unica persona che mi fa essere, e non solo semplicemente sentire, debole. Mi piace, perché anche essere indistruttibili pesa e fa male qualche volta. Il fatto che Zayn sia stato sempre l’unico a vedere ed asciugare le mie lacrime mi fa sentire umana. Il fatto che sia l’unico a cui pensi ogni volta che sento di rompermi mi rimette insieme.
E’ in questi momenti, in cui mi sento così tanto parte di qualcosa, che mi vengono in mente tutte le notti che ho passato con Zayn, tutte le volte in cui mi sono voltata dall’altro lato del letto e c’era (non solo fisicamente). Tutte le volte in cui, senza maglietta, mi saltava agli occhi quel tatuaggio che ho finito per fare anche io.
Amor omnia solvit.
So che è vero anche quando ritorno al presente, e Zayn continua a fissarmi e ad aspettare una risposta concreta alla sua domanda altrettanto concreta.  ‘’Hai sentito’’ rispondo, cercando di suonare posata, perché non mi va davvero di ripeterlo. Lo so bene che ha capito, lo vedo dal suo sguardo e lo leggo nei suoi occhi, nelle sue mani che vorrebbero toccarmi e nei suoi muscoli che prima si protendono verso di me e poi si bloccano all’improvviso.
Penso che Zayn è ancora al secondo anno di università, che io sto per laurearmi, e allora mi viene seriamente il dubbio che sia sbagliato e innaturale. Nonostante abbia la certezza matematica che Zayn sarà sempre qui, in tutti i sensi, bello ed invincibile, so anche che qualcosa sarà destinato inevitabilmente a cambiare.
Non so se sono pronta a cambiare, sinceramente, e non so nemmeno se è pronto lui. So che mi ama, so che lo amo, ma so anche che – alle volte – l’amore non basta.
Zayn non dice niente, si limita a sfilarsi il giubbotto marrone e a gettarlo su una sedia a caso (quelle che ha scelto lui, perché davvero discutibili). Si sfrega il volto con le mani poco tempo dopo, e adesso riesco di nuovo a vedere attraverso i suoi gesti.
E’ confuso.
Si avvicina a me solamente in quel momento, allunga le mani come a volerle poggiare sulle mie spalle ma non lo fa, e le rimette giù. Sospira di nuovo, e – porca puttana – mi sta davvero facendo salire la tachicardia a mille.
Si inumidisce le labbra sottili ben tre volte prima di parlare, mentre io prendo a torturarmi un riccio castano con le dita lunghe e sottili.
‘’C’è…’’ balbetta, e posso giurare che sono seriamente poche le volte in cui l’ho sentito balbettare. Solo quando mi ha fatto la proposta di matrimonio, in realtà. I miei occhi azzurri corrono alla fede che gli incatena il dito, e spero anche qualcos’altro, e traggo da lì tutta la forza necessaria per ascoltarlo e magari rispondergli. ‘’C’è qualcosa che vorresti sentirti dire?’’
La sua domanda mi spiazza, non tanto per la sua stranezza – a questo ci sono ormai abituata – quanto al tono con cui me la pone. Non sembra arrabbiato o triste, solo profondamente confuso e…spaventato?
‘’In che senso?’’ rigiro il dito nella piaga, perché ci sono tantissime cose che vorrei sentirmi dire ma nessuna porterebbe ad una conclusione. Non se non le pensa anche lui, perlomeno.
Anche stavolta allunga una mano, solo che riesce nel suo intento originario e me la poggia delicatamente sul fianco, tirandomi più vicina a lui. L’anello di ferro che porta al pollice mi trafora sia i vestiti che la carne, mentre sento la sua pelle calda a contatto con la mia anche se separate da strati di stoffa. Il suo tocco mi rincuora e mi infonde coraggio, ho meno paura, sono di nuovo meno umana.
‘’Nel senso che non so cosa dire’’ soffia, sincero e fin troppo tranquillo. Nonostante sia consapevole che sta simulando e sta palesemente fingendo di non avere i battiti cardiaci a 300 apprezzo tantissimo il gesto, e provo a sorridere. Sono consapevole anche del fatto che niente sarà più lo stesso, d’ora in poi, o che dovremmo prendere una decisione.
Io, in realtà, l’ho già presa ma voglio lasciargli tempo.
‘’Cosa si dice in questi casi?’’ continua a chiedermi.
Io scrollo le spalle.
Dopotutto cosa posso saperne? Sono più grande di lui, certo, ma non mi sono mai trovata in una situazione del genere prima. Le immagini di Zayn, che mi aspetta in smoking nero all’altare, mentre sorride e mi tende la mano tatuata, si alternano nella mia mente e mi danno ancora più forza.
Ancora meno umana.
‘’Non lo so’’ deciso di rispondergli, anche se in ritardo. ‘’Quello che pensi, credo’’ ne sono certa.
