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Autore: Letizia25    29/03/2015    2 recensioni
«Angel, vuoi essere il mio angelo?»
«Il tuo angelo?»
«Sì, il mio angelo. Per aiutarmi a trovare le mie ali.»
«Io...»
«Ti prego. Voglio che sia tu a farmi ritrovare la parte di me che ho perso forse troppo tempo fa.»
«Luke, non credo di essere la persona adatta...»
«Non te lo avrei neppure chiesto se non lo pensassi.»
«Luke, io...»
«Ti prego. Mi piaci.»
«Cosa?!»
«Hai capito. Mi piaci, e neanche poco. E non me ne frega se ci conosciamo solo da qualche ora. Mi piaci lo stesso, da morire.»
«Guarda che mi piaci anche tu. E neppure poco.»
«Allora accetti?»
«Accetto cosa?»
«Di diventare il mio angelo e di stare con me.»
«Non lo so. Insomma... Non sono mai stata brava nelle...»
«Nelle?»
«Nelle relazioni...»
«Oh beh. Se è per questo neppure io son una cima in queste cose, anzi.»
«Però va bene.»
«Va bene cosa?»
«Va bene, proviamoci.»
«Proviamo a fare cosa?»
«Proviamo a trovare le tue ali.»
«Insieme?»
«Insieme.»
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angel

 

Quella sera le stelle sono più brillanti del solito, in quel cielo blu che copre Londra. Sembra quasi che quei minuscoli puntini luccicanti vogliano illuminare il più possibile tutto quel che c’è. Perché è l’ultimo dell’anno, e all’ultimo dell’anno qualsiasi cosa diventa più luminosa,  più bella, come se un incantesimo rendesse tutto una bellissima magia, un bellissimo sogno.
Ed è in quell’aria fredda delle ultime ore di dicembre, che un Luke infreddolito e con il naso rosso per la bassa temperatura si ritrova a passeggiare per le vie illuminate dalle luminare, quell’anno tendenti ad una luce bianca e dolce. Nonostante il freddo, è piacevole passare per le strade piene di gente, in quella città che non dorme mai, che è sempre attiva e che ha così tanti ritmi diversi da mandare in confusione chi. in quella città frenetica non ci è nato.
Un po’ come lui, che da Brighton si è trasferito lì quando aveva dieci anni. Ora ne ha il doppio, e ormai le cose lì a Londra non lo mandano più così tanto in confusione, anche se all’inizio era stata dura abituarsi a tutto, persino alla mentalità di quella grande metropoli. Ma alla fine è andato tutto bene.
Ed ora eccolo lì, mentre le vetrine dei bar e dei negozi ancora aperti a quell’ora tarda riflettono la sua immagine, quella di un ragazzo alto e biondo, dagli occhi azzurri come il mare e dalle labbra piene, con un anellino di metallo nero su di esse a completare il tutto. È bello Luke, e sa di esserlo. Lo nota bene negli sguardi delle ragazze che gli passano vicino. E non è male, come sensazione, essere apprezzato. Ma non è che poi gli interessi più di tanto.
Continua a camminare, tranquillo, con gli occhi rivolti al cielo, sorprendendosi di vederlo così illuminato, come non capitava da tempo. E si sente così piccolo, lui, sotto quel blu infinito, immenso. Ma non gli mette paura, quella strana sensazione. È piacevole.
Attraversa la strada e finalmente arriva alla sua meta: Tower Bridge, dove aveva fissato di ritrovarsi con i suoi amici. Infatti li vede, all’inizio del ponte, con i cappelli ben calati in testa e le sciarpe calde ben strette al collo. Quella sera fa davvero più freddo del solito, e per fortuna non ha ancora piovuto, anche se alla fine la pioggia non dà poi così tanta noia, almeno a chi ci è abituato.
«Finalmente, Luke. Ce ne hai messo di tempo!» esclama Michael con il sorriso sulle labbra.
Il biondo ridacchia e saluta i tre ragazzi con le solite pacche sulle spalle, prima di seguirli, incamminandosi così nuovamente per le strade lungo il Tamigi, che quella sera sono veramente piene di gente, turisti sopratutto. E si ritrova a sorridere, Luke, perché la magia di Londra non potrebbe mai cambiarla con niente al mondo, perché proprio non potrebbe abbandonare quelle luci, quel ritmo frenetico; non potrebbe stare senza tutte quelle piccole cose – che poi tanto piccole non sono – che caratterizzano quella città, in ogni angolo.
