La prima volta c'è per tutti
Andiamo verso la fine ormai, ma ancora manca qualche capitoletto! Ringrazio tantissimo Isuzu che ancora legge e recensisce!! Ti adoro!!!
Se non fosse stato per la luce
della casa di Axel che da sola sembrava tentare di illuminare tutto il piccolo
quartiere, Demyx non avrebbe distinto una via dall’altra; tutto era buio,
silenzioso, quasi tutto l’intero quartiere rispecchiasse il carattere e l’animo
di Axel.
Accelerò il passo, fissando la luce
di quella casa che si avvicinava sempre di più a lui, nella sua testa c’era solo
il desiderio di rivederlo, di proporgli l’idea che aveva maturato mentre andava
da lui: una nuova vita, per entrambi. Avrebbero chiuso per sempre la porta del
loro passato, avrebbero lasciato quelle vite di sofferenza che avevano dovuto
patire, e ne avrebbero ricominciata un’altra, insieme. L’idea di condividere una
casa con Axel gli piaceva davvero, la voglia scalpitante di invitarlo a vivere
con lui, in una nuova casa, solo per loro, esplodeva nel suo petto ad ogni
battito di cuore. Accelerò ancora. La casa era vicina, vedeva il cancello…
Si fermò. Qualcosa non andava. Vide
una macchina ferma davanti al cancello della casa, una macchina che non aveva
mai visto: non proprio modesta, una bella macchina d’epoca, che non poteva
essere assolutamente della madre di Axel.
Ci c’era con lui? Altri giri
loschi? Il cuore di Demyx prese a battere ancora più forte. Si avvicinò alla
finestra, dietro la quale vedeva due figure stagliarsi: riconobbe subito Axel,
il suo profilo muscoloso, le sue braccia lunghe piegate sui fianchi, i suoi
capelli irsuti; l’atro gli sembrava vagamente di averlo visto… Sbracciava in
preda ad una qualche disperazione, o forse rabbia, e spesso si portava entrambe
le mani al viso, come a coprirlo.
Demyx avvicinò l’orecchio alla
finestra, e sentì distintamente la voce tremante di quel tipo che sembrava
implorare Axel
“ti prego, devi aiutarmi! Non puoi
abbandonarmi Axel!”
“ma che diavolo vuoi che faccia io?
Ti ho già fatto un lavoro e ci ho anche rimediato una bottigliata! Ti sei messo
nei casini, vecchio, ora vienine fuori da solo!” la voce aspra di Axel scatenò
una fila di brividi lungo la schiena di Demyx
“solo tu sai come strapparla da
quei tipi! Salva mia figlia, ti prego!”
“figlia?” Demyx sibilò quella
parola come fosse nuova per lui; d’improvviso s’illuminò: ecco dove aveva visto
quell’uomo! La mattina, a scuola! Non poteva sbagliarsi, il suo gesticolare era
inconfondibile! Ma certo, era il padre di Naminè! Ma cosa era successo alla
ragazza? Il batticuore di Demyx aumentò, sapeva che stava ficcandosi in una
situazione pericolosa, se avesse sentito ancora qualche parola sarebbe stato
tardi per tornare indietro; ma ormai era lì. Strinse forte le maniche del
giacchetto e seguitò nell’ascoltare
“salvarla? Cosa credi che sia, io,
l’eroe di un manga?” Demyx vide la figura di Axel sedersi malandatamente sul
divano “ non ho nessuna bacchetta magica, io”
“ma la ammazzeranno!” Demyx
trattenne un singulto. Sperava che ora Axel avrebbe fatto appello a quel poco di
altruismo e buonsenso che è di base in ogni essere umano e avrebbe offerto il
suo aiuto a quell’uomo; ma quello che sentì lo scosse
“no, non la ammazzeranno… Gli serve
viva… forse le faranno fare qualche film pornografico, tanto per risarcire la
parte di droga che non gli hai portato, e poi forse te la
ridaranno…”
“come puoi essere così senza
cuore?”
