Capitolo 1
Welcome to Forks
“Deve essere una figata,
mamma ha detto che i nostri vicini sono vampiri come noi, vero Vanessa?”
Sobbalzai, sentendomi
chiamata in causa da mio fratello, dato che ero intenta nello squadrare la mia
futura nuova casa, ossia un’enorme villa dalle pareti color pesca posta al
centro tra altre due identiche, dove vi avrebbero abitato i miei zii e la
famiglia della mia migliore amica.
“Ehm,si!” risposi, annuendo
vigorosamente mentre mia cugina Gabriella emetteva un sospiro sollevato, anche
se mio fratello si era già andato chissà dove. Lei amava già la città in cui ci
eravamo trasferiti, Forks, dato che amava la pioggia, gli abiti invernali e la
neve. Amava conoscere nuova gente, quindi il fatto di andare alla Forks High
School la rendeva entusiasta e allegra. Quindi doveva essere proprio al massimo
della felicità, a mio giudizio.“Meno male, così almeno loro non ci
rimprovereranno se teniamo lo stereo acceso di notte!” dichiarò, sorridendo e
togliendosi una ciocca corvina da sopra le spalle con un gesto elegante. Ah,
si, dimenticavo: adorava ascoltare musica ad altissimo volume. Eravamo simili, sia per l’aspetto fisico- da piccole
ci scambiavano per gemelle dato che abbiamo la stessa età, lo stesso viso ovale
e gli stessi occhi un po’ a mandorla- sia per i gusti, anche se io preferivo
l’atmosfera primaverile a quella piovosa e preferivo ascoltare musica con
l’mp3.
“Speriamo” borbottai, anche
se io stessa, Vanessa Conti, ero stata felicissima di avere dei vicini
“simili”. Essere una vampira comportava dei disagi quando bisognava frequentare
gli esseri umani, i quali si insospettivano vedendo le luci di casa accese di
notte con tanto di tv e stereo accesi, oltre al fatto che non tolleravano non
essere mai invitati a pranzo o a cena. Ma dubito che l’avrebbero pensata ancora
così se avessero saputo che rischiavano di diventare loro la nostra cena…
“Allora, entriamo si o no?
Non abbiamo mica aspettato tutta l’estate per nulla!” esclamò la mia migliore
amica Cristina con la sua voce squillante, facendo sobbalzare me e Gabriella.
Erano esattamente tre mesi e mezzo che alloggiavamo in un hotel in periferia
per i vari traslochi dei mobili, quindi potevo dire di essermi già abituata
alla routine di Forks, alla gente che vi abitava, al suo maltempo. Non ero
turbata più di tanto, ero abituata a traslocare in città piovose e piccole;
erano ormai ventotto anni che ero immortale, ma a volte rimpiangevo il caldo e
l’ allegria del mio paese natale, l’Italia, quasi come rimpiangevo il non poter
più mangiare il cioccolato.
Io, Gabriella e Cristina
eravamo state le prime ad essere trasformate, quel caldo giorno di aprile a
Volterra, attratte da alcune false guide turistiche, che poi non si erano
rivelate altro che mostri al servizio dei Volturi.
Ci ripensai mentre annuivo a
Cristina e seguivo mia madre nella mia nuova casa. Ci ripensavo ogni volta che cambiavamo città, in verità. Cosa sarebbe
successo se non fossimo state trasformate? Avrei avuto circa quarantasei anni…
Avrei vissuto ancora in Italia? E i miei genitori?
Li guardai mentre guidavano
me e mio fratello Giovanni in giro per la villa, entusiasti. Erano due dei vampiri più anziani
che avessi mai visto,oltre ai miei zii e i genitori di Cristina ad essere
onesti, avevano quarantaquattro anni mentre ero abituata a frequentare vampiri
la cui età non superava i trent’anni.
“E questo è il mio
laboratorio di fotografia!” terminò papà dieci minuti dopo, mostrandoci una
stanza ampia con tanto di computer, stampante, scrivania e pile di carta
fotografica immacolata. Era un fotografo, sia per mestiere che per passione.
“E’ fichissimo, pà!” esclamò
Giovanni, congelato per sempre nella sua perfezione da diciassettenne. Ero
stata io a trasformarlo, proprio come avevo fatto con i miei genitori. Cristina
e Gabriella avevano agito allo stesso modo con le loro famiglie dato che non
potevano essere al corrente del segreto da umani, pena la morte. O almeno così
credevano i Volturi, in qualità di “Capi” circa le leggi che riguardavano la
nostra specie.
