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Autore: DeadlyPain    28/03/2015    1 recensioni
Un piccolo Meowth accecato dall'avarizia sarà costretto a scegliere fra il suo oro e la sua amicizia. Ma cosa ha scatenato in lui tutta questa voglia di possessione?
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
- Questa storia fa parte della serie '7 Deadly Sins'
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Quella perla luccicava pallida nella poca luce tra le mie zampette. Bianca, opalescente, quasi timida della sua bellezza. Questo è tutto ciò che ho, questo è tutto ciò che mi resta come ricordo del suo viso, dei suoi occhi, di lei. Tieni da conto i tuoi ricordi mi diceva, Ti serviranno nelle notti senza luna.
Lei è una grande storia d'amore finita male, ed è un rubino.
Lei è l'altra grande storia d'amore finita male, ed è un diamante.
Lui è un'amicizia tradita, ed è un teschio.
Ma prima di tutti, c'è lei. Lei che era mia madre, ed è una perla bianca come il latte.

Qui, nascosto nel mio rifugio guardo tutti i miei tesori, non voglio separarmene, sono l'unica cosa che mi rimane.
Prendo in mano quella perla bianca, e subito ricordo il suo volto, la mia mamma. Doveva uscire solo un attimo, mi aveva detto, solo un attimo per prendere qualcosa con cui pranzare e poi sarebbe tornata presto. Mi diede questa perla “quando la guarderai, ti ricorderai di me, e la mia assenza sarà meno dura. Tornerò presto piccolo mio”. Mi disse. Tornerò presto. Non tornò più. E l'unica cosa che rimase di lei fu quella piccola perla bianca.
Prendo in mano il rubino ed il diamante. Entrambe erano due giovani Meowth, belle e dal pelo lucido. Ero innamorato di loro, lo ero davvero. Ma sapevo sarebbero scappate, fuggite, scomparse o peggio morte. Sono cosciente che è da troppo che mamma è scomparsa, ma la speranza che un giorno ritorni batte forte nel mio cuore. E sapevo che un giorno se ne sarebbero andate anche loro, scoprii poi che era la capacità di tutti quelli che mi stanno intorno: andarsene da me. Gli umani la chiamano “fugafacile” io la chiamo stronzaggine. Sta di fatto che chiesi loro qualcosa, qualsiasi cosa per ricordarmi di loro, anche un sasso sarebbe andato bene. Loro non volevano. Le implorai e le supplicai, ma non volevano cedermi nulla. Ora che sono qui tra i miei pensieri ed i miei oggetti, realizzo che forse ciò che questi oggetti rappresentano per me, lo rappresentavano anche per loro. Ma in quel momento non ci pensai. Mi gettai a capofitto sulla testa di rubino, graffiandola e cavandole gli occhi, dovevo avere qualcosa, dovevo prendermi qualcosa, come ricordo di lei. Le strappai il medaglione che aveva in testa e dietro nascondeva questo piccolo rubino. Diamante, invece, terrorizzata mi cedette il suo medaglione spontaneamente, ma tremava troppo e forse aveva troppa paura che accorgersi che eravamo su una scogliera. Cadde in mare e più la rividi. Nel punto in cui cadde notai qualcosa che luccicava, un piccolo diamante. Presi anche quello. Ogni cosa è ottima purchè sia mia e mi dia un ricordo.
Guardai nel mucchio.
Altri medaglioni, altre pietre, altri oggetti.
Tutti altri della mia specie morti nello stesso modo. O scomparsi, in quella che chiamano una pokèball, una prigione rotonda che ti porta via dalla tua vita, dai tuoi cari, dai tuoi ricordi.
Ho solo gli oggetti per ricordarmi di tutti quelli che sono andati via. Io li ricorderò per sempre.
Nessuno.
Nessuno.
Nessuno me li porterà mai via.

