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Autore: Criscias    28/03/2015    6 recensioni
Quando Harry vede Louis per la prima volta, il suo respiro si blocca per un attimo.
Cosa ci fa una creatura come quella in quel posto?
Dentro si sente tremare.
Quando Louis alza gli occhi e poggia il suo sguardo su di lui, Harry sente un brivido
percorrergli ogni vertebra.
Louis è azzurro come il cielo, Louis ha due occhi che Harry non scorderà mai.
Quando Louis vede Harry la prima volta, il suo respiro si blocca per un attimo.
Cosa ci fa una creatura come quella in quel posto?
Dentro si sente tremare.
Quando Harry sorride dischiudendo le labbra, sembra sia primavera. Louis sente un brivido
percorrergli ogni vertebra.
Harry è verde come la speranza, Harry ha due occhi che Louis non scorderà mai.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Give me love
Like never before

Give a little time to me
We'll burn this out

 Doncaster 1995

 

La bottiglia di scotch semivuota abbandonata sul tavolo gocciola bagnando il pavimento con un ticchettio assordante.
La stanza è illuminata lievemente dalla luce del lampione che filtra dalla finestra, la porta del salotto è chiusa, il legno massiccio ammaccato al centro dalla furia del pugno di Mark, che adesso sta gridando contro Johannah , la vena del collo gonfia mentre le sputa in faccia la sua rabbia.

 “SEI SOLO UNA PUTTANA” le grida spingendola contro il muro con tutta la sua forza, l’alito che sa di alcool.

 Johanna sbatte forte contro la parete fredda incapace di reagire alla furia violenta di Mark, allunga la mano a tentoni lungo il muro cercando una qualsiasi cosa con cui difendersi, e poi lo sente, sotto le dita tremanti, il bordo freddo della piccola sedia rossa di Louis.
L’afferra con la mano sinistra e con la poca forza che le rimane la lancia addosso a Mark che si copre il volto smostrato dalla rabbia con le mani e barcolla perdendo l’equilibrio.
Johannah corre verso la porta d’ingresso mentre lacrime taglienti le rigano il volto stanco, si volta per un istante a guardare quella casa dove non tornerà mai più, ed è in quel  momento che incrocia gli occhioni blu di un piccolo Louis osservarla con aria interrogativa.

“Mamma dove vai?”  chiede Louis con tutta l’ingenuità del mondo nella voce delicata.

Johannah non risponde, porta una mano all’altezza del petto, con le labbra mima “Per sempre nel mio cuore.” e chiude la porta alle sue spalle, quella porta che non aprirà mai più.

 

“MAMMA!” grida Louis correndo verso la porta, ma viene bloccato da Mark che lo strattona forte per un braccio attirandolo a se.
“La mammina se n’è andata.” lo prende in giro Mark stringendolo ancora più forte a se mentre Louis si dimena cercando di liberarsi da quella morsa che non lo fa respirare, la risata malata di Mark gli rimbomba nelle orecchie, “La tua mamma ti ha abbandonato piccolo mio, siamo solo io e te adesso” gli sussurra nell’orecchio portando una delle sue grandi mani sulla bocca di Louis per farlo star zitto, mentre lo trascina nella camera da letto al piano di sopra.

 

 

 

                                                                                                                                                       London 2014

 

 

Louis si sveglia di soprassalto nella sua stanza, le grida di Mark e la puzza d’alcool sembrano terribilmente reali.
L’orologio sul comodino segna le 4am, ed è appena stato svegliato dall’ennesimo incubo.
Si è addormentato vestito, il letto intatto, il blocchetto degli appunti e la penna in fondo al letto, l’ultima frase lasciata a metà.

 

Per sempre nel mio cuore.

