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Autore: Bumbix    29/03/2015    2 recensioni
Per questo one shot ho stravolto completamente la battaglia finale tra Giganti e Dei, che ho trovato estremamente inverosimile nel libro. La storia parte da un semplice presupposta, e se il Monte Olimpo dovesse effettivamente essere conquistato per far risorgere Gea? Se il sacrificio necessario al suo risveglio dovesse essere fatto per forza lì? Gea allora ammasserebbe un esercito ed istruirebbe i giganti su tattiche più scaltre o li manderebbe (come da canon) a combattere una battaglia che hanno già perso in passato?
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Leo Valdez, Percy Jackson, Percy/Annabeth
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Percy Jackson contro gli Dei    

Disclaimer: Non posseggo il mondo ne i personaggi di Percy Jackson

Percy

     Sangue, sudore e lacrime.
     Ovunque era una nebbia offuscata di dolore, ovunque era solo movimento ed orrore, nemmeno mi accorsi di come la testa dell'ennesimo Ciclope venne tagliata da Vortice, il mio corpo si mosse d'istinto mentre schivavo la lancia di un guerriero di terra creato da Gea, e poi semplicemente il fendente e la testa che rotolava via divenendo polvere.
     Combattevamo da ormai dodice ore, dodici ore senza tregua ne pausa, dodici ore di pressante omicidio e paura. Per dodici ore avevamo difeso l'Olimpo, e non l'Olimpo di New York, ma il reale monto Olimpo in Grecia dove erano situate le radici degli Dei. Li stavamo difendendo a costo della vita, li stavamo difendendo perchè con la piena resurrezione di Gea la vita intera nel mondo sarebbe stata estirpata e quella sarebbe stata la fine per tutte le persone che amavamo.
     Però anche noi avevamo i nostri limiti, anche noi potevamo poco contro un'implacabile marea di mostri, che ancora ed ancora ci si scagliavano contro sfinendo le nostre forze, mentre i giganti stavano in disparte a guardare. Ed a poco serviva la collaborazione dei nostri genitori divini. Una folgore di Zeus poteva annienntare centinaia di nemici, una crepa di Ade ne poteva inghiottire altrettanti, ed un'ondata di Poseidone poteva ucciderne anche di più, ma nonostante questo i mostri continuavano a tornare.
     Il viaggio era stato estenuante, una lotta continua a bordo di una nave volante perennemente sotto attacco, ma quello che stavano vivendo ora... quello che stavano vivendo ora faceva pensare a tutte le nostre imprese precendi come un semplice campo d'allenamento estivo.
     Rotolai in avanti, graffiandomi le braccia sul terriccio molle e fangoso. Gea si opponeva a noi e rendeva instabile la terra sotto i nostri piedi. Hazel era riuscita a malapena a stabilizzare la cosa con i suoi poteri divini, ed era solo grazie ad Ade se potevamo muoverci senza venire inghiottiti immediatamente, ma tolto questo ogni passo era sempre più arduo, ogni attacco sempre più difficile.