Prendo in mano un piccolo sasso. Questo non è una persona, o meglio, nessuno in particolare. Questo è un allenatore che voleva catturarmi, voleva portarmi via dalla mia roba, voleva portarmi via dai miei ricordi. Mi sfinii con un'estenuante lotta contro un Raticate, e poi lanciò una sfera rossa, una pokèball. Con le poche forze che mi restavano afferrai questo sasso e lo lanciai verso la sfera-prigione, quella si ruppe e cadde indietro, poi raccolsi il sasso e approfittai dell'incertezza di quel giovane. Gli saltai alla gola cominciando a colpirgli quella grossa faccia con la pietra e non mi fermai financhè la tua testa rossa e grondante di sangue non si accasciò su sé stessa come un soufflè mal fatto. Dovevo avergli rotto il cranio per intero per far si che gli accadesse ciò. Ma poco importa. Avevo una pietra che mi ricordava l'azione e una serie di denti mezzi rotti e sanguinolenti per ricordarmi del giovane.
Prendo in mano un teschio. Lui era un piccolo Eevee, lui era quello che credevo un amico. L'ho aiutato a fuggire dalla pensione pokèmon in cui era imprigionato per chissà quale motivo. Mi ricordo che lo vidi una notte, tremante. “aiutami” mi disse. Disse che c'era un mostro che voleva fargli del male, prendergli qualcosa a lui caro, disse che il suo allenatore l'aveva ingannato e che voleva solo costringerlo a fare delle uova. “È il quarto uovo, ed è il quarto che mi portano via”. Ruppi la rete con le mie unghie e lo feci scappare. Già è un male che usi qualcuno come concubino, peggio ancora se poi cerchi di rubargli qualcosa a lui caro, so come ci si sente, ucciderei chiunque cercasse di portarmi via i miei oggetti. I miei ricordi.
Di quella sera ho come ricordo una massa semiliquida, orribile, rosastra e appiccicosa. Una parte, non so bene quale, di un Ditto. Il mio amico Eevee non avrebbe più dovuto temerlo.

Eppure il suo teschio ancora mi guarda. Un pomeriggio mi chiese di vedere la mia tana, pioveva e non voleva stare all'addiaccio. Lo portai da me. Grande errore mio, grande errore suo.
Subito rimase impressionato dalla quantità di oggetti che avevo accumulato. Ma li guardava un po' troppo, per i miei gusti. E se avesse voluto rubarmeli?
Si avvicinò con cautela, e prese in mano Rubino.
“lascialo giù” lo intimai
Non demordeva, prese anche qualche moneta, un quarzo e uno zaffiro.
Continuavo a controllarlo. Come si permetteva, come si permetteva di toccare la mia roba? Quelli erano i miei oggetti, quelli erano i miei ricordi, i miei preziosi, preziosissimi ricordi. Non poteva toccarli, non poteva prenderli e inquinarli con le sue zampacce. No. Non potevano.
“smettila di toccare tutto! Sono miei! MIEI! Solo miei!”
Non doveva, non poteva, no no no.
Mi guardò male, come se gli stessi chiedendo di darmi un rene, non voglio il tuo rene, voglio solo che smetti di toccare ciò che non è tuo. È mio. Mio. Solo mio.
Io ti ho salvato.
Io ti ho tirato fuori dalla prigione.
Io ho distrutto ciò che ti faceva paura.
Io ho fatto si che nessuno toccasse più le tue uova.
Io ho fatto si che non ti prendessero più che che avevi di più caro.
Tu dovresti sapere come ci si sente.
Questo è il ringraziamento? Così mi dici grazie? Rubando la mia roba? Prendendo ciò che mi è di più caro al mondo?
Eevee prese in mano mia madre. Quella piccola perla luccicava nel suo pelo color crema. Lascia stare mia madre! Lascia stare mia madre!
“Bellina questa... Posso prenderla per favore?”
Tu! Stupido inutile pokèmon! Come ti permetti anche solo di pensare di chiedermi mia madre? È mia madre! È mia! È solo mia! E tu, non dovresti nemmeno pensare di toccarla!
“No! Lasciala immediatamente giù, non toccarla, non guardarla. La rovini. La consumi. Vattene, vattene ora!” Gli urlai, strappandogli la perla dalla zampa. Lo feci con un po' troppa irruenza forse, insieme alla zampa venne via anche del pelo e della pelle.
“Oh quante storie per una stupida perla”
Per quanto fino a quel momento cercassi di mantenere la calma lì persi ogni ragione. Gli saltai addosso cominciando a graffiarlo, ferirlo, strappargli ogni singolo centimetro di carne. Il sangue cominciò a colare dentro la mia casa, oh no, oh no. I miei ricordi saranno macchiati i miei ricordi si rovineranno.
Tirandolo per la coda, ormai ridotta a della carne a brandelli, piccola e fine senza tutto quel pelo che la ricopriva, lo trascinai fuori. Sputava sangue e piangeva. Chiedeva scusa, chiedeva perdono. No. Le tue zampacce hanno toccato la mia roba, il tuo sangue forse la sta rovinando. È la mia roba. È mia! MIA! Solo e solamente mia! Nessuno Nessuno mi porterà via la mia roba. Nessuno la deve toccare. Nessuno la deve vedere. Anche solo vederla la consuma. La consuma. E non sarà più mia! Deve rimanere perfetta, intatta e mia! Mia!
Continuai a infierire sul suo corpo. Lo colpii con ogni cosa disponibile, sperando di fargli il più male possibile. Purtroppo non sapevo usare ancora molte mosse, ma graffio e sfuriate andavano benissimo. Ben presto del suo corpo non rimase una carcasse. Il pelo, la pelle e la carne erano pressochè scomparse, ridotte a brandelli. Di Eevee non era rimasto che uno scheletro graffiato e una grossa pozza di sangue.
Lì l'erba ora cresce rigogliosa e si dice che ci abbiano costruito una fattoria di Milktank.
Di lui presi il teschio. Il meno graffiato, il più pulito.

