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Autore: ellephedre    18/12/2008    15 recensioni
Scene correlate alla fanfic 'Oltre le stelle', un mio sequel della quinta serie.
1 - Una gita al mare - Le amiche di Usagi riusciranno a non far capire quello che sanno a Mamoru?
2 - Una cena in famiglia - prima cena a casa Tsukino con Mamoru e il padre di Usagi entrambi presenti. Finirà bene?
3 - Scoprire il potere - Usagi continua ad allenarsi con lo scopo di usare il proprio potere senza il cristallo d'argento
4 - Antichi litigi - Sono passati tre anni, ma Usagi ha ricordato ed è decisa a far pentire Mamoru degli insulti che le ha lanciato in passato.
5 - Troppi studio - Usagi si sta impegnando da morire per essere ammessa all'università e studia tutti i giorni con Mamoru. Lo stress si fa sentire...
6 - Sciolti - Mamoru non ha mai visto i capelli di Usagi sciolti dalle code.
7 - Temporale - Usagi e la sua inquietudine per le tempeste.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le stelle Saga'
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Oltre le stelle - scene 2 NdA dell'Agosto 2010: ho revisionato anche questa scena, sistemando pesantemente lo stile e i punti di vista e aggiungendo qualche piccolo particolare alla narrazione.

Oltre le stelle - scene

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


Note:
Per capire al meglio questa scena, è meglio leggere il capitolo cinque di "Oltre le stelle" (anche se non è totalmente indispensabile).
La storia dell'infanzia di Mamoru l'ho inventata, non so se sia andata effettivamente così.
Nella storia tengo conto del sistema scolastico giapponese, nel caso vi venissero dei dubbi in merito (sei anni di elementari, tre di medie, tre di superiori e inizio anno scolastico in Aprile).
Grazie a chiunque vorrà lasciare un commento; risponderò aggiornando questo stesso capitolo, in fondo.
In questa raccolta inserirò un'ultima scena, prima di chiuderla (riguarderà i primi tentativi di allenamento di Sailor Moon col proprio potere senza il cristallo, aiutata appunto da Tuxedo Kamen).

2 - Una cena in famiglia

«Cosa gli piace mangiare?»
«Un po' di tutto... aspetta, le zucchine no.»
Ikuko annuì e rimase a contemplare sua figlia: davanti al proprio armadio, Usagi era impegnata alla ricerca di qualcosa da indossare. Ikuko la osservò valutare attentamente un completino rosa solo per rimetterlo al proprio posto, in fondo a diversi altri capi che non le aveva più visto indossare da... molto?
Un tempo sua figlia aveva adorato il rosa. «Perché non quello?»
Usagi si voltò verso sua madre, sorpresa: era già insolito averla in camera sua, ma non l'aveva mai sentita commentare il suo guardaroba. «Ahh... non so, non mi sembra adatto. È carino, ma un po' infantile.» Le sorrise, girandosi e rimettendosi a cercare. Quella maglietta azzurra doveva essere da qualche parte...
«Usagi. È da un po' di tempo che voglio parlarti.»
Quando sua madre sceglieva quel tono, in genere non si trattava mai di nulla di buono. Eppure, non le sembrava di aver fatto nulla di male durante le vacanze. Sfoderò un sorriso. «Cosa c'è mamma, perché quell'aria seria?»
Prima di iniziare, Ikuko sospirò, cercando le parole giuste. «Usagi... va tutto bene? Mi sei sembrata diversa negli ultimi tempi. Non in senso cattivo, però...» Scosse la testa. «È successo qualcosa?»
Nel viso di Usagi si dipinse un'espressione tra il sollievo e la... tenerezza? Ikuko ricevette un sorriso tranquillo e un sereno diniego col capo. «Mamma, ti preoccupi troppo: io sto bene. Non mi è successo nulla di particolare. Ecco, forse... credo di sentire un po' la mancanza di Chibiusa, tutto qui.»