«Dove andiamo stasera?» domanda Calum con tono stanco, passandosi una mano sul viso. Sua sorella ha partorito da poco e lui non si sarebbe mai aspettato che badare al nipote potesse essere così stancante. Luke  lo sa bene. Qualche volta ha aiutato l’amico a badare a Miles, e quelle poche ore gli sono bastate.
«Simone mi ha parlato di un locale niente male non lontano da qui.» risponde Ashton, il più grande dei quattro, riferendosi alla sua ultima conquista, di poche settimane prima.
«Proviamo, tante stasera le discoteche sono davvero troppo piene e, sinceramente, non ho neppure molta voglia di ballare.» commenta Michael, ridotto ad uno straccio per aver fatto gli straordinari in officina fino a due giorni prima per farsi poi qualche giorno in più di ferie a gennaio, anche se sa che Carl avrà presto bisogno nuovamente di lui a lavoro.
Gli altri tre acconsentono e si fanno guidare dal riccio – Ashton –, l’unico di loro a non avere il cappello in testa, così da poter lasciare la sua chioma riccioluta libera di svolazzargli sugli occhi. Pochi minuti dopo arrivano, passando per i vicoli non lontani dal Millennium Bridge e dalla cattedrale, mentre il freddo si fa sempre più intenso e i brividi diventano sempre più frequenti.
«Ali d’angelo.» sussurra Luke, notando il nome del locale sopra la porta verde petrolio, in mezzo a due vetrate da cui si vede l’interno del posto. Affollato, certo, com’è normale che sia per l’ultimo dell’anno, ma non pieno fino a scoppiare. I quattro ragazzi si guardano per un istante, prima di sorridersi, complici ed entrare nel bar. Subito vengono catturati dalla musica – proveniente da una band che sta suonando non lontano dal piano bar –, dall’odore di caffè e birra che aleggia nell’aria, dal vociare della gente. E da una ragazza bionda, con i capelli raccolti in una coda e gli occhi così verdi da sembrare smeraldi.
«Ciao, sono Angel. Cosa posso fare per voi?»

C'è sempre qualcosa da fare all'Angel's Wings, il locale gestito da suo zio Mattew. Soprattutto la sera dell'ultimo dell'anno, in cui il lavoro non manca mai, tra gli abitué e le persone che cercano sempre qualche locale nuovo per trovare quello giusto dove poter passare le serate. E suo zio lo sa che, senza di lei, il locale non avrebbe mai avuto tutti quei clienti. Perché è simpatica e accattivante, con quel suo modo di fare semplice e diretto che riesce a catturare chiunque con poco, con la risata sempre pronta e con quei grandi occhi scuri, magnetici, che tengono chiunque incollato alla sedia fino a fine serata pur di avere ancora qualche minuto da poter passare con la ragazza. 
E ad Angel, capelli scuri, corpo longilineo, diciannove anni compiuti il 25 del mese, fa piacere lavorare al bar, la sera,  dopo aver finito il suo turno alla libreria all'angolo della strada. Ormai sono tre anni che aiuta suo zio, insieme a Dorothea,  la sua migliore amica, che invece al locale ha il posto fisso da quando ha finito il liceo. 
«Ehi, Angie, muoviti a portare queste birre al tavolo sei.» le sbraita vicino Andy, il barista, porgendole il vassoio. Lei ride e gli fa una piccola linguaccia, a cui il ragazzo dai troppi tatuaggi sulle braccia risponde con un'occhiata divertita, per poi ricevere un sonoro bacio sulla guancia da Dorothea, a cui lui si vendica con uno dolcissimo sulle labbra. 
«Niente smancerie a lavoro!» li riprende Angel, e la ragazza bionda dagli occhi verdi come smeraldo si allontana dal ragazzo castano che le cinge la vita con una mano. 
«Thea, quante volte devo dirtelo che alla fine mio zio si incazza sul serio?» continua la mora, stavolta in tono serio, facendo annuire i due amici, che subito si dividono e tornano ai loro posti; Andy al piano bar e Dorothea alla porta per accogliere i clienti che arrivano e farli accomoda nel primo tavolo libero. 