I lavori di quella che si dice sia una fattoria sono iniziati presto. Hanno subito cominciato a scavare per piantare plinti e pilastri. E la terra si muove in fretta. Mi ricordo che era un mattino, e vidi il sole oscurarsi, l'ingresso, l'ingresso della mia tana si stava ricoprendo di terra. Doveva salvarmi, dovevo andarmene fuori, e dovevo portare con me i miei ricordi, i miei cari cari ricordi, i miei preziosi, la mia preziosissima roba.
Ma non c'era tempo per portarsi fuori tutto. Dovevo scegliere. Beh, certo, la perla di mamma, poi Rubino, Diamante.. Ma non avevo abbastanza mani e volevo portar via anche Teschio, Pietra e Quarzo. Ma anche Zaffiro e Sasso. E Ciocca-di-Pelo e Fiore. E qualche medaglione. Chi portare? Chi abbandonare?
Non Potevo scegliere. Non riuscivo a scegliere. Loro sono l'unica cosa che ho! Come faccio a scegliere.
Mi sentii come Sophie, nel film doveva scegliere quale dei suoi due bambini salvare dal campo di concentramento e quale farlo finire nella camera a gas.
Mi sentii come Sophie, e scelsi come Sophie. Non scelsi nulla.
Nell'indecisione le portarono via e le cremarono entrambi i figli. Nell'indecisione l'entrata della mia casa si chiuse ed io rimasi sepolto vivo con la mia roba. I miei ricordi.
I miei ricordi sono l'unica cosa che ho, l'unica che mi rimane.
Sono qui da giorni e i miei occhi si sono lievemente abituati all'oscurità. Ma so riconoscere al tatto tutto ciò che ho. Ma so anche che sto perdendo le forze e presto morirò di fame, sete e stenti.
Forse un giorno mi ritroveranno qui. Quando toglieranno questa stupida fattoria.
Presi in mano mamma. La mia piccola dolce e bellissima perla.
La strinsi forte al cuore e guardai verso quello che un tempo era il cielo.
Chiusi gli occhi. Mamma aveva ragione.

Tieni da conto i tuoi ricordi. Ti serviranno nelle notti senza luna.
   
 
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