 

Louis si stropiccia gli occhi con il dorso della mano pallida e si distende sotto le lenzuola cercando di scacciare via il pensiero della mani possenti di Mark sul suo corpo di bambino.
Ha aspettato per anni di fronte a quella porta chiusa pregando di veder tornare sua madre, prigioniero di un padre senz’anima, che notte dopo notte, stava sbriciolando anche sua, di anima.
Louis ha smesso di credere in dio una notte di tanti anni fa, non ricorda quanti anni avesse, la mente tende ad eliminare ricordi troppo dolorosi, almeno cosi gli hanno spiegato.
I ricordi si confondono  gli uni con gli altri, eppure Louis la paura che ha provato, quella non la dimenticherà mai, i passi pensati strascinati di Mark su per le scale, il cigolio della porta della sua cameretta ed il sentore di alcool che subito invade la stanza, la sua risata instabile mentre si siede sul letto e scosta le lenzuola dal corpicino di Louis che finge di dormire mentre le lacrime gli rigano il volto.
Finchè le lacrime non scendono più, e Louis diventa un adolescente, un adolescente che non parla.
Aveva deciso che non avrebbe mai più parlato con nessuno, tanto nessuno era mai stato li per ascoltarlo, neanche Dio aveva mai preso in considerazione le sue preghiere disperate, le sue richieste di aiuto nelle notti più buie.

 

Ovviamente al Kings College il mutismo di Louis venne considerato un problema piuttosto grave, da risolvere, almeno all’inizio, finchè le persone intorno a lui persero le speranze, e lo abbandonarono al suo silenzio, ma infondo a Louis andava bene cosi.

 

 

                                                                                                       

 Anne apre piano la porta di Louis, che dorme profondamente nel letto, la penna tra le mani e sorride amorevole alla vista di Louis con le labbra socchiuse e i capelli scompigliati, il respiro profondo.
Scosta le tende bianche dalla finestra per lasciar entrare la luce del sole nella stanza e poggia il vassoio con la colazione sulla scrivania ricoperta di fogli scritti e accartocciati, ad Anne si stringe lo stomaco a quella vista, sa bene cosa significa, Louis ha passato un’altra notte insonne.
Louis apre gli occhi non appena Anne chiude la porta alle sue spalle, l’aveva sentita entrare ma non voleva vedere nessuno quel giorno.
Louis adora Anne, era l’unica all’interno del Bethlem Royal Hospital con la quale avesse instaurato un rapporto di amicizia, nonostante Louis non le avesse mai  rivolto parola in tutti quegli anni.
Suo padre l’aveva lasciato lì quando aveva trovato un’altra donna, con due bambini piccoli, e ne aveva fatto la sua nuova famiglia, e Louis era diventato troppo grande per i suoi gusti, impossibile da gestire, in altre parole, un problema.
Anne si era subito affezionata a quel ragazzo dagli occhioni di ghiaccio e le labbra sottili, gli era stata vicina sempre, quando la notte lo sentiva gridare a squarcia gola prigioniero in uno di quegli incubi che lo torturavano ogni notte.
Anne lo abbracciava e lo stringeva forte a se, e Louis si ribellava all’inizio, spingendola via con  le sue manine piccole ma Anne non l’aveva mai lasciato, cullandolo tra le sue braccia morbide, finchè Louis non crollava sfinito in un sogno più sereno.

 

 



Il Bethlem Royal Hospital è uno degli ospedali psichiatrici più grandi di Londra, ed è anche la casa di Louis.
La grande struttura è suddivisa in reparti a seconda della gravità dei casi, il mutismo di Louis era dovuto agli abusi del padre e all’abbandono della madre, per questo era stato sistemato nella sezione abusi.
Era incredibile quanti bambini si aggirassero per quei corridoi, Louis rimaneva ad osservarli giocare nel cortile dalla sua finestra, nella sua stanza dalle pareti bianche spoglie.
Le giornate di Louis scorrevano tranquille, nessuna persona era mai venuta a trovarlo, soltanto suo padre si era presentato una volta con la nuova compagna, Louis l’aveva visto da dietro il vetro della sua finestra appannato dal respiro accelerato, mentre osservava Anne informarlo che non era persona gradita, cosi Mark non era scomparso per sempre, come sua madre.
Louis non la ricorda molto bene, tutti quegli anni avevano lentamente cancellato il suo volto rendendola un’ombra lontana, tanto che Louis si è chiesto se fosse mai esistita davvero.