Chibiusa? Oh, già! «È vero, dobbiamo chiamarla, è da tanto che non la sentiamo. Lo facciamo più tardi tutti insieme.»
Usagi arricciò le labbra. «Uhh, meglio domani. Tra poco devo uscire con Mamoru, ricordi?»
«Giusto, che testa che ho.» Doveva mettersi a preparare la cena. Si alzò. «Allora ricordate di essere puntuali, per le sette e mezza.»
«Nessun problema!» ridacchiò Usagi.
Uscendo dalla stanza, Ikuko rimase a riflettere, poco lontano dalla porta.
Già. Chibiusa poteva essere una spiegazione: lei e Usagi erano sempre state molto legate e sua figlia aveva cambiato atteggiamento più o meno da quando la piccola era tornata a casa.
Sospirò: quella bambina mancava tanto anche a lei. Però aveva la sensazione che non fosse stata solo la sua partenza a cambiare la vita di Usagi. Era successo qualcos'altro, qualcosa che le sembrava di poter afferrare fino al momento stesso in cui il pensiero spariva. La sensazione era frustrante, destabilizzante.
Fissò il legno bianco della porta.
A Usagi era accaduto qualcosa di importante. E lei voleva saperlo, perché sua figlia l'aveva appena guardata come faceva un genitore col proprio figlio, quando si rendeva conto di averlo fatto preoccupare per cose più grandi di lui, per cose che erano una sua esclusiva responsabilità.
La sua Usagi-chan aveva appena sedici anni.
Non era più piccola, ma era ancora giovane e niente avrebbe dovuto farla crescere in quel modo.

Seduta sulla panchina e appoggiata alla spalla a Mamoru, Usagi continuò col suo racconto. «Ieri pomeriggio sono andata con Minako a fare compere e ho preso dei pantaloncini davvero carini. Di jeans, forse un po' attillati, però per una volta mi andava di provare qualcosa di diverso. Ah, sempre ieri Makoto mi ha detto che per il compleanno di Ami vuole organizzare un'uscita fuori e naturalmente sei invitato anche tu. Ami come al solito si sta preparando per una delle sue simulazioni di ingresso all'università, non si stanca mai. Sapessi che ridere, ha detto che magari un giorno dovrei provarci anche io. Mi ha visto con un po' più di voglia di studiare e già mi vede accanto a lei a questo esame.» Rise. «E poi Rei-» Si interruppe.
Mamoru fissava con occhi vacui un cestino della spazzatura che stava dall'altra parte del sentiero.
Non la stava ascoltando.
Usagi si morse la lingua: se avesse sbraitato, sarebbe sembrata una ragazzina. E va bene, vada per il silenzio: gli avrebbe trapassato il cranio col solo sguardo.
«Ah.» Mamoru si voltò di colpo. «Scusa.»
Lei si voltò con uno sbuffo platealmente offeso: fece finta solo per metà.
«Non ti stavo prestando attenzione, lo so. Perdonami.»
Usagi persistette nel guardare dall'altra parte.
«Stavo pensando alla cena coi tuoi di stasera.»
Come? «Perché?» 
«Non mi sento tanto sicuro di me.»
Oh, che sciocchezza. Però... «Detto da te, è un'affermazione leggendaria.» Sorridendo, gli accarezzò una guancia. «E carina.» Tanto carina.
«Carina?»
Sì, perché doveva ripeterglielo con questo tono perplesso? «Sai che ti trovo tenero quando sei insicuro.»
Mamoru trattenne un sospiro. Da qualche settimana lui e Usagi erano entrati molto più in confidenza e, se già da prima Usagi aveva manifestato la tendenza a dirgli sempre quasi tutto quello che pensava, ora finiva col riferirgli anche commenti che probabilmente prima aveva riservato solo alle sue amiche.
Era divertente, ma anche imbarazzante a volte: lui non era una ragazza e non poteva comportarsi come tale, specie nei momenti in cui parlavano proprio di lui.
«Mamo-chan, non fare quella faccia! Ho detto che sei tenero, non mostruoso.»
