Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: Persej Combe    29/03/2015    1 recensioni
Negli ultimi mesi Sinnoh è stata colpita da un'anomala perturbazione che nel corso del tempo sembra continui a peggiorare sempre di più, mettendo a rischio l'intera popolazione della regione. In seguito, tuttavia, si scoprirà che la causa che ha generato il cataclisma sono in realtà i Pokémon Leggendari, il cui ordine è stato violato dal Team Galassia nel progetto di creazione di un nuovo universo.
Il Professor Platan, presa coscienza della pericolosità degli eventi, si precipiterà a Sabbiafine in cerca del suo mentore, il Professor Rowan, nella speranza di poterlo aiutare a sistemare le cose. Ad accompagnarlo ci sarà Elisio, diventato ormai una presenza costante, che nonostante le prime resistenze dell'uomo si ostinerà a volerlo seguire, per mantenere fede ad una richiesta fattagli dallo stesso Rowan.
Tra ricordi del passato, conoscenze abbandonate e ora ritrovate, incertezze e dubbi, riusciranno ad afferrare l'impalpabile ombra del vecchio Professore?
[Perfectworldshipping]
[Midquel della storia "Risplenderemo insieme nell'eternità di un mondo perfetto"]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Elisio, Professor Platan, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Eterna ricerca'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

III
.Vortice.

«La Campionessa?» sussurrò Elisio. Nella sua voce si poteva percepire distintamente la sua sorpresa. Platan si fermò di fronte alla donna. La guardò per un lungo istante col fiato sospeso e in tensione, come dopo un attacco di collera, infine le sorrise cordialmente.
«Pare di sì, Camilla.» le strinse la mano «Grazie per essere venuta in nostro soccorso.»
«Non preoccuparti. Avevo sentito un frastuono provenire da questa direzione e mi sono affacciata per vedere che cosa stava accadendo. Quando ti ho visto ho deciso di intervenire: dopo gli ultimi avvenimenti accaduti per mano del Team Galassia, la polizia non guarda in faccia nessuno e chiunque si muova con comportamenti ambigui è sospettato di esserne un affiliato.»
«Certo, capisco benissimo il motivo. È giusto che sia così, ma non immaginavo che anche noi saremmo stati...»
«È meglio essere cauti, Platan, anziché fidarsi ed essere colti di sorpresa. Non si può mai sapere.»
Si voltò verso Elisio e lo guardò. Lo invitò ad avvicinarsi. Quello la salutò con riverenza e si presentò.
«Sì, Diantha mi ha parlato spesso di te: siamo buone amiche. Anche il Professor Rowan tempo fa mi aveva detto che durante la cerimonia della nomina di Platan aveva incontrato un uomo alto e dall’aspetto imponente, con dei lunghi capelli rossi. Immagino si trattasse di te, non è vero?» gli rivolse un’occhiata interessata, ed Elisio si chiese che cosa precisamente Diantha gli avesse raccontato sul suo conto.
«Camilla, perdonami se t’interrompo.» s’intromise Platan, che più il tempo scorreva, più sentiva l’ansia gelarglisi nel petto «Stavamo giusto andando a Memoride per cercarti. Avremmo bisogno della tua collaborazione, se non ti dispiace.»
«La mia collaborazione?» alzò il viso facendo tintinnare i fermagli legati ai lati della testa.
«Sì. Non me lo hai ancora chiesto, ma immagino tu già sappia perché sono qui. La situazione sta precipitando rapidamente come avrai notato anche tu. Mi hanno detto che il Professor Rowan si trova sul Monte Corona per cercare di trovare una soluzione a tutto questo. Non possiamo stare fermi con le mani in mano a non fare nulla. Non noi, che gli siamo stati accanto per tutti quegli anni.»
«Monte Corona, hai detto?» per un attimo la voce le aveva tremato e poi il suo sguardo si era posato in alto, nel cielo, sulla cima della montagna nascosta dalle nuvole. Sbatté lentamente le palpebre mentre sotto un occhio le si formava una ruga, che seppur amara sapeva mantenere l’eleganza del suo viso.
«Anche tu pensi che ci sia qualcosa lassù, ho ragione?» le domandò allarmato Platan, essendosi accorto della sua reazione «Qualcosa che abbia a che fare con i Guaridiani... Mi sono ricordato del dipinto nella grotta di Memoride ed è anche per questo che stavamo andando lì. Devo studiarlo e capire di cosa si tratta.»
Camilla nascose lo sguardo dietro la frangia bionda e si girò dalla parte opposta, dandogli le spalle.
«Anche mia nonna ha detto che sul Monte Corona c’è qualcosa che non va.» spiegò «Stavo andando nella vostra stessa direzione per poterla confortare, ma negli ultimi tempi anch’io sto cominciando ad avere qualche dubbio. Mesprit, Uxie e Azelf si sono mostrati agli uomini e poi si è formato quel vortice in cima alla montagna...» notò l’espressione confusa che si era formata sulla faccia dei due e si affrettò a chiarire ciò a cui si stava riferendo «Da qui non si può vedere, ma fra le alture più elevate si è formata una sorta di vortice. È da lì che si è generata la perturbazione.»
Sospirò e per la seconda volta alzò lo sguardo, ora con un bagliore severo negli occhi.
«Concordo con te.» asserì infine «Se il Professore è lì perché può risolvere questo problema, allora noi dobbiamo aiutarlo. Vi accompagnerò a Memoride e prenderemo insieme tutti gli indizi di cui c’è bisogno, poi lo raggiungeremo. Andiamo, non c’è tempo da perdere!»
 
