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Autore: black_widow_    28/03/2015    0 recensioni
La vita è strana: ti cattura, ti ammalia, ti distrugge persino. La vita cambia, in minuti, secondi. La vita cambia e tu puoi solo starle dietro, percorrendo le strade che traccia. E chi dice che la strada più importante e bella che potrai mai percorrere non inizi con uno scontro? BUM! E la felicità ti cade addosso, per caso. Ilaria è una ragazza giovane, con un passato difficile alle spalle, una ragazza distrutta. La sua vita cambia per caso, senza preavviso, facendola scontrare con un ragazzo che, come lei, combatte tutti i giorni una vita difficile. Grazie a lui Ilaria tornerà a vivere, grazie a lei, lui non sarà più solo contro il mondo.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Mi fermo davanti al portone, chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo, per prendere coraggio prima di entrare. Apro una palpebra e il portone mi sembra ancora più grande. Faccio una smorfia sentendo il mio stomaco contorcersi. Stringo le mani per scacciare la tensione e suono il campanello: il custode sbircia dalla sua postazione e mi apre con aria annoiata, io entro nel piccolo atrio e gli sorrido, per fargli capire che so già dove andare. Lui mi risponde alzando lievemente gli angoli della sua bocca rugosa e si rintana nello stanzino, da cui proviene il suono smorzato di un televisore acceso. Vado verso l'ascensore con il cuore in gola e schiaccio il pulsante di chiamata, mentre aspetto appoggio la testa al muro e cerco di mandare giù il groppo che ho in gola. Un suono mi avverte che l'ascensore è finalmente arrivato al piano, quindi apro le porte e mi ci rintano, schiacciando velocemente il tasto del terzo piano. Il sobbalzare dell'ascensore non fa che accrescere la mia ansia e quando sento il suono che mi avverte di scendere, non esito un secondo a catapultarmi fuori da quella sottospecie di trappola. Il cuore mi batte forte mentre mi avvicino alla porta e leggo la targhetta che recita tristemente " Studio Ballo-Charmet", un po' l'equivalente di un "lasciate ogni speranza o voi che entrate", solo che la targhetta dorata che mi sta davanti mi incute molta più paura di quante me ne farebbe provare l'altra. Appoggio il dito sul campanello e premo per il minor tempo possibile, sperando che non mi abbia sentita, ma ovviamente le mie speranze vengono vanificate da un rumore di passi veloci. La serratura della porta produce un rumore smorzato, poi i cardini cigolano e una faccia rugosa a me fin troppo nota mi si para davanti. -ciao Ilaria, entra pure- mi saluta lei, io indosso il mio sorriso più convincente  e rispondo -salve, dottoressa, permesso-, poi sgattaiolo dentro l'appartamento e mi dirigo nella solita, triste stanzetta. Attraverso la porticina sussurrando un -permesso?- e mi siedo sulla solita, scomodissima sedia, togliendomi la giacca. La dottoressa mi saggiunge in pochi secondi ed inizia a pormi le solite, strazianti domande a cui io non risponderò mai con sincerità. Lei commenta qualsiasi cosa io dica, chiedendomi ogni tanto se la penso come lei, io le rispondo annuendo distrattamente, senza ascoltarla e mi perdo nei miei pensieri. Diciamola tutta, la situazione con lei è migliorata moltissimo da una anno a questa parte, non per merito suo, ovvio, più che altro hanno contribuito molto la mia buona stella che per una volta nella vita ha deciso di fare il suo compito, l'iscrizione al liceo e le mie capacità, tra l'altro molto scarse, di recitazione ed oratoria. Ora, per lo meno, non devo più presentarmi due volte alla settimana in consultorio beccandomi le occhiataccie di tutti. Sospiro mestamente, ma lei non ci fa caso e continua il suo sproloquio. Spesso mi stento io la psicologa a stare con lei. Guardo distratta l'orologio e, sorridendo, incrocio le mani: mancano solo dieci minuti alla fine di questa tortura, in pratica ha sprecato si e no venticinque minuti parlandomi, manca solo la solita domanda finale e poi, finalmente, posso pagare e tornare a casa. -e come va con i ragazzi?- chiede, come se non lo sapesse già. -come al solito, dottoressa- dico, sospirando. Ogni volta la risposta è quasta, possibile che non abbia ancora imparato? -capisco, capisco... dai, forza e coraggio!- eccola, la sua battuta finale, quella che mi ridà la libertà. le sorrido, poi abbasso lo sguardo e cerco nel mio borsone, da cui estraggo sessantacinque euro che le porgo. Lei mi guarda facendo una faccia stupita ed esclama -oh, abbiamo già finito? va bene, allora un attimo che ti faccio la fattura...- e inizia a scrivere, lenta, troppo lenta. Mi ridà la ricevuta e mi accompagna alla porta, da cui scappo saltellando verso l'ascensore. Premo il pulsante e sorrido al soffitto pensando che adesso non  la dovrò rivedere per due settimane. Il suono dell'ascensore mi chiama e io mi ci chiudo dentro. Ha proprio un buon odore, quest'ascensore, non c'è che dire, pensare che prima non me ne ero nemmeno accorta. Saltello verso la porta sorridendo raggiante al portiere, poi esco e inspiro il profumo di primavera. Ok, Milano non è di certo il posto migliore per bearsi della primavera, ma a me che importa? Sono LIBERA! Certo, solo per due settimane, ma è meglio non rovinarsi l'animo con questo pensiero, no? Faccio un passo per uscire dal piccolo porticato che divide al portone dal marciapiede, ma non appena mi muovo, qualcosa mi arriva addosso, facendomi cadere a terra, battendo la testa. 
   
 
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