     Mi guardai intorno, cercai i miei amici e compagni, ma soprattutto cercai lei. La vidi combattere al fianco di sua Madre, con la sua folta chioma di capelli biondi, sporca di terra e sangue, e con più ferite sul corpo di quante ne potessi contare. Insieme ad Atena uccidevano nemici senza tregua, ma anche ad un occhio inesperto si poteva capire che la situazione era disperata.
     Stavamo perdendo terreno, ogni momento di più risalivamo lungo la montagna e verso la fine della nostra vita. A poco valevano i lanciafiamme con cui Leo carbonizzava i nemici o la forza di Frank, che sotto forma di drago uccideva con selvaggia ferocia, in una battaglia di logoramento eravamo semplicemente svantaggiati dai numeri. Questo senza contare che i veri nemici, i Giganti, stavano aspettando il momento giusto per colpire.
     Loro sapevano che in una scontro diretto li avremmo sconfitti, sapevano che insieme ad i nostri genitori divini avremmo prevalso, del resto lo avevano imparato nella scorsa guerra e non c'era modo che ripetessero di nuovo gli stessi errori no? Solo uno stupido lo avrebbe fatto, solo un idiota avrebbe scritto una storia con un tale svolgimento... E di certo chiunque stesse tessendo quella battaglia per imprimerla nella memoria dei posteri non era uno stupido.
     E così la lotta continuò senza pietà. Affrontai di seguito un gruppo di fanteria formato da dieci Empouse, che avanzavano a tentoni verso di me, una schiera di Licantropi inferociti, che mi morsero più volte prima che anche l'ultimo venisse abbattuto ed infine un'Idra con quattro teste morte a cui diedi il colpo di grazia.
     Poi la situazione passò dalla brace alla merda più totale. Mi accorsi del primo gigante solo quando una forte ondata d'acqua, generata dal tridente di mio padre, spazzo via i subdoli Basilischi caduti dalla testa della nostra nemisi. Polibote avanzava verso di noi, mentre gli altri giganti si facevano strada tra i ranghi dell'esercito ognuno diretto al proprio obbiettivo.
     La paura mi distrasse, mi fece voltare verso Annabeth mentre anche lei con sua madre si preparavano allo scontro. Ed in tutto questo i mostri continuarono ad arrivare. Non era equo, non era giusto, ma quella fu forse la prima volta che imparai che in guerra non esiste giustizia ne equità. Uccidevamo mostri, combattevamo con i giganti e cercavamo di mantenerci in vita, mentre la terra stessa reclamava e si scagliava contro di noi.
     Ed in mezzo a quella battaglia, a quella lotta disperata, ripensai a mia madre... mia madre che non vedevo da più di un anno, mia madre che con incrollabile fiducia attendeva il mio ritorno a casa, mia madre che mi cucinava pancake blu e preparava torte al mirtillo per il mio compleanno.
     Piansi mentre il mio corpo si muoveva, mentre i miei muscoli urlavano dal dolore, mentre il mio sangue veniva drenato dalle innumerevoli ferite sul mio corpo. La vista inizio ad offuscarsi, non seppi mai se era per le lacrime o per il torpore della morte che mi accoglieva nel suo abbraccio, fui solo certo di aver rivisto il suo sorriso gentile prima che una lancia cosparsa di veleno mi trafiggesse il petto.
     E poi fu silenzio.
     E poi fu buio... almeno per un pò.