 

La struttura è circondata da un ampio cortile, di quelli con i fiori di lavanda e il prato curato, attraversato da un lungo vialetto di mattoncini che si estende per tutta la lunghezza del parco.
La primavera è appena iniziata e Louis indossa una maglietta a mezze maniche che lascia scoperte le braccia troppo magre, tiene stretto tra le mani il suo blocchetto e la penna mentre passeggia verso la panchina dove Paul è seduto come ogni mattina.
Louis adora Paul, un signore anziano affetto dall’Alzheimer al terzo stadio che ama sedersi sulla sua solita panchina verniciata di un verde acceso lamentandosi della mensa a suo pare “troppo condita” .
Louis prende posto accanto a Paul e lo ascolta lamentarsi burbero in silenzio, perchè con Paul Louis si sente tranquillo, lui non si aspetta che Louis dica qualcosa, non rimane a fissarlo in attesa dopo aver finito la sua frase, semplicemente parla, parla e Louis ascolta, perchè in questo è bravo Louis, tutti quegli anni di silenzio l’anno reso un ottimo ascoltatore.

 

 

I’m

 

Quella mattina Louis si sveglia ancora con il volto sfuocato di sua madre impresso nella mente, la fronte imperlata di sudore freddo.
Si alza lentamente, rimanendo qualche minuto con le gambe penzoloni giù dal letto, il vassoio della colazione sulla scrivania, le tende scostate a far entrare la luce calda del mattino. Anne.
Louis accende l’acqua della doccia e si insapona la pelle candida, cercando di liberare la mente.
Poco dopo si dirige giù per le scale, addentando il cornetto alla marmellata di albicocche, la sua preferita.
Come ogni mattina passeggia per il vialetto assolato in direzione della panchina di Paul ma qualcosa di insolito si presenta davanti ai suoi occhi, Paul non è da solo quella mattina, e questo è piuttosto insolito visto che come Louis, non riceve  mai nessuna visita.
Un ragazzo alto e riccio è seduto accanto a Paul sulla panchina,  sbucciando in modo bizzarro una banana e sorridendo alle burbere lamentele del vecchio signore.
Il riccio indossa una maglietta azzurra con lo stemma del servizio civile, chiaramente non è un nipote ricomparso da un buco nero, Louis non si avvicina, rimane nascosto dietro la grande quercia poco lontano, da quella posizione riesce a vedere senza essere visto, e può bearsi di quella magnifica visione.
Quel ragazzo ha il sorriso più bello che Louis abbia mai visto in tutta la sua vita, non che ne abbia visti molti in realtà.
Anche da quella distanza riesce a vedere chiaramente le sfumature di verde dei suo grandi occhi, e non può non pensare che siano meravigliosi, ed incredibilmente sinceri.
Louis rimane appostato dietro quell’albero a lungo, incantato dai gesti di quell’angelo dalla pelle candida, le grandi mani si muovono leggere nell’aria mentre si aiuta con i gesti per esprimere meglio quello che sta raccontando, Louis non riesce a sentire la sua voce, eppure sa, che è meravigliosa.

 

 

 

                                                                                                                                        

 

Louis sta seduto sulla piccola sedia rossa nella sua cameretta in silenzio, le braccia strette intorno al corpicino, la testa piegata in avanti mentre dondola avanti e indietro senza sosta.
Dal piano di sotto riesce a sentire chiaramente le grida di Mark contro sua madre.

“SEI SOLO UNA PUTTANA, TU E QUEL MOSTRO MI AVETE ROVINATO LA VITA” .

Louis sente Johannah piangere, sente qualcosa rompersi, sente una madre supplicarlo di smetterla.
Ti prego dice, la voce spezzata dalle lacrime.