Ed è proprio mentre la mora serve il tavolo di Jonathan - ormai cliente fisso da poco più di un mese proprio grazie a lei e alla sua parlantina - che Dorothea si fa sentire con un «Ciao, sono Angel. Cosa posso fare per voi?» cercando di imitare la sua migliore amica, ma senza troppo successo. 
«Thea te la sta facendo pagare un'altra volta?» chiede David alla mora, che subito si volta, con un sorriso divertito sulle labbra. 
«Credo di sì, in fondo sono stata parecchio dura con lei prima.» afferma Angel, sistemandosi una ciocca scura uscita dalla stretta della pinza che tiene fermo il resto di quei lunghissimi capelli color marrone ebano. 
Proprio in quel momento, Dorothea le si avvicina con un sorriso sornione sul viso e gli occhi verdi che brillano in un modo che la mora conosce davvero troppo bene.
«Ti consiglio di portare in fretta le ordinazioni al tavolo dieci. C'è quel biondino niente male che ti sta fissando da quando hai messo piede qui dentro.» le dice la bionda, lasciandole il blocchetto delle bibite prese da quei quatto ragazzi, per poi spingere la mora da Andy, mentre il tavolo di David, Jonathan e dei loro amici si lamenta divertito, perché Thea ha allontanato Angel. 
«Te la sta facendo pagare.» le dice Andy, con quel suo solito sorrisetto di chi la sa lunga. 
«L'avevo capito.» risponde la mora sbuffando, mentre si avvia con l'ennesimo vassoio al tavolo. Sbuffa Angel, perché con Dorothea è sempre la stessa storia: ogni volta che lei riprende l'amica, questa si vendica spacciandosi per lei e facendola andare a servire, cercando così di farle conoscere qualcuno, perché «Diciannove anni e non ti sei ancora data alla pazza gioia dopo Klaus.» le dice sempre Thea. 
Perché Angel, dopo Klaus alle superiori, non ha più avuto un ragazzo. Non perché abbia subito una delusione amorosa o per altri motivi. Semplicemente, ora come ora non le interessa impegnarsi, anche se quell'ora come ora dura da due lunghissimi anni e mezzo.
Sbuffa piano per l'ennesima volta, prima di rispondere al cenno di saluto di Christian, seduto al solito tavolo in angolo con sua moglie Chloe fin da quando possa ricordare.
«È proprio carino.» mima proprio Chloe con le labbra, indicando lo stesso ragazzo biondo che la sua amica aveva menzionato poco prima. E, anche a quel commento, Angel alza gli occhi al cielo. Perché lo sa che le persone che la conoscono da tutta una vita vorrebbero tanto vederla accanto a qualcuno. Ma lei è uno spirito libero, lo è sempre stata, e non ha mai fatto ciò che le persone si aspettavano che facesse. Ha sempre agito da sé, senza seguire i consigli di nessuno, sbagliando ed imparando da sola dai suoi stessi errori. È libera Angel, esattamente come le creature fantastiche di cui porta il nome. 
Passa vicino al palco, da cui Gabriel - Dj e occasionalmente tecnico del suono quando Mattew accetta qualche band a suonare al locale - le fa un sorriso per salutarla, a cui lei risponde con un veloce cenno del capo, prima di raggiungere finalmente il tavolo di cui ha le ordinazioni in mano. 
«Quattro birre della casa, ecco a voi.» dice allegra, prima che i suoi occhi cadano sull'unico ragazzo biondo del gruppo, a cui prima non aveva minimamente lanciato neppure un'occhiata dopo i commenti delle altre due. E si pente di non averlo fatto.

Luke non avrebbe mai creduto di poter restare senza parole con poco. Non gli era mai successa una cosa simile: vedere una ragazza per la prima volta e non riuscire ad esprimere un parere, perché le parole gli muoiono in gola ogni volta che cerca di dire qualcosa, ma è tutto vano. È bastato vederla scherzare un po' al bancone del bar appena era entrato. E adesso non capisce più niente, tanto che non si è neppure accorto che Angel - la ragazza bionda che li ha accompagnati fino al tavolo non molto lontano dal palco - se n'è andata da un pezzo. 
«Luke, cos'hai ora?» gli chiede Calum, seguendo la direzione dello sguardo dell'amico, per poi sorridere sornione. «Ragazzi, stasera Hemmo è andato.»
E a quelle parole, Ashton e Michael copiano il moro, e ben presto partono le battute, le frecciatine, i soliti commenti di loro tre abituati alla classica botta e via, come lo è anche il biondo. 