************
Annabeth


     Avrei dovuto avvertirlo sulla pelle, nelle ossa o nella carne, sarei dovuta morire con lui o agonizzare in cerca di risposte in quel campo sterminato, ma la verità è che fui l'ultima ad accorgersi di tutto... l'ultima a dargli peso, l'ultima a volerci credere.
     Certo, in quel momento ero da tutt'altra parte a combattere per la mia vita al fianco di mia madre, provando un mix di eccitazione e paura ad ogni affondo della mia spada, ma questo non è sufficiente a scusarmi.
     Forse me ne accorsi per ultima perchè nonostante fossi sconvolta al pensiero di perdere, di morire e di veder morire i miei amici, dentro di me c'era la salda convinzione che avremmo vinto nonostante la situazione disperata, che avremmo avuto un futuro ed una pace che mai ci era stata concessa fino a quel momento, e che finalmente avrei potuto amarlo senza riserve... ma ancora non basta, avrei dovuto capirlo immediatamente come lui l'avrebbe capito se si fosse trattato di me.
     Ed invece sentii solo un breve fischio e l'urlo di vittoria di Polibote al quale non seppi dare senso.
     All'iniziò non capì cos'era successo, vidi i mostri fermarsi e voltare il capo verso il gigante vittorioso e piuttosto che informarmi approfittai di quella distrazione per uccidere i nemici davanti a me. Alacremente mi feci strada tra i mostri, arrivando ad ucciderne sei prima di sentire il primo urlo di dolore, che lentamente si moltiplicò... primo Hazel, poi Piper, poi Leo, poi Jason ed infine Frank, tornato in forma umana...
     Ancora non avevo capito. Per quanto fossi intelligente e scaltra, la sola idea che lui morisse per me era inconcepibile. La sola idea che non fosse più al mio fianco, che non mi sorreggesse nei momenti di bisogno, che non mi facesse arrabbiare per la sua stupidità, che non mi baciasse con ardore nei nostri momenti di passione, era qualcosa che non potevo razionalizzare.
     E poi mi voltai...mi voltai appena in tempo per vederlo cadere, per vedere il suo corpo piegarsi all'indietro come una marionetta con i fili tagliati. Il suo petto era stato trafitto da un'asta d'acciaio dall'aspetto malsano, che fumava a contatto con la sua pelle, e mentre io ancora cercavo di capire, intorno a me scoppiò il caos.
     Un vortice di fiamme mastodondito eruppe da Leo, Jason scatenò una tempesta di fulmini così grande che i brevi flash di luce abbagliavano chiunque nel campo e Frank non era più un drago, divenne una sorta di informe creature alta più di trenta metri che provocava distruzione ovunque andasse.
     E poi capì.
     E tutta la stanchezza di quel giorno passato a lottare mi investì in una volta, tutta la fiducia che avevo nutrito fino a quel momento fu spazzata via, mi ritrovai vuota e fragile nel campo di battaglia. Nemmeno mi accorsi della salda presa di mia madre, che ridottasi a dimensioni umane, mi portò via prima che qualcuno riuscisse ad uccidermi....
     Non riuscì a pensare ad una singola cosa, prima che intorno a me tutto si spegnesse e mi ritrovassi in cima al monte a guardare la scena dall'alto. Mia madre mi parlava, ma davvero non riuscivo a sentirla. Arrivò addirittura a schiaffeggiarmi pur di farmi reagire, ma il mio sguardo era ancora incollato su di lui... su quel corpo che emetteva fumi di veleno sempre più intensi che impedivano perfino a suo padre, uno dei tre pezzi grossi, di avvicinarsi.
     Forse fui l'ultima a vederlo morire, a capire che mai più mi avrebbe sorriso e mai più mi avrebbe amato, ma dalla nebbia del mio torpore fui anche la prima a vederlo tornare... e mai avrei pensato che quest'immagine mi avrebbe sconvolto ed impaurito più di quella che avevo visto poco prima.