Sarebbe stata quasi meglio la seconda. «Al mio posto, preferiresti altri aggettivi.»
Lei rimuginò con gli occhi al cielo, le labbra arricciate. «No, a me piacerebbe se tu dicessi che mi trovi tenera.»
Solo perché aveva sbagliato esempio. «Per fare un buon paragone devi usare una parola diversa. Ad esempio... caruccia. Sei caruccia, Usagi.»
Lei fece una smorfia. «Così sembra che parli di una bambina di cinque anni.»
Ecco. «Esatto. Per me 'tenero' non è così diverso.»
Usagi sembrò finalmente capirlo. «Hmm, allora... dolce?»
Appena meglio, ma sempre- Scosse la testa.
«Carino?»
Ah, ma questo lo sapeva già. Sorrise. «Puoi fare di più.»
Da lei aveva ricevuto complimenti migliori. 
«Beh, ma certo.» Usagi gli circondò la testa con le braccia. «Potrei dire che sei bellissimo, che baci molto bene, che mi fai impazzire quando-»
Mamoru le tappò la bocca: non era il caso di completare quella frase nel bel mezzo di un parco.
Usagi si ritrasse. «Quando mi prendi in giro» finì. Ma cosa aveva creduto lui? Ah. Gli si avvicinò con un sorriso malizioso. «Però poi sai così bene come...» Terminò la frase bisbigliandogliela all'orecchio. «Ecco, era questo che non volevi che dicessi ad alta voce?» Si scostò e lo colpì sul petto. «Anche io so essere discreta!» Il movimento del braccio le fece scorgere il quadrante del suo nuovo orologio: glielo aveva comprato proprio Mamoru come regalo di compleanno, quello che non aveva avuto occasione di darle.
Erano le sette.
«È ora, dobbiamo andare.»
Mamoru guardò il cielo ancora chiaro: era arrivata l'ora della fine. Era peggio di un colloquio di lavoro, peggio di... ma chi stava prendendo in giro? Era peggio di tutto, non era mai stato così nervoso.
Si sentì tirare per un braccio e incontrò la risata di Usagi. «Sai, credo che se continui così potrei divertirmi molto stasera. Però ci tengo ad averti tutto intero per la fine. Riprenditi, su!»
Di malavoglia, Mamoru si lasciò trascinare verso la macchina.

«Oh, benvenuto Mamoru» lo salutò la madre di Usagi, sulla porta.
Il sollievo gli uscì come fumo dalle orecchie. «Grazie signora.»
Ikuko Tsukino si fece benevolmente da parte, invitandolo a entrare. Mamoru mise cautamente piede nell'ingresso, fino ad entrarci completamente. Tolse le scarpe con calma circospetta: del padre di Usagi ancora nessuna traccia.
... forse aveva avuto un impegno di lavoro improvviso? Un'intervista dell'ultimo minuto. Forse-
La madre di Usagi si dileguò in cucina. «Andate pure in salotto, sono di là.»
Sono? Shingo e-
Usagi lo aveva già trascinato nell'altra stanza.
Mamoru inspirò profondamente. «Buonasera signore.» Riuscì a non balbettare.
Seduto minacciosamente sul divano, simile ad un re che riceveva il più umile dei sottoposti, Kenji Tsukino lo fissò senza tradire alcuna emozione. «'sera.» Spezzettò la parola come avrebbe voluto fare con lui, Mamoru non ebbe dubbi in merito.
«Ehilà!»
Abbassò lo sguardo. «Ehi, Shingo.»
Il fratellino di Usagi era cresciuto un po' dall'ultima volta che lo aveva visto, ma non aveva ancora cambiato voce. Negli occhi gli brillò una luce furba. «Sai, se ti fossi scelto una ragazza più carina e intelligente ora non saresti qui a dover parlare con mio padre.»
«Shingo!» Usagi lo colpì alla testa.
La signora Ikuko entrò in salotto. «Sarà pronto tra dieci minuti.» Si pulì le mani nel grembiule. «Mamoru, mettiti pure comodo nel frattempo.» Gli indicò il divano e, contemporaneamente, lanciò uno sguardo di avvertimento a suo marito.