Decisero di tornare a prendere la macchina: Camilla conosceva un passaggio più veloce con cui raggiungere la città senza dover per forza attraversare le grotte del Monte Corona. Oltre i dossi e le varie alture, arrivarono a toccare picchi abbastanza alti. In alcuni punti la strada era ghiacciata, e la neve copiosa che scendeva in qualche tratto li aveva costretti a fermarsi per cambiare le gomme. Il percorso non era stato costruito da mani umane, ma plasmato dalla natura stessa, perciò in molti frangenti si presentava assai rischioso da oltrepassare. Platan, al volante, guardava la strada con nervosismo, preoccupato per i due passeggeri che aveva a bordo e per i Pokémon che avevano con sé. Ogni volta si sorprendeva di come la perturbazione avesse cambiato drasticamente i paesaggi che si trovava a calpestare con le ruote. In alcuni c’era stato con il Professor Rowan, ma riusciva a riconoscerli soltanto grazie a un piccolo dettaglio quasi impercettibile di un albero, di una roccia o di una collina. Si sentiva un po’ perso.
«Adesso devi dirigerti verso quel bosco. Lì la strada è meno accidentata, prova a passare per di là.» fortunatamente Camilla sapeva sempre come guidarlo e, nonostante la collaborazione con lei lo confondesse ancora di più, riusciva a trovare uno spiraglio di lucidità in mezzo a quelle immagini che nella testa gli si confondevano, mescolandosi tra il passato e il presente.
«Perciò com’è che vi siete conosciuti?» domandò Elisio, relegato in solitudine sul sedile posteriore. Aveva voluto cedere il posto alla Campionessa affinché potesse indicare meglio a Platan il tragitto.
«È stato durante il mio viaggio in giro per Sinnoh per allenarmi e sfidare la Lega Pokémon.» raccontò Camilla «Un giorno, avendo già battuto la sesta Palestra, avevo deciso di andare a Sabbiafine dal Professor Rowan. Era da molto tempo che non lo vedevo, inoltre avevo bisogno di informarlo riguardo ai dati che avevo raccolto sul Pokédex. Stavo uscendo dal Centro Pokémon, mi ero fermata con Gabite per riposare un po’ dopo le ore di cammino. Ad un tratto, mentre mi stavo dirigendo al Laboratorio, incrocio un ragazzo che stava andando nella mia stessa direzione. “Anche tu hai un Gabite! Ti andrebbe di fare una lotta?” mi dice.»
«Non lo avessi mai fatto...» rise il Professore «Sembrava una ragazzina all’inizio del suo viaggio, non mi sarei mai aspettato una simile potenza in battaglia...»
«Abbiamo ingaggiato uno scontro talmente acceso che è dovuto intervenire il Professor Rowan in persona a fermarci! Ti ricordi?»
«Sì, ma ormai mi avevi già battuto. Camilla, com’eri forte con il tuo Pokémon! Non fui affatto sorpreso quando venni a sapere che eri diventata Campionessa. Eri così brava... Il legame fra te e il tuo Garchomp è così intenso e armonico...»
Elisio percepì nelle sue ultime parole una sottile nota di rammarico, che non giunse alle orecchie della donna. Il rosso capì subito il perché di quell’intorpidimento della sua voce e si affrettò a mettere in chiaro le cose: «Platan, il legame che hai con il tuo Garchomp è di altrettanto valore e pregio. Ciò che è accaduto quella sera non deve affatto farti dubitare di questo, in alcun modo.»
Platan lasciò andare un sospiro stanco: quante volte ne avevano già parlato. Nonostante in un primo momento non gli avesse dato tanto peso, ultimamente aveva cominciato a farsi parecchie domande e a convincersi del fatto che quel fallimento non fosse stato altro che per causa sua. Spesso, in Laboratorio, aveva sorpreso Garchomp osservare sui monitor appesi alle pareti delle sale i video degli altri Pokémon che erano riusciti a padroneggiare la Megaevoluzione con fare sognante. E ogni volta che si accorgeva della sua presenza, sgattaiolava via goffamente, impacciato. Poi gli gironzolava attorno per il resto della giornata, come a volersi scusare per aver guardato quei filmati di nascosto senza il suo permesso. Avrebbe tanto voluto aiutarlo nei suoi studi, glielo leggeva continuamente nei suoi occhi piccoli e gialli. Ma lui non era bravo nelle battaglie fra Pokémon, men che meno sarebbe potuto riuscire a gestire bene in lotta un potere talmente grande come quello della Megaevoluzione. Era fin troppo per lui. Diede un’occhiata veloce alla mano sinistra con nervosismo e rimpianto - chissà perché si ostinava ancora a tenere l’anello lì -, poi portò le dita in una tasca e accarezzò piano la Poké Ball di Garchomp.
«Forse sono io a non andare bene per te?» sussurrò.
Guardò nello specchietto retrovisore e incrociò lo sguardo di Elisio, che intanto aspettava una sua replica.
«Adesso non è il momento. Se proprio ce n’è bisogno, ne riparliamo più tardi con calma, va bene?»