************
Percy


     Quando sei un semidio, sei abituato all'idea della morte, al dolore della carne ed alla frequenza spaventosa con cui ti avvicini al baratro che conduce al regno di Ade ogni volta che c'è una battaglia, quindi non fui stupito quando mi sentì morire e le ultime forze mi abbandonarono.
     Ero triste? Certo
     Infuriato? Manco a dirlo.
     Eppure in un certo qual modo non ne fui sorpreso. Mi ritrovai a sorridere quando mi senti strappato via dal mio corpo, e venni risucchiato in quello che immaginavo fosse il Diretto Express per l'Aldilà. Almeno a breve avrei avuto compagnia e forse i Giganti, sebbene ci avessero sottratto la terra, ci avrebbero lasciato i campi elisi o nel peggiore dei casi i campi della pena.
     Era solo una futile e misera speranza, che sapevo non avrebbe mai potuto in alcun modo dimostrarsi vera, ma mi ci aggrappai con tutte le mie forze, finchè non la sentì parlare.
     "Figlio del Mare"
     Era una voce profonda, che riverberava intorno a me come se prevenisse da ovunque, ma non fosse realmente in alcun luogo.
     "Chi sei?!"
     Mi chiesi chi dei miei amici mi avesse raggiunto così presto, ma a pensarci bene nessuno dei miei amici mi aveva mai chiamato Figlio del Mare, alla peggio ero Testa d'Alghe per Annabeth o Stupido Moccioso per il Coach Edge.
     Sorrisi ripensando ad Annabeth, poi la voce riprese a parlare.
     "Scegli Figlio del Mare, scegli se tornare e salvare o morire e perire, ma sappi che se tornerai non sarai quello che eri e non lo potrai essere mai più..."
     Ecco, un altro enigma. Capite ora quanto possa essere snervante essere un semidio? Non bastano le battaglie che ci portano a rischiare la vita, la nostra discendenza ci mette pure in contatto con entità ed esseri che hanno perso la testa secoli se non millenni prima.
     Sospirai mentalmente cercando di trarre informazioni da quanto mi circondava. Ero in un luogo buio come la notte più nera, era così buio che non riuscivo a distinguere nemmeno il mio stesso corpo, ed avvertivo una sorta di pressione intorno a me, come se l'oscurità stessa mi premesse contro.
     Mi ritornò alla mente il baratro oltre il Tartaro e per poco immaginai di trovarmi di nuovo lì ad affrontare quella che era l'Oscurità in persona, ma nonostante la somiglianza, il luogo dove mi trovavo ora non mi impauriva come fece l'altro a quel tempo, anzi, al contrario, mi era familiare come se fosse un vecchio amico da tempo perduto.
     "Perchè fai questo per me?"
     Tornare indietro sarebbe stato fantastico e non dubitavo che ci fossero forze in grado di realizzare tale impresa. Bastava pensare ad Hazel che era tecnicamente morta negli anni quaranta o a Nico capace di richiamare schiere di zombie ai suoi comandi. Possibilmente avrei preferito tornare tutta intero come Hazel e non marcio e morto come uno zombie di Nico, ma non ero il tipo da tergiversare no? Soprattutto visto che la mia scelta era ovvia...
     Per quanto fievole fosse stata la speranza di poter vivere nell'Ade, avendone la possibilità mi sarei sempre rialzato per combattere. Lo avrei fatto per il Campo Mezzosangue, per Nuova Roma, per i miei amici, per la mia famiglia, ma soprattutto per lei.
     La voce si prese qualche istante per rispondere, ed ora sembrava un pò più tesa nel parlare.
     "Perchè sei degno. Il primo degno che sia mai apparso."
     Sospirai (di nuovo) e capitolai.
     "Accetterò qualsiasi cosa, ma fammi tornare. Fammi tornare a combattere per le persone che amo."
     L'oscurità intorno a me iniziò a fremere ed a vorticare ed in quel momento capì. Non era il buio che mi circondava, ma l'acqua. La pressione che sentivo era quella del mare, la sensazione di familiarità era dovuta al ritrovarmi nel mio ambiente naturale ed il buio era probabilmente solo un effetto collaterale della profondità a cui mi trovavo.
     Pensai fosse tutta opera di mio padre, ma non potei domandare alla voce alcunchè perchè in quel momento iniziò il cambiamento.
     Visto quello che successe sarebbe stato meglio morire...