Ma Luke quella sera non ha proprio voglia di prendere quella ragazza che ha catturato la sua attenzione da quella che ormai è mezz'ora buona solo per soddisfazione personale. Anche se non gli dispiacerebbe provare qualcosa con lei. Ma lascia stare quei penserei, almeno per adesso, perché è proprio quella ragazza che sta venendo verso di loro con le loro ordinazioni in mano.
Luke sgrana gli occhi e ammutolisce del tutto, mentre i suoi amici ridacchiano sotto i baffi e lei arriva. 
«Quattro birre della casa, ecco a voi.»

«Ehi, ma noi volevamo Angel!» esclama Michael, che quella cameriera bionda non gli era rimasta per niente indifferente. Solo che è stato bravo unicamente a ricevere un'occhiataccia da Luke, che invece vorrebbe che la mora restasse a chiacchierare un po', come l'ha vista fare al tavolo di Jonathan e David, suoi compagni di corso all'università. 
La ragazza sorride, prima di posare i bicchieri sul tavolo. «Mi spiace, ma dovete accontentarvi della Angel che avete qui davanti.»
«Allora una delle due mente.» commenta Ashton, e Calum e Michael concordano, mentre il biondo non riesce a gli occhi di dosso da quella ragazza, con gli occhiali neri e gli occhi scuri e profondi, che lo fanno rabbrividire per un istante, esattamente per il tempo in cui entrano a contatto con i suoi, color del mare. 
«Decidete voi. Il mio nome potete capirlo molto facilmente.» risponde lei, divertita, cercando di non pensare alla scossa che ha sentito quando gli occhi del biondo hanno incontrato i suoi. Una scossa che l'ha fatta rabbrividire tutta, solo per un istante. 
Senza aspettare la risposta dei quatto ragazzi se ne va, sapendo di lasciarli a bocca aperta. Perché Angel sulla schiena ha un tatuaggio, due ali d'angelo proprio in mezzo alle scapole. Un tatuaggio che la sua maglia nera scollata sul di dietro mette ben in mostra, come a dimostrare che lei è libera, proprio come un angelo, e che potrebbe spiccare il volo da un momento all'altro. 
Libera... Come Luke non è mai stato in vita sua, benché lo abbia sempre voluto. Lui, che alla fine si arrende sempre e che spesso ha lasciato che fossero gli altri a scegliere al posto suo. Lui, che si è sempre fatto mettere i piedi in testa da chiunque ne aveva avuto l'opportunità. Lui, che si è sempre sentito legato al suolo con catene troppo pesanti da spezzare.
«Oh beh, credo che spiegazione migliore di questa per un nome non possa esserci.» commenta Calum. 
Ma Luke non lo sente, completamente perso com'è a cercare Angel tra i vari tavoli, mentre il cuore gli batte forte nel petto. Non riesce a staccarle gli occhi di dosso, neppure per un secondo. Cerca di imprimersi nella testa ogni singolo gesto: il modo in cui sorride e parla con i clienti, come scherza con i colleghi, le dita affusolate che si sistemano i capelli usciti dalla morsa della pinza.

E la serata passa così, per entrambi. Si lanciano occhiate veloci, furtive, si studiano: nelle espressioni, negli sguardi, nei gesti, nelle labbra che si muovono ma da cui non riescono a sentire neppure una parola a causa della troppa confusione. 
Perché neppure Angel è rimasta indifferente, sotto lo sguardo del biondo. Lo sente addosso, sulla pelle, sulla schiena, sul viso, sulle mani, lo sente da ogni parte. E, sinceramente, la cosa non le dispiace proprio per niente. Sente i brividi che le smuovono ogni cellula, gli stessi brividi che stanno facendo perdere la testa a Luke, che proprio non riesce più a stare fermo, con le mani in mano. Ecco perché alla fine «Torno subito.» dice veloce ai suoi amici, prima di alzarsi e avvicinarsi a lei, che è in piedi vicino al bancone che aspetta le ordinazioni. 
Angel lo vede arrivare, ma non batte ciglio, non con Dorothea proprio lì accanto a lei. Tuttavia, sembra che il destino quella sera non sia per niente dalla sua parte. Perché anche la bionda vede il ragazzo e subito le tira una gomitata sul fianco, prima di parlare. «Guarda che, se ho ragione e se lui viene qui solo per te, avrai da restituirmi un grosso favore, cara Angie.»