Per fortuna aveva un'alleata. Peccato che dieci minuti dentro quella stanza stessero cominciando a sembrargli un'etern-
«Usagi, vieni a darmi una mano di là.»
Cosa?
Fu sul punto di afferrare la mano di Usagi, ma si trattenne prima di iniziare il movimento. Lei lanciò un'occhiata perplessa prima a lui e poi a suo padre, quindi si diresse in cucina.
Regnò un momento di calma apparente.
«Puoi sederti» esordì Kenji Tsukino.
A Mamoru non restò che sistemarsi sulla poltrona libera. Il fratello di Usagi sprofondò allegramente accanto a suo padre, proprio come se non vedesse l'ora di poter assistere alla scena.
Non ci sarebbe stata nessuna scena, lui non si sarebbe comportato male e il signor Tsukino... Era meglio non fare ipotesi.
Optò per guardarlo solo nel momento in cui avesse avuto qualcosa da dire e iniziò a pensare in silenzio.
Nel silenzio.
E in altro silenzio.
Un paio di scarpe iniziarono a battere ritmicamente sulla moquette. Mamoru abbassò lo sguardo e si affrettò ad immobilizzare i piedi.
Doveva dire qualcosa. Qualunque cosa, era sufficiente che non se ne stesse lì, zitto come un'idiota, ad aspettare che fosse il padre di Usagi a iniziare la conversazione.
Un argomento, un argomento...
Voltò la testa e aprì la bocca per parlare. Fermò il movimento delle labbra nell'istante stesso in cui incrociò gli occhi di Kenji Tsukino.
Il padre di Usagi lo stava annichilendo con lo sguardo.
Aveva pensato di non piacergli, ma era stato ottimista. Se solo il signor Tsukino avesse avuto una qualche idea su tutto quello che c'era stato tra lui e Usagi, su quello che ci sarebbe stato, allora forse- Già. Non c'era nessun forse a riguardo: il padre di Usagi avrebbe dovuto imparare ad andare d'accordo con lui, volente o nolente.
La consapevolezza lo rese sicuro, perciò si limitò ad appellarsi alle conoscenze ricavate da un'intera vita passata a dialogare con successo con adulti di ogni tipo.
Sfoderò un sorriso cortese. «La ringrazio per l'ospitalità di questa sera.» Fu compìto e formale, impeccabile.
Spiazzò Tsukino-san, che si ritrasse lievemente sul divano prima di offrirgli un cenno dubbioso del capo. «È stata mia moglie a proporre l'idea. Ed è stata Usagi ad insistere, però ora sono convinto anche io che fosse giunto il momento di parlarci.»
Mamoru si limitò ad annuire.
Kenji Tsukino si sporse in avanti, acquisendo l'attenzione di un falco. «Tutto ciò che so di te lo so per interposta persona, perciò ho delle domande.»
Non stava richiedendo risposte, le pretendeva.
«Quanti anni hai di preciso?»
Come? «Diciannove, compiuti da qualche giorno.» Non glielo aveva detto nessuno?
«Giorno? Non hai iniziato il terzo anno di università?»
Sì e poteva sembrare un'incongruenza, ma la spiegazione era semplice. «Quando avevo nove anni ho saltato un anno di scuola.»
La risposta non ricevette l'accoglienza gradita che si era aspettato. Ora era una cosa negativa essere intelligenti?
«So che non hai i genitori. Come sei cresciuto?»
Era una domanda che nessuno aveva mai avuto il coraggio di porgli, a parte Usagi. Troppo personale. «In una casa famiglia. Non sono mai stato adottato perché ho sempre dimostrato di preferire quel luogo ad altri. Ho ottenuto l'emancipazione legale a quindici anni. Da allora vivo da solo.»
«Come ti sei mantenuto?»
Ancora troppo sul personale. «Perché vuole saperlo?»