************
Leo


     La mia vita è cambiata così tanto in così poco tempo... Prima ero un signor Nessuno, niente di più di un ragazzo ribelle che continuava a scappare nascondendo i suoi poteri maledetti, un ragazzo che avevano causato la morte della propria madre, un ragazzo che era certo di non avere un suo posto nel mondo, ed invece ora, in meno di un anno, avevo degli amici, una famiglia ed una missione che conduceva ad una lontana isola persa nel mare.
     Senza volerlo, senza nemmeno arrivare a desiderarlo, ogni mio sogno si era realizzato, tutto per giungere fino a quel momento, a quella battaglia finale che avrebbe deciso il destino dell'umanità. Se qualcuno mi avesse detto un anno fa che il destino del mondo sarebbe stato sulle mie spalle, gli avrei probabilmente riso in faccia ed avrei cercato un modo per fare qualche battuta in merito, ora invece sento solo il mio sangue ardere e le mie mani bruciare, mentre centinaia di mostri vengono ridotti in cenere davanti ai miei occhi.
     La rabbia ha iniziato a pulsare nel mio cuore quando, quasi senza volere, mi sono reso conto della sua morte. Percy era un amico, una guida, qualcuno con cui condividevo un profondo legame in quanto l'unico nel gruppo ad aver mai conosciuto Calipso. Avevamo fatto amicizia basandoci sulla mia idiozia, ma presto le parti di me che tengo solitamente nascoste sono uscite fuori anche con lui.
     Lui mi ha conosciuto per quello che sono, lui mi ha accettato per quello che sono, ed ora è morto. Un altra vampata di fiamme, un vortice di fuoco che sotto la mia guida ha assunto la forma di un enorme drago, ed ecco tornato Festus versione fiammeggiante.
     Moriranno tutti per averlo strappato da me, moriranno per averci fatto soffrire, per aver fatto soffrie Annabeth e per aver arbitrariamente deciso che per lui era giunta la fine. Sfogai tutta la mia rabbia, usai tutti i miei poteri, spinsi oltre i limiti le capacità che avevo ereditato da mio padre, ma per quanti mostri morissero ed i giganti arretrassero, quello fu solo un breve stacco.
     Come un corpo esausto, che per un secondo sotto effetto dell'adrenalina scatta ancora una volta in avanti, cercando di arrivare alla meta, anche noi esaurimmo il nostro potere collettivo in quell'ultima offensiva, ritrovandoci poi stremati ed inermi di fronte al nemico.
Sorrisi all'ironia di quel momento, quando il gigante destinato ad uccidere mio padre si fece strada fino a me con un ghigno orrendo sul viso deforme, per poi scagliarmi contro quella che sembrava una granata al plasma. (O almeno quella sarebbe stata la forma che io avrei dato ad una granata al plasma se mai avessi avuto il tempo di costruirne una.)
     Durante il volo discendente dell'esplosivo, ripensai a Calipso alzando al contempo una mano in un tentativo estremo di difesa. Ricordai il suo sorriso, la sua voce mentre cantava e l'odore del suo spezzatino, ed ancora rimpiansi di essere partito ed aver abbandonato la donna che amavo.
     Per diversi istanti rimasi immobile, con gli occhi chiusi, in attesa di un impatto, in attesa di una morte certa che mi avrebbe strappato a lei e condannato ad essere di nuovo solo.
     Ed invece l'impatto non avvenne.
     Non ci fu una sola esplosione, ne un piccolo bang, ne un trick trank, tutto quello che sentì fu un fruscio debole e poi le urla dei mostri.
     Una volta riaperti gli occhi capì cos'era successo, un muro d'acqua aveva intercettato la granata e mi aveva salvato la vita. Più di questo, il muro si estendeva in lungo ed in largo per tutto il campo, alzandosi per oltre ventri metri ed inglobando in una gabbia tutti i nemici.
     In un primo momento pensai a Poseidone, il Dio del mare, l'unico capace di una cosa del genere, ma nemmeno il supremo Pezzo Grosso avrebbe potuto tanto senza essere vicino al suo elemento. Nemmeno lui avrebbe potuto creare una barriera di un paio di chilometri per lato intrappolando tutto l'esercito nemico.
     E poi Realizzai che sopra la barriera, vorticando oltre le mura, si trovava un ragazzo con le vesti sporche ed insanguinate, il petto trafitto da una lancia ed improbabili capelli bianco perlacei.
     Sebbene non sembrasse lui, sebbene di certo non fosse lui, tutti riconoscemmo chi era. Tutti gridammo il suo nome.
     Percy era vivo.