E la mora sta per ribattere, che quei discorsi lei non riesce più a reggerli, quando una voce la frena nel suo intento.
«Angel, giusto?» chiede Luke. E si maledice, perché la voce gli trema davvero tanto, quasi fosse un sedicenne alle prese con la sua prima cotta. Ma andiamo! Deve comportarsi da uomo, qual è. Fortuna che la ragazza non sembra aver notato il suo tentennamento quando si volta verso di lui.
«Sì, giusto. Dimmi pure.» risponde lei, cercando di tenere a freno i battiti del cuore. Perché che quel ragazzo non fosse male lo aveva notato, ma averlo davanti agli occhi fa tutto un altro effetto. Perché occhi così belli e luminosi quanto il mare in piena estate lei non li aveva mai visti. E piccoli brividi iniziano a farsi strada sulle sue braccia. 
«Io sono Luke, piacere.» dice lui, porgendole la mano, sperando di non sembrare un coglione, perché proprio non sa dove battere la testa in quel momento. Vuole fare a tutti i costi una buona impressione su di lei, però non ha la minima idea da dove poter iniziare.
La mano di Angel che stringe la sua lo fa tornare con i piedi per terra. Perché è come se mille scariche elettriche  si stessero propagando dalla loro stretta per poi arrivare ad ogni loro cellula.
«Piacere mio.» risponde la mora, a cui  veramente non dispiace proprio per niente quella situazione, anche se è ben consapevole che quel ragazzo - nonostante il nome che ha appena scoperto - sia per lei un completo sconosciuto. Ma questo pensiero non attecchisce su di lei, perché presto il suo carattere libero prende campo. E Angel sa, sente che accetterebbe qualsiasi cosa lui le chiedesse in quel momento. O almeno, lo spera. Perché sente le gambe fottutamente deboli e tremanti, come non le succedeva da tanto, troppo tempo. E ha troppa paura di fare una figuraccia. 
E Luke non perde l'occasione, perché ha paura di non poterne avere una simile in seguito. «Quando stacchi?»
E Angel sta quasi per rispondere - con il cuore che le balla nel petto - che quella sera il turno le finisce al mattino, quando Dorothea si mette in mezzo, rispondendo al posto della mora. 
«Il suo turno finisce adesso.» dice prima di sciogliere il grembiule all'amica, per poi porgerle cappotto e borsa, guadagnandosi un «Io ti uccido.» bisbigliato da parte della mora, che potrebbe seriamente strangolarla, perché ha avuto dannatamente ragione su Luke. 
«Ti andrebbe di fare un giro?» chiede il biondo, attirando l'attenzione della ragazza su di sé e sperando in una risposta affermativa, perché ha voglia di provare a rompere le sue catene, almeno per una sera, come se Angel potesse in qualche modo aiutarlo a spiccare il volo con le sue ali, simbolo di quella libertà che lui cerca da sempre. 
«Con tuo zio ci penso io.» fa sapere Thea alla mora, che intanto non sta capendo più niente, però «Volentieri.» si ritrova a rispondere a Luke, che non aspetta oltre e la accompagna fuori dal locale.

E nessuno dei due avrebbe mai detto che agire d'impulso si sarebbe rivelata la scelta più giusta da fare. Perché sono su Tower Bridge adesso e non hanno smesso di chiacchierare, ridere e scherzare neppure per un secondo da quando sono usciti dal locale, nonostante quel lieve imbarazzo iniziale. 
Hanno camminato per le vie che Luke all'andata non aveva percorso, passando davanti tanti altri locali, troppo lussuosi, troppo pieni, troppo luminosi, com'è normale che sia in quella notte tutta particolare. 
Hanno parlato davvero tanto, Luke e Angel, di così tante cose che alla fine hanno perso il conto. E non avrebbero mai immaginato che potesse essere così piacevole. Perché a entrambi ancora fa strano aver agito come hanno fatto al locale.
Perché lui non faceva una cosa simile con una ragazza da troppo tempo. E perché Angel, nonostante il suo carattere, era sempre stata schiva con i ragazzi che non conosceva. 