«So che hai una casa e una macchina. Queste cose non si comprano con poco e troppo denaro alla tua età può rappresentare un problema.»
Abbastanza logico, non poteva biasimarlo. «Mi sono mantenuto con l'eredità dei miei genitori, anche se l'ho usata principalmente per comprare cose che avrei avuto comunque se avessi avuto una famiglia. Per le altre spese, cerco di limitarmi a quello che guadagno col mio lavoro. Conosco il valore del denaro.»
«Hai seriamente intenzione di diventare medico?»
Quello era un tasto dolente. «Ho deciso quest'anno di cambiare facoltà.»
«Cambiare? Al terzo anno?»
Si era atteso sia l'incredulità che la velata disapprovazione. «Ho chiesto il trasferimento al dipartimento di Economia Politica.»
«Perché?»
Perché non mi serve sapere come operare su un corpo umano per fare il re. Peccato che non potesse dare una simile risposta. «Perché medicina richiede impegno e dedizione totali da parte di una persona. Per gli anni di studio, ma soprattutto per gli anni di pratica, fino al termine della carriera. In particolare per chirurgia, l'unica branca che interessava a me. Ho capito che non è più questo che voglio per la mia vita. Non aver incontrato difficoltà negli studi non mi ha aiutato a capirlo prima.»
La risposta l'aveva preparata, ma in effetti aveva scelto medicina prima di incontrare Usagi. Prima di immaginare che la sua vita potesse essere riempita da qualcosa di diverso dallo studio e dal lavoro. Anche se, se la situazione fosse stata diversa, non avrebbe certo abbandonato il sogno di diventare medico. Guardò il pavimento, pensieroso. «Comunque non avrò problemi a recuperare i due anni persi.» Probabilmente era l'unica cosa che interessava al padre di Usagi.
Kenji Tsukino rimuginò tra sé prima di squadrarlo di nuovo da capo a piedi, col preciso intento di intimidirlo. «Per ora è tutto quello che volevo sapere.»
Per ora?
L'interrogatorio avrebbe avuto un seguito quindi. Le obiezioni del padre di Usagi erano tutt'altro che esaurite ovviamente; forse si stava solo prendendo il tempo di elaborare quel che aveva sentito.
Mamoru si permise un sorriso: comunque andasse, si era aggiudicato quel primo round.
Cercò di non palesare troppa soddisfazione.

Facendo attenzione a non rompere niente, Usagi posò rapidamente sul tavolo la pila di piatti che sua madre le aveva chiesto di tirare fuori dalla parte alta della credenza. «Perché vuoi che ti aiuti proprio adesso? Sai che dovrei essere di là ora.»
«No, vuoi essere di là» chiarì sua madre, spegnendo il fuoco della cucina. «Ti ho chiamata perché è meglio che si parlino un po' da soli.»
Usagi tese un orecchio: insomma. Non aveva udito ancora nessuno alzare la voce, ma questo la innervosiva quasi più di urla vere e proprie.
«E poi con loro c'è Shingo.»
Come se questo fosse d'aiuto! «Mamma, Shingo ha tredici anni e in tutti i suoi videogiochi preferiti scorre sangue.»
Sua madre rifletté per un momento di troppo. «Non arriveranno a tanto.»
Non ne era convinta nemmeno lei. «È il meno di tanto che mi preoccupa.»
«Non stare in ansia, Usagi-chan. Conosci tuo padre, sai che alla fine è innocuo.»
Di solito sì, ma quell giorno le era sembrato pronto a dar battaglia fin dal primo mattino.
Sospirò. Fortuna che in casa non sapevano nulla del periodo in cui lei e Mamoru si erano lasciati, altrimenti... No, non voleva immaginare l'altrimenti.
Sospirò di nuovo.

Kenji lanciò uno sguardo a Shingo, che gli sorrise furbo di rimando.
Con suo figlio lì non poteva parlare liberamente. «A quest'ora c'è il telegiornale» disse e, preso il telecomando, accese la tv.
Fece finta di concentrarsi sulle notizie.
