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Autore: Encha    27/03/2015    3 recensioni
{Percy/Nico | School!AU (Autobus!AU...?)}
"In questo modo trascorreva per cinque giorni a settimana quell'inutile lasso di tempo che intercorreva tra la fine della scuola e il ritorno a casa, con gli occhi fissi sul finestrino di fronte a sé, come se volesse incrinarlo con la sola forza del suo sguardo truce ed infastidito.
Il lento scorrere dell'autobus tra il traffico urbano.
Un'accidentale gomitata nella schiena da qualcuno che non si prendeva nemmeno la briga di chiedere scusa.
Una frenata improvvisa che sbalzava tutti i passeggeri in avanti.
E così via."
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nico se ne stava abbarbicato attorno alla sua solita maniglia, quella del suo solito posto, sul suo solito autobus, vicino alla quale si apriva un piccolo interstizio tra i sedili dove poteva infilare la tracolla resa pesantissima dai libri. Fin da quando, l'anno precedente, aveva messo piede su quell'autobus, aveva individuato quel ritaglio di spazio nel veicolo affollato dagli studenti che si ammassavano all'ora di punta; aveva deciso nel giro di un attimo di piazzarsi lì, quasi come se, occupando meno spazio possibile, potesse rendersi invisibile o, ancora meglio, potesse far sparire tutti gli altri. Un altro aspetto positivo di quell'angolino in fondo alla coda del mezzo pubblico era che nessuno, giovane o anziano che fosse, gli rivolgeva mai la parola, né per chiedergli di spostarsi per passare, né per pretendere che cedesse il posto facendo leva sulle vene varicose o sulla schiena dolorante. Considerando poi la musica sparata nelle orecchie per non dover ascoltare, neanche per errore, le futili chiacchiere di circostanza delle persone praticamente compresse attorno a lui come cadaveri in una fossa comune troppo stretta, la sua tecnica di annullamento esteriore era pressoché perfetta.

E così trascorreva per cinque giorni a settimana quell'inutile lasso di tempo che intercorreva tra la fine della scuola e il ritorno a casa, con gli occhi fissi sul finestrino di fronte a sé, come se volesse incrinarlo con la sola forza del suo sguardo truce ed infastidito.

Il lento scorrere dell'autobus tra il traffico urbano.

Un'accidentale gomitata nella schiena da qualcuno che non si prendeva nemmeno la briga di chiedere scusa.

Una frenata improvvisa che sbalzava tutti i passeggeri in avanti.

E così via.

Un giorno, però, quando una fastidiosa goccia di pioggia gli bagno una guancia, capitò che alzasse lo sguardo dal suo punto fisso innanzi a lui per scoccare un'occhiata in tralice al finestrino lasciato aperto per far passare un po' d'aria.

In quel momento lo vide.

Il suo sguardo scattò subito indietro, come se si fosse ritratto d'istinto da qualcosa di accecante.

Con cautela, poi, non poté fare a meno di dare un piccolo sguardo con la coda dell'occhio: era un ragazzo alto e snello, con una zazzera di capelli neri e scompigliati e una sgargiante maglietta arancione che spiccava sulla pelle già abbronzatissima, nonostante mancassero ancora un bel po' di mesi all'estate. Al collo aveva una collana con strane perline e qualche altro ciondolo, che Nico non riuscì ad identificare, perché il ragazzo sembrò sul punto di girarsi verso la sua direzione. Scansò subito lo sguardo.

Un paio di settimane dopo lo rivide di nuovo. Anche questa volta, si sentì incredibilmente stupido quando, quasi spinto da un impulso incontrollabile, tentò ancora di osservarlo di sottecchi. Aveva una postura rilassata, notò, con la testa appena inclinata da un lato e le ginocchia leggermente piegate. Un auricolare ad un orecchio, mentre l'altra ricadeva pigramente sul petto tonico, i capelli visibilmente umidi per chissà quale motivo.