Però i due lo sentono distintamente, che quella volta tutto è diverso, anche se non riescono ancora a spiegarsi  tante, troppe cose; come i cuori che continuano a battere troppo forte, le guance rosse e non solo per il freddo, le mani intrecciate che non danno segno di volersi allontanare, i sorrisi sulle labbra, quella strana sensazione di leggerezza esattamente in mezzo al petto. 
Tutto è strano e bello allo stesso tempo, e a entrambi va bene così.

«Luke?» lo chiama ad un tratto lei, facendo sì che i loro occhi si incontrino ancora una volta quella sera, mentre i brividi prendono il sopravvento su di loro e non solo a causa della bassa temperatura.
«Che c'è?» chiede lui sorridendole e spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio per osservare meglio quegli occhi magnifici e profondi, nascosti un po' dalla montatura nera degli occhiali. E non riesce a non pensare che Angel è bella davvero, e non solo fisicamente. È spiritosa e vivace, decisa, brillante. È libera. Tutte cose che lui non è mai stato, ma che lo attirano in un modo tutto particolare. Come le labbra della mora, che spesso quella sera si è ritrovato ad osservare un po' troppo a lungo. E non sa se lasciare che l'istinto prenda di nuovo il sopravvento sia una buona idea questa volta. 
Angel gli sorride. Perché si sarebbe aspettata davvero di tutto da lui – una sigaretta o un po' d'erba, una cosa veloce da fare in un vicolo – ma non che si sarebbe rivelato la cosa migliore di tutta la serata. Perché alla mora fa piacere essere con lui, avergli parlato, averlo conosciuto almeno un po', aver capito che lui non è libero, o almeno, non come vorrebbe essere davvero. E Angel non è che lo ha capito perché ha dei poteri speciali, no. Semplicemente, quegli occhi azzurri come il mare non hanno la stessa luce di un persona che si sente libera e tranquilla con se stessa.
«Cosa ti fa sentire libero?»
E Luke a quella domanda rimane proprio senza parole, perché non sa davvero che cosa rispondere. Perché lui un modo, un qualcosa che gli toglie quelle catene che lo frenano non ce l'ha. Perché si è sempre sentito ancorato al suolo, forzato dagli altri a stare al suo posto, senza alcuna via d'uscita. E chissà, magari potrebbe spiegarglielo, ad Angel, come lui realmente si senta, potrebbe anche chiederle di aiutarlo a capire, se solo non la vedesse in piedi sul parapetto di Tower Bridge, con gli occhi fissi sul Tamigi, che scorre lento e che riflette tutte le luci della città.
«Angel!» la chiama, preoccupato da morire che possa accaderle qualcosa.
Ma la ragazza non si volta, sa bene quello che fa, in fondo lo ha fatto così tante di quelle volte che ormai ha perso il conto. Lascia che la brezza lieve della sera le accarezzi il viso per qualche minuto. Ed è come se le ali sulla sua schiena prendessero forma, aprendosi grandi e portandola in quel posto che tanto vorrebbe raggiungere ma che non può.
Si volta verso di Luke e gli sorride. «Cosa ti fa sentire libero?» chiede di nuovo, con sguardo curioso, attento, puntato sul viso del ragazzo che ha davanti, un viso che si è ritrovata ad osservare a lungo in quelle poche ore passate insieme. Perché deve ammettere che Luke non è per niente male, né fisicamente, né caratterialmente. 
Si volta verso di lui, ed è un attimo, prima che i loro occhi si incontrino e lei gli sorrida dolce, per poi saltare.
E il ragazzo non riesce a spiegarsi come mai se la ritrovi addosso, lui in piedi, lei aggrappata a lui che lo stringe forte, facendogli battere il cuore troppo forte nel petto e facendolo sorridere.
«Avevi paura che mi sarei buttata?» chiede lei, mentre lui la fa sedere sul parapetto, in modo da avere i suoi occhi color del cioccolato davanti ai suoi.
«Sì, e sinceramente mi hai fatto prendere un colpo.» ammette il ragazzo, mentre le guance gli si scuriscono e il cuore torna a battergli forte nel petto, perché aveva avuto davvero troppa paura che lei volesse saltare nel fiume. E lui non aveva alcuna intenzione di sapere cosa sarebbe successo dopo.
Angel ride alla reazione del ragazzo, che la osserva quasi senza capire. «Trova le tue ali, Luke.»
