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Autore: Kore Flavia    29/03/2015    0 recensioni
Non sapeva come ci era finita su quella terrazza, a parlare di università con quell'uomo. La faccenda era strana: quando lei era arrivata lì, quel tipo, che diceva di chiamarsi Leo, stava sul cornicione del palazzo con dieci piani sotto di sé.[...]
-E’ la terza volta che vengo interrotto, forse dovrei gettare la spugna. – Tornò a guardarla negli occhi arrossendo leggermente. [...]
-Perfetto, ora scendiamo da qui. Incontro troppa gente quando ci sto. – L’uomo rise e fece per scendere le strade. [...]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ho commenti da fare in merito se non che l'idea l'ho presa da un prompt di piscinadiprompt e basta
 
DI SUICIDI E INTERRUZIONI 


Non sapeva come ci era finita su quella terrazza, a parlare di università con quell’uomo. La faccenda era strana: quando lei era arrivata lì, quel tipo, che diceva di chiamarsi Leo, stava sul cornicione del palazzo con dieci piani sotto di sé. Sentendo il rumore della porta che si apriva si era girato verso di lei ed aveva esordito con uno scocciato:
-Non volete proprio lasciarmi morire in pace, eh? - e si era lasciato cadere, non di sotto come pensava lei, ma nella fascia sicura della terrazza.
Si era avvicinato a lei e dopo averla osservata per qualche istante, lei era troppo sbalordita per contare il tempo che passava. Aveva pur sempre interrotto un suicidio e non era una cosa che accadeva tutti i giorni.
-Embé, almeno presentati. - Un gesto della mano e il tono di voce intriso di naturalezza. Forse non era la prima volta che veniva interrotto nell’intento di suicidarsi. La ragazza si riscuote scrollando le spalle, in realtà è ancora scioccata, ma pensa che sia meglio non darlo a vedere davanti a quell’uomo. Sarebbe maleducazione essere scandalizzati perché qualcuno ti si stava per suicidare davanti pensa e decide di presentarsi. Di sicuro è meglio che stare zitta ad osservarlo come se fosse un marziano.
-Mi chiamo Valentina, frequento l’università di medicina. A La Sapienza. – Puntualizzava alla fine. Era strano, ma parlare la tranquillizzava e finalmente poteva rilassare le spalle. Quello strabuzza gli occhi un paio di volte e fa un passo indietro. Più vicino al cornicione.
-Università? Sembri una liceale. – Si siede a terra incrociando le gambe. L’uomo, si rende conto in seguito Valentina, sembrava stare sulla trentina. Non era vecchio, ma la barba incolta lo faceva sembrare più grande di quanto non fosse.
-Quarto anno. – Continuava la ragazza. Ormai era abituata a essere scambiata per una liceale e, per quanto le desse fastidio, non si affaticava insultando pesantemente chi, lo stolto di turno, la scambiasse per una più piccola. Valentina stringe un attimo i pugni e la lingua guizzò rapidamente a rispondere a tono.
-E tu sembri un quarantenne. – Quello rise gettando indietro la testa. La barba si espandeva anche sul collo, probabilmente non si faceva la barba da davvero molto tempo. Valentina storse il naso, odiava la gente con la barba, le davano l’idea d’essere rozzi e trasandati. E in questo caso il secondo punto era esatto.
-E’ la barba, vero? – Domandava scherzoso l’uomo. Ora toccava a Valentina strabuzzare gli occhi, sembrava essere un discorso normale se non fosse stato che si trovassero su una terrazza con una persona che voleva suicidarsi. La ragazza annuisce un paio di volte e lui fa altrettanto.
-Embé, l’università, eh? – Leo fece una pausa prima di continuare e deglutì. –Che esame? – Valentina vorrebbe fargli un sacco di domande sul motivo del suicidio e tant’altro, ma si limita a rispondere.
-Malattie infettive, l’esame è domani. – Rispose abbassando lo sguardo sui propri piedi. Decise di sedersi davanti a Leo, almeno così starò comoda mentre parlo con uno schizzato. Lui aggrotta la fronte un attimo e poi chiede:
-Che specializzazione vuoi fare? – li occhi s’illuminavano per la curiosità e Valentina arrossì vistosamente. Per quanto la conversazione fosse strana, lei era particolarmente interessata a quell’uomo.
-Psichiatria, tu? Hai fatto l’università? – Quello aggrottava la fronte e scuoteva la testa.
-Non sono fatto per studiare, facevo il barista. –
-Ah. – Valentina non sapeva perché, ma immaginava che lui fosse un uomo di spessore, forse perché quelli di cui si parla quando si suicidano sono le persone importanti. Ne rimase delusa, ma allo stesso tempo l’interesse si faceva ancora più vivo.
-E dimmi, come mai qui su? – Leo guardò altrove e scosse la testa a disagio.
-E’ la terza volta che vengo interrotto, forse dovrei gettare la spugna. – Tornò a guardarla negli occhi arrossendo leggermente.
-Già, forse è meglio. –Valentina non riuscì a frenare la lingua, era una ragazza schietta lei era nella sua natura non frenare la lingua. Lui rise a quella timida affermazione e, aiutandosi con le mani, si alzò. Si avvicinò alla ragazza e tendendole la mano, l’aiutò ad alzarsi.
-Domani vengo a trovarti all’esame, eh? – Propose sorridente lui. Valentina si sente spiazzata e sgranò gli occhi. Forse immaginava che lui domani sarebbe tornato per completare il lavoro, sperando che questa volta nessuno l’interrompesse.
-Ok…- mormorò portandosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli.
-Perfetto, ora scendiamo da qui. Incontro troppa gente quando ci sto. – L’uomo rise e fece per scendere le strade. Valentina decise di chiederglielo il giorno dopo perché quella voglia di suicidarsi.
   
 
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