 

Ancora una volta Louis si sveglia nel pieno della notte, le guance bagnate dalle lacrime che sono cadute durante la notte continuano a scorrere sul suo volto anche adesso che si è svegliato, rannicchiato nel buio della sua stanza, tenendosi le gambe con le braccia fa dei grandi respiri profondi cercando di ristabilire il respiro regolare.
La stanza è avvolta dal buio della notte, Louis cerca a tentoni con la mano il blocchetto che tiene sul comodino insieme alla penna ed accende la abat-jour per illuminare quel tanto che basta per permettergli di scrivere.
Stringe la penna tra le dita mentre con l’altra mano si riavvia i lunghi capelli castani  scompigliati dal sonno agitato, assottiglia gli occhi trasparenti mentre traccia sul foglio le parole che non dirà mai ad alta voce.

 
 Dal giorno in cui te ne sei andata le cose sono andate sempre peggio. Mark mi ha fatto male, ogni notte, da quando te ne sei andata mamma. Perché non mi hai portato via con te? Perchè mi hai lasciato nelle sue mani? Ti ho aspettato, mamma. Ti ho aspettato di fronte a quella porta ogni giorno, ma tu non sei mai tornata.

Mi manchi.

Ti amo.

 
Louis accartoccia il foglio non appena ha scritto l’ultima lettera e lo getta a terra con tutta la sua forza, un grido disperato squarcia il silenzio della notte, ma nessuna lacrima bagna i suoi occhi spenti.
Poco dopo crolla di nuovo in un sonno tormentato.

 

                                                                                                                                                          

 

In

La mattina seguente quando Anne apre piano la sua porta la stanza è vuota.
Louis è uscito presto quella mattina, delle profonde occhiaie cerchiano i suoi occhi stanchi, le labbra contratte in una linea sottile.
E’ troppo presto perché Paul possa già essere sulla loro panchina ma Louis si dirige comunque in quella direzione, mettendosi seduto a  gambe incrociate, le mani affondate nella grande tasca frontale della felpa bianca, il cappuccio tirato sulla testa per ripararsi dalla pioggia che cade leggera.
Paul arriva un’ora dopo, cammina lento con il suo inseparabile bastone da passeggio e si siede con un grugnito accanto a Louis, iniziando il suo monologo senza tante cerimonie.
Louis incrina appena le labbra in un sorriso e resta ad ascoltarlo fissando un punto imprecisato davanti a sé.
Poco dopo Paul viene interrotto dalla voce più bella che Louis abbia mai sentito, leggermente roca, profonda, bellissima, sembra quasi stia cantando.

“Buongiorno Paul, come andiamo stamattina?” chiede gentile il ragazzo dai riccioli morbidi raccolti in un codino.
“Stavo raccontando al mio amico qui quando la mensa faccia sempre più schifo ogni giorno che passa” risponde Paul burbero provocando la risata del ragazzo dagli occhi verdi.
Louis stringe le mani nella tasca della felpa a disagio, pronto a scappare a gambe levate da quella meravigliosa visione in piedi davanti a lui.

Ti prego fa che non mi parli.

 
“Ciao amico di Paul, io sono Harry, Harry Styles.” canta l’angelo dagli occhi azzurri, azzurri? Louis era sicuro fossero verdi.

Harry gli tende una mano per presentarsi e Louis si alza di scatto dalla panchina e scappa via, proseguendo a passo svelto lungo il vialetto in direzione della sua camera senza mai voltarsi indietro, lasciando Harry con lo sguardo interrogativo e la mano sospesa a mezz’aria.

 

 

  Love

 
 Harry è appena arrivato al Bethlem Royal Hospital quella mattina, è in anticipo rispetto all’inizio del suo turno, indossa una grande felpa blu e sta parlando a bassa voce con Anne vicino alla porta d’ingresso.