E Luke la guarda attento, la osserva rapito, perché Angel è davvero bella e lo ha preso in un modo che mai si sarebbe aspettato. E il cuore gli batte un po' più forte, perché quegli occhi scuri lo fanno rabbrividire, gli fanno provare qualcosa dentro che proprio lui non riesce a spiegarsi.
E anche Angel lo studia attenta, curiosa com'è sempre stata. Luke è veramente bello, non può metterlo in dubbio. Come non può neppure mettere in dubbio il fatto che quelle ore trascorse con lui siano state piacevoli. E proprio non avrebbe mai pensato che quel ragazzo potesse attrarla così tanto, specialmente per il suo carattere.
Si guardano, per un istante. Il tempo sufficiente prima che le labbra piene del ragazzo vadano a combaciare con quelle della mora. E nessuno dei due ha la benché minima idea di quel che sta succedendo, delle mani che tremano, della labbra che si assaporano lente, dei cuori che battono davvero troppo forte, del respiro tiepido dell'altro sulla pelle. Non capiscono niente, ma va bene così. 
Perché a entrambi sembra di volare, mentre i fuochi d'artificio illuminano l'inizio del nuovo anno.
Luke non sa cosa sta facendo, non sa di preciso perché stia baciando Angel, non sa perché non ci abbia pensato due volte prima di farlo. Però gli piace, eccome se gli piace, sentire quelle labbra morbide, dolci, soffici, sulle sue. Gli piace sentire la punta fredda del naso di Angel sulla guancia. Gli piace come le loro mani si stiano stringendo forte, delicatamente, senza farsi male. Perché finalmente si sente senza catene, Luke, si sente libero. E lo sa che quella sensazione durerà solo un istante. Ecco perché vuole godersela per bene, fino in fondo.
E neppure Angel riesce a capire qualcosa, non si sarebbe mai aspettata di ritrovarsi a baciare Luke la notte di capodanno su quel ponte. Ed è buffa la cosa, perché quella situazione non le dispiace proprio per niente, anzi, se potesse farebbe di tutto pur di farla continuare il più a lungo possibile. Perché bello sentire la lingua del biondo che accarezza la sua, le loro mani che si intrecciano e che pi giocano con i loro capelli, il cuore che batte forte nel petto. Si sente bene, Angel, e questa volta è felicissima che Dorothea abbia visto giusto.

«Angel, vuoi essere il mio angelo?»
«Il tuo angelo?»
«Sì, il mio angelo. Per aiutarmi a trovare le mie ali.»
«Io...»
«Ti prego. Voglio che sia tu a farmi ritrovare la parte di me che ho perso forse troppo tempo fa.»
«Luke, non credo di essere la persona adatta...»
«Non te lo avrei neppure chiesto se non lo pensassi.»
«Luke. io...»
«Ti prego. Mi piaci.»
«Cosa?!»
«Hai capito. Mi piaci, e neanche poco. E non me ne frega se ci conosciamo solo da qualche ora. Mi piaci lo stesso, da morire.»
«Guarda che mi piaci anche tu. E neppure poco.»
«Allora accetti?»
«Accetto cosa?»
«Di diventare il mio angelo e di stare con me.»
«Non lo so. Insomma... Non sono mai stata brava nelle...»
«Nelle?»
«Nelle relazioni...»
«Oh beh. Se è per questo neppure io son una cima in queste cose, anzi.»
«Però va bene.»
«Va bene cosa?»
«Va bene, proviamoci.»
«Proviamo a fare cosa?»
«Proviamo a trovare le tue ali.»
«Insieme?»
«Insieme.»






Letizia
Ciao a tutti! Eccomi qui, anche questa domenica pomeriggio a rompere (spero di no) con una nuova One Shot su Luke Hemmings, strano  eh? Nah ahahah. Che poi, la nascita di questa OS è stata qualcosa di inaspettato. Nel senso che sarebbe dovuta essere il primo capitolo di una mini long, tuttavia, siccome ho troppe storie a cui pensare, ho preferito trasformare il capitolo in OS, tanto ne succedono di cose comunque (in 4500 parole tonde tonde :3). Quindi, non farò la mini long, però questa piccolina volevo rifinirla un po' meglio e farvela leggere comunque :3. Spero davvero vi sia piaciuta, perchè ci tengo parecchio :3.
Detto questo, vado, che di parole ne ho usate davvero tante ;). Grazie mille per tutto fin da ora, sul serio <3 <3 <3
Un bacione, Letizia <3
   
 
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