************
Percy

     Non seppi mai quanto tempo rimasi privo di coscienza. Secondi, minuti, forse ore. Il tempo si ferma quando non ti importa più di lui. Il tempo perde di significato quando tu stesso non gliene attribuisci.
     E riaprì gli occhi, tornai a sentire il rumore della battaglia e vidi i miei amici lottare. I miei amici... era strano definirli così ora che erano così piccoli. Così piccoli eppure così ostinati a combattere e morire, tutto solo per me.
     Riconobbi il loro impegno ed il loro dolore, in un'altra vita era stato anche il mio e così li aiutai. Ero nell'entroterra, molto lontano dal mio elemento naturale, dalla mia vita, dalla mia unica realtà, ma non appena lo convocai il mare venne da me.
     Una massa d'acqua immensa, più grande di qualsiasi altra chiunque abbia mai convocato. Con deliberata lentezza la plasmai, ne feci un muro e lo gettai intorno all'esercito di mostri. Un'azione del genere un tempo sarebbe stata impossibile e se mai mi fosse riuscita l'avrei pagata con la vita, ora invece non era più stancante di una decina di flessioni fatte sui pollici.
     Sorrisi al mio rinnovato potere e mi elevai oltre il muro. Sentì qualcuno chiamarmi dalle mie spalle, probabilmente erano gli stessi amici che stavo salvado, e voltandomi appena, feci loro un cenno di riconoscimento, con un sorriso triste in viso.
     Poi tornai al nemico. Lo vedevo lì, nascosto, usando mostri e Giganti come una distrazione, pronto a conquistare e distruggere. Gea, quella maledetta fedifraga voleva tornare al potere... ma era ormai tardi, il potere non sarebbe mai stato suo perchè era ormai mio.
     Io ero risorto, lei no, lei non lo sarebbe mai stata, altrimenti dalla guerra tra noi, tutto sarebbe stato spazzato via. Con espressione indifferente estrassi la lama avvelenata dal mio corpo. Il veleno non aveva più effetto su di me, così come non lo aveva più la morte. Osservai la ferita per un momento, costatando che non era più sangue quello che mi scorreva nelle vene, ma acqua.
     Ero diventato in tutto e per tutto il signore primordiale del mare.
     Come Gea lo era della Terra ed Urano lo era stato del Cielo, io lo ero del Mare.
     E dopo aver buttato via la lancia mi misi d'impegno per fermare quella nascente minaccia al mio dominio. Dal cielo evocai l'umidità, le nuvole si schiarirono lentamente fino a sparire, lasciando uno specchio terso e splendente.
     Allo stesso modo, un gigante trasparente, fatto completamente d'acqua era comparso nel perimetro che io stesso avevo creato. Maciullare i mostri fu divertente. Era bello per una volta essere quello con il potere, quello in vantaggio, quello che con uno schiocco di dita poteva distruggere chiunque.
     Un pò più stressante fu occuparsi dei giganti. Loro erano i figli di Gea, ed avevano potere sufficiente per contrastare me, il Signore del Mare. Con loro dovetti adottare una tattica diversa, mentre il gigante faceva a pezzi i mostri comuni, io da solo inizia ad attaccare i giganti in maniera passiva, estrapolando da loro l'umidità come avevo fatto con le nuvole, concentrandomi allo stesso tempo sul mantenere alte le mie difese.
     Non un singolo d'ardo mi raggiunse dietro la mia bolla d'acqua, non un singolo colpo rischiò di ferirmi durante la battaglia. E poi Jason mi raggiunse, iniziò a volare intorno a me parlandomi.
     "Grayce, sono un pò impegnato al momento, ti dispiace se parliamo dopo che ho ucciso i giganti?"
     Mi rivolsi a lui con occhi di ghiacco, ma cercai di stemperare la mia irritazione mostrando un sorriso. Mi era stato detto che sarei tornato diverso, solo non sapevo quanto. Nelle fredde acque oceaniche anche le più forte emozioni si stemperano divenendo fioche fammelle. Non ero poi così legato ai miei amici come pensavo, ma sarei stato paziente ancora per un pò.
     Jason arretrò, o per meglio dire fu spinto via, da un'ondata di umidità che evocai per scacciarlo. Una mosca fastidiosa che non era il caso mi ronzasse intorno mentre fulmini di energia mi crepitavano contro lanciati dai giganti.