... e così non c'erano neanche tre anni di differenza tra quel ragazzo e Usagi. Lui aveva pensato a quasi quattro, piuttosto. Non che l'età in sé contasse qualcosa: a guardarlo quello gli sembrava più adulto dei suoi anni; non tanto di aspetto, ma di... carattere. In altre circostanze avrebbe potuto quasi apprezzarlo, supponeva, però lì c'era in ballo sua figlia.
Più ci pensava e meno capiva come facessero quei due a stare assieme: cos'avevano in comune? Quello lì era serio, impegnato nello studio e... calmo. Usagi invece era allegra, iperattiva, sbadata e - senza voler fare un torto a sua figlia - molto poco seria. Forse negli ultimi tempi era un po' cambiata, ma non così tanto da assomigliare a quel ragazzo.
Kenji non aveva mai creduto che gli opposti si attraessero, né che grosse differenze di carattere potessero essere la base per una buona relazione, se non ad un livello puramente temporaneo e probabilmente solo... fisico.
«È pronto! Venite pure!» gridò sua moglie dalla cucina.
Kenji spense la tv e si diresse in cucina, seguito da Shingo e... Mamoru. Gli risultava difficile persino pensare al nome dell'essere che avrebbe voluto schiacciare come uno scarafaggio.
A tavola, durante la cena, non fece nulla per nascondere il suo pensiero su di lui.
Il ragazzo poteva pure starsene seduto, perfettamente composto, a mangiare con ottime maniere, ma se pensava di ingannarlo si sbagliava di grosso.
«È molto buono, signora.»
Lo fulminò con lo sguardo. Ruffiano.
«Ah, grazie mille.»
Ikuko non sapeva neanche riconoscere quando veniva adulata con secondi fini.
«Io invece preferirei un po' più di sale» si intromise Usagi. «Papà, è vicino a te, me lo passi?»
Kenji afferrò la saliera e si sporse in avanti, allungandosi verso l'altro capo del tavolo per passarla.
Mamoru Chiba si alzò per prendergliela dalle mani. Si trovava più vicino rispetto ad Usagi e Kenji fu costretto a cedergli il sale, ma non riuscì a trattenersi dal tirare un po' prima di lasciare la presa.
Alla sua sinistra, Shingo sghignazzò. Kenji lo zittì con un'occhiata ben assestata.
Ikuko tossicchiò. «Ah Mamoru, vorrei ringraziarti per aver preso a dare una mano tutti i giorni ad Usagi con i compiti.»
Kenji si strozzò col boccone di cibo. Co-Co-Co-?!? Si batté il petto.
«Caro, stai bene?»
Un colpo più violento lo aiutò a deglutire. Compiti?!? Afferrò un bicchiere d'acqua, mandandola giù. Tutti i giorni?! Con i compiti?
In tutti quei giorni Usagi era uscita per andare da Chiba?
Sua figlia lanciò un'occhiata felice verso la propria destra. «Grazie a Mamoru finalmente capisco bene cose che prima proprio non mi entravano.»
L'acqua gli andò di traverso.
«Caro, insomma!»
Lui tossì e scattò in piedi. «Ho bisogno di un attimo.» Si diresse di corsa in bagno.
Non poteva ammazzare quel verme a tavola, doveva calmarsi, calmarsi!
Fu raggiunto da Ikuko. «Kenji!» Lo spinse dentro il bagno, chiudendo la porta dietro di loro. «Si può sapere che cos'hai?»
«Io? Cos'hai tu!» Lo bisbigliò più forte che poteva. «Sapevi che Usagi stava andando tutti i giorni a casa sua e non hai detto nulla? Hai creduto alla frottola dei compiti
Gli occhi di sua moglie si fecero sottili. «Sì, ci ho creduto. Usagi mi fa vedere tutti i giorni quaderni pieni di esercizi risolti di matematica e inglese. Sei pieno di pregiudizi verso quel ragazzo, ma non lo conosci come me. Come madre io mi fido del fatto che rispetterà i tempi di Usagi, ne sono assolutamente sicura.»