‘’Non penso a niente ora, sinceramente’’ ribatte, sempre più vicino. Non è ancora quello che voglio sentirmi dire, ma è già un inizio. Avevo immaginato cose molto peggiori la sera prima. ‘’Tu a cosa pensi?’’
Scrollo le spalle ancora una volta, cedendo alla tentazione e poggiando la fronte sulla sua spalla, come d’abitudine. La verità è che certi gesti non sarei capace di cambiarli neanche volendo, perché vengono automatici come in una macchina. Come quanto litighiamo eppure non smettiamo di tenerci per mano perché è così che deve essere. Non è solamente abitudine, è certezza. Io ho poche certezze nella mia vita, ma – in questi momenti, vicino a lui – mi sento davvero al sicuro. Non solo dai pericoli della vita e dalle difficoltà e dalle conseguenze delle nostre scelte, ma perfino da me stessa.
‘’Penso che ho intenzione di tenerlo’’ gli dico, perché non ha più senso continuare a nasconderlo. L’aveva già capito, glielo leggo negli occhi e nella sua presa sul mio fianco che si intensifica. Ora come ora non immagino neanche a cosa possa star pensando.
‘’Diana’’ sospira. ‘’Questo cambierà un sacco di cose’’
Calca il pronome come a imprimermelo bene nella mente, ma lo sapevo anche prima che me lo dicesse. Il punto è che, forse, non mi dispiacerà così tanto che le cose cambino. Non se le più importanti, le fondamentali, restano sempre le stesse.
Lo so che un figlio cambia un sacco di cose, so anche che siamo giovani e ci siamo sposati da meno di un anno e so che Zayn deve comunque ancora laurearsi e toccherà a me cercare al più presto un lavoro come insegnante. Ma non ho paura, con la sua mano sul mio fianco, il fiato sul collo e il suo anello che mi marchia.
‘’Io non…’’ trattengo le lacrime. E’ da tanto che non piango, effettivamente, ma non posso farne a meno. Non posso fare a meno di pensare al bambino che era stato dentro la mia pancia anni prima e che avevo voluto perdere perché frutto di una violenza, di qualcosa di sbagliato.
Zayn lo capisce subito, a cosa sto pensando.
‘’Non è la stessa cosa’’ mi dice, come a voler scacciare i brutti pensieri. Forse ci riesce, forse mi sento davvero meno in colpa. ‘’Questo è nostro figlio ed io ti amo’’ continua, mentre il suo profumo continua a penetrarmi. ‘’E’ diverso’’
‘’Lo so’’ affermo, perché è la verità. Lo so, che è diverso. So che, anche se l’ho ucciso, l’avrei odiato in un modo o nell’altro. Forse è stato meglio. O no?
‘’Io lo tengo’’
Lo dico con certezza, perché non voglio neanche starne a discutere. L’ipotesi contraria non mi è mai nemmeno passata per la testa, nel corso dei due giorni precedenti, e mai succederà. E so anche, in qualche modo nel profondo, che Zayn è comunque sempre dalla mia parte.
‘’Va bene’’ mi risponde, dopo qualche minuto. Lascia il mio fianco, sento freddo ma è solo per un secondo. Mi attira a sé con un braccio e mi stringe fortissimo, e allora non ho davvero più nessun dubbio. ‘’Va bene, Diana’’
Capisco che il suo va bene va oltre le semplici tre sillabe e oltre il significato sterile: che va bene davvero, che non sono io che tengo il bambino ma siamo noi due che lo teniamo.
Sento il suo pollice avvicinarsi alla mia pancia e fermarsi esattamente sotto l’ombelico, immobile. Lo sento trattenere il fiato, e so che ha paura quasi tanto me. ‘’Sono disposta ad accettare qualsiasi cambiamento’’ lo conforto. ‘’Purchè non cambi questo’’
‘’Questo cosa?’’ domanda, dubbioso.
‘’Me e te’’ affermo, con una sicurezza che credevo di aver perso in sua presenza. ‘’Zayn e Diana’’
‘’Ci sarà sempre un Zayn e Diana’’ mi dice, e in quel momento sento la punta del suo pollice muoversi e accarezzare il mio ventre.
Capisco dalla sua voce che è terrorizzato, che ora – insieme al solito, insipido passato – lo spaventa anche il futuro, forse lo inquieto perfino io e la vita che mi porto dentro.
Eppure quando mi bacia poco dopo, quando mi dice ancora una volta che mi ama, quando cerca di essere coraggioso e si finge quieto, mi rendo conto che siamo e saremo sempre due casini ma, in fin dei conti, Nietzsche aveva ragione.
Bisogna avere il caos dentro per partorire una stella danzante

 


Penso che la dedica ad inizio capitolo dica già tutto, e che non ci sia
bisogno che aggiunga nient'altro.
Ho scritto questa os qualche settimana fa, ma gli ultimi avvenimenti mi hanno spinto
a pubblicarla ora. Ci tenevo solamente a precisare che anche Zayn Malik
è UMANO.
Harryette
  
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