 “Non posso dirti quello che vuoi sapere Harry, sono informazioni riservate.” spiega Anne, il tono amorevole come sempre.
“Lo so Anne, non voglio essere insistente, è che quel ragazzo ha qualcosa, qualcosa di speciale.” confessa Harry abbassando appena i grandi occhi verdi, una leggera sfumatura di porpora sulle guance.
“Harry caro, non ti sbagli, ma non stargli addosso va bene? Louis vuole essere lasciato in pace, ha bisogno di tranquillità.” dice Anne più seria adesso, carezzando dolcemente il volto liscio di Harry.
“Certo, non preoccuparti.” la rassicura Harry con uno dei suoi incantevoli sorrisi.

Più tardi Harry sta passeggiando con Paul lungo il viale, spingendolo sulla carrozzina e ascoltando le sue solite lamentele, lo sguardo che vaga per il parco, alla ricerca di un paio di occhi di ghiaccio.
Louis poco lontano è sdraiato sull’erba a pancia in giù intento a disegnare sul suo inseparabile blocchetto, gli occhi stretti in una fessura mentre si morde un labbro concentrato.
Gli occhi verdi di Harry intercettano Louis sdraiato sull’erba sotto il grande salice piangente, i lunghi capelli castani scompigliati dal vento leggero.
Harry spinge Paul fino alla panchina dove lo aiuta ad accomodarsi e si dirige verso Louis.
Louis non si accorge della presenza di Harry finché non si siede accanto a lui si sull’erba con un gran sorriso stampato sul volto pallido, gli occhi illuminati dalla luce tenue del sole mattutino.

“Ciao” dice titubante Harry, la voce melodiosa, Louis istintivamente porta entrambe le mani a coprire il blocchetto.
“Mi chiamo Harry, ma questo lo sai già…” prova ancora Harry e Louis si mette seduto, in procinto di alzarsi a correre via, di nuovo.
“Ti prego non scappare, non voglio costringerti a parlare se non ti va, voglio solo stare qui seduto accanto a te, puoi continuare a disegnare, non ti darò fastidio.” canta l’angelo al suo fianco, una supplica silenziosa negli occhi verdi.
Louis si prende qualche minuto per valutare quella proposta, e sorprendendo perfino se stesso decide di restare, tornando a sdraiarsi sulla schiena, il blocchetto ancora stretto tra le mani.
Harry sorride felice e sorpreso dalla reazione di quel ragazzo silenzioso e si stende al suo fianco, il volto rivolto verso il cielo limpido. 
Louis si sente stranamente sereno sdraiato al fianco di quello splendido ragazzo che riempie il silenzio parlandogli di lui in modo semplice, raccontandogli di quando da bambino aveva rubato la biciletta di suo cugino guadagnandosi una sberla da sua madre, di quando per il suo diciottesimo compleanno aveva rubato la macchina di sua madre per andare al concerto degli AC/DC, di quando aveva perso suo padre, e come avesse deciso di dedicare la sua vita ad aiutare persone come Paul.
Louis rimane in silenzio ad ascoltare le sue storie, mattina dopo mattina, per settimane.
Harry non fa mai domande a Louis per paura di spaventarlo e vederlo correre via, una reazione come quella gli spezzerebbe il cuore. Per la prima volta nella sua vita ha trovato qualcuno che lo ascolta davvero, qualcuno a cui interessa davvero sentire i suoi racconti, i suoi pensieri più profondi.
Il loro rapporto fatto di lunghi silenzi e segreti confessati cresce giorno dopo giorno, radicandosi nelle loro anime, legandoli l’uno all’altro, senza che se ne rendano mai davvero conto.

 

                                                                                                                                                    

 

 

 

With

 