«Di cosa state parlando?» Camilla era rimasta sorpresa dal tono in cui gli aveva risposto, misto tra il calmo e l’irritato, perciò si era incuriosita. Platan si trattenne dal sospirare un’altra volta. Non aveva voglia di parlarle di quell’argomento: era più che sicuro che se ne fosse venuta a conoscenza, lo avrebbe potuto superare anche in quello, che inoltre era ciò a cui aveva deciso di dedicarsi negli studi da una vita. Scosse la testa e lasciò stare quelle considerazioni infantili. Dopotutto, si disse, erano passati molti anni e continuare ad avere questo atteggiamento respingente nei suoi confronti era ridicolo, non erano più rivali.
In realtà non lo erano mai stati, ma questo lui non lo sapeva: fin da ragazzo si era persuaso che il loro rapporto fosse stato fondato esclusivamente sulla concorrenza, sul far vedere chi fra i due era meglio o peggio, e non aveva mai provato a guardare i frutti del lavoro di entrambi per il Professor Rowan da una prospettiva diversa.
«Camilla, so che questo ti stupirà, ma devi sapere che il tuo Garchomp può ancora andare in contro ad un’altra evoluzione.» le spiegò.
«Come?» a quella notizia rimase a bocca aperta «Ma non si trova alla fine del suo percorso evolutivo?»
«In circostanze normali sì. Tuttavia, in condizioni specifiche c’è un ultimo stadio che un gruppo di Pokémon, in cui si trova anche Garchomp, può raggiungere. Si tratta della Megaevoluzione.»
Fece una pausa per concentrarsi qualche minuto su un tratto di strada difficoltoso, poi continuò: «La Megaevoluzione è un particolare tipo di evoluzione che può avvenire soltanto in battaglia grazie alla quale un Pokémon è in grado di sprigionare la sua vera potenza. Quando un Pokémon è megaevoluto, i suoi livelli di attacco e difesa raggiungono picchi altissimi, molto al di sopra di quelli normali.»
«Dici sul serio? Quindi il mio Garchomp potrebbe diventare ancora più forte di adesso?» Camilla era visibilmente emozionata: le pupille le si erano dilatate e mentre parlava la voce le si acuiva a tratti.
«Incredibile, vero?» vedendo la sua reazione si lasciò scappare un piccolo riso «Già è fortissimo adesso, pensa cosa potrebbe diventare! Comunque, per far megaevolvere un Pokémon c’è bisogno di alcune condizioni particolari, come ti stavo dicendo. Prima di tutto occorrono due pietre molto speciali: la Pietrachiave, che deve essere tenuta dall’Allenatore,» le fece vedere l’anello «e una Megapietra, per il Pokémon. Ci sono diversi tipi di Megapietre, uno per ogni Pokémon, a volte persino di più. Attraverso la Pietrachiave l’Allenatore può interagire con la Megapietra e innescare la Megaevoluzione. Tuttavia, nel farlo, si libera un’enorme quantità di energia, che è difficile da controllare. Non tutti ci riescono.»
«Ma Platan ce l’ha fatta.»
«Non proprio...» sibilò, fulminando Elisio con lo sguardo guardandolo nello specchietto «La cosa fondamentale per poter gestire la Megaevoluzione è la sintonia che si ha con il proprio Pokémon... In caso contrario...»
La macchina sballottava sul percorso ricoperto di massi. Da fuori si poteva sentire il rumore delle ruote che traballavano sulle pietre. All’orizzonte cominciarono a scorgere le piccole case della città di Memoride, al cui centro si innalzava il suo imponente tempio con il tetto a spiovente.
Camilla tuttavia sembrava poco interessata al loro arrivo nella sua città natale. Osservò Platan e un po’ alla volta intuì ciò che doveva essere accaduto. Lo aveva sempre ammirato molto per la sua dedizione e per il suo impegno nelle cose che faceva, ma si era sempre vergognata di dirglielo. Ora che era venuta a sapere che era riuscito a far megaevolvere il suo Garchomp lo stimava ancora di più: quanto sarebbe piaciuto anche a lei poter fare lo stesso con il proprio Pokémon! Ma sapeva anche che a volte Platan poteva arrivare ad essere estremamente dubbioso delle proprie capacità al punto da lasciar perdere tutto ciò a cui si stava dedicando con un’enorme sfiducia in se stesso. Ogni tanto era accaduto che fosse scappato via dal Laboratorio per qualche compito che non era riuscito a portare a termine, nonostante si fosse convinto di esserne all’altezza, e si fosse rifugiato sulla spiaggia di fronte a Sabbiafine. Qualche volta lo aveva seguito e lo aveva spiato di nascosto, preoccupata per lui.
«Fra le sue mani, voglio stare fra le sue mani! Perché solo fra le sue mani potrò fiorire definitivamente! Libero da queste ansie, libero da questi tormenti! Ma dove sei? Dove sei, rispondimi! Ho bisogno di te e di risplendere al tuo fianco!» gli aveva sentito gridare una volta con le lacrime agli occhi contro le onde, contro il vento, contro il cielo, verso luoghi lontani e irraggiungibili al di là del mare in tempesta.
Non aveva mai capito il senso di quelle parole, ma le erano rimaste talmente impresse che ancora adesso se le ricordava precisamente, riusciva persino a riportare alla memoria il tono supplichevole e arido in cui le aveva pronunciate, e ogni volta rabbrividiva.
Vide Elisio posare una mano sulla spalla del compagno e si chiese se lui in qualche modo c’entrasse qualcosa.
Oltrepassarono il cartello che li avvisava di essere arrivati in città e dopo pochi metri si fermarono: erano giunti a destinazione.
 