“in una vita come la mia” e si
accese una sigaretta “l’egoismo sta alla base della sopravvivenza.” Non disse
altro. Demyx vide la figura del “vecchio” muoversi verso la porta; si rannicchiò
più che poté sotto la finestra, sperando di non essere visto. Quello era
talmente scosso che passò senza nemmeno notarlo, mise in moto la macchina e
corse via; non era sicuro, ma gli sembrò che stesse
piangendo.
Il ragazzo poggiò la testa al muro,
respirando con la bocca per calmarsi: quello che aveva sentito lo aveva turbato
molto. Come poteva Axel comportarsi a quel modo? Lui, che sapeva cosa volesse
dire essere sfruttati per quel genere di riprese? Sapeva che meno si fosse
impicciato di quella storia e meglio sarebbe stato, ma non poteva scappare, non
in quel momento.
Gli tornò in mente Roxas; lui
sapeva della sua cotta per Naminè, ormai lo avevano capito tutti, anche se Roxas
aveva sempre tentato di nasconderlo. Ed ora non poteva fuggire e fingere di non
aver sentito nulla, doveva farlo per Roxas… doveva farlo per se stesso… doveva
farlo anche per Axel…
Si alzò in piedi, deciso ad entrare
e a parlare senza essere interrotto, ma quando si trovò davanti alla porta
vacillò, e fissandosi la mano tremante, realizzò che lui non era nessuno;
rimaneva sempre un ragazzino convinto che i suoi problemi fossero troppo
opprimenti per tirarsene addosso degli altri, rimaneva sempre un ragazzino
estraneo a quella vita. Strinse forte gli occhi, la testa gli girava
atrocemente, lottò contro se stesso per non fuggire e correre a rintanarsi
nell’angolo del letto; questa volta Axel non lo avrebbe tirato fuori, questa
volta era lui ad avere bisogno di chi fosse sgusciato da sotto quel letto.
Afferrò saldamente la serratura, accorgendosi che la porta era stata lasciata
aperta, e prima che potesse spingerla leggermente sentì la voce di Axel
provenire dall’interno
“ti decidi ad
entrare?”
Ce l’aveva con lui? Come aveva
fatto ad accorgersene? Timorosamente Demyx spinse la porta, lasciandola aprire
lentamente, e fece capolino con la testa; Axel era seduto sul divano, gli occhi
puntati su di lui. Demyx prese fiato ed entrò in casa, chiudendosi dietro la
porta; e di tutte le cose che voleva dirgli, ora, non gliene veniva in mente
nemmeno una.
“vieni qui” gli fece il rosso,
richiamandolo con un gesto abile delle dita
“come sapevi … che ero qui…?” Demyx
si avvicinava lentamente a lui, quasi lottando per restargli
lontano
“ti ho visto dalla finestra. Quel
vecchio era troppo occupato a sbracciare per accorgersi di te” Axel non aveva
mai staccato i suoi occhi da lui, mentre Demyx si avvicinava quasi timoroso;
quando gli fu abbastanza vicino lo prese per un braccio, portandoselo a sedere
sulle ginocchia “ma io me ne sono accorto subito” gli fece, lisciandogli la gota
con il naso.
Demyx non riuscì a trattenere un
gemito, socchiudendo gli occhi a quel contatto; strinse la maglietta di Axel,
prima di scrollare forte la testa e ricordarsi il perché si era deciso ad
entrare.
“aspetta Axel!” si staccò
violentemente da lui, tenendo saldamente le mani sulle sue spalle “ non sono qui
per questo!”
“ah no?” il rosso alzò un
sopracciglio in modo malizioso “ e allora perché sei qui?”
“perché hai detto quelle cose al
padre di Naminè?”
Axel divenne serio. “sta fuori da
queste cose, ragazzino”
“sono stufo di sentirmi chiamare
ragazzino! Demyx, mi chiamo Demyx! E sono abbastanza maturo per capirle certe
cose! Sai che le faranno, vero? Come puoi lasciare che le accada questo? Tu
dovresti essere il primo a capire come deve sentirsi Naminè,
no?”