Quella mattina di maggio Harry come sempre, arriva in anticipo e dopo aver salutato Anne con un bacio sulla guancia, prende il vassoio della colazione dal carrello nel corridoio e raggiunge Louis nella sua stanza aprendo piano la porta, ma Louis non c’è.
Il letto è perfettamente rifatto, come se non ci avesse dormito nessuno.
Harry poggia il vassoio sulla scrivania e nota con sua sorpresa il blocchetto degli appunti di Louis dimenticato sulla sedia insieme alla penna.
Rimane a fissarlo per qualche istante, una curiosità crescente gli nasce all’altezza dello stomaco, tra quelle pagine si nasconde l’anima tormentata di quel meraviglioso ragazzo che era diventato come ossigeno per Harry, avrebbe finalmente potuto capire che cosa gli aveva portato via la gioia di vivere, che cosa ha spento l’azzurro dei suoi occhi che solo raramente Harry riesce a veder brillare dopo una delle sue battute.
Allunga lentamente una mano per prendere il blocchetto quando sente dei passi alle sue spalle.
Louis in piedi sulla porta lo squadra con sguardo interrogativo, le labbra fini socchiuse, il fiatone per aver fatto le scale di corsa.
Harry gli porge il blocchetto che tiene stretto in mano.

“Non volevo leggerlo Lou, stavo per riportartelo.” si giustifica Harry, il terrore nella voce mentre Louis lo raggiunge e gli strappa il blocchetto dalle mani portandolo al petto.

Harry sa che un solo passo falso può rovinare tutti i progressi fatti in quelle settimane, e non lo avrebbe mai permesso.

“Ti ho portato la colazione, hai fame?” chiede premuroso indicando con gli occhioni il vassoio sul sulla scrivania, i riccioli morbidi raccolti in una crocchia.

Louis lo osserva con i penetranti occhi azzurri, Dio quanto è bello.
Fa cenno di no con il capo e abbozza un debole sorriso incapace di tenere il broncio a quel ragazzo che piano piano si è fatto spazio nel suo cuore.
Louis gli tende una mano che Harry afferra immediatamente, una nuova luce di speranza brilla nei suoi meravigliosi occhi quando un brivido li percorre entrambi a quel contatto.

 


Harry non riesce a dormire quella notte, mille pensieri gli si accavallano nella testa, sente l’adrenalina pulsargli nelle vene, il pensiero del blocchetto di Louis lo perseguita.
Se Louis avesse scoperto Harry a tradire la sua fiducia non lo avrebbe mai perdonato. 
Nonostante questo, Harry vuole sapere perché Louis si è spento piano piano, senza che nessuno se ne accorgesse. 
Vuole sapere chi vive nei suoi incubi, perché Anne un giorno glielo ha raccontato in confidenza, che Louis piange di notte, deve trovare un modo per fare delle domande a Louis, perché in quel momento, nella sua vita è l’unica cosa che conta, deve salvarlo.


Dopo una notte passata a torturarsi, Harry entra nella stanza di Louis tenendo stretto un Block Notes nella mano destra. In fondo, tutte quelle ore senza dormire gli hanno fatto venire un’idea.
Louis lo guarda, la testa appoggiata al cuscino del suo letto, accenna un sorriso e si tira su puntando entrambi i gomiti sul materasso, appoggia la schiena contro il muro freddo e si porta le ginocchia al petto mentre osserva Harry muoversi sinuosamente nella stanza. Come sempre, Louis non dice niente, attende solo che Harry ricambi il suo sorriso come è solito fare ogni volta che entra. 
Harry non lo delude, sorride in risposta mostrando le fossette mentre i suoi occhi verdi brillano. 
Dopo essersi levato il giubbotto, si siede sulla solita sedia e estrae una penna dalla tasca dei suoi jeans stretti.
Senza dire una parola, inizia a scrivere sul primo foglio del Block Notes che ha portato con se.

'Non penso che per dar voce ad un pensiero, ci sia per forza bisogno di parlare non trovi? Gli esseri umani sanno comunicare tra loro in molte maniere. Se ti va, possiamo provarci scrivendo. Puoi raccontarmi qualcosa del tuo passato?'