Cosa potevamo mai fare, in
una situazione del genere? Era già stato
un miracolo il fatto che non ci avessero usato come spuntino da umane- avevano
percepito il nostro potere, ovvero quello di far fare alla gente ciò che
desideriamo dato che all’epoca eravamo molto persuasive, e ci volevano nel loro
corpo di guardia - per cui avevamo aspettato di crescere come vampire,
impararando a gestire la sete, prima di renderli immortali.
Papà ridacchiò, annuendo. “Lo
so, Joe”.
“Cosa te ne sembra della tua
stanza?” domandò mia madre, Rebecca, mentre uscivo di casa per raccontare tutto
circa il nuovo computer che avevo trovato nella mia camera a Daniele, il fratello
di Cristina che ne capiva molto più di me riguardo la tecnologia. Ero nata nel
1962, dopotutto!
“Non ho parole, mamma! Sai
che adoro il lilla, grazie, ho fatto bene a fidarmi di te!” risposi solare,
abbracciandola. La mia stanza era dalle pareti color lilla, con tanto di tende
abbinate.
Mamma sorrise, prima di
scusarsi e raggiungere sua sorella, zia Caterina, che l’aveva chiamata.
“Allora, com’è questo nuovo
pc?” domando Daniele avvicinandosi e poggiandomi una mano sulla spalla. “Tra
parentesi, con i capelli mossi stai meglio” aggiunse, sollevando una ciocca
castana ribelle e mettendomela dietro l’orecchio.
Sbuffai, stanca dei suoi modi
di provarci che aveva assunto negli ultimi dieci anni. “Basta, Dan. Deciditi a
parlare chiaro con me, anche se non ti servirà a nulla. Voglio bene a Cristina,
ma non diverrò mai sua cognata” l’apostrofai scocciata. Non mi aveva mai detto
chiaramente cosa provava per me, ma onestamente non mi interessava.
Daniele fece una faccia
irata, i suoi tratti un po’ rotondetti si irrigidirono e se e andò da Marco, il
fratello di Gabriella.
Mi allontanai, avvicinandomi
a Gabriella e Cristina che mi si stavano corredo incontro nonostante le prime
gocce di pioggia. “Vanessa, guarda lì! Che bell’uomo!” sospirò Gabriella,
indicando un punto impreciso alle mie spalle.
Mi girai, curiosa. I nostri
genitori stavano parlando con un uomo, che era chiaramente un vampiro, alto e
biondo,con dei tratti raffinati,quasi nobili. “Ragazze, venite!” ci chiamò
solare Angelo, mio zio.
“Mi raccomando,Gabry, è vero
che ti piacciono gli uomini più grandi, ma vacci piano con il nostro vicino!”
ironizzai facendola ridere.
Ci avvicinammo,
sghignazzando, curiose di conoscere il nostro vicino. Insieme a noi, i nostri
fratelli ci seguirono.
“Ragazzi, vi presento Carlisle
Cullen” esordì papà.
“Benvenuti a Forks, ragazzi,
so che vi troverete benissimo qui!” esclamò Carlisle, lasciandoci tutti un po’
stupiti, mentre Gabriella non gli staccava gli occhi di dosso. Dietro di lui
comparvero un ragazzo e una ragazza che si avvicinarono sorridendo.
La ragazza era bassa e
mingherlina, con i capelli scuri quasi quanto quelli di Gabriella. “Salve, io sono Alice Cullen!”
disse, mostrando un sorriso ampio e scintillante. Ci strinse la mano, e
arrivata al mio turno aggiunse: “Oh, Vanessa! So che io e te diventeremo grandi amiche!”.
Mi abbracciò, ed io restai
interdetta e confusa.
“Tranquilla, è solo un po’
pazza” ironizzò il ragazzo al suo fianco. Il suono della sua voce mi fece quasi
sobbalzare, era più cristallina di quella dei comuni vampiri. Mi voltai verso
di lui,costatando che mi stava fissando, dall’alto del suo metro e ottanta e
più. La sua mascella quadrata era contratta e i capelli color bronzo gli
conferivano un qualcosa di angelico. Era stato lui a parlare? Mi sarei aspettata
un volto più rilassato e solare.
Annuii,mentre Alice diceva:
“Stai zitto,Edward! Non gli dare retta Vanessa!”
Non ero abituata quel tipo di
accoglienza, forse fu per questo che pensai che probabilmente il mio soggiorno
a Forks sarebbe stato un po’… particolare.
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Ciao! E’la prima volta che
scrivo qualcosa su Twilight. Questa fic è nata per scommessa, dato che,
adorando Bella, mi sono imposta di provare a scrivere una storia senza di lei…
Sono pazza, lo so!xD
Cosa ne pensate? Aspetto un vostro
giudizio, altrimenti dubito che la continuerò.
La vostra milly92.