Sembrava d’essere in autunno. Le chiome degli alberi erano punteggiate di oro e di rosso, mentre il terreno era ricoperto di foglie color arancio. Era uno spettacolo meraviglioso, ma, proprio perché fuori luogo, anche inquietante. Voltandosi ad ovest si poteva vedere il Monte Corona ergersi alto nel cielo, scuro e possente, come un enorme mostro in agguato, in attesa di poter assalire il piccolo paese. Guardando con più attenzione, Elisio si accorse che in mezzo alle nuvole, su, su, sulla punta più elevata, pareva esserci un punto nero, che girava su se stesso.
«È quello il vortice di cui ci stavi parlando prima?» domandò a Camilla.
Ella rispose affermativamente con un cenno della testa.
«Si sta allargando sempre di più.» disse poi «Gli scienziati che se ne stanno occupando ancora non hanno chiaro di che cosa si tratti. Ma io ho un’ipotesi...»
Si diresse verso la scalinata che portava nella zona centrale di Memoride e invitò i due a seguirla. Attraversarono un sentiero costeggiato da grandi alberi rivestiti da foglie scarlatte e brune. Il paesaggio assomigliava a quello di Romantopoli, ma la sensazione che si aveva di fronte a quello splendore della natura era completamente diversa. Dalle montagne proveniva un sottile alito di vento che faceva ondeggiare le fronde degli alberi, e il sole pomeridiano al di sopra di essi, man mano che si spostavano, disegnava numerose figure sul terreno attraverso la luce che passava tra le foglie. Nell’aria si univano in maniera armonica i profumi del bosco, uniti come in una sinfonia di odori. Intorno, oltre al crepitio delle foglie secche che stavano calpestando e a quello dei rami mossi dal vento, il silenzio regnava sovrano, calmo e solenne. Giunsero in prossimità del tempio ed Elisio e Platan si arrestarono ad osservarlo per qualche istante. Era alto e imponente. Il tetto rosso sfiorava le cime degli alberi e si mescolava tra le loro sfumature accese come se l’intera costruzione fosse essa stessa parte vivente del paesaggio, come se fosse nata e cresciuta insieme a quelle piante e a quei tronchi dall’inizio dei tempi.
«Che meraviglia...» sussurrò Elisio stupefatto.
«Già...» gli fece eco Platan col naso all’insù.
«Da questa parte!» Camilla era andata avanti e si era appena accorta che i due erano rimasti indietro. Li aspettò finché non l’ebbero raggiunta. Poi con delicatezza scostò un arbusto dal loro cammino e con un cenno della mano li esortò ad avanzare.
Poco più in là, in una parete di roccia, vi era l’entrata per la grotta. Ai lati dell’apertura, due grandi incisioni di epoche antiche prendevano le forme di Dialga e Palkia.
Si apprestarono ad entrare all’interno della caverna. Sulla parete in fondo Elisio riconobbe il disegno che aveva fatto Platan nel suo quaderno: tre esseri disposti come ai vertici di un triangolo giravano attorno ad una sfera posta esattamente al centro. Si avvicinarono alla pittura ed Elisio la osservò a lungo.
«I tre esseri assomigliano ai Guardiani dei Laghi.» commentò «Uxie in alto, Mesprit a sinistra e Azelf a destra.»
«Proprio come sono distribuiti i Laghi Arguzia, Verità e Valore nella regione di Sinnoh.» si inserì Platan, mentre toccava piano con le dita l’immagine di Mesprit.
«È vero,» disse Camilla «infatti questo dipinto è sempre stato descritto così nelle leggende che ci sono state tramandate: la luce al centro rappresenta Dialga o Palkia che appaiono sulla Vetta Lancia, in cima al Monte Corona, esattamente al centro della regione. Le tre luci attorno dovrebbero essere i tre Guardiani, come avete detto voi. Ma...»
Si girò verso Platan e si rivolse a lui: «Ti ricordi quel signore che avevamo incontrato a Evopoli con il Professore che ci aveva raccontato delle lastre della Statua Antica? Aveva detto che tempo fa ve ne era stata anche una terza, ma che non l’aveva mai vista. Approfondendo i miei studi sulla mitologia di Sinnoh, ho scoperto che c’è un terzo Pokémon assieme a Palkia e Dialga che è in grado di equilibrare il mondo dimensionale.»
Platan ed Elisio si scambiarono uno sguardo: il Professore pareva aver visto giusto.
«A dire il vero non ho trovato molte notizie a proposito. Comunque sia, questo terzo Pokémon dovrebbe chiamarsi Giratina. Venne creato dalla Creatura Originaria assieme agli altri due, tuttavia per il suo carattere ribelle e aggressivo decise di sottrarsi al volere dell’Originale, spargendo caos nell’intero universo. Per questo motivo venne allontanato e bandito per sempre in una dimensione opposta alla nostra, il Mondo Distorto, dove né il tempo né lo spazio sono stabili.»
«Bien sûr!» esclamò Platan, elettrizzato da ciò che Camilla gli aveva appena detto, gesticolando con le mani «Forse Giratina sta di nuovo cercando di ribellarsi alla Creatura Originaria e vuole fuggire dal Mondo Distorto!»
«Quindi si è formata una spaccatura tra i nostri mondi e quel vortice sul Monte Corona in realtà non è altro che una finestra sul Mondo Distorto...» rifletté Elisio.
«E gli squilibri del nostro mondo non sono che il frutto degli influssi del caos di Giratina!» concluse il Professore.
«Esatto, è proprio ciò che avevo pensato! Però, alla luce di questo, ho supposto un’altra possibile lettura di questo dipinto. E se in realtà i tre esseri si potessero identificare anche con Dialgia, Palkia e Giratina? A questo punto la sfera al centro potrebbe trattarsi di...»
Nel silenzio che si formò, ognuno dei tre riuscì a terminare quella frase nella propria mente. Ciò che stavano supponendo era incredibile, eppure assai probabile, se si tenevano in considerazione gli ultimi eventi che avevano investito Sinnoh. Ma in tutto questo, il Team Galassia come intendeva inserirsi? Quale era il loro scopo? E il Professor Rowan come pensava di poter risolvere la faccenda? Sapeva dell’esistenza di Giratina? E Lucinda?
«Comunque sia, ogni indizio ci porta alla Vetta Lancia.» Platan si risvegliò dai propri pensieri e, ora che aveva la strada spianata, sentiva di doversi subito rimettere in viaggio per raggiungere i suoi cari «Dobbiamo tornare a Monte Corona.»
Girò sui tacchi e a passo svelto si avviò verso l’uscita della caverna. Elisio lo raggiunse e una volta uscito si accorse che il cielo era diventato scuro. Era già sera e il sentiero si distingueva poco chiaramente. Disse a Platan, che l’aveva già superato di qualche metro, di fermarsi e di non continuare ad andare da solo. Conoscendolo si sarebbe potuto perdere facilmente. Camilla si offrì nuovamente di indicargli la strada per il ritorno e una volta raggiunta la macchina consigliò ai due di fermarsi in città per quella sera, prima di riprendere il viaggio. Decise di ospitarli a casa sua, così l’indomani si sarebbero potuti incamminare nuovamente insieme.
 