“che cosa vuoi dire?” gli occhi di
Axel divennero cupi, quasi arrabbiati. Demyx si morse un labbro per ciò che
aveva detto, ma ormai non poteva di certo rimangiarselo
“so tutto di te, Axel… ogni cosa
del tuo passato…”
“Larxene” sbuffò il rosso,
spingendosi via Demyx di dosso “ e con questo?”
“Axel la devi aiutare! Forse non la
ammazzeranno ma le faranno anche cose peggiori! Ti prego, fallo per
me!”
“per te? Ma non farmi ridere… a te
che te ne frega di quella?”
“Roxas ne è
innamorato…”
“e allora? Affari suoi, imparasse a
risolversi i problemi da solo! Credi di essere il suo
supereroe?”
“no, ma sono suo amico! Dovresti
provare a ricordare anche tu cosa sia l’amicizia! Un tempo lo eravamo! Mi hai
insegnato molto, Axel, mi hai ridato la speranza quando eravamo
all’orfanotrofio! Che fine ha fatto quel ragazzino che non temeva nulla, che
affrontava ogni cosa a testa alta, che amava la giustizia e la
libertà?”
“è morto!” sentenziò Axel, fissando
Demyx negli occhi ricolmi di lacrime “è morto anni fa, sotto le botte di quello
che diceva di essere mio padre… sotto le violenze che ha subito, sotto le
umiliazioni e la solitudine. Quel ragazzino non ci crede più, Demyx, nella
giustizia.”
“si sbaglia! Non devi smettere di
lottare Axel, non puoi farlo ora!”
“ma tu cosa ne sai? Che ne sai della vita
che faccio? Sei soltanto un piccoletto che si lamenta perché papino non gli ha
mai insegnato a giocare a pallone, perché sente qualche urlo giù in cucina e
qualche insulto tra mamma e papà! Non sai cosa vuol dire dormire la notte con il
cuscino nelle orecchie mentre tua madre viene picchiata e piange sul divano, non
sai che significa pregare di notte per non svegliarsi la mattina successiva,
attendere la morte giorno dopo giorno come una liberazione! E adesso vieni qui a
farmi una lezione sulla giustizia, sul se è giusto lottare? Tornatene a casa,
ragazzino, questa non è roba per te”
Demyx era rimasto immobile, fermo a
farsi ricoprire di amare verità; stringeva i pugni, sentiva ribollire il sangue
nelle vene, eppure non era in grado di fare nulla. Tutta la grinta che aveva
acquistato poco prima sembrava essersi dissipata alla prima ventata, ed ora
rideva di lui mentre fuggiva da quella casa in preda alla
rabbia.
Axel rimase fermo, senza tentare
nel benché minimo modo di fermarlo, e sospirò rumorosamente; aveva fatto male
anche a lui dirgli quelle cose, ma sapeva che quello era l’unico modo che aveva
per tenerlo lontano dai pericoli in cui poteva cacciarsi.
Quando fu sicuro che ormai fosse
troppo lontano per vederlo, prese una giacca ed uscì di
casa.
Stringeva forte i denti, Demyx,
mentre correva; le lacrime gli rigavano il viso, la rabbia per essere fuggito lo
divorava avida, il ribrezzo verso se stesso gli aggrovigliava lo stomaco,
lasciandogli un amaro insopportabile in bocca.
Mentre galoppava a testa bassa urtò
qualcosa, che poi si rivelò essere qualcuno; quattro cinque lattine di the
rotolarono a terra, mentre Demyx cercava di riprendersi per non
cadere.
“Demyx?!” la voce familiare lo
costrinse ad alzare lo sguardo: era Riku, e accanto a lui c’era anche
Sora.
“Riku!” Demyx non disse altro,
fiondandosi sul petto dell’amico, singhiozzando forte. Riku arrossì, preoccupato
per quelle lacrime che non aveva mai visto sgorgare tanto copiose dagli occhi
vivaci di Demyx; d’istinto gli cinse la schiena con un braccio, accarezzandogli
i capelli con la mano libera
“cosa ti è successo?” chiese
apprensivo
“ragazzi” li richiamò Sora,
indicando le nuvole grigie addensarsi sopra di loro “ forse è meglio se torniamo
a casa… parleremo con calma”
Riku annuì, stringendo un poco
Demyx, che subito prese a camminare a testa bassa, mordendosi le labbra per
reprimere i singhiozzi.