Lo rivide il giorno seguente e quello dopo ancora, e poi un'altra volta distanza di due settimane. Nico capì che era una di quelle persone che non si curavano degli orari e delle linee, ma saltavano sul primo mezzo che sapevano portare su per giù dove volessero andare. L'unico punto costante era la fermata da cui saliva, verso la quale, forse senza renderseni conto, Nico si girava ogni volta che l'autobus ci passava davanti, nella speranza di individuare quel volto allegro tra la folla, spesso invano. La maggior parte delle volte, tentava ardentemente di soffocare quella piccola delusione con un rimprovero verso se stesso e la propria sciocchezza.

Con il passare delle settimane, scopriva ogni volta più dettagli dello sconosciuto ragazzo, come i tasselli di un mosaico che andavano ad intersecarsi per creare un'immagine sempre più dettagliata e definita. Le lettere greche nel quadrante dell'orologio di un modello che non aveva mai visto. La penna a sfera color bronzo che ogni tanto faceva capolino dalla tasca dei jeans. E poi quel lieve sorriso che gli aleggiava sulle labbra, come se avesse costantemente un motivo per essere felice. Nico lo trovava irritante, o forse attraente, o magari entrambe le cose.

Certo, c'erano tante, tantissime cose che non conosceva di lui, prima di tutte il nome. Non che avesse alcun desiderio di saperlo, la sua era solo... Era solo... Nemmeno lui era in grado di dire cosa fosse quella strana euforia mista a un senso di imbarazzo che avvertiva ogni volta che il ragazzo metteva piede sul mezzo, ma era sicurissimo che non fosse nulla di lontanamente identificabile con una cotta.

Assolutamente!

Arrivarono gli ultimi giorni di scuola, e la febbricitante attesa delle vacanze giunse assieme ad una calura insopportabile. Se c'era qualcosa che detestava di più di essere schiacciato da una massa di ragazzi esaltati, pensò Nico con stizza, era essere schiacciato da una massa di ragazzi esaltati e sudati.

Quando si voltò verso l'entrata dell'autobus per adempire a quella che era divenuta ormai un'abitudine, non fu solo per provare a intravedere quel viso così familiare e al tempo stesso così sconosciuto, ma anche per prendere una boccata dell'aria fresca proveniente dall'esterno.

Come negli ultimi dieci giorni, lui non c'era.

Si concesse un sospiro prima di tentare di autoconvincersi di essere del tutto indifferente, quando il familiare rumore vaporoso della riapertura delle porte lo fece girare incuriosito.

Fu come essersi ritrovato a tuffarsi nell'oceano, in un folle istante di repentina sorpresa che quasi gli tolse il fiato.

Dovette sbattere le palpebre per rendersi conto di aver incrociato per la prima volta lo sguardo di quel ragazzo, che, sempre conservando il suo accenno di sorriso, respirava con un affanno appena percettibile per la probabile corsa. Nico, che aveva sempre schivato il suo sguardo come se avesse avuto il potere di pietrificarlo seduta stante, si rese conto che l'ultimo dettaglio mancante a quel ritratto che aveva pian piano dipinto nella propria mente era una singolare, stupefacente sfumatura di verde marino, e rimase incantato dal risultato.

Ma l’attimo seguente la consapevolezza di star fissando il ragazzo si fece largo con prepotenza tra i suoi pensieri, così sì voltò subito dall'altro lato, il capo chino per nascondere il rossore che risaltava sulle guance pallide.

Fu l'ultima volta che lo vide.

 

 

 

Spelonca dell’autore: lo so, questa storia contiene imprecisioni a iosa, a partire dal sistema dei trasporti di New York e di quello scolastico degli States. Ne sono consapevole, eppure ho voluto trascrivere in questa fic un po’ della mia terribile esperienza con i mezzi pubblici, per questo è tutto così “all’Italiana”. Almeno la differenza di età tra Nico è Percy dovrebbe essere giusta, comunque, sicché nel momento in cui Nico si trovasse al secondo anno dei nostri licei, Percy dovrebbe essere al quinto.

Ho scritto questa storia sull’autobus a cui la vorrei dedicare: grazie per avermi sempre riportato a casa, alla fine, seppur tra mille imprecazioni (?)

Sono ben gradite scatolette di sardine a quattro ruote e ancor più recensioni!

   
 
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