La casa di Camilla si trovava in periferia. Dopo aver percorso qualche chilometro a piedi, Elisio e Platan videro un piccolo edificio nascosto tra la vegetazione. Intorno ad esso vi era un lago dalle acque chiare e pulite. Per attraversarlo dovettero camminare sopra dei massi che sporgevano dal bacino. Mentre stava mettendo il piede su di una pietra più stretta delle altre, Platan perse l’equilibrio per un attimo e andò a sbattere contro Elisio, fermo sulla seguente. Spinse la testa sulla sua schiena e strinse le braccia attorno a lui, con i piedi ancora incollati alla roccia.
«Le serve una mano, Professore?» chiese ridacchiando, sentendolo tremare avvinghiato a lui per l’equilibrio precario.
«Non ti muovere! Ti prego, non ti muovere!» lo implorò, con le gambe che vibravano per lo sforzo di trattenersi sulla superficie del masso.
In quel momento un piccolo ruggito si diffuse nell’aria e dalle acque emerse un bellissimo Milotic che si rituffò nella sponda opposta. Poi raggiunse Camilla e nuotando sotto di lei la salutò.
«Un Milotic...» disse Elisio sorpreso. Poi sia lui che l’altro arrossirono un po’, ricordandosi una certa vecchia chiacchierata di una manciata di anni prima.
«Beh? Ti ci vuole ancora molto?» si rivolse a Platan con una puntina di nervosismo, volendoselo togliere subito di dosso. Il Professore cercò di rimettersi in piedi il più in fretta possibile, e finalmente poterono proseguire.
La casa di Camilla era molto semplice, in stile orientale, ben amalgamata con l’ambiente circostante. Si trattava di un semplice appoggio per quelle volte in cui tornava a Sinnoh durante i suoi viaggi, perciò non doveva stupire il fatto che non fosse sommersa dal caos – non si sarebbe detto, ma Platan sapeva quanto in realtà la Campionessa fosse disordinata. Camilla indicò ai due la stanza in cui si sarebbero potuti sistemare per quella notte, poi andò a cucinare qualcosa di veloce per cena. Tuttavia, quando si misero a tavola, la donna li abbandonò quasi subito: se l’indomani si sarebbero dovuti rimettere in cammino, aveva deciso che sarebbe andata a trovare la nonna quella stessa sera.
Dopo aver sparecchiato, Elisio si era seduto sul pavimento della sala da pranzo a guardare la televisione, mentre Platan si era chiuso in camera a riordinare i suoi appunti.
Bulbasaur e Litleo giocavano in giro per le stanze, divertendosi ad aprire e richiudere le porte scorrevoli di carta di riso. Li colpiva soprattutto il fatto che, spostando una parete, una cosa apparisse o sparisse.
«Bulbasaur!» esclamava Bulbasaur chiudendo con le liane una porta e facendo scomparire l’immagine di Platan accovacciato sulle ginocchia mentre leggeva.
«Leeeo!» rideva il leoncino quando la riapriva, mostrando di nuovo il Professore.
E andarono avanti così per qualche minuto finché non se ne furono stancati. Allora cominciarono a rincorrersi girando in tondo attorno ad Elisio, facendo a gara a chi andava più veloce. Indubbiamente chi stava avendo la meglio era Litleo, così dopo un po’ Bulbasaur, stufo di andare lento per la sua andatura poco adatta ai movimenti agili, si aggrappò al Pokémon con due lacci d’erba e si lasciò trascinare lungo il pavimento.
«Leeo...» sbuffò un po’ indispettito, continuando a trainarlo.
«Saur saur saur!» esclamava, chiedendogli di andare più veloce.
«Ehi, voi due, fate piano.» gli disse Elisio osservandoli mentre giravano intorno a lui «Di là Platan sta studiando.»
«No, no, ho appena finito.» Platan entrò nella stanza in quel momento. Litleo non ebbe il tempo di frenare che andò a sbattere contro una sua gamba, con Bulbasaur che lo seguiva a ruota. Il Professore li prese entrambi in braccio e si assicurò che non si fossero fatti male, poi gli diede un leggero buffetto sul muso e si sedette accanto ad Elisio con le gambe incrociate.
«Cosa guardi?» chiese coccolando i Pokémon accovacciati contro di lui.
«Sto vedendo se riesco a trovare qualche informazione su Cyrus.» rispose continuando a cambiare canale con il telecomando.
«Il capo del Team Galassia?»
«Sì.» corrugò la fronte «Ancora non riesco a capire che cosa abbia in mente... Per quale motivo sottrarre i tre Guardiani? Dove intende arrivare? Qual è il suo scopo? Lei ha qualche idea, Professore? Magari riesce a svelare anche questo arcano...»
«Purtroppo no, mon cher, ci stavo pensando anche io prima, ma non so proprio dove sbattere la testa.»
Probabilmente era fuori luogo in quel momento, ma Elisio non poté trattenersi dal sorridere: se Platan stava ricominciando a chiamarlo con quei nomignoli voleva dire che stava bene e che piano piano si stava riprendendo dal malumore degli ultimi giorni. Litleo sgattaiolò via dalle braccia di Platan e si distese sulle gambe del suo Allenatore, infilando la testa sotto una sua mano per incitarlo ad accarezzarlo. Le carezze del Professore erano una vera meraviglia, ma altrettanto lo erano quelle di Elisio. Cambiando un’altra volta canale, il rosso passò piano le dita sulla sua schiena, offrendogli qualche grattino.
«Aspetta, torna indietro!» disse Platan all’improvviso.
Sullo schermo si impresse l’immagine di Cyrus, la sua postura suggeriva che si stesse rivolgendo ad un gran numero di persone: «Questo nostro mondo è incompleto!» diceva a voce alta «Da sempre l’uomo ha dovuto soffrire e faticare per raggiungere degli obiettivi, per soddisfare la sua stessa necessità di sopravvivenza. E perché questo? Perché noi stessi uomini e Pokémon siamo incompleti! Per compensare ciò di cui difettiamo, allora, ci facciamo guerra a vicenda, ci mutiliamo e uccidiamo tra di noi. L’uomo è imperfetto, e per questo è governato dalle emozioni, che ci spingono a commettere questi atti empi. Le nostre emozioni... In un mondo senza di esse non esisterebbero conflitti, poiché nessuno sarebbe portato ad accanirsi contro un altro! Ed io, Cyrus... E tutti voi... Noi del Team Galassia porteremo alla vita un nuovo mondo, un mondo perfetto, completo, privo di lotte e atrocità! Un mondo senza emozioni!»
«Tutto questo è folle...» sibilò Platan, stringendo Bulbasaur a sé «Come può desiderare un mondo senza emozioni? La vita, allora, non avrebbe più un senso...»
«Un mondo perfetto...» sussurrò Elisio. Rimase a pensare al discorso di Cyrus e per certi versi riconobbe di trovarsi d’accordo con lui: il mondo era egoista, e questo ogni giorno alimentava numerosi conflitti fra le persone.
Un mondo senza emozioni. Un mondo in cui nessuno avrebbe nuociuto all’altro. Un mondo in cui nessuno sarebbe rimasto da parte.
Gli venne in mentre lo Skiddo che era stato abbandonato di fronte alla stazione di Luminopoli. Dopo anni era ancora lì, il suo Allenatore non era mai tornato. Probabilmente non lo avrebbe mai fatto. Da che cosa era stato determinato il suo abbandono? Qualche sensazione di odio? Di superiorità nei suoi confronti? Il mondo e l’animo umano erano intrisi di marciume, di questo aveva cominciato a convincersi già da molto. Ma di ciò erano forse colpevoli le emozioni? Si voltò verso Platan e guardandolo si disse che anche le sue parole erano giuste. Ciò che provava per lui, ciò che sentiva nello stare con lui... Certe volte avrebbe voluto vivere soltanto per quell’emozione.
Litleo lo leccò sul viso. Si era talmente impuntato su quei pensieri che si era incantato e aveva smesso di accarezzarlo. Platan prese il telecomando e spense il televisore.