Non appena avvertì il tonfo della
porta che si chiudeva, Roxas si fiondò ad aprire quella della stanza, e quando
si ritrovò davanti un Demyx più che devastato, completamente abbandonato sulla
spalla di Riku, indietreggiò. Zexion si affrettò a prendere una coperta e la
pose sulle spalle del biondino, che si sedette sul letto, senza mai staccarsi da
Riku.
“adesso ci dici cosa è accaduto?”
Riku gli carezzò leggermente il mento, nel tentativo di
tranquillizzarlo
Demyx tirò su con il naso, incerto
sul parlare davanti a tutti. Fu Zexion a rompere quel
silenzio
“lo sappiamo tutti non ti
preoccupare!”
Demyx sbarrò gli occhi, rivolgendo
un’occhiata accusatoria a Riku
“mi dispiace… mi è scappato di
dirlo, e allora…”
Il biondo sospirò rumorosamente “ e
va bene… tanto ormai… vi racconterò ogni cosa”
Il racconto di Demyx fu lungo, il
ragazzo spiegò ogni cosa con cura, senza tralasciare la chiacchierata con
Larxene, quello che aveva sentito poco prima sul rapimento di Naminè e della
litigata con Axel; Roxas, quando ebbe finito di narrare, trasalì, sentendosi
svenire
“Na…Naminè è stata rapita??” quasi
urlò, tanto che il fratello fu costretto a tappargli la
bocca
“sono un verme… avrei dovuto
incalzare di più, dovevo convincere Axel… mi dispiace Roxy…” Demyx scuoteva la
testa, battendosi un pugno sulla fronte
“Demyx… Demyx!” Riku gli fermò la
mano bruscamente, per poi abbracciarlo con calore “avanti, non fartene una
colpa…”
“dobbiamo fare qualcosa!” Roxas
aveva morso una mano al fratello per riprendere la parola
“certo, come no! Adesso andiamo dai
signori spacciatori e facciamo gli eroi!” Sora non rinunciava a fare battute
nemmeno in momenti come quelli
“ma non possiamo lasciarla così!”
Roxas era sull’orlo di una crisi
“Roxas ha ragione!” Riku si scosse
nel vedere lo sguardo di Demyx: era cambiato, ora era determinato. “mi sono
tanto riempito la bocca dicendo ad Axel di lottare, e poi sono stato il primo a
mollare… Basta! Io ci torno, e non me ne vado finchè non accetterà di
aiutarci!”
“Demyx…” Riku sorrise, insieme a
Roxas che sembrava aver riacquistato una speranza “non ti lascio solo! Io vengo
con te! E sta volta non ammetto no!”
“vengo anche io!” Roxas si batté un
pugno sul petto, annuendo con forza
“e anche io!” Sora alzò il pollice
in segno di approvazione, e poi si voltò verso Zexion, che alzando le spalle
fece
“tanto non ho scelta! Ma certo che
ci sono anche io!”
Demyx sorrise, irradiato da una
nuova forza.
Senza farsi sentire dalla madre di
Sora e Roxas, i cinque uscirono di casa, diretti verso la casa di
Axel.
“ei Demy, ti ricordi quando
l’abbiamo pedinato per scoprire dove abitava?” ridacchiò Sora, per cercare di
spezzare la tensione
“certo, altrimenti come avrei
ritrovato casa sua!” quello sembrò quasi un ringraziamento, che Sora accettò con
un sorriso.
Erano ormai prossimi alla casa: la
sua luce era ancora l’unica ad illuminare il piccolo quartiere, il silenzio
dominava ancora padrone, tanto che il cigolio del cancello riecheggiò tetro in
tutta la zona. Demyx entrò di scatto in casa, la porta era ancora aperta, e
senza nemmeno guardarsi intorno gridò
“Axel sono
tornato!”
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