     Infine mi stancai. Per quanto indebolissi il nemico, Gea lo rifocillava, per quanto li disidratassi lei li dissetava. Optai per un corso d'azioni un pò più drastico, che probabilmente prima di risorgere avrei evitato per i possibili effetti collaterali.
     Con una mano evocai di nuovo il mare, lo feci venire a me sotto forma di impetuoso fiume, facendolo scorrere sotto la terra fino al perimetro della mia prigione improvvisata. La cosa non fu facile, dovetti affrontare Gea nel suo dominio, ma fortuna ha voluto che non fosse ancora del tutto sveglia e quindi non fosse alla massima potenza.
     A fatica feci deviare il fiume sotto il perimetro e lo trasformai in un lago sotterraneo, che ricopriva tutta l'area di contenimento. Poi gemendo e sbuffando sollevai il lago... scossi la terra che si infranse, ed iniziai a sollevarlo verso il cielo. Neanche il cielo era il mio dominio naturale e se Urano fosse stato ancora vivo avrei probabilmente dovuto affrontare anche la sua furia, ma senza di lui non fu troppo difficile alzare da terra mostri e giganti, strappandoli quindi all'influenza di Gea.
     Una volta in aria, immersi nell'acqua, li spinsi al centro della massa d'acqua, che aveva assunto la forma di una sfera. Loro lottarono, si dimenarono, specialmente Polibote che mi aveva strappato dalla mia vita mortale e pensava di poter fare altrettanto adesso.
     Inutile dire che fu tutto inutile. Senza Gea a difenderli, compressi semplicemente l'acqua fino a far raggiungere alla sfera la dimensione di un pallone da spiaggia, disintegrando in todo mostri e giganti.
     Poi la mia forza venne meno... per quanto potente fossi, ero fuori dalla mia casa e se non fosse per le situazioni ambientali non avrei avuto modo di vincere...
     Rilasciando la sfera d'acqua, diedi il via agli effetti collaterali. Un'inondazione enorme, abbastanza grande da distruggere Atene ne conseguì. Morirono in migliaia, ma avevo salvato un pianeta, e più importante avevo preservato il mio dominio.
     Ora Gea non avrebbe piu osato tornare al potere sapendo della mia esistenza. Sorrisi, notando a malapena che pure i miei amici erano sopravvissuti, solo grazie all'intervento degli Dei.
     Ecco, una cosa che avevo scordato, avrei potuto uccidere i miei amici, ed avrei potuto uccidere Lei...
     Lei? Annabeth al massimo. Il fuoco del mio amore era stato temprato ed ora la vedevo per quello che era. Una ragazza importante, ma non così importante come il mio potere, la mia vita o le acque che scorreva nel mio mondo.
     Sospirai, flettei le braccia distendendo i nervi, studiando le differenze del mio aspetto fisico. Prima avevo occhi verdi e capelli neri, con una carnagione normale, ora invece ero come l'acqua, con pelle così bianca da far intravedere le vene, capelli bianco perlacei ed occhi azzurri.
     Studiai la mia immagine in uno specchio d'acqua mentre i miei amici si avvicinavano. E con loro gli Dei. Dei che sembravano molto più che diffidenti...
     Sorrisi loro e mi preparai a quella nuova impresa.

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N.d.A.: Altro One Shot, che volendo chiunque può prendere come base per una Long. L'idea mi è venuta pensando ai domini dei tre pezzi grossi: Cielo, terra e mare. Per ognuno di questi è esistito un Dio Primordiale (Terra-Gea; Cielo-Urano), tranne che per il mare. Nella mia storia faccio capire che questa scelta è dovuta al fatto che mai nessuno è stato degno di tale titolo. Mai nessuno prima di Percy, che ora si ritrova ad  avere il potere e la personalità del mare, che fondamentalmente è molto Volubile.  Può essere burrascoso come tranquillo, freddo quanto caldo e soprattutto estremamente interessato a se stesso.
Mentre la Terra (gea) è lenta a prendere una decisione, ma dopo averla presa è irremovibile, il mare non vuole padroni e si assoggetta solo a chi non ha voglia di dominare. Allo stesso modo Percy si ritroverà ad odiare l'autorità, cercando di proteggere egoisticamente i suoi poteri.

Beh, così almeno l'ho pensata io, poi fate vobis. Ps: Odio Annabeth, si nota?

   
 
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