«Basta. Ha parlato anche troppo.» disse «Non voglio più sentire una sua parola. Domani andremo dal Professor Rowan e sistemeremo la storia del vortice. Del resto se ne occuperà la polizia.»
Sospirò e poggiò la fronte contro quella di Bulbasaur.
«Sai, Elisio, non vedo l’ora!» esclamò con un sorriso, girandosi verso l’amico «Ma... da una parte ho anche paura...» e abbassò la testa.
«Anche io, Platan. Stiamo andando contro qualcosa che non possiamo controllare...»
Con la televisione spenta, il silenzio dentro casa sembrava talmente chiassoso da far male alle orecchie. Elisio si alzò.
«Stasera sono più stanco di ieri. Ancora non riesco a credere che siamo riusciti a sopravvivere ad una giornata del genere... Penso che me ne andrò a letto.» disse prendendo Litleo fra le braccia e regalandogli qualche ultima carezza.
«Quasi quasi vengo con te. Che ne dici, Bulbasaur? Andiamo a dormire?»
«Saaauur!» sbadigliò il piccolo strofinando la testa contro il suo ventre. Gli occhi già cominciavano a chiuderglisi. Platan sorrise intenerito e dopo aver fatto tornare Bulbasaur nella Sfera raggiunse Elisio nella stanza accanto. Lo aiutò a sistemare i due futon sul tatami, uno accanto all’altro, poi lasciò che si spogliasse dei vestiti sporchi che avevano portato per tutta la giornata. Anche lui fece lo stesso. Si sfilò di dosso la maglietta nera, ripiegò i pantaloni accanto al cuscino. Si infilò sotto alla coperta e si accucciò contro il materasso. Sospirò per la stanchezza socchiudendo gli occhi. Il suo respiro raggiunse le guance di Elisio, sfiorandole leggermente. Si guardarono un attimo.
Platan allungò pigramente una mano verso di lui.
«Hai qualcosa tra i capelli.» disse passando le dita tra quelle folte ciocche rosse «In questo periodo Bulbasaur lascia polline ovunque...»
«Grazie.» rispose con una punta di imbarazzo.
Lasciò che gli togliesse il batuffolo dalla testa, poi gli sorrise. Anche al Professore spuntò un sorriso, tenero e imbranato al tempo stesso. Sul suo viso si era diffuso un rossore lieve lieve, che coprì tirandosi la coperta fin sul naso.
Per qualche istante si riflessero l’uno negli occhi dell’altro, in quel grigio-azzurro come di un cielo piovoso.
Nel buio brillò un bagliore colorato. Platan si scusò e sedendosi si sfilò dal dito il Megacerchio.
«Posso vederlo?» chiese il rosso sporgendosi su di lui.
«Certo.»
Platan gli posò l’anello sul palmo aperto e ritornò a distendersi al suo fianco.
«È proprio un bel gioiello.» disse rigirandoselo nella mano. Platan aveva delle dita davvero sottili rispetto alle sue, si accorse.
«Me lo avevi già detto. Deve piacerti davvero molto, eh?»
«Sì. Non è troppo vistoso, né eccessivo. Essenziale. Una cosa del genere la indosserei anch’io.»
«Solo per la sua forma o per quello che è in realtà?» gli domandò con un sorrisetto malizioso sulle labbra. Gli sfilò l’anello dalle dita con gentilezza e lo fece scorrere tra il pollice e il medio.
«Confesso che in verità piacerebbe molto anche a me essere in grado di utilizzare la Megaevoluzione...» ammise l’uomo.
Platan si girò su un fianco e lo osservò, interessato alla sua ultima confessione. Annuì e si accarezzò una ciocca di capelli.
«Chi non lo vorrebbe?» sospirò lasciando cadere la mano sul materasso.
Chiuse le dita e strinse l’anello nel pugno.
«Elisio,» disse non appena si accorse che aveva intenzione di ribattere qualcosa «capisco quanto tu ti stia preoccupando per me. Ma vorrei cercare di risolvere la faccenda da solo, se non ti dispiace. Ho soltanto bisogno di rifletterci un po’. Spero che tu non te la prenda.»
«Prendermela? Affatto. Comprendo benissimo ciò che intendi e, se hai bisogno del tuo spazio, non sarò di certo io a togliertelo.»
«Ti ringrazio.»
Gli rivolse un’occhiata ricolma di gratitudine e strofinò la testa sul cuscino. Nel farlo emise una piccola risata.
«Ti ricordi, Elisio, quella sera in cui ero a Yantaropoli e ci stavamo parlando con l’Holovox? Stavamo proprio così, ti ricordi?»
«Mi ricordo, certo! Stavamo proprio così...»
Si guardarono ancora e, dopo essersi cercati infinitamente in quella foschia dei loro occhi, finalmente si trovarono. Gradualmente le loro voci si affievolirono in sussurri e sospiri che si posavano sulle guance dell’altro, scendendo lentamente verso le labbra per poi ripartire, mossi da nuove parole nate nel desiderio di poter sentire ancora il suono melodioso della bocca tanto amata in risposta. Le palpebre si muovevano con lentezza, gli sguardi si fissavano per minuti interminabili sugli occhi, sulle ciglia, sui tratti incantevoli del viso, senza tralasciarne alcun dettaglio. Dentro il corpo regnava una calma leggera mista ad un’emozione indescrivibile, calda, dolce, passionale. Le loro fronti si vennero in contro, i fiati si mischiavano nel poco spazio che separava i loro nasi. E sarebbe bastato così poco a riempire quella distanza... Si unirono in un immaginario abbraccio e Platan lasciò andare la testa contro il petto di Elisio. Si addormentò. L’altro rimase ad osservare per lunghi secondi il sorriso che aveva sulla bocca mentre sonnecchiava al suo fianco. La sua espressione era talmente diversa da quella che gli aveva visto la notte precedente. Fece scorrere un dito sulla sua guancia e per un attimo si dimenticò di respirare.
Ma cosa era appena successo?
Avevano semplicemente parlato, di tutto e di niente. Nulla di così eclatante. Eppure il modo in cui le loro voci si erano unite lo aveva fatto tremare lievissimamente varie volte. Si passò la mano fra i capelli dove lo aveva toccato Platan e involontariamente si fece sfuggire un risolino un po’ sciocco, si stropicciò la faccia mentre su di essa si dipingeva un’espressione frastornata. Era come se un vortice lo avesse investito in pieno, e lui si era fatto trovare impreparato. Era vero, allora? Si trattava proprio di ciò che stava pensando? Ritornò a guardare Platan, a contemplarlo fuori dalla gabbia di vetro che era il suo sonno. Lasciò scivolare il dito lungo il contorno della sua mandibola e sul suo mento, infine lo posò sulle sue labbra, come se volesse metterlo a tacere per il putiferio che gli stava creando dentro la testa. E fuori invece era il silenzio, lo stesso che proveniva dalla sua bocca chiusa. Erano morbide, quelle labbra. Un po’ screpolate, forse, ma comunque gradevoli. Platan si mordeva le labbra in continuazione quando era nervoso, non poteva farne a meno. Trattenne il polpastrello sopra di esse per poter sentire ancora un po’ quella sensazione di delicatezza a contatto con la pelle.
Ad un tratto udì lo scorrere di un pannello accompagnato da un rumore di passi. Alzò lo sguardo oltre la porta aperta e vide Camilla ferma di fronte a loro osservare silenziosamente il modo in cui erano sdraiati l’uno accanto all’altro. Si scrutarono l’un l’altra per qualche istante senza dire una parola. Elisio allontanò la mano dal viso dell’uomo e cercò subito di giustificarsi, messo in soggezione dal suo sguardo inquisitore.
«No, qualsiasi cosa tu stessi facendo, non m’interessa.» lo interruppe «Potresti venire un attimo con me, invece? Vorrei parlarti, se non ti dispiace.»
«Certo.» rispose a bassa voce per non svegliare Platan, ma quella se ne era già andata via. Uscì dalle coperte e si vestì, si pettinò i capelli con le dita per rendersi più presentabile. Poi andò da Camilla, non prima tuttavia di aver rivolto un ultimo sguardo al suo compagno.
 