Come madre? Quando Ikuko la metteva giù così, non si poteva discutere: scoppiava un litigio alla minima critica.
«Kenji, calmati e dà loro una possibilità. Credo che sia davvero importante che tu almeno ci provi.» Portò una mano sotto il getto del rubinetto appena aperto e gli bagnò delicatamente la fronte. «Su, torniamo di là.»

Mamoru era stufo di sentirsi come un criminale dentro una stazione di polizia: per tutta la durata della cena il padre di Usagi era parso pronto a portarlo in una stanza buia, puntargli in faccia una lampada e gridargli 'Confessa!'
Lui non aveva fatto niente di male! E non aveva dato ragione a nessuno di venire a intromettersi tra-
... intromettersi? Il padre di Usagi aveva il diritto di preoccuparsi e sapere.
Sospirò: senza aver mai avuto genitori, non era abituato a sentirsi valutato e tenuto d'occhio tanto da vicino.
Riusciva anche a comprendere perché a metà cena il padre di Usagi si fosse alterato tanto, ma non gli andava comunque di sentirsi... accusato.
«Ehi, che ne dite di uscire in giardino?» suggerì Usagi, dopo avergli lanciato un'occhiata. «È rimasto qualche fuoco d'artificio dalla festa di Tanabata, sarebbe un peccato aspettare il prossimo anno per sfruttarli.»
«È una bella idea» commentò la signora Ikuko, alzandosi. «È rimasta qualche bacchetta luminosa e mi pare anche un razzo, non è vero caro?»
Kenji Tsukino annuì di malavoglia, ma sua moglie lo ignorò. «Vado di sopra a prendere quel che ci serve. Voi uscite pure intanto.»
«Ah, aspetta mamma!» Usagi la raggiunse sulle scale, superandola. «Le bacchette luminose sono in camera mia, le prendo io.» Sparì al piano di sopra.
A tavola rimasero in tre.
Si alzarono, uscendo dal salotto ed entrando nel corridoio. Mamoru infilò le scarpe in silenzio. Non fu il solo.
Shingo iniziò a scalpitare. «Non ce la faccio più, devo andare in bagno! Torno subito, voi due aspettatemi!» Schizzò via.
Il padre di Usagi aprì con decisione la porta di casa, dirigendosi fuori.
Mamoru lo seguì a ruota. O adesso o mai più. «Lei vuole rompermi una gamba.»
Kenji Tsukino si voltò, sorpreso. L'attimo di confusione svanì immediatamente. «È così.»
Già. «Me la romperei io stesso piuttosto che fare del male ad Usagi in un qualunque modo.»
Il sorriso beffardo non sembrava convinto. «Non credo che 'male' significhi la stessa cosa per me e per te.»
Forse no, però poteva esserci un punto d'incontro tra le loro due visioni. «Nemmeno la costringerei a fare nulla che non volesse, né la spingerei mai a fare qualcosa per cui non fosse pronta.» Fece una pausa. «Mi riferisco esattamente a quello a cui stava pensando.» Era vero: non aveva mai costretto Usagi a fare nulla, lei era stata pronta a ciò che avevano condiviso, lo aveva desiderato almeno quanto lui.
La bocca di Kenji Tsukino rimase immobile, ferma in una linea unita.
Mamoru proseguì. «Per la verità, arriverei persino a lasciarla se pensassi che è la cosa migliore per lei.» Lo aveva fatto in passato, non stava mentendo. In ogni caso, ormai era fermo su punto. «Però, finché Usagi mi amerà quanto la amo io, non andrò da nessuna parte.»
Il padre di lei sbuffò pesantemente, voltandosi. Per un po', rimase in silenzio.
«Perché proprio mia figlia? Siete completamente diversi.»
Quell'affermazione si basava sull'apparenza. «Non lo siamo poi così tanto. E dove siamo diversi... ci aiutiamo, completandoci.» Già. «Usagi mi completa. E io faccio lo stesso per lei. Usagi è...» Tutto il mio mondo. Ancora una volta, non poteva dire una cosa del genere. «La ragazza migliore che abbia mai conosciuto. Da quando stiamo insieme, sono felice solo quando lo è lei.»