Louis attende che Harry finisca di scrivere. Il suo respiro è accelerato, è curioso, perché Harry sta scrivendo su un Block Notes e non parla come fa di solito? Ma soprattutto, cosa sta scrivendo?
Louis continua a chiederselo finché finalmente Harry non lo raggiunge vicino al letto, il Block Notes tra le mani, e con un cenno del capo gli fa capire che gli piacerebbe sedersi vicino a lui. Louis si sposta verso il muro schiacciandocisi quasi addosso perché il letto è piccolo, e le spalle di Harry sono molto larghe, il suo petto è ampio.
A Louis sono sempre piaciute le spalle di Harry, ha sempre desiderato poterle toccare.
Ci sono notti in cui sogna ancora le urla di suo padre e si sveglia piangendo.
In quelle notti vorrebbe nascondersi tra le braccia di Harry e piangere sul suo petto.


Harry passa il Block Notes a Louis e aspetta, attende che il ragazzo legga quello che poco fa ha scritto per lui. E Harry spera, spera con tutte le sue forze che anche Louis scriva qualcosa, che voglia comunicare con lui, ma Louis non fa niente. Guarda quella scritta per un intero minuto e l’unica cosa che riesce a fare e sdraiarsi, dare le spalle a Harry e rimanere immobile.
Sente come un peso all’altezza del petto, sente un nodo alla gola, e spera solo che Harry se ne vada in quel momento ed Harry capisce, lui capisce sempre.
Accarezza piano il braccio di Louis e sussurra uno “Scusa” prima di alzarsi, prendere tutta la sua roba e andarsene.
Louis adesso è libero di piangere, Harry non può vederlo, ma piange anche lui.

 

Harry non dorme neanche quella notte tormentato dai pensieri. La sua stupida curiosità potrebbe aver rovinato tuttp, forse Louis adesso non si fida più di lui.
La sveglia sta suonando, ma Harry non è mai stato più sveglio di così.
Londra è più nuvolosa del solito quella mattina, o forse Harry vede tutto grigio perché è triste, non si ferma a fare colazione, compra solo un cornetto alla marmellata per Louis al bar sotto casa, ha iniziato a piovere da poco quando Harry entra al Bethlem, in lontananza si sente il cielo tuonare. Si dirige verso la stanza di Louis, ma una volta entrato non lo trova.
Louis non c’è e la sua roba è sparita.
Cammina a passo svelto verso l’ufficio di Anne, sente l’ansia salirgli su fino alla gola. Il respiro affannoso, quasi stesse per avere un attacco di panico. Una volta arrivato davanti alla porta Harry bussa un po’ troppo forte, poi attende, la voce di Anne giunge dall’interno “avanti” . Una volta entrato trova la donna intenta a sistemare dei fogli sulla scrivania, senza preoccuparsi di salutare sputa fuori la domanda che lo sta logorando.

“Dov’è Louis?”

Anne lo guarda comprensiva, con aria materna.

“Ciao Harry.”
“Anne, ti prego, dimmi dove si trova Louis.”
“Non posso farlo tesoro.”

Harry sgrana gli occhi, deve saperlo.

“Anne, per favore, ieri è successa una cosa, voglio sapere se sta bene, devo parlarci.”
“Harry, Louis ha fatto capire espressamente che non vuole vederti. Non so cosa sia successo tra voi, e fidati se ti dico che mi dispiace molto perché sembrava affezionato a te.”

‘Sembrava affezionato a te.’

Una frase che ad Harry fa male quasi quanto un coltello piantato nel cuore. Ha sempre saputo che per Louis parlare del suo passato è una cosa dolorosa, non conosce i motivi, ed è proprio questo ad averlo spinto oltre il limite. Harry è sempre stato una persona che si fa gli affari suoi, ma con Louis non riesce, non sa perché ma non ci riesce e basta. Harry vuole sapere cosa c’è che non va. Harry vuole che Louis ricominci a parlare. Harry vuole regalare a Louis una vita normale, fatta di cose felici, e per farlo deve conoscere il suo passato. Dopo tutto è anche il suo lavoro.
Harry porge il cornetto alla marmellata che ha comprato per Louis ad Anne.

“Puoi dargli almeno questo? Louis ama la marmellata alle albicocche.”

Poi si volta e sparisce nel corridoio.