Camilla lo stava aspettando fuori, seduta sul gradino rialzato di legno di fronte al giardino, ancora avvolta nel lungo cappotto nero. Quando si accorse della sua presenza girò di poco la testa e con un battito di ciglia lo esortò ad avvicinarsi. Elisio non se lo fece ripetere due volte. Si sedette al suo fianco e aspettò che gli dicesse ciò che doveva.
Intorno, il suono delle onde del laghetto riempiva l'aria, accompagnato dal fruscio del vento.
«Platan è sempre stato un ragazzino un po' timido.» disse la donna osservando la calma che trapelava dalla natura circostante «Non so per quale motivo, ma per tutto il tempo che gli sono stata vicino in quegli anni in cui ha studiato qui, mi è sempre sembrato un po' restio ad approfondire i legami che aveva con le persone con cui si trovava a collaborare, se non in casi speciali.»
Elisio l'ascoltava, le braccia incrociate sul petto. Sì, Platan gli aveva raccontato di quella situazione, ogni tanto. Anche il Professor Rowan gliel'aveva fatto intendere quella volta in cui si erano incontrati alla cerimonia della nomina.
Chissà cos'era successo nel suo passato da averlo reso così fragile? O forse era semplicemente parte del suo carattere?
Vide che Camilla era in procinto di riprendere il discorso, così per un attimo mise da parte le sue preoccupazioni per Platan. Prestava attenzione alle sue parole e cercava di capire se tra di esse vi fosse qualche messaggio nascosto: «C'era una ragazza, un po' di tempo fa, con cui aveva avuto una storia d'amore. Un'Infermiera Joy, mi pare.» stava dicendo «Non mi ricordo come si chiamasse, ma è sempre stato molto affettuoso nei suoi confronti. Teneva davvero tanto a lei. Una volta è rimasto in Laboratorio fino a tarda notte nonostante Rowan gli avesse detto di andarsi a riposare, perché stava aspettando che finisse il turno di lavoro al Centro Pokémon per poterla riaccompagnare a casa. Il giorno dopo aveva lezione molto presto e se non avesse dormito sarebbe stato a pezzi, ma non aveva voluto tenerne conto. Immagino tu sappia quanto per Platan sia importante il suo lavoro, giusto? Eppure per lei è stato capace di mettere da parte anche questo.»
Gli si impresse nella mente l'immagine dei numerosi quaderni che ogni volta coprivano il solito tavolo a cui si sedeva nella sua caffetteria. Era tutto una tovaglia di fogli, ma lasciava sempre un quadratino di spazio per poterci posare la tazza che di tanto in tanto Elisio passava a riempire, tra un'ordinazione e un'altra dei suoi clienti.
«Grazie mille, cher!» esclamava ogni volta per ringraziarlo, alzando la testa dal quaderno e incontrando il suo sguardo.
Poi, quando passava a trovarlo in Laboratorio, lo trovava sempre intento a fare qualcosa: fosse una relazione da scrivere, registrare dati di un esperimento, studiare filmati o qualsiasi altro, tutte le volte lo accoglieva con il camice sporco d'inchiostro, polvere, peli o penne di Pokémon. Le volte in cui si davano appuntamento da qualche parte, lo vedeva sempre già lì, in anticipo, con un libro o una rivista in mano, immersissimo nella lettura, che lo attendeva. Se c'era una cosa che Platan adorava, era senza dubbio lo studio, si disse. Solo in quel momento si accorse che quando arrivava smetteva sempre di fare ciò che stava facendo per dedicarsi a lui e che non lo aveva mai fatto aspettare per qualche faccenda di lavoro. Semmai, molte volte era stato lui a far accadere il contrario.
«Ma con te è diverso.» Camilla lo riportò bruscamente alla realtà. Elisio girò il viso verso di lei e le rivolse un'occhiata dubbiosa. La donna sorrise e si accarezzò i capelli.
«Che vuoi dire?» le chiese, ormai troppo preso da quel discorso.
«Diantha mi ha raccontato il modo in cui vi siete conosciuti.» parve cambiare argomento «Stavi cercando un testimonial per la tua invenzione e le avevi chiesto se sarebbe stata disposta ad accettare l'incarico; lei disse di sì, ma per una serie di impegni non poté più prenderne parte.»
«È vero, a quel punto si offrì Malva. Anzi, fu proprio Diantha a consigliarmi di lavorare assieme a lei.» ricordò ad alta voce.
«Tuttavia, nonostante non fossi riuscito a coinvolgerla nel tuo progetto, continuasti ad avere un buon rapporto con lei. La sostenevi, la supportavi, esattamente come ogni tuo sottoposto o collaboratore. Per qualsiasi persona si rivolgesse a te o a cui cercavi di avvicinarti, ti sei sempre comportato come una sorta di mecenate, mettendola sotto la tua ala protettiva. Con Platan non è così, o mi sbaglio?»
Ovvio che no, pensò. Proteggere Platan andava ben oltre il suo solito mecenatismo. Gli veniva spontaneo e quasi era per lui una necessità. Non sapeva spiegarselo bene, ma proteggendolo era come se lui stesso si sentisse al sicuro. Una specie di dipendenza dal suo stato di essere.
Un sorriso affettato si dipinse sulle sue labbra mentre puntava lo sguardo sulla donna.
«Questo non è di tuo interesse. Ma ti ringrazio per essertene preoccupata. Ora, ti pregherei di dirmi la ragione per cui mi hai voluto parlare.» le disse: di certo non si sarebbe messo a raccontare i propri affari alla prima venuta, neanche fosse stata la Campionessa.
Camilla annuì. Elisio sapeva il fatto suo. Si alzò, si tolse la giacca e posandola su un braccio fece per rientrare dentro casa.
«In quei cinque anni, il Professor Rowan si è prodigato per lui in tutti i modi possibili. Lo ha molto a cuore. Il figlio che non ha mai avuto. Una volta lo ha chiamato così.»
Una foglia si staccò da un ramo di un albero e, trasportata dal vento, si posò ai suoi piedi.
«Ti è stato dato un incarico.» la pestò «Cerca di non fallire. Continua a prenderti cura di lui come stai facendo.»
Poi si mosse verso il buio e scomparve.