Sollevò lo sguardo. Non valeva forse la stessa cosa anche per un padre?
Sì. Per questo dovevano tentare di trovare un punto d'incontro. «Io non pretendo nulla da lei signore, ma voglio che capisca che per me Usagi viene prima di me... prima di qualunque altra cosa.»
... aveva esagerata, ma la frase gli era uscita di bocca prima che riuscisse a fermarla.
Udì l'improvviso sospiro rassegnato di Kenji Tsukino, pesante e non del tutto felice.
Si ritrovò a guardarlo in faccia.
«Allora, per me... per adesso... va bene così.»
«Va bene cosa?» domandò Shingo, arrivando di corsa con una frenata rapida.
Kenji ridacchiò. «Niente che ti riguardi.»
Usagi e Ikuko uscirono in giardino.
Usagi sorrise nel notare la mancanza di tensione tra suo padre e Mamoru. Finalmente.
«Uffa! E io che speravo almeno in una spintarella» si lamentò Shingo.
Usagi lo accontentò. «Eccola!» Con un colpo dei fianchi, lo buttò a terra, scappando rapidamente dietro Mamoru.
Suo fratello sbatté un piede sul suolo e si diresse dai loro genitori.
«Caro, tu sai come sistemare questo fuoco d'artificio?»
Kenji annuì e si allontanò verso un punto abbastanza pulito del terreno, col piccolo razzo in mano.
Con la coda dell'occhio, guardò dietro di sé: Usagi stava accendendo una delle sue bacchette. Ne aveva passato una anche al suo... fidanzato.
«Accendiamo la tua con la mia» gli disse, sorridendo dolcemente. Poi, come la bambina che era stata, iniziò a far volteggiare in aria il bastoncino che sprizzava luci.
Kenji spostò lo sguardo su Mamoru Chiba e comprese ancora meglio perché Ikuko si fidasse tanto di lui.
«Oh, andiamo Mamo-chan, non stare lì fermo! Muovilo un po' anche tu!» Usagi gli saltellò accanto.
«Okay, vediamo se riesci a riconoscere cosa faccio.»
Osservando i movimenti in aria del bastoncino di Chiba, Kenji iniziò a notare una forma precisa. Era un... kanji?
Il ragazzo di sua figlia completò il segno.
Amore.
Usagi lo guardò come poteva fare solo una ragazza innamorata.
Kenji si voltò, ritrovandosi a guardare l'erba.
Aveva sempre pensato che avrebbe avuto ancora tempo per arrivare ad una consapevolezza simile, ma quel momento era già lì e lui non poteva più far finta di niente: Usagi ormai grande, quasi adulta.
Sentì la mano di Ikuko sulla spalla e riprese a concentrarsi sull'accensione del fuoco d'artificio.
Shingo si unì a lui, entusiasta. «Facciamolo volare questo razzo!»
Sì... lasciamolo volare.



Una cena in famiglia - FINE


Note finali: grazie a chichilina, luisina, bunny1987, USA1983, fasana, m00nlight e romanticgirl per le recensioni. Grazie a luisina per la particolarità delle sue recensioni. Per quanto riguarda la tua domanda, fasana, sì, ho intenzione di scrivere un giorno di quando i genitori di Usagi scopriranno la verità sulla doppia vita della loro figlia. Però lo farò nel sequel vero e proprio di 'Oltre le stelle'. Penso che sia una scena che richiede una buona trama dietro. Questo sequel comunque lo pubblicherò dopo la fine di questa breve raccolta e anche dopo aver completato una one-shot su Ami, simile a quella che ho scritto su Rei (qui per Ami ho scelto un personaggio originale, inventato da me).
Grazie a tutti per i complimenti e per aver letto le mie chiacchiere finali. Ciao a tutti, Ellephedre

   
 
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