Sono le due del pomeriggio e Louis è chiuso nella sua nuova camera, sbadiglia mentre sente la pioggia sbattere delicatamente sulla sua finestra. Si è svegliato da poco ed è un po’ intontito. La sera prima ha scritto su un foglio di volere un sonnifero per dormire meglio, forse per provare a non avere incubi. 
Ha cercato Anne e le ha fatto leggere tutto. Dopo avergli permesso di cambiare stanza, la donna aveva acconsentito anche a quella richiesta. 
Anne non aveva fatto domande, ma non era stupida, e alla sua veneranda età sapeva riconoscere un problema tra adolescenti. Louis aveva bisogno dei suoi spazi, e nonostante gli dispiacesse davvero tanto per quello che avrebbe dovuto dire ad Harry l’indomani, la tranquillità di Louis era la sua priorità.

Sono nel tardo pomeriggio, Louis sente un vuoto nello stomaco, gli occhi di Harry impressi nella sua mente, mentre calde lacrime inondano i suoi occhi, è incapace di trattenerle.
Ripensa a sua madre, che se n’è andata perché non lo amava abbastanza. Louis non vuole raccontare ad Harry cosa gli è successo prima che si incontrassero. Suo padre, la violenza, le molestie. Non vuole che Harry lo guardi come si guardano i cuccioli abbandonati. Non vuole che Harry passi del tempo con lui perché è un caso umano e gli fa pena. Non vuole la carità di nessuno, e proprio in quel momento si rende conto, che non parlerà mai più, che non amerà mai più. 
Le persone non lo hanno mai ascoltato, le persone non lo hanno mai amato. Perché ricambiare?

Harry sta tornando a casa e l’unica cosa che riesce a pensare è che tutta quella situazione sia davvero assurda. Si sente in colpa. Se Louis avesse voluto, gli avrebbe raccontato di sua spontanea volontà cosa gli è successo di così terribile nel suo passato per ridurlo così. Gli avrebbe fatto leggere cosa scrive di notte sul suo blocchetto dopo tutti gli incubi che lo tormentano. Se non l’aveva mai fatto, c’era un perché, un perché che forse Harry non avrebbe saputo mai.


A Londra piove da giorni ormai, e Harry trova la cosa curiosa. Ha iniziato a piovere il giorno in cui ha scoperto che tra lui e Louis si è rotto qualcosa. Una settimana è passata, e nonostante questo Harry compra un cornetto alla marmellata tutte le mattine per Louis, lo da ad Anne e poi se ne va in silenzio. Harry non ha deciso di aspettare Louis, il suo cuore l’ha deciso per lui.

Sono sette giorni che Harry non dorme, sette giorni che Louis prende i sonniferi per dormire di più. Non riesce a scrivere niente, da quando ha deciso di non vedere più Harry è tutto vuoto, tutto appannato, tutto spento. Louis comincia a chiedersi se a quel punto non sia meglio morire. Se lo chiede mentre mangia l’ultimo croissant alla marmellata che Anne gli ha portato in camera.

Note scrittrici :

Ciao a tutte ragazze, noi siamo le Criscias, nome preso dalla fusione dei nostri cognomi.Molte di voi ci sonoscono già come scrittrici singole. Giulia Shumani e Chia2306.


Questa fan fiction nasce da un'idea di Chiara che ha ben tre anni. Doveva essere una cosa
Het, ma si sa ragazze, una volta entrati nel fandom degli One D, l'Het non si sa più neanche dove
stia di casa.
Speriamo con tutto il nostro cuore che il primo capitolo vi sia piaciuto, ci siamo impegnate
moltissimo a scriverlo. Chiara ci teneva tanto.
La storia sarà divisa in due parti. Il capitolo successivo è già stato scritto, quindi non preoccupatevi,
non dovrete attendere decenni.
Grazie a tutte per l'attenzione.

A presto

Criscias

P.S. :

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2845613  Questa la storia che sto scrivendo io nel mio profilo.

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3029630   Questa quella che sta scrivendo Chiara nel suo.

Entrambe potete trovarle anche su Wattpad.

 

 

 


   
 
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