 


 

Ed ecco che finalmente, dopo quasi un mese, riesco ad aggiornare la storia! Come state? Tutto bene?
...Ricontrollando il capitolo precedente mi sono appena accorta di aver dimenticato di mettere le traduzioni delle frasi in francese, perdonatemi, rimedio subito! xD
A dire il vero non ho molto da dire su questo capitolo. Come al solito mi sono presa qualche libertà per le ambientazioni e per raggiungere la grotta di Memoride ho aggiunto quel sentiero in mezzo al bosco. Avevo bisogno di rappresentare il paesaggio per far capire il modo in cui stesse cambiando a causa degli influssi del Mondo Distorto. "In questo periodo Bulbasaur lascia polline ovunque": in realtà infatti non siamo in autunno, ma in primavera! Non so se è così, però io ho sempre immaginato che il germoglio di Bulbasaur crescesse a seconda delle stagioni...
Solo a me gli obiettivi di Cyrus ed Elisio sembravano simili? Costruire mondi nuovi e bellissimi sarà di tendenza nel mondo Villain?   Ma vogliamo parlare del fatto che hanno due Pokémon uguali in squadra? E che entrambi durante il gioco diventano matti che più matti non si può e alla fine spariscono in circostanze misteriose? 

Ragazzi, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Dovrei riuscire a mettere il prossimo durante le vacanze di Pasqua, fino ad allora stringete i denti, ormai siamo quasi alla fine! [EDIT: ho avuto un contrattempo e ci sto mettendo più del previsto: pazientate ancora un po'! ^^' Arriverà!]

Un abbraccio,

la vostra Persღ


 


~ L'angolo del francese ~
 

*"Bien sûr!" = "Ma certo!"
*"Mon cher" = "Mio caro"

(Pollice in su per il mio Bulbasaur mangione! (?) Volevo provare a mettere un disegno! c: )

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Persej Combe